Appunti lingua latina PDF

Title Appunti lingua latina
Course Lettere e storia
Institution Università degli Studi di Macerata
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Appunti Orazio storia della lingua latina...


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ORAZIO: IX Tu vedi come si erga il Soratte bianco per la neve profonda e come le selve affaticate non riescano più a sostenerne il peso e come i fiumi si siano arrestati a causa del gelo pungente. Sciogli il freddo riponendo abbondantemente legna sul focolare ed inoltre, o Taliarco, spilla più generosamente il vino invecchiato di 4 anni da un’anfora sabina a due orecchie. Lascia agli dei il resto, e non appena questi hanno prostrato i venti che infuriavano nel mare ribollente, né i cipressi né i vecchi orni sono (da loro) agitati, rifuggi dal chiedere che cosa accadrà domani e attribuisci ad un guadagno qualunque giorno la sorte ti darà e tu, o ragazzo non disprezzare i dolci amori né le danze finché la vecchiaia brontolona è lontana da te nei tuoi verdi anni; in quest’età si ricerchino all’ora insieme stabilita il campo marzio, le piazze e i mormorii sommessi al cadere della notte, in questa età è gradita la risata che dall’angolo più appartato tradisce la fanciulla nascosta ed è gradito il pegno sottratto alle sue braccia o al dito che si oppone debolmente. Trae la sua ispirazione da un’ode di Alceo, di cui rimangono soltanto due frammenti; non disponiamo di alcun indizio cronologico interno all’ode oraziana che ci aiuti ad assegnarle una datazione. L’unico dato in nostro possesso è: che le odi tratte da Alceo sono le più antiche, nei due frammenti superstiti sono presenti sia la descrizione del paesaggio invernale sia la esortazione a scaldarsi vicino al fuoco e l’invito a bere. Nel primo di essi si legge “piove zeus, dal cielo grande tempesta scende, gelate sono le correnti delle acque”, mentre nel secondo frammento è detto “scaccia l’inverno mettendo legna sul fuoco, mescendo vino dolce senza risparmio e avvolgendo le tempie in una fascia di molle lana”. Dal poco che ci rimane dall’originale greco possiamo affermare che Orazio non sta traducendo ma elabora in tutta autonomia spunti da esso. Con ogni probabilità l’ispirazione oraziana è delimitata solo alle prime due strofe 1-8. Presenta una struttura tripartita: nei versi 1-8 trova posto la descrizione del paesaggio invernale in cui troneggia il monte soratte innevato, le selve e i fiumi segnati dal gelo pungente, una descrizione cui è contrapposto il calore irradiato dal focolare. Nei versi 9-18 figura una riflessione sentenziosa che non è estranea ad alceo il quale ha anche egli cantato la brevità del tempo e la fugacità della vita, motivi spesso congiunti con l’invito a bere vino, le argomentazioni oraziane riecheggiano la morale epicurea e a questo riguardo in sententiae capitali 14 (diogene) si legge: “nasciamo una volta sola, due volte non è concesso; in eterno non saremo più. Tu, pur non essendo padrone del domani, rimandi al domani la gioia; la vita si spreca così nell’indugio e ciascuno di noi muore senza aver goduto del riposo”. Dei versi 18-24, presuppongono la vita galante di una città ellenistica con le sue piazze e i suoi portici dove gli innamorati si danno appuntamento. Da vides dipendono tre proposizioni interrogative indirette aventi rispettivamente come PV stet, sustineant e constiterint. Il perfetto congiuntivo latino nella consecutio esprime sempre anteriorità rispetto ad un tempo principale(vides). Gelu acuto ablativo di causa. Benignius avverbio comparativo di maggioranza; diota aggettivo di origine greca “fornito di due orecchie”, riferito grammaticalmente a sabina abbiamo ipallage, sabina è in realtà riferito al vino sabino, al contenuto dell’anfora. Taliarco è fittizio, non identificabile per noi, nome parlante, taliarcus nome greo vuol dire “il re del banchetto”. V11 depreliantis accusativo plurale riferito a ventos, participio; verso 9 simul congiunzione subordinante temporale “non appena”. Sterno sternis stravi stratum sternere. V 13 fuge (principale) quaerere (secondaria) più interrogativa indiretta quid sid… Costrutto perifrastico con participio futuro più congiuntivo del verbo sum (presente o perfetto) Verso 14 dierum partitivo, adpone lucro, quem cumque introduce relativa (pronome relativo indefinito) tmesi, taglio. ORAZIO: XVII Fauno scambia spesso veloce con il Liceo il Lucretile ameno e allontana continuamente dalle mie caprette l’estate infuocata e i venti portatori di pioggia. Le mogli del male odorante marito, allontanandosi dal percorso consueto (deviae), cercano senza correre pericolo (impune) attraverso il bosco sicuro i nascosti

corbezzoli e il timo né le caprette temono le verdi bisce né i lupi sacri a Marte tutte le volte che, o Tindaride, le valli e le rocce rilucenti di Ustica declive (che giace distesa lungo un pendio) risuonano della sua dolce zampogna. Gli dei mi proteggono il mio sentimento religioso e la mia ispirazione poetica stanno a cuore agli dei. Qui per te l’abbondanza, ricca degli ornamenti della campagna, scorrerà in tutta la sua pienezza dal corno generoso: qui nella valle appartata eviterai gli ardori della Canicola e canterai con la lira anacreontea (teia) Penelope e la vitrea Circe che soffrono d’amore per un solo uomo; qui sorseggerai tazze dell’innocuo vino di Lesbo all’ombra né il Tioneo figlio di Selene (Bacco) accenderà zuffe con l’aiuto di Marte né tu, dopo essere stata sospettata di infedeltà, temerai che il violento Ciro getti le mani sfrenate su di te, che sei infelicemente più debole (male dispari) e ti strappi la corona che aderisce ai capelli e la veste innocente. Orazio in questa ode sta descrivendo all’amica Tindaride (destinataria di questo carme e che è menzionata per la prima e unica volta nel verso 10) i pregi della villa sabina che al poeta è stata regalata nell’anno 33-32 ac un po’ quasi a risarcimento dei terreni conquistati dopo la guerra civile. Questa data risulta essere per noi unico appiglio utile per la cronologia del componimento. La villa di Orazio nell’immaginazione è protetta da Fauno divinità italica identificata dal poeta con Pan dio della Arcadia, questi spesso abbandona il Liceo (monte dell’arcadia sacro al dio) per prendere dimora sul Lucretile, altro monte (oggi è monte Gennaro, Sabina, vicino alla villa del poeta). Qui Tindaride in un soggiorno che il poeta immagina delizioso, potrà trovare riposo, potrà abbandonarsi alla dolcezza del canto senza temere la furiosa gelosia di Ciro (amante forse dell’amante). Tre sono i momenti dell’ode: nei versi 1-12 figura il motivo del locus amoenus rappresentato qui dalla posizione della villa del poeta dove regna una pace profonda propiziata dal suono della zampogna di pan-fauno; nei versi 13-16 Orazio si sente protetto dagli dei a motivo della sua pietas che non confligge in alcun modo con le sue convinzioni epicuree (simpatizzava per l’epicureismo; Epicuro non era un ateo, ammetteva l’esistenza degli dei, ma sosteneva il provvidenzialismo, il mondo esisteva per una combinazione; nella sua biografia sopravvive il concetto Eusebeia virtù greca simile alla pietas romana, gli dei si fanno gli affari loro ma la vita deve essere condotta secondo principi in ogni caso); nei versi 17-28 sono prospettati a tindaride i piaceri offerti dalla villa del poeta che tra l’altro è lontana dalle gelosie di un amante violento. Velox tradotto con valore predicativo (scambia veloce o velocemente); non si confonda il nome del monte Lycaeum (parola greca) che è la traslitterazione di lykaion che era il monte dell’arcadia… con lyceum traslitterazione di lykeion ginnasio di atene che prendeva nome di Apollo Liceo e divenne la sede in cui aristotele impartiva il suo magistero filosofico. Defendit verbo costruit con il dativo di vantaggio capellis, poetismo, in prosa è accompagnato da a/ab+ablativo (in difesa delle mie caprette). Thyma origine greca, y e accusativo greco, pianta odorosa. Deviae de+ via (via mestra, battuta), non è la semita ergo scorciatoia. Olentis uxores maritile caprette mogli dei caproni, animale non molto amato simbolo di sporcizia. La lingua delle odi richiede una scelta oculata dei termini e delle espressioni. Oleo vox media profumo di, emano di. Haediliea documentato solo qui e in una glossa, diminutivo di piccola capra. Martialis aggettivo accusativo plurale che concorda con lupos, sacri a marte. Utcumque congiunzione temporale che ha valore di “tutte le volte che”. Cubos, cubis cubui, cubitum, cubaresto disteso. Levia con la e lunga, esiste anche con e breve due aggettivi della seconda classe levis, leve lunga(liscio, levigato) e levis, leve breve(lieve, ie sviluppo fonetico della e breve latina). “Dis pietas mea et musa cordi est” due dativi, diis o deis( forma contratta dis) di interesse e cordi di effetto. Honorum è un genitivo plurale che può dipendere sia da oplulenta sia da benigno, in questi casi dubbiosi (anfibologici) Apokoinù ergo in comune quindi costrutti in comune. Teia patria di anacreonte, quindi strumento con il quale poetava anacreonte; fides, fidei capacità di rispettare la parola data, onestà ma anche fides,is con e breve che vuol dire lira. La e dell’ablativo singolare nei nomi della quinta è lunga mentre in quelli della terza è breve (metrica). Penelopen e Circen accusativi greci, grecismi integrali, il latino accoglie il termine nella sua struttura morfologica qui. Vitrea perché Circe figlia dell’oceanina, ninfa marina di nome Perse e quindi il nome della discendenza può essere annoverata alle divinità marine e avere l’aspetto del mare, quindi cristallino, vitreo. Hic avverbio di stato in luogo, innocentis che non dà danno; semeleius e thyoneus, figlio di semele e figlio di tione, valgono tutti e

due come figlio di semele. Suspecta participio congiunto; ne introduce completiva dipendente da metues che è un verbo timendi ne iniciat e ne scindat. Prolessi (anticipazione) dell’accusativo, consiste nel trasferire il soggetto della proposizione completica nell’ambito della principale e farlo dipendere come complemento oggetto dal verbo della principale. ORAZIO: XXV, saffica Più raramente i giovani insolenti con ripetuti colpi scuotono le finestre chiuse né a te tolgono il sonno ed è attaccata alla soglia la porta che prima molto arrendevole faceva girare i cardini. Tu ascolti oramai sempre meno: “tu, o Lidia, dormi, mentre io, che ti appartengo, mi struggo d’amore per lunghe notti?”. Tu a tua volta divenuta una vecchia di nessun valore piangerai sull’arroganza degli adulteri in un vicolo solitario, mentre il vento della Tracia infuria maggiormente nelle notti senza luna (interlunia), quando a te l’ardore dell’amore e la passione, che suole agitare furiosamente le cavalle incrudelirà intorno al tuo cuore piagato, non senza il lamento del fatto che la lieta gioventù goda maggiormente dell’edera verdeggiante e dell’oscuro mirto e abbandoni le foglie secche all’Euro, compagno dell’inverno. Questo carme presenta una struttura di non uguale ampiezza, infatti esso si compone di due part: la prima è costituita dia versi 1-8 ove i giovani richiedono sempre meno l’amore di Lidia, un’etera che comincia a sfiorire a causa del decadimento fisico, mentre nei versi 9-20 è rappresentato il quadro desolante di colei che un tempo fu una giovane attraente e riottosa ed ora, divenuta una vecchia senza valore va accattando l’amore in vicoli solitari nei quali si infilano i soffi del vento freddo della Tracia. In questo componimento è svolto un motivo che già molto tempo prima di orazio era largamente diffuso nella letteratura d’amore: l’innamorato, dopo aver pregato inutilmente la donna superba, non disposta a concedere il suo amore, si vendicava del suo rifiuto e della sua perfidia predicendole il tempo della vecchiaia in cui non sarebbe stata desiderata più da alcuno e sarebbe stata umiliata. Poesie come queste assomigliano a quelle serenate di lamento che erano intonate dall’innamorato davanti alla porta che restava spietatamente sbarrata. Questo tipo di componimento era noto nella poesia d’amore greca con il nome di Paraclausithyron (para=presso clausithyron=porta chiusa). Parcius comparativo motivo linguistico ricorrente di questo carme perché attraverso esso è istituito il confronto tra la situazione attuale di lidia sempre meno ricercata e la situazione di un tempo, quando negava le proprie grazie. Iactibus crebis ablativo strumentale; prius altro comparativo, facilis predicativo del soggetto. Movebat funzione causativa. Me pereunte (pereo) ablativo assoluto con valore temporale, tuo apposizione di me, verso 9 anus svolge funzione predicativa “tu da vecchia”. Levis di nessun valore, inconsistente;bacchante mentre infuria. Cum introduce una temporale; amor e libido che costituiscono un concetto unico hanno per PV saeviet. Iecur, iocineris irregolare della terza. Anastrofe quod dichiarativo gaudeat e dedicet. ORAZIO: XXXII, nessuna difficoltà dal punto di vista metrico, 5+6 la dieresi cade sempre dopo il quinto Ti preghiamo o lira barbite se noi liberi da occupazioni, all’ombra abbiamo composto con te qualcosa che possa vivere per quest’anno e per parecchi (anni) ancora. Suvvia intona un carme latino, o tu che sei stata suonata per la prima volta dal cittadino di Lesbo, il quale sebbene valoroso in guerra, tuttavia tra le armi o se aveva ormeggiato all’umido litorale la nave dopo che era stata sballottata (dalla tempesta),cantava Bacco le muse venere il fanciullo sempre attaccato a lei e Lico bello per i suoi occhi neri e i suoi capelli neri. O ornamento di Febo e lira gradita ai banchetti del sommo giove, o dolce sollievo degli affanni, salute a me tutte le volte che ti invoco secondo il rito. Il poeta rivolge in questo carme una preghiera al barbitos ossia alla lira a sette corde la cui invenzione era attribuita dalla tradizione al poeta greco Terpandro. Orazio ricorda il suo lontano modello Alceo anche se in questi versi non è mai chiamato per nome; la sola allusione che si trova ad Alceo figura a verso 5 ove in incipit di endecasillabo e in esplicit di endecasillabo è impiegata l’espressione lesbio civi. Nel contesto del

carme Alceo non è ricordato per i suoi versi politici come invece accadrà nel carme 1,37. E’ invece ricordato per la sua poesia conviviale ed erotica, noi ricaviamo ciò innanzitutto dalle metonimie mitologiche, es verso 9 il richiamo al liberum che è una variante di bacco, analogamente il richiamo che fa a venere e puerum haerentem (cupido). Richiamo alla poesia erotica che è ulteriormente sottolineato ai versi 11-12 dove il poeta greco menziona il giovinetto Lico di cui Alceo era innamorato. Per quanto concerne la struttura si ravvisano due momenti: 1-12 trova posto la rievocazione del poeta greco che si configura soprattutto un omaggio reso da Orazio al suo lontano modello; la seconda parte vv.13-16 ove orazio richiama la funzione psicagogica(risvegliare l’anima intorpidita attraverso il canto e la lira) del canto accompagnato dal suono della lira. Il plurale dei primi versi (poscimus, lusimus, vacui) sono da considerare un plurale di modestia. Pe ril verso poscoposco, poscis, poposci, poscere ma se il raddoppiamento del perfetto è dovuto alla consonante+ la vocale e, qui no, perché? Un tempo era peposci, cos’è successo? La vocale radicale è una vocale di timbro scuro, forte che ha finito con l’esercitare il suo influsso sulla vocale di raddoppiamentoassimilazione regressiva la vocale del raddoppiamento ha assunto lo stesso timbro della vocale radicale di questo termine. Vacui complemento PS, l’attività letteraria è subordinata al negotium, perché a Roma bisognava prestare servizio alla città. Ludo è gioco, anche gioco impegnativo, scuola, qui accezione tecnica di comporre. Tecum ablativo di unione, può anche significare “con l’aiuto”. Quod seguente relativo e ha il suo termine di riferimento nel quid che precede. Relativo impropria hanno il congiuntivo. Vivat congiuntivo di natura ottativa; si lusimus (funziona come tempo principale) secondaria di primo grado; quid vacui secondaria di secondo grado. In latino ci sono due tipi di perfetto: perfetto storico che corrisponde a passato remoto e funziona come tempo storico; perfetto logico che invece corrisponde al nostro passato prossimo. Quindi per la consecutio temporum, il perfetto logico può funzionare; verbo ago in imperativo che rafforza l’imperativo successivo; dic forma apocopata. Pluris accusativo plurale da sottointendere annos. Verso 5 modulate participio perfetto del verbo modulor (deponente) passivo qui, forma in e perché concorda con imperativo barbite. Lesbio civi(dativo di agente dipendente da modulate) iperbato a cornice, circondano i termini in mezzo; ferox aggettivo concessivo; sive  vel si; religarat forma sincopata del perfettoreligaverat. Udo in relazione con unda, questa n metteva in evidenza il dinamismo di qualcosaunda quindi dinamismo del mare; udo è acqua stagnante, ferma. Haerentem che concorda con puerum, verbo hareo, hares, haeri, haesum,haerere. Verso 11-12 iperbato a distanza Lycum e decorum, qui un verso e mezzo perché coinvolge l’adonio. Torna il barbitos, invocazione finale. Febo è interpretatio latina di Apollo. Testudo si rivolge a barbitos, ma è il guscio della tartaruga, originariamente la prima costruita dovrebbe essere una testudo(,nis, terza) con corde vibratili. Verso 7 iactatam participio congiunto con valore temporale riferito a navim originario tema in i. Cumque congiunzione temporale; vocanti participio congiunto con valore temporale riferito a mihi. ORAZIO: XXXVII, alcaico, ode alla regina o contro la regina Ora, o compagni, bisogna bere, ora bisogna battere la terra con piede sfrenato, ora era ormai tempo di imbandire con vivande degne dei Salii, il banchetto degli deii. Prima d’oggi non era lecito spillare dalle cantine degli avi il Cecubo, fin tanto che la regina, sfrenata nel concepire qualsiasi speranza e resa ebra dalla dolcezza della fortuna, progettava con il suo gregge appestato di uomini deformati dal morbo (eunuchi al seguito della regina, perifrasi) folli rovine per il campidoglio e la distruzione per l’impero. Ma ridimensionò la sua follia una sola nave salvatasi a stento dall’incendio e Cesare ricondusse a reali timori la sua mente esaltata dal Mareotico, incalzandola a forza di remi mentre si dava ad una veloce fuga dall’Italia, come lo sparviero incalza le imbelli colombe o come il cacciatore insegue rapido la lepre sulle pianure dell’innevata Emonia, con l’intento di incatenare quel mostro inviato dal destino. Ma costei, cercando di morire più nobilmente, non paventò femminilmente la spada né cercò di guadagnare con la veloce flotta lidi remoti, osando anche vedere con volto vedere la sua reggia abbattuta e coraggiosa nel maneggiare orribili serpenti per bere con il suo corpo il nero veleno, più fiera dopo che la morte era stata decisa, rifiutando

naturalmente alle crudeli navi liburniche di essere condotta come una donna privata in un superbo trionfo, lei, una donna di non balla condizione. Colei che era un mostro, che aveva pensato a piani indicibili ora sembra una eroina. Si sta richiamando la battaglia di Azio (località di fronte alla Attanaglia, 2 settembre del 31 a C, verso le 10 del mattino) finì un anno dopo, con la conquista di alessandria, il primo agosto del 30, suicidio di antonio e di cleopatra poi, intorno alla metà di settembre. Notizia della morte portata da Marco Tullio Cicerone figlio. Abbiamo dati molto concreti per fissare il componimento di questa ode, subito dopo la morte della regina, possiamo dire il bimestre del settembre/ottobre del 30 aC. Componimento buttato giù di getto, composizione immediata. “Nunc est bibendum” citazione Alceo, ode di esortazione di darsi alla pazza gioia dopo la morte di mirsilo, tiranno di Milene. Il frammento che ci interessa è questo: ora ognuno deve ubriacarsi e bere a tutta forza, poiché Mirsilo è morto. Ha usato questo inizio perché l’ode da lui composta ha uno sviluppo autonomo. Distinguiamo due momenti: il primo è caratterizzato dalla gioia sfrenata che viene dietro alla fine della guerra, un momento nel quale la regina mai chiamata per nome è rappresentata come un fatale mostrum, questa prima sezione vv. 1-21 A. Nella seconda sezione 21B-32 lo stile si innalza immediatamente a vette epico-liriche. Siffatta variazione stilistica è dovuta ai due diversi stati d’animo manifestati dal poeta: il primo è dominato dal suo disprezzo verso i nemici di roma e del partito di ottaviano mentre nel second atteggiamento si diffonde un senso di ammirazione verso la regina che dandosi la morte ha saputo ritrovare una propria nobiltà e grandezza. ...


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