Appunti teoria dei media PDF

Title Appunti teoria dei media
Course Informatica applicata alla comunicazione multimediale magistrale
Institution Università degli Studi di Torino
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TEORIA DEI MEDIA E CULTURA VISUALE - CHIARA SIMONIGH Teorie dei media: acquisire conoscenza e consapevolezza in quanto cittadini-spettatori-produttori di immagini. Le varie interpretazioni su come i media si sono organizzati e si organizzino. Come i media influenzano la società e come si delinea la cultura dei media e come si differenzia dalla cultura intesa in passato. Che cos’è un medium? Passaggio da cultura verbocentrica a cultura visuale. Metodo di interpretazione delle immagini audiovisive (film). 03/02/2020 La nostra è una cultura mediale (utilizzato nell’ambito dei media studies; esprime una visione completa di aspetti positivi e negativi) o mediatica (non sono parole sinonime, mediatica ha assunto una connotazione non del tutto positiva, implica qualcosa di problematico che questa cultura comporta). Cultura visuale: avvento di tecnologie capaci di riprodurre immagini (metà dell’800 con la nascita della fotografia e poi nella seconda metà con lo sviluppo di operazioni che condurranno allo sviluppo della cinematografia, cinematografia alla fine dell’800). La fotografia nasce nel 1839 con il dagherrotipo, progenitore della fotografia. 28/12/1895 nascita del cinema, prima proiezione pubblica da parte dei fratelli Lumière a Parigi; “Il cinematografo è un’invenzione senza futuro” citazione del padre dei fratelli Lumière. Riprodurre la realtà in immagini dinamiche. Jorge Luís Borges fece riferimento a una storia paradossale, un cartografo doveva riprodurre una mappa geografica quanto più possibile per commissione dell’imperatore, il cartografo realizzò una mappa dalle dimensioni reali, si tratta di un paradosso, ingenuità di un sogno di riprodurre la realtà così per com’è; questo sogno parve realizzarsi finché gli studiosi che si avvicendarono attorno allo studio della cultura visuale affermarono che si trattava di un mero sogno non realizzabile. Negli anni ’30 del 900 nasce la dimensione sonora nel cinema e la televisione (visione a distanza); ma solamente negli anni ’50 la televisione raggiungere una diffusione su scala mondiale; in quel momento coloro che si erano occupati di fotografia e cinema, iniziano a occuparsi di televisione; Verso la fine del 900 nasce la rete telematica, una rete tecnologica-digitale, che permette una diffusione sempre più capillare delle immagini audiovisive e ciò ne determina delle conseguenze a livello globale. Quotidianamente ci esponiamo a immagini su schermi di varie dimensioni e che ci raggiungono (maxi schermi; schermi che ormai fanno parte dell’architettura urbana). Il nostro sguardo è diverso rispetto alle generazioni che vivevano prima dell’avvento della cultura visuale (per millenni l’umanità ha vissuto quasi senza immagini e ciò che stiamo vivendo implica una trasformazione della cultura ma anche una trasformazione antropologica, il nostro modo di guardare è diverso dalle persone vissute prima della cultura visuale). Con un colpo d’occhio possiamo abbracciare il mondo intero, possiamo ampliare le nostre conoscenze del mondo che nei secoli passati era impensabile (solo l’élite aveva accesso alle conoscenze); i media hanno ampliato le nostre conoscenze e hanno ridotto la differenza nella società tra l'élite e la massa incolta; inoltre ha trasformato il significato stesso di cultura. I medie hanno permesso la condivisione di paradigmi culturali avvinando i popoli tra di essi. Hanno avuto però delle connotazioni negative: globalizzazione culturale, standardizzazione e omologazione tra le culture con la perdita di fattori caratterizzando che le distinguevano; dall’altro lato ha favorito il sincretismo delle culture, degli intrecci e ibridazione tra culture diverse. Cit. Wim Wenders, regista del film “Il cielo sopra Berlino”:

“Il mondo esiste sette miliardi di volte negli occhi di ogni persona vivente. È un puzzle perenne composto, scomposto e ricomposto simultaneamente e di continuo da sette miliardi di sguardi. Il mondo è costantemente frazionato in miliardi di visioni. Ogni essere umano è un punto di vista ambulante, unico, solitario e connesso col tutto. Ogni singolo elemento nello spettro del mondo, tu, proprio ora, io, proprio ora, noi tutti, i nostri sguardi e il mondo interiore da cui sorgono, e il mondo là fuori… Immagina la somma di tutto ciò, questo gigantesco caleidoscopio dell’intera percezione e consapevolezza umana! Sette miliardi di paia di occhi e altrettante coscienze dietro! che cos’altro dovremmo chiamare ‘mondo’?” A questa citazione dobbiamo aggiunge la funzione che i media svolgono; la citazione si riferisce allo sguardo diretto sul mondo; ma se gli occhi guardano il mondo in mono indiretta, mediata attraverso schermi, l’immagine dello stesso mondo cambia e diventa complessa. Il nostro sguardo non si posa in maniera diretta sul mondo, ma lo conosciamo attraverso delle immagini del mondo, attraverso schermi che fanno da filtro tra noi e il mondo, attraverso strumenti che svolgono la funzione di mediare tra noi e il mondo. È uno scenario di complessità che contempla un rapporto mediato con il mondo e non diretto. Medium: parola che precede dal latino, singolare, significa mezzo; Media è invece plurale e significa mezzi. Attraverso un’esperienza diretta è difficile conoscere tutto, ad es. luoghi lontani che conosciamo attraverso un’esperienza mediale e ne acquistiamo un sapere; compiamo delle esperienze che nella vita non faremo mai. Si tratta di un ampliamento delle conoscenze, ma anche una schermatura tra noi e il mondo. Le immagini ci dicono che è cambiato lo sguardo, il modo di vedere il mondo ma anche di come fare un’esperienza diversa. - 7 ore e mezzo al giorno davanti a schermi in Europa; - l’80% dei contenuti mediali sono immagini; - 4 ore davanti alla TV in Italia; - Gran Bretagna, Francia, Germania, Spagna, Olanda, Norvegia, Svezia: materie umanistiche ed educazione civica comprendono insegnamenti sulla cultura dei media e sull’alfabetizzazione iconica; - Mancanza di consapevolezza della complessità della cultura visuale e mediale produce incapacità di conoscere e gestire le conseguenze benefiche e nocive del suo impiego. Il fatto di avere una grande familiarità con qualcosa non significa che ne abbiamo la piena consapevolezza. La mancanza di consapevolezza che caratterizza la maggior parte di cittadinispettatori (partecipiamo alla vita pubblica, alla vita della società-mondo attraverso dispositivi e in quanto tali siamo poco consapevoli di tutte le implicazioni che questi strumenti ci offrono); siamo anche produttori immagini, siamo cittadini-spettatori-produttori di immagini che non rimangono nella cerchia ristretta di conoscenze; siamo produttori di immagini che circolano in tutto il mondo, eppure le usiamo con una troppa disinvoltura, senza la consapevolezza, senza la responsabilità che dovremmo esercitare nei confronti di tutti i potenziali spettatori; in quanto spettatori le nostre azioni di consumo delle immagini sono sempre più tracciabili; le immagini che consumiamo e le nostro scelte di spettatori sono monitorate; il monitoraggio entra nel grande flusso di informazioni globali che serve a orientare il mercato della produzioni di immagini (se una quantità di utenti si concentra su certi immagini, sono utenti che rendono e le immagini future verranno orientate in base alle loro preferenze). Libertà nell’utilizzo delle immagini implica una responsabilità. Siamo sicuri di orientare questo impegno verso uno sviluppo positivo e benefico? Tra le novità dell’avvento della cultura visuale quantitativamente, in base alla statistica l’80% dei contenuti mediali sono immagini (statiche o dinamiche) e stiamo 7 ore e mezzo al giorno davanti a schermi. Si tratta di una percentuale alta che influisce sul modo di plasmare il mondo. I nostri predecessori aveva un rapporto diverso con l’immagine; il rapporto dell’uomo con l’immagine, per quanto riguarda l’aspetto quantitativo, è diverso; nel Medioevo nell’intero arco della sua vita vedeva

25-30 immagini, si tratta di un divario immenso che ci separa dalle generazioni che ci hanno preceduto nei secoli e millenni passati; erano immagini degli affreschi delle chiese o dei vetri colorati; le immagini erano un evento d’eccezione nella vita dell’individuo in passato; il rapporto privilegiato era un rapporto diretto con la realtà e non mediato da immagini e così è stato per l’intera storia dell’umanità tranne per questi ultimi secoli. È un divario enorme che ci fa capire che è necessario capire come sono fatte queste immagini e come mai siamo diventati dipendenti da loro; com’è avvenuto il passaggio da una cultura logocentrica (incentrata sulla parola) a iconocentrica (incentrata sull’icona). Al giorno vediamo diverse migliaia di immagini che ci raggiungono. Dovremmo rivolgere la nostra attenzione sull’influenza che esercitano le immagini. L’antropologo indiano Appadurai (naturalizzato americano) introduce il concetto di mediascape (panorami di media) che ha avuto una grande fortuna perché ci spiega come il nostro ambiente quotidiano, per via delle statiche a cui abbiamo fatto riferimento, non è più solo quello fisico, ma un ambiente artificiale, mediale, iconico; viviamo in questo ambiente artificiali dato da immagini e media; è un ambiente artificiale perché si parla di tecnologie, ma anche perché è culturale e non naturale. Viviamo in ambiente mediale, artificiale, culturale (la parola virtuale ha un significato approssimativo). Il mediascape è uno spazio che non ha límite nel quale vivono quasi tutti gli abitanti del globo che si espongono a un gran numero di ore ai media. Questa novità ha introdotto conseguenze sull’ambiente naturale (esperienze indirette e non dirette) e sul nostro modo di pensare (pensiamo in termini di cultura mediale e non di natura inteso come rapporto diretto con la natura). Vale la pena capire qualcosa di più di questa immensità che è complessità. Siamo portati a una complessificazione della cultura e della vita umana. 04/02/2020 Esperienza. È un concetto fondamentale nelle nostre vite, chi siamo è il frutto delle esperienze che abbiamo fatto. è fondamentale per indagare il rapporto che abbiamo con i media e scoprire perché permettono ai media di acquisire conoscenza. L’esperienza è un tipo di conoscenza che ci viene data attraverso le sensazioni, attraverso i sensi (vista, udito) e quindi le percezioni sensoriali che formano un sistema che costituisce la nostra sensibilità, a nostra facoltà e capacità di sentire. Sperimento qualcosa attraverso la facoltà del sentire che può essere più o meno evoluta e formata. La facoltà del sentire ha una sua educazione, non è qualcosa di naturale. La nostra sensibilità e il nostro sentire sono culturalmente determinati, variano in base a quale cultura apparteniamo e dove siamo cresciuti, sono quindi influenzati da uno sviluppo culturale. L’esperienza è quel tipo di conoscenza che si distingue dalle astrazioni, è qualcosa di diretto, concreto (non è speculazione astratta, non è teoria), si distingue come forma di conoscenza in quanto è concreta, pragmatica, diretta. La sensibilità è culturalmente determinata e allo stesso tempo il ragionamento non è proprio di questa forma di conoscenza che è l’esperienza. L’esperienza è una conoscenza comprovata. - Tipo di conoscenza fornita dalle sensazioni o comunque acquisita per il tramite dei sensi, le percezioni sensoriali, a sensibilità, il sentire. - Si distingue dalle astrazioni, dalle speculazioni e dalla pura teoria: verità confermata dall’e.; opinioni fondata sull’e.; giudicare al lume dell’e.; e. esterna, la percezione degli oggetti e dei fatti a noi esterni; e. interna, percezione degli stati e dei moti interiori della mente; e. comune, quella spontanea, mossa dagli impulsi e condivisa dalla società o dal genere umano; e. scientifica (o metodica), quella che nell’osservazione dei fatti applica regole fornite dalla ragione; e. religiosa, l’apprensione immediata e diretta che l’uomo ha con l’assoluto, la trascendenza. L’esperienza è uno dei fattori di conoscenza primari che contraddistinguono l’umano (e non solo). Tutta la storia dell’umanità si è sviluppa a partire dall’esperienza che ha comportato il rapporto di tipo

diretto con il reale, relazione pragmatica e concreta con il mondo e la realtà circostante; l’esperienza di fenomeni e fatti del mondo; esperienza come elemento che fonda la fenomenologia, la conoscenza dei fenomeni di questo mondo. A partire da un secolo si è aggiunta un altro tipo di esperienza che non è più esperienza diretta del mondo, ma indiretta, che si coinvolge i sensi (vista, udito, ecc). Esperienza mediale e coinvolgente che sollecita le nostre percezioni sensoriali come l’audiovisivo che sollecita la percezione uditiva. Benché compiuta con i nostri sensi è un’esperienza mediata e indiretta. Questa esperienza diretta ci viene proposta da strumenti di mediazione, strumenti che mediano, compiono un’attività di mediazione tra noi e il mondo, tra noi e l’ambiente naturale, tra noi e l’altro, tra noi e l’ambiente sociale, tutto ciò che non conosciamo e che è altro da noi (un’altra persona o l’ambiente naturale). Questi strumenti sono mezzi di esperienza e quindi sono mezzi di conoscenza. L’esperienza mediata o mediale - I media sono strumenti di mediazione con l’alterità del mondo e l’altro: mezzi di conoscenza e mezzi di comprensione. (Cultura dei media e Tecnologie della sensibilità. Cit. Montani). I medi hanno plasmato la nostra sensibilità e l’hanno resa diversa rispetto a quella sensibilità prima dell’avvento dei media. La sensibilità è tecnologicamente (cit. Walter Benjamin ha sostenuti tra i primi che le tecnologie modificano le nostre capacità percettive e sensoriali) determinata e non solo culturalmente. PRIMA FASE: MASS MEDIA COMMUNICATION

Mass media communication: funzione di mediazione regolata da istanze: ESPERIENZA MEDIATA; esercitavano un’attività forte di mediazione, fase che coincideva con l’avvento della fotografia (1839 primi dagherrotipi; nei decenni successivi la fotografia sostituisce la pittura e celebra la borghesia in quanto è più mediata, più veloce e più economica), del cinema (diventa una forma di espressione e uno spettacolo per il pubblico a partire dal 1895; conosce diverse fasi di sviluppo che vanno nella direzione di fornire un’esperienza sensoriale quanto più simile possibile all’esperienza diretta; la fotografia forniva un’immagine verosimile, ma statica; il cinema offre un’immagine dinamica della realtà; cinematografo significa scrittura del movimento; il cinema sonoro degli anni ’30 coinvolge l’udito e l’immagine dinamica, cinetica audiovisiva della realtà si fa molto più verosimile rispetto a prima; la capacità di ascoltare musiche, suoni e rumori; lo sviluppo dell’immagine cromatica negli anni ’50 coincide con la diffusione della televisione che faceva competenza al cinema; proposta di ulteriore verosimiglianza) e della televisione (visione a distanza; possibilità di assistere a fatti e avvenimenti che si svolgono molto lontano nel momento in cui accadono, nella simultaneità, IN DIRETTA si ha l’impressione di essere lì, ma è un’illusione perché vi assistiamo attraverso un medium) ; 05/02/2020 Guy Debord ha analizzato la cultura dei media e la società dello spettacolo. La parola spettacolo ha un'etimologia latina e allude alla dimensione visiva ( “SPECTARE” = “GUARDARE”). Tutti gli sforzi tecnologici per fornire un'esperienza mediale derivano da istanze di tipo economico, garantirsi il più vasto pubblico possibile. Industria culturale è un concetto introdotto nella Scuola di Francoforte nella seconda metà degli anni '30-'40 del 900. Max Horkheimer e Theodor Adorno nella “ Dialettica dell'Illuminismo” riflettono sull'industria culturale. Il connubio delle due identità costituisce una delle novità più pregne di conseguenze nella storia della cultura e nella storia sociale: industria e cultura; economia e arte; produzione industriale e creatività. Sono concetti che fino all'avvento della fotografia rappresentavano binomi opposti e inconciliabili. Per gli uomini di cultura, gli intellettuali, che si erano occupati di ambiti con una connotazione diversa (forme di mecenatismo), lo shock è considerevole. Il connubio tra industria e cultura, economia e arte, produzione industriale e creatività si presenta problematico; la libertà di espressione dell'intellettuale o artista; la sua autonomia di pensiero; l'originalità dell'opera; la standardizzazione che l'industria

propone sono questioni problematiche. Max Horkheimer, Theodor Adorno, Walter Benjamin, Herbert Marcuse sono gli esponenti della Scuola di Francoforte. La parola massa (che troviamo nella parola mass media communication ) si pone in contrasto con l'élite culturale. Vi è una preoccupazione generale per l'abbassamento dei contenuti. La cultura è disponibile per una moltitudine di persone caratterizzate da una formazione eterogenea (analfabeti o masse incolte) e la cultura non è più solo dell'élite. Secondo una citazione di Georges Duhamel “Il cinema è un divertimento per i loti”, è destinato a un pubblico analfabeta. In sala era presente una figura importante che leggeva le didascalie per gli analfabeti. In questa dimensione di analfabetismo vi era una preoccupazione per gli intellettuali. Queste nuove forme di cultura si possono considerare arte? Hanno dignità culturale? Hanno dignità estetica? Gli intellettuali “snobbavano” queste nuove forme di cultura. Democratizzazione della cultura: possibilità di rendere fruibile e accessibile per tutti dei contenuti che prima erano appannaggio di una cerchia ristretta di persone; Democratizzazione cognitiva: se da una lato si ha la possibilità di acquisire e accumulare conoscenze, allo stesso modo si amplia la possibilità di sviluppare l'intelletto, capacità quindi di comprendere e capire. Gli intellettuali e le loro preoccupazioni non tenevano conto della portata della novità introdotta dai media. Possibilità di uguaglianza culturale, cognitivo, ma anche in senso sociale e politico. Questa cecità dell'élite a cui fa riferimento la Scuola di Francoforte è formata da un pensiero progressista di Karl Marx. È un paradosso. Durante la fine dell'800 una grande massa di contadini si spostano in città per diventare operai fino agli anni '30 del 900. “La massa come ornamento” era uno studio sulla massa (Georg Simmel). Fotografia, cinema e televisione sono nuove forme per esprimere significati e sono forme di carattere visivo. La svolta iconica (iconic turn). La cultura che era stata logocentrica e verbocentrica, incentrata sulla parola e appannaggio di un'élite si trasforma in immagine con un immenso potenziale di comunicazione in quanto universalmente comprensibile. Costituisce una svolta che introduce una novità mai vista prima; la rappresentazione per immagine non è più affidata a un artista (scultore, pittore) ma a una macchina che produce e riproduce immagini. Questa novità è stata colta da Walter Benjamin nel testo “L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica” che riflette sulle novità introdotte dalla tecnologia tra l'uomo, la rappresentazione del mondo e del mondo. Possiamo trarre un numero infinito di immagini sia copie che originali. L'originalità in arte (ad es. La Gioconda di Leonardo da Vinci) è unica e irripetibile. La riproducibilità tecnica invade il mondo di immagini e determina la svolta iconica della cultura. Le immagini proliferano e ci raggiungono ovunque. Questa svolta iconica trasforma la cultura in maniera radicale; va nel senso della democratizzazione della cultura; l'esperanto iconico è una lingua universale raggiungibile a tutti e comprensibile per tutti; è quindi aperta a una massa indifferenziata (anche analfabeti). Comunicazione è una funzione chiave. Gli studiosi hanno riflettuto nella prima fase della storia dei media. Si parla di comunicazione unidirezionale quando c'è una fonte, un emittente (che siano autori, produttori di immagini, fotografo, il giornale, il regista, il produttore che finanzia economicamente, i distributori nelle sale cinematografiche, il broadcast) che si rivolge a una massa indifferenziata. Fa sì che il potere comunicativo sia concentrato nelle mani di pochi e sia rivolta alla massa che non può interagire nella comunicazione e per questo motivo non è una comunicazione bidirezionale, non c'è uno scambio comunicativo, ma è unidirezionale. La comunicazione unidirezionale comporta una standardizzazio...


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