Belli - riassunto di poeti dialettali italiani PDF

Title Belli - riassunto di poeti dialettali italiani
Author Marianna Pallotta
Course Letteratura italiana 
Institution Università degli Studi di Bari Aldo Moro
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riassunto di poeti dialettali italiani...


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DIALETTO Nell’Antica Grecia, col termine dialetto si intendeva la parlata particolare di una regione , e per lungo tempo lingua e dialetto si fronteggiarono indicando per lingua la lingua utilizzata per la letteratura e per dialetto la lingua parlata da tutte le classi sociali , tra cui la plebe. La vicinanza del dialetto alla vita reale, fece sì che nascesse una letteratura dialettale che trattava della plebe e dei mille vizi e virtù della’uomo . Da questo momento si iniziò a vedere lingua e dialetto come due cose complementari ,come evidenziato dal critico Gianfranco Contini che descrisse la letteratura italiana come “l’unica grande letteratura dialettale nazionale la cui produzione dialettale faccia visceralmente, inscindibilmente corpo col restante patrimonio”.La letteratura dialettale non si presenta come un singolo episodio , ma come la ricchezza della nostra letteratura, come due letterature capaci di convivere tra loro . Fa parte del trilinguismo nazionale , ossia dialetto , italiano e latino.Il concetto di trilinguismo fu introdotto da Vincenzo Monti . Monti scrisse “ il trilinguismo delle lettere italiane” secondo cui la storia della letteratura italiana è una, ma anche triplice perché si riconosce il consolidato uso dell’italiano letterario, dialetto , e latino(fino a Carducci si scrivevano poesie anche in latino) La letteratura dialettale si differenzia in : -SPONTANEA , con filastrocche , proverbi , che comportano una forte immediatezza , generalmente la si ritrova in un autore non consapevole della propria arte; -RIFLESSA, con un autore cosciente della sua arte ,e vede il dialetto non come un elemento di folklore ma come un mezzo nobile per descrivere gli argomenti più alti come l’amore, le donne. Una dei primi volgari che sembra fondere il dialetto alla letteratura è il toscano di Dante, primo dialettologo. La dimensione policentrica del dialetto in Italia è stata confermata da CARLO DIONISOTTI ,d’origine piemontese , docente anche in Inghilterra, che scrisse “GEOGRAFIA E STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA”. In un Paese come l’Italia sembrano esserci più di 5 capitali:Roma, Venezia, Milano, Torino,Firenze e Napoli(metropoli 700 insieme a Parigi e Vienna ) e Palermo , invece in Paesi come la Francia , 6 volte più grande dell’Italia si ha una focalizzazione solo sulla capitale .La

situazione italiana è unica in Europa, e per secoli si è voluta trovare una lingua , che per 7/8 secoli sarà il toscano(Ariosto , Tasso) .In Italia , il dialetto per molti era bellezza, e per alcuni come il linguista Isaia Ascoli , la scelta unitaria di Manzoni di imporre una sola lingua nel post-unità d’Italia era necessario , ma non si è mai eliminata l’idea di una proliferazione della letteratura dialettale.

GIUSEPPE GIOACCHINO BELLI Nasce a Roma il 7 Settembre 1791 , due anni dopo la proclamazione della Repubblica francese , si trasferì con la mamma a Napoli dove conobbero un periodo di grande difficoltà economica . Frequentò il “Collegio romano “ dei Gesuiti e rimase presto orfano di entrambi i genitori . Fondò con altri poeti , intorno al 1810 , l’Accademia Tiberina . Grazie al cardinale Consalvi , potente prelato , e al matrimonio con la ricca vedova Maria Conti ottenne modesti incarichi, tra cui quello di censore , a causa del quale dovrà mettere un po’ da parte la sua creatività. Viaggiò molto tra Venezia, Napoli, Roma e soprattutto Milano dove conobbe Porta e l’ambiente culturale milanese. Il commentatore delle sue poesie fu Ghibellini. Scrisse più di duemila sonetti sulla plebe di Roma , definiti da Antonio Baldini un commedione romano , dove la vera natura dell’uomo fatta di corruzione , affetto , sesso , vino emerge. Potremmo fare un riferimento alla Comédie Humaine di Balzac, dove anche in questo caso vi è un realismo molto forte , ma la forma metrica del sonetto non sembra forzare la naturalezza del parlato . Utilizza il dialetto per far emergere un mondo emarginato , attraverso il quale comunica la sua profonda rinuncia per la sorte dell’uomo . Belli non descrive i suoi personaggi , ma li fa parlare , essi raccontano un accaduto. La sua più grande critica è verso la Chiesa , che provocò una crisi della borghesia moderna: il ricco Vaticano si contrapponeva a un popolino che diventava sempre più povero , che non aveva alcun mezzo per migliorare la propria posizione. 1830-37 lavora a questa sua opera “ titanica” al fine di poter edificare un monumento al popolo di Roma con 2279 sonetti(32 mila versi) ,a cui 10 anni più tardi ne aggiungerà altri 300, nel 1849 anno della repubblica romana, in cui il poeta per paura che venissero usati come mezzo antipapista sembra quasi rinnegarla.

Leggere Belli è fare un’esperienza nella Roma del passato , tra le bellezze dell’antica Roma , e anche la compravendita dei reperti archeologici romani ai turisti sembra essere tema delle sue poesie “ ANTICAJJA E PIETRELLE” . Belli ci mostra un legame fervido tra la Roma Antica e quella Moderna , quando afferma che la Chiesa Cattolica poggia sulle fondamenta di un tempio pagano . I protagonisti dei suoi sonetti sembrano essere tutti dei trasteverini , simbolo di una Roma ricca e viva . Un esempio è il suo sonetto Adducazione , in cui un trasteverino impartisce prediche al figlio che dalla morale cristiana approda a valori pagani , come la vendetta ,affinché il proprio figlio possa viver con in tasca un rosario ed un coltello . I suoi sonetti sono legati da un fil rouge , ossia la crisi di una cultura borghese . Belli descrive un’immagine di Roma, crocevia tra passato e presente, presentando tre aspetti della città che da sempre convivono : -Roma, simbolo di antichità, meta dei viaggi, -Roma , città del Papa, città Sacra , -Roma plebea , fatta di gente in miseria all’insegna dell’inopia(mancanza di tutto) Ogni angolo di Roma è descritto in uno dei suoi sonetti ,persino ciò che in passato era stato messo da parte come il ghetto . I temi principali per Belli sono creazione di Roma, Roma città in cui le leggi non vengono mai rispettate , e morte del Papa descritta come fosse uno spettacolo .Belli non solo decide di schernire la Chiesa, ma sembra provare empatia verso la plebe .I suoi sonetti furono già tradotti in inglese nel 1870 , ottenendo nel giro di 20 , 30 anni l’approvazione internazionale . Difatti , critici come il russo Gogol lo hanno descritto come un poeta originale , raro e poco estroverso , invece per Carlo Muscetta , Belli era un grande poeta di letteratura carnevalizzata, nelle cui poesie vita e morte convivono . Belli è stato ispirato da diversi poeti, tra cui: -BOCCACCIO Nonostante la sua bravura, poeti come Belli, Trilussa hanno dovuto far fronte al cliché del dialetto romanesco come un turpiloquio e la lingua più brutta tra tutte quella di Italia, come Dante affermava nel suo De Vulgari Eloquentia, che dal capitolo 11 al 15 tratta dei vari dialetti italiani , per mostrare che nessun dialetto era buono per essere un volgare illustre.

Li morti de Roma

PARAFRASI

23 gennaio 1833

Cuelli morti che ssò dde mezza tacca fra ttanta ggente che sse va a ffà fotte, vanno de ggiorno, cantanno a la stracca, verzo la bbùscia che sse l’ha da ignotte. Cuell’antri, in cammio, c’hanno la patacca de siggnori e dde fijji de miggnotte, so ppiù cciovili, e ttiengheno la cacca de fuggì er zole, e dde viaggià dde notte. Cc’è ppoi ‘na terza sorte de figura, ‘n’antra spesce de morti, che ccammina senza moccoli e ccassa in zepportura.

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Cuesti semo noantri, Crementina, che ccottivati a ppessce de frittura, sce bbutteno a la mucchia de matina.                                 14

Quei morti che sono di media condizione sociale fra tutta la gente che va a farsi fottere, che muore, hanno il loro funerale di giorno, dal mezzodì al tramonto, con gli accompagnatori che cantano con voce stanca e senza impegno le orazioni funebri previste dal rito, e vanno verso la fossa che se li deve inghiottire. Quegli altri, invece, che hanno il titolo di signori e di figli di bagasce (le due categorie coincidono), sono più civili e hanno la vanità, la puzza sotto il naso di evitare la luce del sole e vogliono fare il loro viaggio dall’Ave Maria alle due ore di notte. C’è poi un terzo tipo di cerimonia funebre, un’altra specie di morti, che fanno il loro ultimo viaggio verso la sepoltura senza tante cerimonie, senza ceri, senza torce e senza cassa. Questi siamo noialtri, il popolo di Roma, Clementina cara, che, quotati a un prezzo bassissimo, come pesciolini da frittura, ci buttano nella fossa comune di mattina.

Questo sonetto mette in evidenza le tre tipologie di Roma attraverso il rito funebre . Sono i morti stessi che parlano della ingiustizia che subiscono sia da vivi che da morti , ossia la divisione sociale . Nella Città Santa di Roma le ingiustizie terrene prevalgono sempre e ridicolizzano quasi ogni speranza ultraterrena. Non c’è dignità e bellezza nella morte: il narratore osserva con pietà lo spettacolo della fossa comune perché si identifica con i poveracci e con la sorte comune di tutti gli uomini. Secondo il poeta , è ridicolo considerare la distinzione sociale anche da morti . La critica annota che il suo mondo plebeo non è solo un mondo scanzonato, scurrile, profanatore e scandalizzatore, mondo che vive ai margini della ragione e degli ordinamenti civili. È anche un mondo reale e profondamente tragico, nel quale anche la morte non sfugge alla sua furia dissacratrice. Lasciare la parola agli oppressi ed umiliati, come in questo caso, significa negare ogni speranza di progresso, ogni fiducia nell’evoluzione positiva della società umana. È un paradosso? Non per Belli: egli è da accostare agli altri due grandi scrittori “negativi” e pessimisti della letteratura italiana ottocentesca, Leopardi e Verga.

ER FRUTTO DE LA PREDICA

Il sonetto è sarcastico perché Belli è stanco dei preti,mette in discussione l’autorità del prete , egli afferma che non si può sottostare alla autorità di un prete, solo perché è colui che spiega . L’oratore deve sapere docēre e movēre (insegnare e commuovere) , ed invece Belli pensava che con la scusa che in Chiesa fossero predicati i Misteri , in realtà gli uditori restavano sempre ignari.

ER DOTTORETTO COMMENTO : sonetto in cui Belli prende le distanze dalla religione nelle vesti di un affittuario, che affitta il posto letto a due missionari .Oggi parlare di fede è un segnale della nostra personalità , invece al tempo , secondo i missionari parlare di fede scuote la coscienza, e sarebbe meglio lasciarla serena, spingendo, dunque, il popolo a credere completamente, senza porsi domande. Belli è sicuramente il primo eversore della decadente istituzione della Curia Vaticana e del suo sfarzo.

TRILUSSA (1871-1950) Trilussa, pseudonimo (e anagramma del cognome) di Carlo Alberto Camillo Mariano Salustri, è stato un poeta, scrittore e giornalista italiano, particolarmente noto per le sue composizioni in dialetto romanesco. Nel 1887 la redazione de "Il Rugantino" per cui lavora , decide di pubblicare il suo primo sonetto in dialetto romanesco "L'invenzione della stampa", che ottiene un discreto apprezzamento e rappresenta il punto di partenza di quella che sarà una lunga e gloriosa carriera artistica. Due anni dopo esce, sullo stesso giornale, la sua prima opera "Stelle de Roma". Passa a scrivere su testate ben più importanti, fra le quali il "Don Chisciotte" ed "Il Messaggero", narrando a modo suo aspetti di vita quotidiana della capitale. La collaborazione al "Rugantino" comincia da giornalista, ed è proprio osservando la vita quotidiana intorno a sé che lo porta a scoprire un particolare talento nella narrazione in versi: Trilussa riesce a trarre dai fatti e dai comportamenti umani l'essenza più intima che trasforma in poesia spesso ironica e canzonatoria. Trilussa fu tollerato dai fascisti , non fu perseguitato , poiché per il fascismo il dialetto era da un lato un attentato all’unità dello Stato , ma d’altro canto parteggiare per la letteratura dialettale –quasi sempre disprezzata- era un modo per ottenere il consenso dei poeti . Nato come poeta dialettale, nello stesso filone del Belli e del suo contemporaneo Pascarella, il vernacolo di Trilussa tende piuttosto ad italianizzarsi, cosa che, se per un verso lo espone a critiche da parte dei poeti trasteverini dell'epoca, dall'altro gli consente di infondere nei suoi epigrammi un respiro più ampio, di imprimere alla sua arte una dimensione più universale. Ed anche a questo si deve il grande successo che egli riscuote in tutta l'Italia ed all'estero. Dopo la morte, Mondadori riunisce in unico volume le sue opere che pubblica col titolo "Tutte le poesie", nel 1951. Una delle sue più grandi raccolte è ROBBA VECCHIA a cui lavora dal 1890 al 1912 , in cui troviamo vari sonetti tra cui : Er pappagallo scappato Lei me chiamò e me fece: - Sarvatore, er pappagallo jeri scappò via perché nu' richiudeste er coridore;1 eccheve er mese,2 e fôr de casa mia.Te para carità, te pare core,

pe' 'na bestiaccia fa' 'sta bojeria, mette in mezz'a 'na strada du servitore che deve portà er pane e la famîa?... Ma io so tutto: er fatto der tenente, le visite a Firenze ar maresciallo, la balia a Nemi... e nun ho detto gnente. Percui stia attenta a lei, preghi er su' Dio, ché se me manna via p'er pappagallo vedrà che pappagallo3 che so' io!

BELLI vs TRILUSSA Nonostante siano entrambi nati a Roma ed entrambi morti il 21 Dicembre , si presentano come due poeti molto distanti fra loro. Belli : >pessimista che racconta e commenta il popolo di Roma come un popolo abbandonato a sé stesso da quella stessa Chiesa che dovrebbe aiutarlo e che invece viene sempre messa in ridicolo da Belli. Si potrebbe parlare di una satira pungente, un’ironia amarognola . >UTILIZZO SONETTO. >trascorse la vita nell’ombra, perché opere pubblicate postume Trilussa >satirico che fa una cronaca satirica d’incidenti, compromessi del popolo . La sua satira può essere osservata nel suo componimento “M’hanno nominato senatore a vita” . Trilussa fu nominato tale poco prima della sua morte. >Abbandona sonetto , per dar spazio ad una sua creazione, un tipo di FAVOLA , che inizialmente sarebbe dovuta essere una parodia della favola classica , poi divenne sempre più libera, senza alcuna restrizione . Molte volte per la sua favola è stato paragonato a Esopo , Fedro , La Fontaine , grazie ad i suoi animali che sembrano ben incorporare vizi e virtù delle persone. >godette di una gran fama poiché esordì nel 1887 con le pubblicazioni sul giornale “Rugantino”, giornale in romanesco diretto da Luigi Zanazzo. Il suo primo volume in

romanesco uscì nel 1889 “Le stelle de Roma” e dal 1922 Mondadori cominciò a pubblicare le sue opere

CESARE PASCARELLA (1858-1940) Nato a Roma nel 1858 , fu ben presto indirizzato al seminario dei gesuiti di Frascati per temperare il suo comportamento ribelle, ma ben prestò scappo per vedere la breccia di Porta Pia. Dopo la fuga del seminario , i genitori lo iscrissero a scuola, dove fu sempre più evidente il suo amore per il dialetto , che utilizzava durante le interrogazioni come testimonianza della grandezza della Roma antica , nonostante il divieto del professore . Frequentò l’accademia di belle arti , ed anche in questo caso sembrò preferire il disegno en plein air, per una migliore visione della realtà , e si definì un “pittore d’asini “, asini che sembravano assumere sempre vizi e virtù dell’uomo . La sua fortuna legata al dialetto romanesco iniziò a 23 anni con la collaborazione con “Capitan Fracassa” guidato da Gandolin , dove strinse amicizia con D’Annunzio e Scarfoglio , e “Cronaca Bizantina” Nei suoi sonetti del 1900 , tra cui “A LI GIOCHI DE LI CAVALLI”, decide di affidare ad un popolano la narrazione , sarà un popolano a parlare in prima persona , poiché vero maestro del dialetto , visto da Pescarella, come simbolo di immediatezza espressiva , il suo però fu un romanesco toscanizzato . Per lui, romano di nascita, non è difficile dar voce al popolino e narrare la quotidianità attraverso la sua straordinaria schiettezza.Come afferma Carducci, per Pascarella il dialetto non era un ripiego ,ma un modo per celebrare la bellezza italiana , al contrario di Belli che , sempre secondo Carducci, utilizzò il dialetto come mezzo per introdurre il popolo romano e parlare della sua persona. Visitò Cina, Giappone, Argentina, e acquisì sempre più fama , tanto che Émile Haugenin tenne una conferenza sul poeta presso la società degli studi italiani a Parigi , ed Ernest Bovet scrisse un importante articolo nel 1899. Fu anche bersaglio di critiche negative come quelle di PIETRO MASTRI , che sempre condannò la letteratura dialettale come letteratura di secondo livello , come anche per Croce che la definì un’arte di certo non epica né popolare. Il suo progetto più ambizioso fu ”Storia nostra” , un progetto che avrebbe voluto ripercorrere le vicende della Roma antica e di quella risorgimentale . Fu pubblicato postumo ma con molte lacune , difatti non 350 sonetti , ma solo 267 .Diviso in due ,

il primo blocco affrontava il Medioevo poiché il poeta essendo romano poteva ben ricoprire le veci di popolano narratore senza dover far ricorso a libri di storia , ed il secondo il Risorgimento , al quale partecipa garantendo al lettore una poetica del vero , reale , senza fare ricorso agli artefatti . Visitò anche l’India e durante la sua permanenza scrisse i 25 sonetti di Villa Gloria in cui un popolano immagina di partecipare alla spedizione dei mille di Garibaldi e l’impresa di Villa Glori , in cui persero la vita i fratelli Cairoli. Carducci elogiò l’opera, ritenendola molto più originale di quella di Belli , e molto più patriottica rispetto a quella di Porta . Le sue opere , come affermato da Carducci, riuscivano ad elogiare sempre più la bellezza del dialetto , come nella raccolta dei 50 sonetti “la scoperta dell’America” (1894) , in cui un cliente di un’osteria riformula ai compagni ciò che ha letto su un libro di storia al riguardo , quindi vi è la mediazione di un popolano romanesco , sul quale si evinca l’importante figura del navigatore italiano GIGGI ZANAZZO Romano, fondatore del “Rugantino” per cui lavorò anche Trilussa, per le tematiche si ispira alla plebe del Belli , invece per la metrica decide di non utilizzare solo endecasillabo , ma forme metriche diverse e talora più complesse. MARIO DELL’ARCO Romano, rivisita anche lui il Belli , è uno dei primi poeti dialettali ad aprirsi all’ermetismo , ma ben presto si distacca dai modelli classici per mostrare l’eleganza del dialetto. MAURO MARÈ Importante notaio romano , fa di Roma , la protagonista delle sue opere . Nel 1977 pubblica la sua prima raccolta Ossi de Persica: si tratta di 62 poesie scritte tra il 1974 e il '77. In questa raccolta Mare è fortemente ancorato alla tradizione romanesca sia come temi sia per la lingua: il dialetto è colloquiale, borghese, "trilussiano". Nello stesso anno vede la luce la sua seconda raccolta Cicci de Sellero, che raccoglie versi scritti tra il 1978-79; anche questa raccolta non si discosta da schemi tradizionali. Nel dicembre 1981 pubblica la sua terza raccolta, Er mantello e la rota che rappresenta il tentativo di trovare un contatto tra le sue due nature: quella del notaio e quella del poeta; forte è l'influsso del Belli. La raccolta chiude la prima fase della produzione artistica di Mauro Marè. Nel 1985 alcune sue poesie vengono tradotte in inglese e

pubblicate su The Literary Review. Tra il 1991 e il '92, Marè si impegna nella redazione della rivista “ Il Belli ". Nel gennaio del 1993 viene pubblicata la sua ultima raccolta: Controcore, in una fase dolorosa della sua vita perché Mauro si era già ammalato. La raccolta comprende un sonetto e 59 a verso libero, ognuna seguita dalla versione in italiano dell'autore.

CARLO PORTA (1775 -1821) Milanese,passa la sua giovinezza in seminario , e dopo inizia a lavorare come impiegato .Grazie al matrimonio con Vincenza Prevosti tenne salotti e lunghe conversazioni con l’ambienta culturale dell’epoca, dando vita a un gruppo”Camaretta”. La sua era una vita tra poesia e lavoro, ed era proprio sul luogo di lavoro che incontrava i protagonisti delle sue poesie ,in lui c’è un...


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