Appunti su fecondazione - Istologia ed embriologia generale a.a. 2012/2013 PDF

Title Appunti su fecondazione - Istologia ed embriologia generale a.a. 2012/2013
Course Istologia ed embriologia generale e speciale
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
Pages 29
File Size 641 KB
File Type PDF
Total Downloads 75
Total Views 144

Summary

Appunti su fecondazione - Istologia ed embriologia generale a.a. 2012/2013...


Description

EMBRIOLOGIA UMANA (A CURA DI CATELLO ANGELLOTTI)

FECONDAZIONE La fecondazione è il processo di fusione dei due gameti e ha luogo nell’ ampolla, la porzione della tuba uterina compresa tra l’istmo (la parte comunicante con l’utero) e l’ovaio. Subito dopo l’ovulazione, l’oocita entra nell’infundibulo, la parte distale della tuba uterina, a forma di imbuto e con contorni sfrangiati (fimbrie); in seguito, per effetto della contrazione muscolare e delle ciglia della tuba, l’oocita viene sospinto nell’ampolla, dove rimane per breve tempo. Per quanto riguarda gli spermatozoi, è necessario un tempo relativamente breve anche se molto variabile (ore o minuti), affinché questi, dal momento della loro deposizione nel canale vaginale, raggiungano l’ampolla della tuba. In media, ad ogni eiaculato vengono espulsi 200-300 milioni di spermatozoi, ma non tutti riescono a raggiungere l’ampolla, in quanto la maggior parte di questi viene distrutta dal basso pH vaginale, e alla fine soltanto uno arriverà a destinazione. Il movimento degli spermatozoi può essere direzionato da gradienti di temperatura ( termotassi), condizione che si verifica all’interno della tuba, dove è presente una differenza di circa 2°C tra l’istmo e l’ampolla. Poi, una volta raggiunta l’ampolla, gli spermatozoi vengono direzionati verso l’uovo da sostanze chimiche prodotte dallo stesso oocita o dalle cellule del cumulo ooforo (chemiotassi). A questo punto avviene la reazione di capacitazione. Tale processo è innescato da sostanze secrete dalle vie genitali femminili, in particolare l’albumina,che è implicata nella rimozione del colesterolo dalla membrana dello spermatozoo, con conseguente incremento della permeabilità agli ioni Ca2+ e HCO3-. L’entrata di questi ioni all’interno dello spermatozoo determina l’attivazione dell’enzima adenilato ciclasi,. Questi stimola la produzione di AMPc, una molecola segnalatrice intracellulare, che attiva una serie di proteine chinasi, le quali a loro volta fosforilano residui di tirosina in numerose proteine sulla membrana dello spermatozoo, innescando quel complesso di eventi che caratterizzano la capacitazione: in particolare, l’esposizione sulla membrana plasmatica dello spermatozoo di recettori in grado di interagire con la zona pellucida; ridistribuzione del bilayer fosfolipidico per la fusione con la membrana plasmatica dell’oocita; incremento della motilità del flagello dello spermatozoo. A questo punto avviene l’avvicinamento dei due gameti, ma prima di fondersi con l’oocita, lo spermatozoo deve attraversare tre barriere: la corona radiata costituita dalle cellule del cumulo ooforo, la zona pellucida e l’oolemma. In particolare, l’attraversamento della corona radiata avviene grazie alla secrezione dell’enzima ialuronidasi, che degrada l’acido ialuronico, in cui sono immerse le cellule del cumulo ooforo. Gli spermatozoi vengono così a contatto con la zona pellucida, costituita prevalentemente dalle glicoproteine ZP1-2-3. Quest’ultima, la ZP3, interagisce con un recettore presente sulla membrana dello spermatozoo, innescando la cosiddetta reazione acrosomiale. In particolare, il legame del recettore con il suo ligando attiva l’enzima fosfolipaci C. Questi agisce sui canali TRPC a livello della membrana plasmatica dello spermatozoo, che si aprono facendo entrare gli ioni Ca2+ dall’ambiente extracellulare nel citoplasma. L’aumento del calcio citosolico fa assemblare il complesso Ca2+/Calmodulina, che attiva la fosfatidilinositolo 3 chinasi (PI3K). La PI3K catalizza la formazione di fosfatidil-inositolo trifosfato (PIP3), che recluta a livello della membrana plasmatica una serie di proteine chinasi, innescando così quel complesso di eventi che caratterizzano la reazione acrosomiale: fusioni multiple tra membrana plasmatica e membrana acrosomiale esterna, con conseguente esocitosi di enzimi proteolitici che producono punti di lisi nella zona pellucida, attraverso i quali lo spermatozoo può penetrare all’interno dell’oocita, in un tempo di circa 30 minuti. Con in completamento della reazione acrosomiale, la parte anteriore della testa dello spermatozoo è rivestita dalla membrana acrosomiale interna, che si continua a livello della regione equatoriale con la

membrana plasmatica della parte posteriore della testa. Superata la zona pellucida, avviene la fecondazione vera e propria. Lo spermatozoo viene a contatto con le villosità dell’oolemma, assumendo un assetto tangenziale rispetto all’oocita. La fusione delle membrane è mediata da due importanti proteine: CD9 e Izumo, localizzate rispettivamente sull’oocita e sullo spermatozoo, ed inizia in corrispondenza della regione equatoriale fino alla parte posteriore della testa, mentre la porzione anteriore viene inglobata nel citoplasma dell’oocita con un meccanismo simile alla fagocitosi. In questo modo, entrano nell’oocita, il nucleo, il centriolo prossimale (indispensabile per la prima divisione mitotica dello zigote, essendone l’oocita privo) e i mitocondri che verranno successivamente degradati. A questo punto avviene l’attivazione dell’oocita, dovuta ad un aumento del calcio intracellulare, consistente in un primo picco elevato, seguito a breve distanza da una serie di altri picchi, che si susseguono ad intervalli regolari, per poi terminare con la formazione di due pronuclei. Queste variazioni della concentrazione del calcio citosolico dipendono da una molecola contenuta nello spermatozoo e introdotta nell’oocita con la fecondazione. Tale molecola è la fosfolipasi Cz, un enzima in grado di scindere il fosfatidil-inositolo in diacil-glicerolo (DAG) e inositolo trifosfato IP3. In particolare, il DAG agisce sui canali TRPC a livello dell’oolemma, che si aprono facendo entrare gli ioni Ca2+ dall’ambiente extracellulare nel citoplasma; mentre l’IP3 agisce sui canali del REL, che si apre pompando ioni Ca2+ nel citoplasma. L’aumento del calcio intracellulare induce la cosiddetta reazione corticale, che consiste nell’esocitosi di granuli di secrezione accumulati nella parte corticale del citoplasma dell’oocita. Tali granuli contengono sostanze che alterano le caratteristiche dei rivestimenti superficiali dell’oocita (mascheramento delle glicoproteine ZP3), impedendo in questo modo la fusione del gamete femminile con un altro spermatozoo (blocco della polispermia). Un altro effetto delle alte concentrazioni di calcio è lo sblocco della meiosi nello stadio di metafase II dell’oocita, con il completamento della seconda divisione meiotica.

LA PRIMA SETTIMANA DI SVILUPPO L’attivazione dell’oocita ed il completamento della seconda divisione meiotica portano alla formazione di un pronucleo femminile, che può fondersi con il genoma aploide del pronucleo maschile in un processo chiamato cariogamia. Tuttavia, affinché avvenga la cariogamia, il nucleo dello spermatozoo deve prima subire una serie di modificazioni. La cromatina di uno spermatozoo maturo risulta estremamente condensata per effetto di particolari proteine a carattere basico, le protamine, la cui funzione è quella di compattare il genoma nel ristretto spazio nucleare dello spermatozoo. In seguito alla fecondazione, lo spermatozoo perde l’involucro nucleare, e le protamine vengono sostituite con istoni di origine materna, che decondensano la cromatina. Infine, il DNA dello spermatozoo viene racchiuso in un involucro nucleare, sempre di derivazione materna, costituendo il cosiddetto pronucleo maschile, che si fonde con il pronucleo femminile, a formare lo zigote, la prima cellula del nuovo organismo, con un corredo cromosomico diploide. Una volta formato, lo zigote va incontro alla prima divisione mitotica, generando così un embrione a due cellule. A questo punto, 24-30 ore dopo la fecondazione, inizia la prima fase dello sviluppo embrionale, detta segmentazione, un processo in cui le cellule, definite blastomeri, vanno incontro a ripetute divisioni mitotiche, mentre il volume dell’embrione rimane costante. Allo stadio di 8 cellule, fino al quale i blastomeri risultano totipotenti, avviene la fase di compattazione, caratterizzata dalla comparsa di proteine appartenenti alla famiglia delle caderine, le E-caderine, che provvedono alla formazione di giunzioni aderenti tra i blastomeri, mentre la riorganizzazione dei microfilamenti fa assumere alle cellule una forma appiattita. Allo stadio di 8-32 cellule, si forma una struttura sferica piena, nota come morula, e i blastomeri contenuti al

suo interno cominciano a differenziarsi: alcuni assumono una posizione periferica, formando un epitelio differenziato, denominato TROFOBLASTO (o trofoectoderma), che si dota di giunzioni occludenti (a partire dallo stadio di 8 cellule) e desmosomiche (dallo stadio di 16 cellule); altri invece si collocano in profondità, formando la massa cellulare interna o embrioblasto. Allo stadio di 32 cellule, l’attivazione delle pompe Na/K-ATPasiche sulla membrana delle cellule del trofoblasto ed il conseguente trasporto di liquidi determinano il distacco delle cellule interne della morula dal trofoblasto, a formare una struttura sferica cava, la blastocisti, all’interno della quale compare una cavità centrale, detta blastocele. Le cellule interne si ammassano su di un lato della blastocisti, formando il polo embrionale, mentre quello del lato opposto, privo di cellule, viene definito polo abembrionale. Successivamente, la massa cellulare interna si differenzia in: EPIBLASTO (o ectoderma primitivo), costituito da uno strato di cellule addossate al trofoblasto; e IPOBLASTO (o endoderma primitivo), costituito da uno strato di cellule collocate tra l’epiblasto e il blastocele. Pertanto, la blastocisti in fase tardiva è costituita da tre gruppi distinti di cellule: il trofoblasto, l’epiblasto e l’ipoblasto: di questi tessuti, solo l’epiblasto darà origine all’embrione vero e proprio, mentre gli altri due formeranno gli annessi embrionali, necessari per il suo sviluppo intrauterino. In seguito, intorno al 5° giorno, avviene la schiusa della blastocisti, ovvero la fuoriuscita della blastocisti dalla zona pellucida, ad opera di enzimi proteolitici secreti dalle cellule del trofoblasto. L’attività genetica dell’embrione durante la prima settimana di sviluppo è volta all’acquisizione della pluripotenza e alle prime scelte differenziative. In particolare, per determinare la pluripotenza delle cellule embrionali sono necessari alcuni fattori trascrizionali (OCT4, NANOG, SOX2), che stimolano la loro stessa trascrizione e regolano i promotori di numerosi geni implicati nelle modificazioni epigenetiche della cromatina, oltre ad indurre l’espressione di geni che aiutano a mantenere la pluripotenza. Per quanto riguarda i processi differenziativi, il primo di questi porta al differenziamento tra trofoblasto e massa cellulare interna, allo stadio di morula. In particolare, OCT4, insieme a NANOG e SOX2, svolge un ruolo essenziale per lo sviluppo della massa cellulare interna, e, in sua assenza, i blastomeri diventano cellule del trofoblasto; al contrario se l’espressione di OCT4 è molto elevata, mentre quella di NANOG è silenziata, i blastomeri si differenziano in cellule dell’endoderma primitivo. Nella formazione del trofoblasto, invece, è determinante il fattore di trascrizione CDX2, la cui abbondanza dipende da un meccanismo finemente regolato da Hippo, una proteina-chinasi in grado di determinare il destino differenziativo delle cellule interne ed esterne della morula. Hippo, attivata da interazioni omofiliche della protocaderina tra cellule esterne ed interne, fosforila LATS (altra porteina chinasi), che a sua volta fosforila la proteina YAP (coattivatore trascrizionale), inibendo così la trascrzione di CDX2. Al contrario, in assenza di interazioni omofiliche, YAP, non fosforilata, si lega al fattore trascrizionale TEAD4, stimolando la trascrizione di CDX2. Per cui, nelle cellule interne della morula l’attività di Hippo è elevata; di conseguenza le cellule avranno una relativa abbondanza di OCT4 e saranno indotte a differenziarsi in cellule dell’embrioblasto. Al contrario, nelle cellule esterne l’attività di Hippo è bassa; di conseguenza le cellule avranno una relativa abbondanza di CDX2 e saranno indotte a differenziarsi in cellule del trofoblasto. A questo punto, il trofoblasto comincia a proliferare, grazie anche alle sue cellule staminali, il cui mantenimento è regolato da un altro fattore di trascrizione, ELF5. Il secondo evento differenziativo, che avviene quando l’embrione è diventato blastocisti, è la specificazione dell’epiblasto e dell’ipoblasto dalla massa cellulare interna. In particolare, tale evento differenziativo dipende essenzialmente dall’espressione di due diversi fattori trascrizionali: le cellule che esprimono NANOG si aggregano a formare l’epiblasto, mentre quelle che esprimono GATA6 si differenziano in cellule dell’ipoblasto.

IMPIANTO E SECONDA SETTIMANA Nel corso della seconda settimana, la blastocisti penetra all’interno dell’ endometrio, la mucosa uterina costituita da epitelio ghiandolare e stroma connettivale, che riveste la cavità interna dell’utero. L’impianto interstiziale o annidamento segna l’inizio di una comunicazione più stretta tra embrione ed organismo materno ed è indispensabile per lo sviluppo del prodotto di fecondazione. Si tratta di un processo sottoposto a regolazione endocrina: infatti, al momento dell’impianto, l’endometrio si trova nella fase secretiva del ciclo uterino (ghiandole con lume centrale ben evidente), ed è stato preparato all’accoglimento dell’embrione dal progesterone, prodotto dalle cellule del corpo luteo gravidico e la cui concentrazione è di gran lunga superiore a quella degli estrogeni, (condizione indispensabile per l’accoglimento e il mantenimento del prodotto di fecondazione). Inoltre, il corion embrionale rilascia la gonadotropina corionica (HCG), che entra nel circolo sanguigno materno e provoca sul sistema ipotalamo-ipofisario il blocco della produzione di FSH e LH, bloccando l’ovulazione e permettendo così al corpo luteo di continuare a produrre progesterone. L’impianto prevede tre diverse fasi: l’apposizione, l’adesione e l’invasione. In particolare, l’apposizione, che si realizza intorno al 5° giorno dalla fecondazione, vede il progressivo appiattimento della blastocisti contro l’epitelio endometriale dal lato in cui è presente l’embrioblasto, e la successiva penetrazione, da parte del trofoblasto, di protrusioni citoplasmatiche tra le cellule cilindriche dello stesso epitelio, favorita da un rimodellamento del glicocalice e da una diminuita espressione di Ecaderine a livello delle zonule aderenti. L’adesione, che si realizza intorno al 6° giorno dalla fecondazione, vede un vero e proprio contatto tra la blastocisti e la parete uterina, ad opera di varie molecole tra cui selectine, caderine ed integrine; e il successivo differenziamento del trofoblasto, a livello del polo embrionale, in uno strato più interno, il CITOTROFOBLASTO, costituito da cellule in continua proliferazione e con confini ben definiti, ed uno più esterno, il SINCIZIOTROFOBLASTO, costituito da cellule provenienti dal citotrofoblasto e con confini non riconoscibili. Inoltre, il sinciziotrofoblasto si caratterizza per la sua natura “dirompente e invadente”, sostenuta dalla liberazione di metalloproteasi. Infatti, i suoi elementi migrano attivamente tra le cellule dell’epitelio endometriale e nello stroma sottostante, fagocitando tutto ciò che incontrano sul loro cammino. Questo meccanismo di penetrazione ha un duplice scopo: creare un varco, ma soprattutto fornire alla blastocisti i metaboliti necessari per il suo sviluppo. Inoltre, l’invasione del trofoblasto induce, da parte dell’endometrio, la cosiddetta reazione deciduale, che porta alla formazione della decidua graviditas (dal latino deciduus, “che cade”) uno strato non permanente che viene eliminato al momento del parto. Le cellule deciduali aumentano di volume ed assumono una caratteristica forma poliedrica; contengono numerosi granuli di glicogeno e producono fattori che impediscono il rigetto. Inoltre, da un punto di vista strutturale, la decidua viene distinta in tre strati: la decidua basalis, che è la porzione dell’endometrio subito sottostante alla sede di impianto; la decidua capsularis, la sottile porzione di endometrio che giace tra la sede dell’impianto ed il lume dell’utero; la decidua parietalis, che riveste la porzione rimanente della cavità uterina. A partire dall’8° giorno, l’embrioblasto che prima aderiva al citotrofoblasto, se ne distacca. Tale fenomeno è dovuto alla comparsa di numerose lacune piene di liquido, che tendono a confluire formando la cavità dell’amnios o cavità amniotica, destinata ad ingrandirsi. La formazione della cavità amniotica è indispensabile per garantire all’embrione lo spazio necessario al suo sviluppo, mentre il liquido amniotico, oltre ad accumularsi provocando l’espansione dell’amnios, fornisce anche una protezione meccanica e agisce da rivestimento coibente. Contemporaneamente, l’epiblasto (o ectoderma) e l’ipoblasto (o endoderma) si differenziano in due foglietti ben distinguibili, separati da una lamina basale, a formare il disco germinativo didermico o embrionale bilaminare. L’endoderma è rivolto verso la cavità del blastocele, mentre l’ectoderma va a costituire il pavimento della cavità amniotica, la cui restante parte viene rivestita da uno strato di cellule larghe e appiattite, gli amnioblasti, che secondo alcuni autori deriverebbero dal citotrofoblasto, e secondo altri dall’epiblasto. In questa fase, la cavità del blastocele prende il nome di sacco vitellino primario o cavità

esocelomica, e risulta delimitata in alto dall’endoderma e per la restante parte da cellule pavimentose, che costituiscono la cosiddetta membrana di Heuser. Tale membrana deriverebbe secondo alcuni autori da cellule dell’endoderma; secondo altri, invece, da cellule del citotrofoblasto. Nella specie umana, il sacco vitellino è implicato nel trasferimento di nutrienti all’embrione durante la seconda e terza settimana. Inoltre, assume un significato importante dal punto di vista morfogenetico, in quanto nel mesoderma extraembrionale che lo riveste, a partire dalla terza settimana, inizia la formazione delle isole angiogeniche, in cui si differenziano cellule endoteliali, gli angioblasti, che vanno a formare la parete dei vasi sanguigni, e gli emoblasti, precursori delle cellule del sangue (da qui l’implicazione del sacco vitellino nell’eritropoiesi embrionale); mentre nella sua parete dorsale, in prossimità dell’allantoide, si sviluppano i gonociti, cellule germinative primordiali che andranno a colonizzare le creste germinali nello sviluppo delle gonadi, al di fuori dell’embrione. Intorno al 9° giorno di sviluppo, la blastocisti appare quasi completamente affondatanell’embrione, e il trofoblasto è differenziato in cito- e sincizio-trofoblasto anche in corrispondenza del polo abembrionale. Tra il 10° e l’11° giorno, si completa la chiusura dell’endometrio intorno alla blastocisti, mediante la formazione di un coagulo di fimbrina, a livello del punto di penetrazione; e all’inte rno del sinciziotrofoblasto si formano numerosi spazi vascolari, le trabecole sinciziali o trofoblastiche (stadio lacunare del trofoblasto), mentre le porzioni di sinciziotrofoblasto tra una lacuna e l’altra costituiscono i cosiddetti villi trofoblastici. In seguito, i sinusoidi originati dalla dilatazione dei capillari del connettivo endometriale entrano in contatto con il sistema di lacune che si è prodotto nel sincizio, istituendo così il primo abbozzo della circolazione placentare. Inoltre, verso il 14° giorno, le cellule citotrofoblastiche, proliferando attivamente, si spingono all’interno delle trabecole sinciziali, costituendo i villi primari, che quindi risultano formati da un asse di citotrofoblasto rivestito dal sinciziotrofoblasto. Allo stesso tempo, le cellule citotrofoblastiche assumono un aspetto stellato, formando con i loro prolungamenti citoplasmatici un magma reticolato acellulare intorno alla membrana di Heuser. Successivamente, le lacune presenti in questa sede confluiscono l’una nell’altra, portando alla formazione di un’unica grande cavità, il celoma extraembrionale o cavità coriale, che va ad avvolgere quasi completamente la cavità amniotica e quella vitellina. Il tessuto che delimita la cavità del celoma extraembrionale è il mesoderma extraembrionale ed a...


Similar Free PDFs