Appunti, modello di blanchard - Macroeconomia progredito - a.a 2013/2014 PDF

Title Appunti, modello di blanchard - Macroeconomia progredito - a.a 2013/2014
Author Federico Massetti
Course Macroeconomia progredito
Institution Università degli Studi di Trento
Pages 3
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Summary

MODELLO DI BLANCHARD-KIYOTAKIUn’importante distinzione fra i modelli neoclassici ed i modelli keynesiani è la volatilità di aggiustamento dei prezzi. La macroeconomia neoclassica assume che i prezzi si aggiustino istantaneamente per ristabilire l’equilibrio sui mercati; al contrario, la macroeconomi...


Description

MODELLO DI BLANCHARD-KIYOTAKI Un’importante distinzione fra i modelli neoclassici ed i modelli keynesiani è la volatilità di aggiustamento dei prezzi. La macroeconomia neoclassica assume che i prezzi si aggiustino istantaneamente per ristabilire l’equilibrio sui mercati; al contrario, la macroeconomia keynesiana assume che i prezzi sono vischiosi e si aggiustano lentamente a variazioni della domanda aggregata per riportare i mercati in equilibrio. Già dalla fine degli anni ’70 era diventato chiaro che l’ipotesi di prezzi fissi poteva essere fuorviante e dare luogo a predizioni ambigue in assenza di micro fondazioni che spiegassero l’origine della rigidità fino a quel momento solo ipotizzata. Questo portò, negli anni ’80, ad un cambiamento radicale dell’agenda di ricerca dei macroeconomisti che cominciarono a costruire modelli nei quali si ipotizzava in maniera esplicita la presenza di imperfezioni di mercato. Detto ciò, la macroeconomia Neo-Keynesiana introduce una spiegazione razionale, su basi micro fondate, per l’idea keynesiana di rigidità dei prezzi, vale a dire l’esistenza di piccoli costi di variazione dei prezzi per le singole imprese; La macroeconomia Neo-Keynesiana illustra gli effetti macroeconomici di tali costi o rigidità nominali e dimostra che in presenza di tali assunzioni la politica monetaria può avere significativi effetti reali. Modello caratterizzato da condizioni di concorrenza monopolisitica sui mercati dei prodotti introdotto nel 1987. E’ stato formulato per cercare di dare una spiegazione alla presenza di rigidità nominali che sia anche coerente con l’ipotesi di razionalità degli agenti. Il modello di equilibrio generale con concorrenza monopolistica di Blanchard e Kiyotaki (American Economic Review, 1987) rappresenta il modello di riferimento per gli economisti Neo Keynesiani (NEK) delle interazioni tra agenti in mercati imperfettamente concorrenziali e sotto ipotesi di informazione incompleta e asimmetrica. Il motivo risiede nella capacità degli autori di pervenire a risultati keynesiani dando al contempo una spiegazione alla presenza di rigidità nominali che sia anche coerente con l’ipotesi di razionalità degli agenti, nel rigore di un modello di equilibrio economico generale. Infatti, da quando Blanchard e Kiyotaki (BK) hanno riconosciuto la convenienza dell’uso dei modelli di concorrenza imperfetta di Spence (1976) e di Dixit e Stiglitz (1977) per l’analisi dei meccanismi di fissazione del prezzo da parte delle imprese in un’economia monetaria, la maggior parte dei modelli teorici sulla price stickyness hanno adottato varianti di questo modello. In realtà, il lavoro originario di BK si basa su una analisi completa circa il ruolo che ha la concorrenza monopolistica nello spiegare gli effetti reali di variazioni nella domanda aggregata. Tale analisi si articola su tre livelli distinti. Inizialmente, utilizzando come benchmark il modello di concorrenza perfetta, si dimostra che la presenza di concorrenza monopolistica nei mercati dell’economia descritta, genera delle esternalità di domanda. Tuttavia, la sola presenza di queste esternalità non è sufficiente a spiegare come delle variazioni della domanda possano avere effetti sull’output reale. Pertanto, l’analisi procede combinando l’ipotesi di concorrenza monopolistica con l’esistenza di altre forme d’imperfezioni nel mercato. In particolare, si ipotizzano costi di aggiustamento dei prezzi per le imprese operanti nel mercato imperfettamente concorrenziale (menu cost). Il risultato cui si perviene in questa seconda fase dell’analisi è che una ridotta variazione dei costi di aggiustamento è in grado di generare rilevanti effetti reali indotti da variazioni nella politica monetaria. Infine, nel terzo punto si dimostra, dando per assunto che movimenti della domanda aggregata abbiano effetti reali, come lo stesso modello con l’inclusione di costi fissi possa descrivere la risposta delle variabili economiche alle fluttuazioni nella domanda aggregata in modo più accurato di quanto consenta un modello alternativo di concorrenza perfetta. Consideriamo, quindi, un sistema economico in cui operano in regime di concorrenza monopolistica n imprese produttrici di m beni differenziati.

I consumatori sono identici sotto ogni aspetto ed il loro comportamento può venire analizzato mediamente la scelta di un “consumatore rappresentativo” che deve decidere il consumo ottimale degli m beni e quanto lavoro offrire alle imprese. Mentre il mercato dei beni è caratterizzato dalla concorrenza monopolistica fra produttori, il mercato del lavoro è assunto, per semplicità, perfettamente concorrenziale. Il consumatore deve scegliere la quantità ottimale di consumo di ciascuno degli m beni prodotti, la quantità di moneta da detenere e la quantità di lavoro da offrire alle imprese. Il consumo e la quantità di moneta da detenere sono funzione della ricchezza dell’individuo, mentre l’offerta di lavoro dipende soltanto dal salario reale. Ciascuna impresa produce un bene differenziato. L’obiettivo di ciascuna di esse è massimizzare i propri profitti, scegliendo un prezzo competitivo in relazione all’indice aggregato dei prezzi. Ogni impresa sceglierà il proprio prezzo basandosi sulla scelta delle altre imprese. Possiamo affermare, infatti, che questa è una soluzione alla Bertrand-Nash. In equilibrio, data l’ipotesi di completa simmetria tra le imprese, i prezzi delle singole imprese saranno uguali tra loro e pari all’indice aggregato dei prezzi. CONCLUSIONI Le conclusioni che si possono trarre dal modello sono fondamentalmente due: 1. l’equilibrio in condizioni di concorrenza monopolistica presenta caratteristiche di inefficienza rispetto a quello ottenibile in concorrenza perfetta; la produzione in concorrenza monopolistica è minore rispetto a quella in concorrenza perfetta e, a parità di quantità nominale di moneta, il livello dei prezzi in concorrenza monopolistica è più elevato rispetto alla concorrenza perfetta. Tale inefficienza riflette la presenza di un’esternalità macroeconomica che opera attraverso la domanda aggregata. Sappiamo che in equilibrio simmetrico, le imprese fissano tutte lo stesso livello dei prezzi. Per guadagnare fette di mercato ed essere più competitive, la singola impresa dovrebbe ridurre il suo prezzo. Una riduzione del prezzo comporterebbe due effetti: - da un lato, se la singola impresa riduce il suo prezzo, la domanda rivolta a tale imprese aumenta; - dall’altro, la riduzione del prezzo ha anche un effetto, seppur limitato, sul livello generale dei prezzi, contribuendo ad un abbassamento del livello aggregato dei prezzi, con conseguente aumento della domanda rivolta a tutte le imprese. Ciò si traduce in aumento della produzione e del benessere dell’economia nel suo complesso, ma ovviamente non è considerato dal singolo produttore. Infatti la singola impresa non ha convenienza a deviare da sola. Quindi, non vi è alcun incentivo per i produttori ridurre i prezzi, pur in presenza di un potenziale guadagno collettivo in termini di produzione e di profitti. 2. l’esistenza di una inefficacia macroeconomica non è sufficiente a determinare un effetto “keynesiano” alla domanda aggregata sulla produzione; anche in presenza di concorrenza monopolistica, infatti, variazioni nella quantità nominale di moneta non comportano alcun effetto sulle variabili reali (neutralità della moneta). Tuttavia, se si ipotizza l’esistenza di costi di aggiustamento dei prezzi anche di limitata entità (Mankiw), ma tali da indurre i produttori a non variare i prezzi di fronte ad aumenti della domanda aggregata, allora si può avere un aumento della produzione e del benessere dell’economia nel suo complesso (non neutralità della moneta). Concludendo, le condizioni di concorrenza monopolistica non sono sufficienti per generare effetti reali conseguenti a variazioni della moneta, ma diventano rilevanti quando si combinano a rigidità dei prezzi derivanti da menu cost. EQUILIBRI MULTIPLI

In un modello di concorrenza monopolistica sui mercati dei beni, i produttori decidono il proprio prezzo in relazione al livello generale dei prezzi, che è il risultato delle decisioni di tutti gli altri produttori: è, quindi, presente un elemento strategico che può portare, nel caso di costi di aggiustamento dei prezzi, ad equilibrio in cui è ottimale per ciascun produttore non adeguare il proprio prezzo di vendita a fronte di variazioni della domanda. Inoltre, vi può essere la possibilità di una molteplicità di equilibri, mentre nel caso di concorrenza monopolistica senza costi di aggiustamento dei prezzi l’equilibrio è unico. Supponiamo che vi sia una variazione positiva della domanda di moneta. Lo scenario che si presenta di fronte alla singola impresa è: - tutte le imprese adeguano il prezzo in seguito allo shock: l’impresa dovrà decidere se adeguare o meno il prezzo; - tutte le imprese non adeguano il prezzo: l’impresa dovrà decidere se adeguare, sostenendo un costo, o meno. E’ importante definire quando il non adeguamento (rigidità) e l’adeguamento dei prezzi (flessibilità) costituiscono situazioni di equilibrio. CONCLUSIONI Possiamo concludere che:  se la variazione di moneta è relativamente piccola, allora l’unico equilibrio possibile sarà quello della rigidità dei prezzi; quando la variazione di moneta è piccola non è conveniente per il singolo produttore aggiustare i prezzi, in quanto i maggiori profitti ottenibili non sono sufficienti a compensare i costi di aggiustamento.  se la variazione di moneta è consistente, l’unico equilibrio possibile sarà quello della flessibilità dei prezzi;  se le variazioni di moneta sono intermedie, sia la rigidità che la flessibilità sono condizioni di equilibrio. Possiamo affermare che questo è un modello ad equilibri multipli, non vi è infatti un unico equilibrio di Nash. L’impresa, nelle decisioni di adeguare o non adeguare il proprio prezzo, dovrà tener conto anche delle decisioni dei suoi concorrenti. In assenza di frizioni all’aggiustamento dei prezzi, la banca centrale variando la quantità di moneta non è in grado di influenzare variabili reali. Quindi, in concorrenza monopolistica, la banca centrale ottiene risultati se si muove poco, al contrario dei keynesiani che affermavano che si ottengono risultati se le manovre sono inaspettate. Le variazioni di moneta, quindi, si scagliano sui prezzi e non sulle quantità, non producendo alcun effetto sulla produzione....


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