beuys che cos\'è l\'arte PDF

Title beuys che cos\'è l\'arte
Course estetica
Institution Nuova Accademia di Belle Arti
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Summary

riassunto del libro di beuys che cos'è l'arte...


Description

23/04/1979 - Conversazione tra l’artista Joseph Beuys e il sacerdote Volker Harlan che ebbe luogo durante un raduno tenuto da un gruppo di giovani alla chiesa San Giovanni di Bochum. “Cos’è l’arte?” è la domanda alla quale si cerca di dare una risposta, trattando l’arte sia dal punto di vista teorico che pratico per quanto riguarda l’opera di Beuys.

Riflessione sul fatto che il concetto di scultura possa essere usato da tutti in quanto: pensiamo le forme, cioè come plasmiamo i nostri pensieri; forme parlate, cioè come diamo forma ai nostri pensieri in parole; scultura sociale, come plasmiamo e diamo forma al mondo in cui viviamo = la scultura come processo evolutivo. Infatti la sua scultura non ha un carattere fisso e concluso, ma è composta da processi che continuano (reazioni chimiche, fermentazioni, alterazioni cromatiche, degrado = tutto è in stato di cambiamento).

Beuys si domanda: “quali forze giustificano la creazione dell’arte?”. Dopo aver studiato le scienze naturali, si rende conto che li non troverà le risposte per via del paradigma scientifico. L’arte è invece il punto di partenza per la produzione di qualunque cosa, la creazione: ogni opera deriva dall’arte (= creatrice di energia). L’arte è in ogni cosa come produzione primaria o originale.

L’arte è una specie di scienza della libertà attraverso il quale l’essere umano incarna l’impulso evolutivo del mondo; questo vuol dire che bisogna parlare su due livelli: 1. di ciò che ci è stato tramandato dal passato, prodotto dai nostri avi, che dev’essere superato 2. bisogna proiettarsi nel futuro. Spesso bisogna parlare simultaneamente di entrambi i livelli:il nuovo cresce in seno al vecchio. sostanza spirituale; non è sostanza solo ciò che si può misurare e pesare. Il vero successo è stato innescare la discussione, in modo da far avvicinare ed entrare le persone in questo tipo di movimento.

Beuys dice che è più sano fare un’azione creativa “di getto” senza rifletterci troppo su. Si fonda cosi, un’ideologia del fare, su qualcosa che è puro istinto, in questo modo il campo della creatività diventa ideologico. Contraddizione: non si può fare qualcosa così come capita, ne si può organizzarla nei minimi dettagli (mancanza di spontaneità). Qual è dunque il confine? Non si può sapere. Beuys dice di essere preparato in ogni momento della sua vita: la sua visione, presenza di spirito dev’essere sempre presente per cogliere il contesto e il quadro generale delle forze in modo che quando arriva a compiere un atto artistico, ne ha le risorse necessarie (la progettazione artistica è un qualcosa che si vive continuamente). È importante poi aprire subito un dialogo con gli altri sul proprio lavoro e ascoltare i loro pareri; tutto ciò che la gente esprime resta come domanda di approfondimento, di miglioramento. In questo modo, l’arte è sempre in cammino verso qualcosa, è un percorso; le idee prestabilite su come dovrebbe essere l’arte potrebbero significare la sua morte

Viviamo in una cultura che considera l’arte in termini formali e ribadisce di continuo che le Belle Arti sono per gli occhi. Se fosse davvero così, non esisterebbero opere interessanti ma solo “belle”; si è confrontato con le sostanze che sono un processo spirituale. Ha provato ad aprire una discussione che collegasse la natura delle sostanze alla pittura, alla scultura o al disegno. (es api: creano un processo vitale delle quali fa parte il calore, ma il calore non si percepisce tramite l’occhio). Ha cercato di dire qualcosa attraverso le sostanze, che si dileguano in quanto fisiche, attraverso esperimenti e indagini. Discutere della sostanza vuol dire riferirsi anche alla sostanza spirituale; non è sostanza solo ciò che si può misurare e pesare. Il vero successo è stato innescare la discussione, in modo da far avvicinare ed entrare le persone in questo tipo di movimento.

Essere sempre pronti interiormente. Il pensiero è scultoreo in quanto è creazione: attraverso di esso, l’essere umano diventa creatore del mondo e scienziato (in quanto sperimenta la creazione). In qualunque cosa lui faccia, sta sempre sperimentando e osservando e questo gli permette di essere preparato durante l’atto creativo. In più bisogna sempre stare all’erta perché la costellazione di forze di oggi è diversa da quella del domani; non si può mai abbandonare l’osservazione.

Siamo esseri caldi e maneggiamo il calore tutti i giorni, se questa condizione viene alterata, ci ammaliamo. La relazione tra le cose è una costante del suo lavoro. Dobbiamo interessarci di più alle cose con cui interagiamo e in mezzo al quale viviamo. Una vera esperienza delle cose consiste nel dare un significato alla vita, riflettendo semplicemente su quanto sia importante vivere, sul fatto di essere vivi, pur sapendo che la vita può essere triste e faticosa. Ciò significa fare di sé qualcosa di nuovo, senza cadere nell’avvilimento. Non bisogna però fare qualcosa di nuovo solo per sé, ma anche per gli altri esseri umani (lasciare agli altri totale libertà di espressione), per la collettività, perché solo in questo modo si genera calore. Attraverso lo scambio di opinioni e la discussione, si crea la cultura; se qualcosa viene soltanto decretato o ideologizzato non può esserci vera cultura.

Prendere provvedimenti di salvaguardia dell’ambiente è fondamentale, eppure alla gente non interessa, si preoccupano solo della pianta viva. Bisogna vedere l’intera società umana come un organismo vivo, caldo, che ha una forza evolutiva. Bisognerebbe inoltre poterla organizzare in modo tale che ogni cosa risulti in armonia e in accordo con le altre. È sbagliato credere che solo alcuni lo siano, però esiste un bisogno diffuso di imparare e praticare, nonostante le persone pensino di essere già istruite. Da bambini si sa molto bene come stanno le cose (sperimentare, creare, mettere in pratica), poi il sistema scolastico ci devia. Purtroppo in questo modo si perde la percezione delle interrelazioni. Da grandi invece, guardando alle cose con pregiudizio, non riusciamo a renderci conto che l’essere umano può invece ciò che ha di fronte (infelicità, forze negative o maligne).

La progettazione di un’opera è fondamentale, Beuys la fa tramite il disegno (intende come disegno anche la parola scritta), ma afferma che non è obbligatorio partire dal disegno, ma da qualsiasi forma possa dare vita alla riflessione o alla sensibilità di qualcuno e dare forma all’opera d’arte. Afferma anche che non è importante saper disegnare e bisognerebbe vivere questa fase con inibizione. Ogni persona è artista perché ogni persona si esprime: tutti rappresentano. Ci si può esprimere attraverso tutto non solo l’arte: la cucina, l’arredamento, etc.

Il concetto di arte deve rimpiazzare quello di capitale: l’arte è il vero capitale e la gente deve prenderne coscienza. Denaro e capitale non possono rappresentare il capitale economico, la dignità e la creatività umana sono il vero capitale. Il capitale è la capacità umana e ciò che da essa deriva.

Come capisce quando un’opera è compiuta? è l’oggetto stesso che sta creando, nel suo essere dinamico, a comunicargli se manca qualcosa o no. Come? Girandogli attorno mille volte, osservandolo e compiendo vari tentativi: in questo modo puoi scoprire cose che prima non avevi notato, l’errore che si commette al primo tentativo è un dono eccezionale, un vantaggio. L’opera deve comunicare con l’artista. Quando si fa un’opera si devono prendere delle decisioni: la parola decidere rimanda a decisivo, quindi l’atto creativo ci richiede determinazione e non titubanza ( in più la possibilità di scelta è libertà, nuovamente l’arte come scienza della libertà).

La tecnologia è esplosiva in quanto le macchine hanno una natura esplosiva al loro interno (combustione). La relazione compulsiva uomo-macchina ha a che fare probabilmente con questo carattere esplosivo che affascina, che rende la macchina popolare a livello inconscio. Fin quando le auto continueranno a essere irrazionali e a produrre enormi danni nel paesaggio, le persone ne resteranno compulsivamente sedotte; se la macchina fosse costruita bene senza che danneggi l’ambiente, perderebbe il suo carattere compulsivo. A questo punto Harlan gli chiede della sua “pompa del miele”: opera inconcepibile come semplice scultura, macchina o oggetto. Gli spettatori vengono inclusi nell’opera, ne sono parte integrante, in questo modo l’opera esprime in maniera simbolica alcuni principi umani come la circolazione. Una volta che il sangue compie il suo ciclo viene reimesso nel sistema in un processo primario di rigenerazione. È stata un’opportunità per parlare dell’essere umano e non della macchina; la pompa, il generatore e il motore hanno un carattere più simbolicoche meccanico. È messo in moto da un principio di calore. Il calore dev’essere inteso come sostanza ed è il principio creativo fondamentale. Questo principio evolutivo da luogo alla materia. L’amore in senso più ampio è un principio di calore (forza generatrice). La scultura è fatta di forze e ha delle componenti molto importanti; nel momento in cui acquisti consapevolezza di queste componenti puoi giudicare o stabilire dove collocarla e cosa rappresenta. L’elettricità è invece il principio del freddo in contrasto al calore; non si può scaldare e basta, deve esserci un equilibrio. L’elettricità nell’interazione con le componenti, è ciò che permette all’altro di manifestarsi. In ogni caso, l’innovazione dell’opera stava nella presenza attiva delle persone e non nella macchina in sé e nel suo funzionamento.

Non esiste possibilità di trasmettere un significato senza fissarlo in qualche sostanza particolare: senza materialità non è possibile veicolare le informazioni tra le persone. Ma il materiale può anche essere considerato come qualcosa di accessorio, come avviene nella teoria artistica. In questa conversazione, si guarda alle sostanze e alle materie in maniera diversa da come farebbe un chimico che probabilmente le classificherebbe. Le si guarda piuttosto come complessi di forze, che non sono puramente razionali e analitiche; qui si va oltre la logica perciò sono indispensabili gli organi dell’intuizione, dell’immaginazione e della percezione. Se non riconosciamo e non capiamo quello che succede intorno a noi, allora percepiamo qualcosa di non reale. Ed ecco perché la nostra esperienza e la nostra percezione vengono disturbate da cose che per gli esseri umani non hanno una realtà interiore (auto, metodo di produzione, modo capitalista di relazionarci al denaro, etc). Tutto questo ci viene imposto e ci sembra reale; ci sembra l’unico modo di fare le cose perché non abbiamo più la capacità di percepire la sostanza interna delle cose (percezione della veridicità, dell’autenticità). Questa capacità la si acquisisce solo attraverso l’esercizio e la pratica. Fa l’esempio della fede: non si può solamente credere, bisogna anche capire, sapere; oggi tante persone preferiscono credere piuttosto che sapere, esattamente come la realtà apparente diventa quella effettiva. La conoscenza è sempre una questione di capacità di visione, che comporta una funzione di mediazione, di comunicazione (passaggio informazioni attraverso la materia, l’arte). La fede un tempo era organo di conoscenza e percezione perché favoriva l’unione e la comunicazione in un senso reale. Tutto ciò è venuto meno a causa di lasciar spazio all’autodeterminazione umana, mettere l’uomo al centro invece di Dio).

Metodo scoperto da Goethe: occorre mettere più cose una accanto all’altra e tentare di trovare nella sistemazione sequenziale il nesso tra di loro. L’importante non è ciò che si ha davanti, ma se si possa trovare delle connessioni esistenti tra le cose e nello spazio. Le forme della materia si combinano, c’è un’idea geometrica implicita nel tutto. L’azione dello scalpellare riguarda la ricerca di queste forme nella pietra.

In un’ottica epistemologica (riguarda la scienza) l’opera implica un principio della forma, è una forma creata dall’uomo. Allargando questo concetto in maniera radicale e aggiungendo una nozione antropologica, allora bisogna dire che esistono forme simili a quelle che produciamo che non sono state fatte dall’uomo, ma dalla natura stessa. Dal punto di vista metodologico esistono due tipi di produzione: ci sono le cose create da noi, “artificial”, che di solito sono squadrate come edifici etc, ed esistono poi opere d’arte non eseguite dagli esseri umani, quelle naturali. Comunque nemmeno l’uomo si è creato da solo. La questione dell’arte è strettamente legata alla questione del principio creativo in generale (divino). Però non è che solo perché qualcosa non è stato creato dall’essere umano allora l’uomo non ne è intimamente coinvolto, lo è nel contesto spazio-temporale nel quale viviamo sulla terra, ha a che fare con la biografia. Naturalmente la si può imitare, anche in modo realistico, ma resta il fatto che non è stata creata dall’uomo.

Come potrà l’arte del futuro evitare l’arbitrarietà, la banalità? Si deve iniziare riflettendo sulla matrice dei concetti che sono legati a questo, cercandone le leggi sottostanti legate alla libertà umana. Viviamo in un’epoca in cui la libertà è troppo spesso abusata e confusa con l’arbitrarietà. La libertà è positiva, è un concetto produttivo, non qualcosa di arbitrario, perché l’idea di libertà attribuisce all’uomo una responsabilità totale. Gli esseri umani ora devono mettere in atto la propria libertà e responsabilità attraverso la buona volontà: è necessaria affinchè ognuno si assuma la responsabilità e lavori con gli altri per dare forma al futuro del pianeta. La buona volontà è parte dell’atto creativo....


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