Beppe Fenoglio e Ventitré giorni ad Alba PDF

Title Beppe Fenoglio e Ventitré giorni ad Alba
Author Rukie Hoxha
Course Letteratura italiana moderna e contemporanea
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

Breve biografia di Fenoglio, analisi e riassunto della sua opera Ventitré giorni ad Alba...


Description

BEPPE FENOGLIO “Circa i dati biografici, è dettaglio che posso sbrigare in un baleno. Nato trent’anni fa ad Alba (primo marzo 1922) – studente (Ginnasio-liceo, indi Università, ma naturalmente non mi sono laureato) – soldato nel Regio e poi partigiano: oggi, purtroppo, uno dei procuratori di una nota Ditta enologica. Credo che sia tutto qui”. Beppe Fenoglio nacque ad Alba nel 1922 e qui rimase per tutta la sua vita. Cresce in una famiglia che non aderì al fascismo. Frequentò l’università di Lettere moderne a Torino senza arrivare alla laurea a causa della guerra che lo vide soldato e poi partigiano nella Resistenza. Dopo la guerra, impiegatosi in un’azienda vinicola, visse schivo e appartato, appassionato di lingua inglese e dedito alla letteratura in cui seppe emergere con il suo schietto realismo. Fra il 1952 e il 1962 collaborò sporadicamente ad alcune riviste culturali e ottenne alcuni premi per le sue opere, ma i suoi libri migliori furono pubblicati postumi. Morì sulle colline delle Langhe il 18 febbraio 1963. L’opera di Fenoglio è fra le più singolari del Novecento, incentrata su due temi predominanti: la guerra partigiana, a cui l’autore partecipò, e la vita contadina nelle Langhe, la campagna piemontese tanto cara anche a Pavese. Il tono realistico è stato accostato, da qualche critico, a quello del Verga. Anche la lingua di Fenoglio è singolare e cambia registro al cambiare dell’argomento trattato: misurata e quasi letteraria, asciutta e con evidenti influenze della lingua inglese (Il partigiano Johnny), nei romanzi e racconti sulla Resistenza; quasi espressionista e con influssi dialettali quando è in bocca ai langaroli. Sempre essenziale e scarna. Molte opere di Fenoglio sono state pubblicate dopo la sua morte e proprio perché non curate dall’autore, hanno posto ai critici non pochi problemi di cronologia. Lo studio più completo sull’autore è stato condotto da Maria Corti che, nel 1978, ha curato una edizione completa e critica delle opere. LA MALORA (1954) PRIMAVERA DI BELLEZZA (1959): un altro racconto che tratta di Resistenza e d fascismo, ma con toni più pacati e con un linguaggio letterario e colto. Ottenne il premio Città di Prato 1960. IL PARTIGIANO JOHNNY (1968): è il romanzo più famoso di Fenoglio. È incentrato sulla resistenza dei partigiani sulle colline di Alba. Vi sono numerosi spunti autobiografici e una visione antieroica e profondamente umana dei fatti. (A. Desideri). Anche se non fu mai pubblicato dall’autore, forse fu proprio questo il suo primo scritto dopo l’esperienza partigiana; secondo la Corti ebbe una prima stesura prima del 1949. Interessante la lingua di questo romanzo che risente moltissimo della famigliarità che l’autore ebbe con la lingua inglese, tanto da usarla con altrettanta disinvoltura dell’italiano. Fu premiato nel 1968: premio Città di Prato. I VENTITRÉ GIORNI DELLA CITTA’ DI ALBA (1952) Raccolta d’esordio di dodici racconti che prende il titolo dal più importante di essi ambientato ad Alba nelle Langhe durante la resistenza partigiana. Libro pubblicato da Einaudi nel 1952 nella collana dei “Gettoni”. Sei racconti sono dedicati ad episodi della guerra partigiana, altri sei sono descrizioni della vita nell'Italia contadina durante e dopo la Seconda guerra mondiale (1939-1945). In questi sei racconti di guerra ambientati nell’ultimo inverno di guerra le esperienze singole che si raccontano mostrano quasi sempre le difficoltà, le sofferenze e le debolezze dei partigiani che sono spesso dei giovani chiamati d’un tratto a diventare adulti, a sfidare la morte ed è quindi naturale che vivano questa esperienza con timore, rivelando a volte anche dei vizi e meschinità. Sono cronache di guerra piuttosto che delle vere e proprie ricostruzioni storiche. I ventitré giorni della città di Alba Racconto che dà il titolo alla raccolta. Incipit famoso “Alba la presero in duemila il 10 ottobre e la persero in duecento il 2 novembre dell’anno 1944.” Racconta cosa è stata la breve presa di Alba dell’autunno del ’44 da parte dei partigiani che in soli 23 giorni subiscono poi il ritorno, la rappresaglia dei fascisti, i quali avevano perso questo piccolo borgo, forse lo avevano ceduto in un momento di difficoltà privilegiando il ruolo degli assedianti rispetto a quello degli assediati. Repubblicani che lasciano la città di Alba ai partigiani, che però questi partigiani sono disordinatamente vestiti, sono litigiosi, infantili, giovani e amano perdere tempo in occupazioni infantili, sono privi di conoscenze pratiche e quindi gozzovigliano, rubano, rovinano i motori, si mettono a giocare a poker invece di combattere. Così Alba per loro si rivela come una specie di trappola, “non si può chiudere occhio in una città conquistata ad un nemico che non è stato combattuto”. Infatti, Alba è stata conquistata perché i fascisti battono in ritirata e si sistemano nelle zone intorno. Dopo due settimane di quiete però annunciano il loro imminente attacco. Così il 2 novembre i fascisti attaccano i partigiani, sconfiggendoli e rico nquistano Alba.

L’andata I personaggi sono Bimbo, Negus, Colonnello, Treno, Biagino. Non sono i loro nomi veri, sono nomi che da partigiani si sono scelti per combattere. La vicenda avviene in una mattinata, i cinque partigiani badogliani (estate 1943 Mussolini viene destituito dal Governo Badoglio che firma l’armistizio con gli angloamericani) guidati da Negus attraversano due paesini, Neive e Treiso nei pressi di Alba da poco riconquistata dai fascisti (progressione temporale nella raccolta) e Negus guida un assalto programmato a un sergente fascista che vogliono catturare. Sanno che possono contare sull’aiuto della sorella di Bimbo perché lei farà dei segnali quando questo sergente entrerà in un’osteria e questo permetterà loro di farlo prigioniero. Fenoglio tenta di rappresentare un’organizzazione interna che sono anche improvvisate, ci sono dialoghi che ci mostrano cos’è stato quel mondo, un mondo in cui si entrava giovanissimi (Bimbo aveva 15 anni ma secondo Negus era un partigiano anziano) e a 22 anni si è uomini a tutti gli effetti (Morgan, uomo che Bimbo critica). Si viene a sapere poi che Morgan e Negus si contengono una ragazza durante i vari dialoghi, dialoghi tra ragazzi in cui corrono provocazioni così come anche in altri dialoghi che scambiano con altri partigiani trovati per strada, spesso si avverte competizione, sfida invece di collaborazione. Sulla strada incontrano anche dei civili, dei civili non si sa mai se fidarsi perché in una situazione di questo tipo nel nord Italia durante l’inverno del ’43-44 –’44-45 i civili possono patteggiare per una fazione come per un’altra, possono essere impauriti e possono fare da spia, non si mai che posizione possono prendere i civili e ogni volta che incontrano civili devono capire se fidarsi o no. Così si appostano a distanza davanti all’osteria dove attendono l’arrivo del sergente che la sorella di Bimbo deve segnalare. Fenoglio sposta la scena sul sergente che annuncia di andare a fare due passi verso l’osteria e poi assistiamo all’irruzione all’osteria e poi alla sua cattura. Poi il sergente sentendo arrivare i cavalli con i soldati fascisti prova a scappare. Viene ucciso e i partigiani si danno alla fuga. Si è invertita la situazione di partenza, loro cercavano di fare un agguato per catturare qualcuno e adesso si ritrovano prede braccate dal nemico. Provano a scappare. Bimbo e Colonnello vengono uccisi, poi è la volta di Treno e Biagino. Negus riesce a scappare su per un pendio fangoso. Schiva le raffiche ma ad un certo punto scivola e rotola giù ai piedi di un repubblicano. Il trucco In questo racconto dei partigiani si contendono il prigioniero da fucilare. La vicenda avviene in un pomeriggio nelle Langhe (Naviglie e dintorni) Anche qui ci troviamo davanti ad una sete di sangue, di vendetta. È l’unico racconto della raccolta che è stato pubblicato separatamente prima del 1952, pubblicato il 1949 su una rivista “Pesci rossi” Bompiani. Racconta di un altro prigioniero guadagnato dal gruppo di partigiani di René che manda una staffetta (è quella che viene mandata di nascosto a portare e ricevere dei messaggi, spesso in bicicletta; collabora con i partigiani ma non combatte in prima linea, spesso sono civili) al Capitano per sapere se può essere giustiziato. La staffetta va e torna indietro con tre partigiani, Moro, Giulio e Napoleone, che lo accompagnano e discutono strada facendo su chi avrà l’onore di giustiziare il prigioniero, quindi hanno avuto il via libera dal Capitano. Quindi a chi toccherà questo “onore” di dire poi “sono stato io a far fuori questo sporco fascista”. Si discute anche sul luogo dove ucciderlo e seppellirlo, ma René spiega che essendo tutti di quei luoghi ed operando nella medesima zona dovevano badare anche ai rapporti con i civili locali che non avrebbero certo voluto avere dei repubblicani sepolti nelle proprie terre. Scelto il luogo il capo Moro manda Giulio e Napoleone in un altro luogo di modo che il prigioniero venga invece ucciso da lui stesso. Quando tornano e vedono che il prigioniero è morto i due si consolano pensando a passate esecuzioni che gli hanno dato più soddisfazioni. Anche qui il focus di Fenoglio va su certi aspetti deboli, istinti biechi e a volte legittimi che vengono fuori senza distinzione. Vecchio Blister Il vecchio Blister viene arrestato dai suoi compagni perché in una nottata in cui era ubriaco, mentre si aggirava per la campagna in cerca di altro alcool, è entrato in una cascina per bere e si è messo a sparare ai lumi e quando lo hanno buttato fuori ha ucciso il cane. Poi ha bussato da un’altra parte dove scambiando un gagliardetto di una gara di ballo per un fascio ha minacciato di fare fuoco e poi rubato dell’oro che ha subito venduto. Mentre è in ferma, isolato in una stalla dai suoi compagni si attende una staffetta (Riccio) mandato dal Capitano per denunciare l’accaduto e ottenere la sentenza di Blister. Essendo un fatto che mette in cattiva luce i partigiani, quest’ultimi si aspettano una punizione severa. Nonostante Blister abbia tentato di convincere i suoi compagni alla clemenza ricordando tutte le sue azioni da buon partigiano, viene condotto fuori città e nel bosco viene fucilato.

Gli inizi del partigiano Raoul Sergio P. ha 18 anni e vuole arruolarsi nei partigiani, così una mattina parte verso la caserma con in tasca la nuova pistola. Ha in mente di darsi il nome di battaglia “Raoul”. Giunto alla caserma, verso le dieci, domanda ad una sentinella di vedere il comandate Marco e gli viene detto di andare in comune. Una volta arrivato entra e si trova una stanza con tre porte. Ne apre due e si trova davanti a stanze polverose. Alla terza trova Marco con una ragazza. Viene arruolato e subito mandato a far prova di tiro con gli altri. Dopo un po’ di tempo nel quale Raoul era intento ad osservare gli altri, si avvicina Sgancia e gli propone uno scambio tra la sua vecchia pistola con due caricatori e quella di Raoul, che aveva invece solo un caricatore. Il giovane accetta. Chiacchierando con Sgancia viene a sapere che la ragazza che era con Marco era Jole, vive in caserma con loro e aveva il compito di staffetta. I due andarono a mangiare alla caserma, c’erano pure Marco e Jole. Dopo Sgancia e Kin si mettono a discutere sui temi politici mentre Raoul ascolta attentamente. Dopo pranzo, Raoul si alza ed esce dalla caserma, cammina per i campi rimpiangendo di essersi arruolato. Ripensa alla mattina passata con la madre, allo scambio della pistola con Sgancia ed è quasi sul punto di tornare a casa. Si sentiva scoraggiato dal primo incontro a pranzo con i suoi nuovi compagni con i quali non si trovava minimamente in quanto a stile di vita e livello sociale. Ma alle sei decide di tornare in caserma. Cena con tutti gli altri e alla sera gli tocca il primo incarico, il turno di guardia. Questo un po’ lo rinfranca. L’essere solo e armato gli fa provare una bella sensazione e non si preoccupa quando vede che il cambio arriva in ritardo. Dopo qualche difficoltà si corica nella stalla insieme agli altri. Durante il suo sonno, sogna che la repubblica entra e li fa tutti prigionieri. La mattina si sveglia e, quando racconta agli altri del sogno che ha fatto, si mettono a ridere. Raoul inizia così a familiarizzare con gli altri. È l’unico racconto i cui effettivamente non c’è un’esecuzione finale, però c’è nel sogno in cui appunto tutti vengono giustiziati. Un altro muro Inizialmente era stato intitolato “Raffica a lato” ma avrebbe rivelato molto sul finale del racconto. È l’ultimo dei racconti partigiani. Max, partigiano badogliano, viene catturato dalla repubblica e viene messo in prigione dove incontra un compagno, Lancia, partigiano garibaldino. Max quando viene catturato si lamenta anche tra sé per essersi fatto convincere a partecipare alla guerra. Max ha qualche speranza di vitta, perché non essendo un garibaldino (quindi comunista), per i badogliani i preti si adoperavano in scambi di prigionieri. Dall’altra parte invece Lancia, ormai rassegnato perché rinchiuso da otto giorni, ha un atteggiamento cinico perché consapevole della sua sentenza, mentre per Max l’unica speranza è la Chiesa. I due parlano un po’, Max chiese se davano da mangiare e se avrebbero potuto uscire e la risposta di Lancia fu che davano da mangiare e che non si poteva uscire. Poi aggiunse che nonostante tutto a lui non faceva più nessun effetto quella clausura perché preferiva essere rinchiuso piuttosto di non vedere il mondo come voleva lui. Si fa buio ma Max non vuole dormire mentre il suo compagno, abituato ormai, riesce a dormire subito. Max vede nell’altro se stesso, ormai ucciso e senza vita, infine poi riesce ad addormentarsi. Nella mattina le guardie tirano fuori i due e inizia questa processione, tutto dal punto di vista di Marx che osserva i movimenti, gli sguardi dei nemici e immagina fughe rovinose, luoghi per l’esecuzione. Possiamo dividere il racconto in due parti: la prima parte per la prigionia e la seconda parte per il tragitto dell’esecuzione. I due vengono condotti verso il cimitero attraversando la città per mezzogiorno quando la popolazione è in casa per pranzo e oltre a questo i soldati che spingendo di corsa i prigionieri iniziarono a cantare per coprire i tentativi di Max di gridare per denunciare alla gente di Alba le fucilazioni repubblicane. Giunti al cimitero, sono messi a faccia al muro, Max fissava il muro davanti a lui quando sente i colpi si orina addosso e in basso vide del sangue e il cadavere di Lancia per terra, vide lo stesso Lancia che dormiva la sera prima. Dopo poco Max si volta e, con sua grande sorpresa, i soldati lo presero e lo riportarono in città. I soldati non lo hanno ucciso perché il prete ha fatto il cambio la sera prima grazie ad un prete, ma gli hanno fatto provare lo stesso la paura di stare spalle al muro e aspettare la fucilazione. Il sergente gli dice che questa cosa gli sia da lezione. Quello che emerge da questo racconto è che ci sono delle divisioni interne tra partigiani, divisione che crea una distanza forte e impediscono la piena empatia.

Ettore va al lavoro Inizialmente e probabilmente doveva essere uno romanzo “Paga del sabato” che Fenoglio propose a Calvino negli anni ’40 che poi viene appunto trasformato in un racconto della raccolta. È un racconto di confine perché apparterrebbe di già alla parte dei racconti di vita civile, ma il tema è di confine perché si racconta la storia di un ragazzo, Ettore, che torna alla vita civile dopo l’esperienza da partigiano. Simile ad un racconto di Hemingway “Soldier’s home” che racconta il reinserimento di un soldato dopo la Grande Guerra. Fenoglio descrive una situazione di miseria, Ettore vive con i genitori, il padre spesso è fuori a lavorare e lui rimane con la madre in casa perché ancora non si è trovato un’occupazione. Il rapporto con la madre è un rapporto fortemente conflittuale, fatto di litigi, offese, minacce e poi improvvise riconciliazioni. Tutto nasce dalla difficoltà di lui di riadattarsi alla vita civile e la necessità per lei che il figlio si metta a lavorare. Quando il discorso si fa più esplicito Ettore dice che la guerra lo ha cambiato e ha rotto le sue abitudini. Dopo la guerra aveva un lavoro e a proposito di questo impiego che ha lasciato dice che era un lavoro pesante e non era un lavoro per lui che è stato un partigiano che comandava venti uomini. Ettore è un personaggio che non accetta la normalità, la quotidianità, anche se vede che intorno la famiglia ha bisogno e fa fatica. Anche se a volte risponde brusco alla madre soffre vedendola soffrire. La madre gli ricorda che le servono i soldi anche per comprare le medicine per il suo fegato. Una sera il padre torna a casa dicendo che ha trovato un lavoro per Ettore come impiegato alla fabbrica di cioccolata. Il giorno dopo va alla fabbrica e quando vede la gente entrare a lavorare capisce che quello non è il lavoro per lui. È ostinato da questo rifiuto di una vita umile e da lavoratore qualunque. Lui si sente una persona che si merita qualcosa in più, una sorta di presunzione. Così decide di andare da Bianco, un suo amico partigiano che si faceva molti soldi con lavori poco onesti. Lo trova al Caffè Commercio, Bianco accetta di assumerlo e gli dà istruzioni: Ettore sarebbe dovuto venire in serata verso le dieci portando una pistola per far pagare a rate ad un fascista il semplice fatto di esserlo. Così torna a casa, calcola l’orario, fa finta di nulla, come se fosse andato davvero a lavoro. Pranza con i genitori, nessuno gli chiede nulla rimandando un resoconto della giornata alla sera. Alle sei esce per andare al cinema. Quando torna ha un litigio con la madre perché Ettore confessa di non essere stato a lavoro e lui subito aggiunge che aveva trovato un altro lavoro con Bianco, raccontandole che si trattava di un lavoro da camionista con frequenti viaggi a Genova, Roma e in Toscana. La madre chiede se era un lavoro sicuro e lui la rassicura dicendole che al massimo rischiava di prendere qualche multa che Bianco avrebbe pagato. Ettore prende la pistola, esce di casa e va al lavoro....


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