Boccaccio - Riassunti dettagliati PDF

Title Boccaccio - Riassunti dettagliati
Author Antonio Roxas
Course Letteratura italiana
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunti dettagliati...


Description

La vita e l’opera Giovanni Boccaccio nasce a Certaldo nel 1313, e passa la sua infanzia a Firenze, dove ha come maestro Giovanni Mazzuoli da Strada, inoltre in seguito incontrerà Dante. Nel 1327 viene mandato a Napoli per studiare pratica mercantesca e bancaria, presso la sede locale dei Bardi. Qui trova facile accesso alla corte di re Roberto d’Angiò, condividendo la vita della nobiltà e dell’alta borghesia napoletana. Tra il 1330 e il 1334 viene spronato dal padre a studiare diritto canonico, e nel frattempo egli si dedica anche allo studio dei testi della cultura medioevale. Al periodo napoletano risalgono (1327-1340) risalgono inoltre le prime opere (Caccia di Diana, Filostrato) tutte poste sotto il segno di Fiammetta, donna amata dal poeta, la cui figura attraverserà la produzione di Boccaccio fino al Decameron. Nel 1340 è costretto a lasciare Napoli a causa della crisi che travolgerà anche le maggiori famiglie di mercanti e banchieri, rientrando quindi a Firenze. Durante la devastante epidemia di peste, tra il 1349 e il 1351, Boccaccio si dedica alla sua opera maggiore, il Decameron. In essa troviamo figure, simboli e temi dell’esperienza giovanile di Boccaccio, insieme alla realtà urbana fiorentina attraversata da una profonda crisi economica e finanziaria e da aspri conflitti sociali. Tra il 1350 e 1365 Boccaccio è ambasciatore per il Comune di Firenze: nel 1350 incontra Petrarca, nel 1359 si incontrano nuovamente a Milano in casa di Petrarca, ma i rapporti sono mutati: Boccaccio è nel pieno della sua maturità di scrittore. Nel 1362 Petrarca ospita Boccaccio a Venezia, e nel ’68 avverrà il loro ultimo incontro. Dopo vari tentativi falliti di ritornare a Napoli, Boccaccio si ritira definitivamente a Certaldo, nel 1362. Dopo che egli divenne chierico nel 1360, con una maggiore devozione verso le lettere e la cultura, è spinto ad apprendere il greco. Nel 1373 accetta l’ultimo impegno pubblico, dedicandosi alle esposizioni sopra la Commedia di Dante; muore a Certaldo il 21 dicembre 1375.

Boccaccio incarna un modello di intellettuale che in sé contiene le suggestioni di almeno tre modelli culturali: quello aristocratico-cortese, quello borghese-comunale e quello umanistico. Il pensiero e la poetica Con Boccaccio fa il suo trionfale ingresso nella letteratura italiana l’arte del raccontare, col Decameron infatti egli si misurerà nell’impresa di far entrare nella letteratura la realtà. Nella sua opera vi è la rappresentazione letteraria della realtà e l’imprevedibilità della storia su cui agisce l’azione determinante della sorte, chiamata da lui fortuna. Nell’ambiente culturale napoletano matura nel giovane Boccaccio l’interesse per una prosa narrativa che possa trasmettere modelli di passione e di eroismo capaci di proporre valori ideali mai del tutto tramontati. Durante la sua esperienza a Napoli, Boccaccio assimila una cultura scolastico-giuridica, oltre che poetica e retorica, e qui incontra Cino da Pistoia, che gli fa conoscere le opere di Cavalcanti e di Dante. Grazie alla fornitissima biblioteca reale di Roberto d’Angiò, Boccaccio sviluppa il gusto per l’enciclopedismo e la cultura greca. Lo zibaldone di Boccaccio, vero e proprio laboratorio di scrittura, favorisce la volontà di promuovere la diffusione delle opere in volgare e il suo gusto della sperimentazione. Esso è un’importante tassello culturale per la sua attività di copista, in cui egli ricopia stralci di opere varie. Boccaccio sperimenta forme e generi diversi di modelli di scrittura letteraria. Prima di giungere alla realizzazione del capolavoro, egli passa dal romanzo al poema epico, dal poema allegorico all’autobiografia di tono elegiaco. Boccaccio si pone come vero e proprio creatore di nuovi generi rispetto alla precedente letteratura. Il Decameron segna l’atto di nascita di una nuova prosa narrativa, fondato sull’incrocio tra letteratura cortese e la tradizione narrativa toscana del Duecento. Con Boccaccio nasce la novella moderna, quella in cui la fortuna, intesa come casualità pura, si introduce nella prospettiva del racconto.

Mentre nella tradizione precedente tutto accadeva secondo uno schema prestabilito, nel Decameron tutto è determinato dall’intervento della fortuna. Il comportamento dei personaggi rende complesso e mutevole il piano della realtà terrena. Accanto alla fortuna, agisce come motore delle azioni umane anche l’amore, raccontare l’amore diventa così una vera e propria terapia per il pubblico femminile: le donne potranno trarre consolazione dalle novelle e liberarsi così dalla malinconia e dagli effetti negativi della passione amorosa. La narrazione viene presentata dunque come rimedio alla noia, ovvero alla paralisi delle sensazioni vitali. Il mutamento di prospettiva di Boccaccio va interpretato come emulazione di Petrarca: conoscendolo, infatti, rafforzerà l’interesse per la cultura e lingua latina. L’umanesimo di Boccaccio è eclettico, in quanto contamina e intreccia fonti disparate, classiche, cristiane e contemporanee (storia e cronaca). Non rinunciando mai al gusto dello sperimentalismo, Boccaccio elabora il Corbaccio, opera che è una violenta critica contro le rappresentanti del sesso femminile, altrove invece indicate come indispensabili muse dell’ispirazione poetica. Egli nega che una donna possa mai più essere “Beatrice”, ossia dichiara che argomenti amorosi e argomenti etici e filosofici non sono più compatibili in un’opera letteraria. Boccaccio è il primo grande dantista della cultura italiana, egli copierà addirittura per tre volte l’intero poema dantesco; grazie a lui inoltre avremo la prima biografia di Dante, il Trattatello in laude di Dante.

Le opere minori

Il Filostrato, scritto a Napoli intorno al 1335, è un’opera indirizzata a una destinataria non indicata esplicitamente (anche l’identità dell’autore viene celata): essa è il “vinto dell’amore”. L’opera è costituita da un proemio in prosa e nove parti in versi (quella finale rappresenta il congedo dell’autore). La trama ruota intorno a una vicenda sentimentale caratterizzata verso l’amore per diletto, rapidamente consumato nel piacere intero e reciproco dei due amanti.

Troiolo, ultimo figlio del re troiano Priamo, si innamora di Criseida, prigioniera greca e figlia dell’indovino Calcante. Ne ottiene l’amore per mediazione di Pandaro, fratello di lei; Criseida tuttavia, in occasione di uno scambio di prigionieri, si deve recare al campo greco scortata dall’acheo Diomede che se ne innamora. Troiolo, convinto che la donna l’abbia tradito, viene però ucciso da Achille prima di potersi vendicare. La narrazione richiama il mondo omerico della guerra di Troia, Boccaccio probabilmente si è ispirato a testi letti nella biblioteca reale di Roberto d’Angiò a Napoli. La forma metrica adottata nell’opera è l’ottava rima, cioè la stanza di otto endecasillabi con schema metrico ABABABCC. In quest’opera Boccaccio inaugura una forma metrica che dominerà la narrazione romanzesca per diversi secoli. Il Filocolo è un’opera scritta intorno al 1336, che parla della vicenda tormentata e avventurosa dell’amore tra Florio e Biancofiore, e rappresenta il primo tentativo di narrazione in prosa da parte dell’autore. Filocolo significa “fatica d’amore”. Nel Prologo l’autore racconta di aver intrapreso la narrazione su richiesta e per amore di una donna, indicata con il nome di Fiammetta. Ella ha nobili natali e il poeta tenta di conquistarla. L’autore riesce a stabilire un legame fra la vicenda dei due amanti, che si svolge all’origine dell’età cristiana e l’ambiente trecentesco della Napoli angioina. Il Teseida è stato iniziato a Napoli nel 1339 e concluso a Firenze nel 1341. Si tratta di un poema epico in ottave, composto da 12 libri, secondo il modello classico dell’Eneide di Virgilio. L’elemento centrale è costituito da una vicenda amorosa: Teseo, dopo aver sconfitto le Amazzoni, ne sposa la regina, Ippolita, che porta con sé ad Atene, insieme alla sorella Emilia. Di quest’ultima si innamorano i due amici tebani Arcita e Palemone, che perciò diventano rivali e nemici. Teseo decide di indire un torneo nel quale si potranno fronteggiare i due giovani, accompagnati ciascuno da cento cavalieri: il vincitore sposerà Emilia. Arcita trionfa, ma si ammala a causa delle ferite riportate durante lo scontro, e decide quindi, sul letto morente, di affidare la sua Emilia a Palemone.

Emilia vorrebbe consacrarsi a Diana e mantenere la sua castità, ma Teseo la convince a sposare Palemone. Boccaccio dichiara di aver scritto quest’opera con l’intenzione di resuscitare la poesia epica. Egli offre quindi un primo esperimento di poesia epica in lingua volgare. L’Elegia di Madonna Fiammetta, ambientata a Napoli, in 9 capitoli, è stata composta dopo il ritorno a Firenze, negli anni 1343-44. Essa racconta l’innamoramento di Fiammetta per Panfilo e la partenza di lui, richiamato dal padre a Firenze da Napoli. In un lungo monologo interiore la donna passa dall’ottimismo allo sconforto, fino all’ipotesi del suicidio, quando scopre che Panfilo si è legato a un’altra donna. La falsa speranza di un ritorno di Panfilo è segnata dalle riflessioni della fanciulla sulle proprie vicende, confrontata con quelle di personaggi letterari dell’antichità. Seguono il commiato e l’invio dell’opera. Lo stile dell’opera è umile, anche se la sintassi e il lessico fanno pensare ad un tono elevato. L’Elegia di madonna Fiammetta è dedicata alle donne, che dovranno comprendere in profondità le vicende sentimentali ed emotive della narratrice. La maggiore novità dell’opera è l’approfondita analisi di ogni aspetto psicologico della vicenda, con uno sviluppo narrativo minimo. Il Decameron Il Decameron è un libro, unitario ma poliedrico, attraverso il quale il lettore viene guidato in un percorso, ma non obbligato a cancellarne altri, resi possibili da richiami interni alle novelle. Esso è un’opera organica, che attraverso la sua struttura ben congeniata si propone di ricreare un’armonia nel caos della peste. Lo scenario della peste (1348) viene vissuto in prima persona da chi scrive e da chi legge, quindi, Boccaccio si sofferma sui valori di un’intera civiltà mercantile fondata sulla relazione. A partire dal 1340-41, Boccaccio inizia a scrivere le singole novelle e vi è un raggruppamento per “tema”; tra il 1342 e 1349 c’è la costituzione delle 10 giornate; tra il 1349 e il 1351-53 vi è ancora la scrittura delle singole novelle, l’invenzione della cornice e la “composizione” del libro.

La vicenda del Decameron si apre sullo scenario tragico di un evento storico documentato. La struttura interna del Decameron è stata indicata come una “cornice” narrativa, tuttavia la vicenda dei novellatori ambientata durante la peste fiorentina del 1348 è una vera e propria storia portante: essa viene introdotta in una prospettiva che salva il gusto del vivere, ma anche l’onestà e la sanità del modo di trascorrere il tempo della brigata. Le vicende in cui sono incastonate queste cento novelle ha come protagonisti dieci nobili giovani fiorentini, che, per sfuggire al contagio della peste, decidono di uscire dalla città, e in un ambiente confortevole organizzano le loro giornate nell’intento di valorizzare il gusto e la gioia del vivere, attraverso varie attività. Tra queste, vi è uno spazio riservato al racconto di novelle, nel quale ciascuno si impegna secondo un ordine preciso e nel rispetto di un tema stabilito, di volta in volta, per ogni giornata. La peste, pur essendo causa di distruzione, disordine e morte, ha per i novellatori una funzione educativa: insegna loro la precarietà e l’urgenza di un sistema di regole. Ciononostante, il libro si chiude con la rassegnata constatazione che nulla è cambiato. La struttura del libro è fondata su precisi rapporti numerici, dai significativi valori simbolici, spesso religiosi: 10 (le giornate), 100 (le novelle), 7 (le novellatrici), 3 (i novellatori). 10, composto da 3 e 7, è simbolo di pienezza e perfezione, 3 sono le virtù teologali e le persone della Trinità, 7 i sacramenti e i giorni della Creazione. Nella voce dello scrittore risuona dunque la voce di Dio. Il libro è suddiviso in dieci parti, corrispondenti alle dieci giornate che la brigata dedica alle narrazioni. Le giornate, per ciascuna delle quali viene eletto un re o una regina, prevedono ognuna un tema specifico, tranne la prima e la nona, che sono a tema libero. Ogni giornata si apre con una Introduzione e prevede una Conclusione in cui si sceglie il nuovo re o regina, il tema successivo, e si descrivono gli altri svaghi della brigata. Le singole giornate sono introdotte da una rubrica: un breve testo che ne indica il tema facilitando la memorizzazione da parte del lettore e stimolandone la curiosità.

Nella seconda giornata troviamo il tema della fortuna, che porta i personaggi, attraverso peripezie, a ottenere ciò che pensavano di aver perso. La terza giornata è dedicata al tema dell’industria (capacità d’iniziativa), strettamente correlata alla precedente: la fortuna, infatti, lascia all’uomo lo spazio sufficiente per far valere la propria intraprendenza, ma il suo peso resta sempre sullo sfondo, mantenendo una prospettiva scettica e pessimista. C’è il continuo rischio di perdere tutto, tuttavia certe risorse umane offrono all’uomo la possibilità di farsi valere e realizzarsi: in questo il mercante, protagonista di alcune novelle, è personaggio chiave dell’intero libro. Nella quarta e quinta giornata l’attenzione si concentra sull’esperienza amorosa: nella quarta l’amore ha esito tragico, esso è fonte di sofferenza, gelosia e angoscia; nella quinta, invece si restaura il lieto fine, vera e propria vocazione del libro. La sesta giornata è dedicata ai motti, le battute di spirito, capaci di risolvere da soli una situazione difficile. Il protagonista di ogni novella afferma la propria forza attraverso l’esercizio della parola, ben strutturata e ben calibrata, pronta a seguire con velocità e leggerezza il variare della fortuna. Si tratta di una parola intelligente e non impulsiva, in genere caratteristica di nobili o intellettuali, ma anche di un servo sciocco (Chichibio e la gru). Nella giornata settima e ottava ritorna il tema dell’amore, con novelle in cui sono protagonisti amori adulterini o conquistati tramite beffe. In queste, compaiono spesso il prete (pericoloso per il marito ma sempre punito), il marito (per lo più sciocco, geloso e meritevole di punizione) e la donna in balìa delle proprie voglie fisiche. Nella decima giornata il filtro della tradizione letteraria alta viene esaltato al massimo: gli elementi della civiltà cortese si propongono come ideali, ma accentuano la loro astrattezza fino a togliere verosimiglianza ai comportamenti narrati. Nel libro è importante il ruolo assegnato alla figura femminile: Boccaccio si rivolge alle donne come interlocutrici privilegiate, capaci di porgere ascolto e consolazione alle sofferenze altrui. Per lui le donne sono capaci di ispirare poesia, stimolando la virtù nell’uomo.

La scrittura di Boccaccio si avvale della lingua viva (che ha come base il fiorentino del secondo Trecento) ma anche di più raffinate scelte retoriche. La scelta del registro comico permette a Boccaccio di combinare tratti linguistici propri di diverse varietà regionali, alcune volte invece il linguaggio viene usato da personaggi aristocratici o cortesi: si parla di una vera e propria polifonia di linguaggi e registri stilistici. La ricchezza delle scelte lessicali legano le novelle del Decameron al mondo borghese che esse intendono rappresentare. Per quanto riguarda lo spazio e il tempo, le novelle sono ambientate dal Mediterraneo all’Oriente, dalle città alle campagne, dai mari alle foreste e un arco temporale che dal presente arretra fino al mondo antico. Le storie sono costruite entro coordinate riconoscibili e precise, perché il lettore possa cogliere il senso vivo dell’esperienza umana. Nel Decameron vengono mostrate in azione le vere forze che fanno muovere la vita e i comportamenti degli uomini: la Natura, intesa come pulsione istintiva presente in ciascun individuo ma spesso soffocata dai pregiudizi; la Fortuna, che muove i destini individuali in modo casuale e senza spiegazioni (almeno agli occhi dell’uomo); e infine l’Ingegno in cui l’uomo può contrapporsi alla Fortuna e affermarsi, a ogni livello sociale, per mezzo della parola e delle azioni virtuosi. L’ottica che domina il Decameron è laica: l’esistenza di un Dio e un mondo ultraterreno non è affatto negato, tuttavia Boccaccio preferisce concentrarsi sul comportamento degli uomini rispetto al culto religioso, spesso degenerato in fanatismo. Nel Cinquecento Bembo nelle Prose della volgar lingua riconoscerà e canonizzerà la lingua del Decameron come modello linguistico per la prosa letteraria. Nell’Ottocento, il modello Boccacciano verrà sostituito dai Promessi Sposi di Manzoni. Nell’Ottocento Boccaccio verrà messo a confronto con Petrarca e Dante, e si ritiene che se quest’ultimo ha scritto una Commedia “divina”, Boccaccio elabora una Commedia “umana”....


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