Appunti - Liebniz - Monadologia PDF

Title Appunti - Liebniz - Monadologia
Author Gabriele Dettori
Course Storia della Filosofia
Institution Università di Bologna
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LA MONADOLOGIA DI LEIBNIZ I.

Concetto di monade

La monade è una sostanza semplice, quindi senza parti, che è parte dei composti. I composti non sono altro che agglomerati di sostanze semplici. Queste monadi sono gli elementi delle cose, sono atomi indivisibili senza né figura né estensione. Queste sostanze semplici non possono né perire né cominciare, se non in un sol momento; a differenza dei composti che nascono e muoiono parte per parte II.

L’identità degli indiscernibili

Dalle monadi niente può entrare o uscire. Le monadi hanno però delle qualità, questo fa sì che esse differiscano e che quindi esistano composti differenti. Ogni monade è in realtà differente da ogni altra perché in natura non esistono esseri perfettamente uguali III.

Il divenire interno della monade

Ogni essere è soggetto a cambiamento, la monade è in cambiamento continuo. I cambiamenti delle monadi derivano da un principio interno. L’aspetto particolare che cambia nelle monadi è la qualità che le differisce. Liebniz ribadisce che nella monade non vi sono parti, ma vi è una pluralità di affezioni e di rapporti (di cui la monade è il centro, quindi rapporti e affezioni verso l’esterno) che sono ciò che muta nel tempo. IV.

La monade come coscienza

Lo stato passeggiero, in cambiamento continuo, non è altro che ciò che viene chiamato percezione, differente dalla coscienza. I cartesiani non si sono mai accorti delle percezioni di cui non si è consci. Il passaggio da una percezione all’altra può essere chiamato appetizione. Le percezioni non possono essere spiegate in modo meccanico. Si potrebbe dare il nome di entelchie a tutte le sostanze semplici o monadi create, in quanto godono di una certa perfezione e autosufficienza. V.

Gerarchia delle monadi: entelchia, anima, spirito

Possiamo chiamare monadi ed entelchia le sostanze semplici che hanno percezioni e appetiti, chiameremo anime le sostanze semplici che hanno percezioni distinte accompagnate da memoria. Negli stati in cui non ci ricordiamo di nulla (es. profondo sonno senza sogni) l’anima è uguale a una monade, ma siccome sa liberarsi di questo stato l’anima è qualcosa di più di una monade. Nonostante ciò la sostanza semplice sussiste sempre grazie ad affezioni esterne, dette percezioni, anche se quando esse sono troppe si è storditi. Ogni stato presente di una sostanza semplice dipende dallo stato precedente, e il presente è quindi gravido dell’avvenire. Ogni percezione deriva da un'altra percezione come un movimento

dipende da un altro movimento. Le monadi nude sono sempre stordite perché non hanno qualcosa in evidenza nelle percezioni. Ciò che passa nell’anima rappresenta ciò che accade negli organi. Gli organi fanno sì che alcune percezioni unite abbiano più efficacia. La memoria dà alle anime una conseguenzialità simile ma diversa dalla ragione. La conseguenzialità della memoria lega la percezione ad una rappresentazione della memoria che rende i sentimenti di questa percezione simili a quelli della percezione a cui è legata la rappresentazione passata. Esempio: se si mostra il bastone al cane lui si ricorda del dolore. Gli uomini agiscono come le bestie in quanto le conseguenzialità delle loro percezioni sono fondate sul principio della memoria. Ciò che differisce l’uomo dalle bestie è la conoscenza delle verità necessarie ed eterne, elevandoci alla conoscenza di noi stessi e di Dio. Questo è ciò che si chiama anima ragionevole o spirito. VI.

La ragione

Lo spirito ci consente quindi quelli che chiamiamo atti di riflessione, che ci fanno pensare all’io e al noi e pensando quindi a noi pensiamo all’essere, alla sostanza, al semplice e al composto, all’immateriale e a Dio stesso. Gli atti di riflessione consentono la formulazione di principi come quello di contraddizione e quello di ragion sufficiente. Così consideriamo due tipi di verità: di ragionamento che sono necessarie e il loro opposto e impossibile, e di fatto che sono contingenti ed il loro opposto è possibile. Vi sono quindi idee semplici e principi primitivi che non possono essere provati e non ne hanno bisogno perché il loro opposto è una contraddizione. Tutte le idee di fatto sono invece contingenti e quindi derivate da un’altra verità particolare. Perché esse abbiamo una ragione sufficiente (o ultima) questa deve essere necessariamente fuori dalla serie di contingenze. La ragione ultima delle cose deve quindi essere necessaria ed è ciò che noi chiamiamo Dio. VII.

Dio

Dio in quanto causa di tutte le conseguenti contingenze è uno solo, e non è capace di limiti perché deve comprendere l’infinito. Dio è perfetto. Perfezione in quanto grandezza della realtà positiva presa in modo preciso. Gli esseri sono perfetti per causa di Dio e imperfetti per loro natura. Dio è causa della possibilità, quindi anche dell’essenza e dell’esistenza, essenza che deve essere fondata su qualcosa di attuale (Dio) e assieme all’esistenza diventa attuale. Dio esiste necessariamente, a priori: nulla può impedire la possibilità di ciò che non implica limiti né negazione. Dio esiste a posteriori: per il fatto che esistono esseri contingenti, che esistono grazie ad una causa e hanno quindi bisogno di qualcosa che ha la ragione della propria esistenza in se stessa e che sia loro causa. Cartesio ha affermato che le verità eterne dipendono dalla volontà di Dio. Non è vero: questo vale solo per le verità contingenti, le verità eterne sono semplicemente l’oggetto dell’intelletto di Dio.

Le monadi sono prodotte da Dio e limitate alla passività della creatura, la cui essenza è di essere limitata. In Dio la potenza è fonte di tutto, la conoscenza contiene la serie delle idee e la volontà opera le produzioni secondo il principio del meglio. Nelle monadi ciò corrisponde al soggetto, alla percezione a alle appetizioni. VIII.

Armonia prestabilita

Nella monade vi sono percezioni distinte che rappresentano la facoltà attiva di essa, e percezioni confuse che rappresentano la sua facoltà passiva. Una creatura è più perfetta dell’altra quando in essa si trova la spiegazione a priori di ciò che accade nell’altra. L’influenza di una monade sull’altra però non è che ideale (le monadi non hanno finestre) e non può essere effettuale se non grazie all’intervento di Dio. Dio ha disposto i principi di attività e passività nelle monadi affinché l’una spieghi l’altra. Nelle idee di Dio vi sono infiniti universi possibili, occorre una ragione sufficiente che determini Dio a sceglierne uno. Ogni mondo possibile ha una misura di perfezione diversa. La sapienza lo fa conoscere a Dio (il migliore dei mondi possibili), la bontà glielo fa scegliere, la potenza glielo fa produrre. Questa perfezione fa sì che vi sia un legame di tutte le parti con il tutto dell’universo. Ogni sostanza semplice è specchio di tutto l’universo. Come una stessa città che vista da diverse prospettive pare diversa sono le monadi che non sono che prospettive di uno stesso universo. Questo è l’unico modo per ottenere la maggiore varietà con il maggiore ordine possibile. Se non fossero quindi singole prospettive sarebbero la divinità stessa, ma sono limitate dal grado di distinzione delle loro percezioni, non nell’oggetto ma dal modo con cui l’oggetto è conosciuto. Ogni corpo si risente di tutto ciò che accade nell’universo, nulla è vuoto, in modo che colui il quale vede tutto può vedere passato e futuro. Ogni monade rappresenta quindi tutto l’universo in modo confuso e rappresenta in modo distinto il corpo che le è unito più particolarmente del quale costituisce l’entelchia. La monade è l’entelchia di un essere vivente, l’anima è l’entelchia di un animale. Ogni corpo organico di essere vivente è una specie di macchina divina o automa naturale. Ogni macchia divina è sempre macchina in ogni minima parte, pur dividendola all’infinito. E’ questo che differenzia natura ed arte. Ogni parte di materia è un giardino pieno di piante e uno stagno pieno di pesci, nel quale ogni ramo e ogni goccia sono a loro volta un giardino. Nell’universo non vi è caos se non in apparenza. Ogni corpo ha quindi un entelchia dominante che nell’animale è l’anima. Non bisogna pensare che l’anima abbia una massa o sia padrona di altri esseri inferiori: tutti i corpi continuano a fluire, e continuamente vi entrano e vi escono parti. L’anima cambia corpo gradualmente: gli animali hanno metamorfosi. Ma l’anima non è mai nemmeno del tutto separata dal corpo: solo Dio ne è completamente staccato. Non esistono generazioni o morti complete ma accrescimenti e diminuzioni. Si è scoperto scientificamente che i corpi si generano da semi nella quale vi è già un’anima e in una parola lo stesso animale.

L’anima è indistruttibile come lo è il corpo sebbene perda o acquisisca spoglie organiche. Corpi e anime si incontrano armonicamente, i primi seguono le leggi delle cause efficienti (movimenti) le seconde seguono le cause finali (tramite appetizioni, fini e mezzi). Se Cartesio avesse notato che la direzione si conserva nelle leggi fisiche del movimento e che quindi l’anima non può decidere la direzione della materia avrebbe concluso anche lui con l’idea di armonia prestabilita. IX.

La città di Dio

Le anime in generale sono specchi viventi dell’universo delle creature, ma gli spiriti sono invece di più immagini della Divinità stessa. Ogni spirito è come una piccola divinità nel suo dominio. Ciò fa sì che gli spiriti riescano ad entrare a far parte di una specie di società con Dio. L’unione di tutti gli spiriti deve costituire la città di Dio, cioè il più perfetto stato possibile sotto il più perfetto dei monarchi. Questa monarchia universale è il mondo morale nel mondo universale. Dio come architetto accontenta Dio come legislatore: i peccati devono portare per la loro natura le loro pene, le belle azioni ricompense, per natura meccanica. Così ogni cosa porta al bene dei buoni, coloro che imitano l’autore. Per questo motivo i saggi lavorano a ciò che sembra conforme alla volontà di Dio, riconoscendo che se noi potessimo capire abbastanza l’ordine dell’universo, troveremmo che esso supera i desideri più saggi....


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