BSM-08-Modello Musc - Dispense prof. Frigo PDF

Title BSM-08-Modello Musc - Dispense prof. Frigo
Course Bioingegneria del sistema motorio
Institution Politecnico di Milano
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Dispense prof. Frigo...


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CARATTERISTICHE ESTERNE DI FUNZIONAMENTO DEL MUSCOLO Un muscolo che svolge una certa funzione nel corpo umano può essere essenzialmente in uno dei due stati: attivo e passivo. E’ interessante analizzare come si manifesta il fenomeno della contrazione alle sue estremità, e quanto peso abbiano su tale comportamento le caratteristiche passive del muscolo (proprietà ‘reologiche’) All’inizio del secolo scorso furono compiuti numerosi esperimenti su muscoli isolati, al fine di trovare quale fosse il rendimento dell’attività muscolare (lavoro prodotto/energia impiegata) e fu riconosciuto che esso variava con la velocità di accorciamento (Laulanie, 1905; Benedict&Cathcart, 1913). Ci si impegnò allora a trovare una relazione tra la forza esterna prodotta e la velocità di accorciamento. Fenn&Marsh (1935) trovarono una prima espressione analitica che esprimeva abbastanza bene il comportamento rilevato sperimentalmente, cioè: P = P0 · e –av – K· V In cui: P = forza esterna sviluppata durante un accorciamento a velocità costante; V = velocità di accorciamento P0 = forza esterna esercitata durante una contrazione isometrica ( V = 0 ); a e K = costanti da determinare in modo che la curva segua al meglio i dati sperimentali. Una forma più conveniente della stessa relazione ‘forza – velocità’ fu determinata poco dopo da Hill (1938):

( P + a ) · ( V + b ) = ( P0 + a ) · b Dove a e b , aventi dimensioni rispettivamente di una forza e di una velocità, sono due costanti fissate in modo che la curva rappresenti bene i risultati sperimentali. Questa è evidentemente una iperbole rettangolare con asintoti P = -a e V = -b, e che quindi 0 0 interseca gli assi nei punti P (V = 0; P = P0) e V (V = P0· b/a; P = 0) 0 Mentre l’ordinata del punto P è il valore di forza isometrica sopra ricordato, il valore dell’ascissa 0 del punto V rappresenta la massima velocità di accorciamento che il muscolo è in grado di raggiungere, e corrisponde all’accorciamento in assenza di resistenza esterna.

P0

V0 -a

0 -b

1

Le condizioni sperimentali nelle quali l’equazione è stata ottenuta sono schematicamente rappresentate nelle figure seguenti:

V

R

P T Q P

A

B

Il muscolo possiede intatte le proprie innervazioni e quindi può essere stimolato artificialmente. Per ottenere una condizione di regime nella generazione della forza, l’eccitazione, generalmente a frequenza tetanica, inizia prima della registrazione. Nella disposizione A della figura, la forza applicata è generata per esempio da un peso Q che può essere spostato lungo l’asta incernierata sopra il sistema di registrazione (ad ago e inchiostro). Quando l’asta viene sganciata, il muscolo può accorciarsi, e, dopo un breve transitorio, la velocità raggiunta è costante e dipende dalla forza P applicata. Registrando lo spostamento dell’asta sotto diversi carichi, i grafici che si ottengono sono del seguente tipo (Fenn&Marsh, 1935):

X/Lm 0.4

0.3

0.1 P [g]

0.2

0.1

0.6

0.0 0

0.1

0.2

0.3

0.4

0.5

0.6

0.7

T[s]

2

Dove X/Lm è la variazione di lunghezza rispetto alla lunghezza iniziale della prova. Calcolando la massima pendenza raggiunta e mantenuta costante si ha il valore della velocità. Nella disposizione sperimentale B della figura, si fa uso di un meccanismo che permette l’accorciamento del muscolo a velocità costante prestabilita V, mediante opposizione di una resistenza meccanica R. All’estremità opposta (si trascura l’effetto dello spostamento della leva di registrazione sulla lunghezza del muscolo) viene registrata la forza generata P. In questo modo, variando la velocità, si ottengono grafici di questo tipo:

P[g]

P0

V

T[s]

La forza, cioè, scende bruscamente al valore corrispondente alla velocità di accorciamento permessa e rimane costante nel tempo. I grafici forza-velocità si ottengono per punti riportandovi i valori misurati. La relazione forza-velocità, come si e visto, può essere espressa secondo formule diverse. Il modello di comportamento definito dall’espressione di Hill è particolarmente significativo. Infatti, le costanti che vi compaiono hanno interessanti caratteristiche: a ha le dimensioni di una forza, cosicché a/P0 è un numero a-dimensionale. Inoltre, visto che V0 = P0 · b/a, si ha: P0/a = V0/b. In seguito a numerosi esperimenti, si è trovato che a/P0 assume un valore relativamente simile (0.2 – 0.4) per quasi tutti i muscoli, e per una grandissima varietà di animali (Ritchie, 1954; Close, 1966; Close&Hoh, 1967). Tale rapporto determina la forma della curva forza-velocità normalizzata; elaborando l’equazione di Hill:

( P + a)·( V + b ) = ( P0 + a ) b Dividendo per P0 e per V0 ( = P0 b/a )

( P/P0 + a/P0 ) · ( V/V0 + b/V0 ) = ( 1 + a/P0 ) · b/V0 Cioè:

( P/P0 + a/P0 ) · ( V/V0 + a/P0 ) = ( 1 + a/P0 ) · a/P0 Quindi, se si considerano i valori di forza normalizzati alla forza isometrica, e i valori di velocità normalizzati alla velocità massima di accorciamento, gli asintoti della curva sono equidistanti dai rispettivi assi (a/P0), e la morfologia della curva dipende solo dal rapporto a/P0. Questi parametri dipendono dalle caratteristiche geometriche del muscolo. Infatti si può riscontrare una buona proporzionalità tra il valore di P0 e la sezione trasversale del muscolo (Wilkie, 1949). Invece la velocità massima V0 è in relazione con la lunghezza delle fibre (Wilkie, 1949). Data la 3

relativa costanza di a/P0 = b/V0, ne deriva che b deve variare con la lunghezza del muscolo, e ciò è quanto è stato riscontrato sperimentalmente (Hill, 1964). Una lunga serie di esperimenti venne anche compiuta su contrazioni di muscoli ai quali veniva impedito di accorciarsi (prove isometriche), e questi permisero di osservare una dipendenza della forza generata, in condizioni di stimolazione tetanica, dalla lunghezza attuale del muscolo in relazione alla cosiddetta ‘lunghezza di riposo’ L0. A questo valore di lunghezza il muscolo attivo produce la massima forza. Per valori di lunghezza al di sotto di quella di riposo il muscolo esercita una forza isometrica decrescente quasi linearmente fino a raggiungere lo zero; per lunghezze superiori si ha pure una diminuzione della forza esercitata, ma più avanti si ha ancora un aumento, che evidentemente oltre un certo valore produce il danneggiamento delle fibre muscolari. Se gli stessi esperimenti vengono realizzati su muscoli passivi, si ottiene un grafico del seguente tipo (Bahler, 1967):

LS

Il quale dimostra che il muscolo presenta caratteristiche elastiche se stirato oltre una certa lunghezza detta di rilasciamento (slack) LS, ma è completamente inerte se viene posto ad una lunghezza inferiore. Questo può spiegare l’aumento che si è prima notato nella generazione della forza attiva, e può indurre a pensare che sia dovuto a questa elasticità. In questo caso la forza effettivamente esercitata dalla contrazione attiva sarebbe quella che si ottiene sottraendo, per ciascuna lunghezza, i valori del grafico del muscolo passivo da quelli del grafico prima ricavato (Collins, Scott, O’Meara, 1969) F

LS

L

L0 Da quanto detto risulta che un muscolo, alle diverse lunghezze, genera una forza che dipende dalla lunghezza e dalla velocità di variazione di lunghezza. Questo fatto renderebbe difficile estendere i risultati trovati nel caso di contrazione isometrica alle varie condizioni di contrazione che si verificano nella normale attività di un muscolo, che non sono né isometriche né isocinetiche. 4

Secondo Abbot e Wilkie (1953) l’estensione si può fare a patto di introdurre nella formula di Hill al posto di P0 il valore della forza generabile alla particolare lunghezza considerata. Si ottiene così la formula di Hill modificata, nella quale, se ricaviamo la forza P, essa è funzione, oltre che della velocità, anche della lunghezza:

P(L,V) = P0(L) · ( 1 - V/V0 ) / ( 1 + V/b ) Ovviamente per V = 0 si ha l’andamento di forza isometrica a campana sopra descritta. La velocità massima di contrazione risulta V0 = P0(L) b/a cioè direttamente dipendente da P0(L) Ciò significa che la massima velocità di accorciamento è maggiore alla lunghezza di riposo, e diviene progressivamente minore per lunghezze superiori o inferiori a quella di riposo. In tempi più recenti si è verificato che la massima velocità di accorciamento non dipende in questo modo dalla lunghezza dei sarcomeri (Edman,1979). I suoi risultati possono essere sintetizzati nella seguente figura:

4

Velocità [L/s]

V0 2

0 1.2

1.8

2.4

3.0 3.6 Lunghezza del sarcomero [m]

La velocità massima di accorciamento è approssimativamente costante per lunghezze di sarcomero da 1.65 a 2.70 m. Per lunghezze minori la velocità decade a causa di una presunta forza di resistenza all’accorciamento. Per lunghezza superiori l’aumento di velocità è da associare all’aumento di forza interna elastica passiva che produrrebbe un rapido accorciamento della fibre muscolari anche non stimolate, e che potrebbe produrre un aumento di V0 nelle fibre stimolate. Dato che V0 appare costante per un ampio intervallo di lunghezze dell’elemento contrattile, una migliore rappresentazione della relazione Forza-Velocità può essere ottenuta moltiplicando l’espressione di Hill per un fattore di normalizzazione di lunghezza, almeno per lunghezze di sarcomero comprese tra 1.65 e 2.70 m

P = [( P0 b – a V ) / ( b + V )] f(L) Dove f(L) rappresenta la forza normalizzata in accordo con la relazione Forza-Lunghezza del muscolo. f(L) varia da 0 a 1.

5

Superfici di caratteristiche del comportamento meccanico del muscolo: a sinistra, l’intersezione con il piano orizzontale disegna una curva di V0(L)=P0(L) b/a ; a destra invece l’intersezione definisce una linea V = V0 indipendente dalla lunghezza.

P0(L)

P0(L)

L

L

V

V

MODELLI REOLOGICI DEL MUSCOLO Quando il muscolo viene attivato si può supporre che la forza di contrazione isometrica sia data dalla somma della forza elastica e della forza di contrazione attiva. Questo può essere schematizzato con due componenti in parallelo: una rappresentante l’unità contrattile, l’altra l’elasticità cosiddetta ‘in parallelo’.

UC

F

Kp

Kp = 0 Kp = Kp

L

per L < L0 per L > L0

6

Un’approfondimento del comportamento dinamico del muscolo, porta però a considerare la presenza di ulteriori elementi. In particolare consideriamo una tipologia di esperimenti detti di ‘quick release’ (rilasciamento rapido). Un muscolo, in stato attivo o passivo, viene portato ad una certa lunghezza e quindi viene lasciato bruscamente accorciare di un breve tratto. Registrando la forza ad una estremità del muscolo si nota che durante il rilasciamento non si ha un semplice passaggio della forza esercitata prima a quella corrispondente alla nuova lunghezza, ma si ha una brusca diminuzione al di sotto della forza così detta di equilibrio, ed una lenta risalita al valore finale (si veda figura sottostante).

X t F

t

Se consideriamo il muscolo passivo, possiamo attribuire questo comportamento alla presenza di un elemento elastico ed uno viscoso in serie tra di loro, ed in parallelo con l’elemento elastico sopra definito. Infatti consideriamo il modello reologico riportato qui sotto:

Bp

Ks 2 1

F

Kp

X2 X1

In Figura: X1 è la lunghezza del muscolo diminuita della lunghezza di riposo: X1 = L – L0 X2 è la lunghezza della parte viscosa (non trova corrispondenza anatomica) X1- X2 è la lunghezza della componente elastica in serie Ks e Kp sono le costanti elastiche delle componenti in serie e in parallelo rispettivamente Bp è il coefficiente di viscosità (forza per unità di velocità)

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Supponiamo di essere ad una lunghezza superiore a L0. A regime, cioè in condizioni isometriche, la molla Kp produrrà una forza di richiamo elastico -Fiso = Kp X1 , pari e di segno opposto, alla forza applicata dall’esterno. Essendo la velocità nulla la componente viscosa non oppone alcuna reazione all’allungamento. Se si provoca un accorciamento a scalino -X1 (quick release), la forza esercitata dalla molla in parallelo si porta istantaneamente al valore corrispondente alla nuova lunghezza. L’estremità della componente viscosa però non può subire una velocità infinita come quella corrispondente ad un gradino negativo, perché ciò richiederebbe una forza infinita. Inizialmente invece il punto 2 (in figura) rimane fermo, e l’accorciamento è subito dalla molla in serie. Tale accorciamento produce una forza Ks X1 diretta verso l’esterno. La forza di richiamo elastico della molla in parallelo, risulta perciò diminuita dalla forza della molla in serie. Quest’ultima imprime alla componente viscosa la velocità iniziale di accorciamento Ks X1/ Bp Il punto 2 si sposta a sinistra, la forza della molla in serie diminuisce progressivamente, e quindi anche la velocità di accorciamento della componente viscosa diminuisce con un certo andamento. La forza totale esterna aumenta progressivamente fino al valore di regime corrispondente alla sola forza di richiamo elastico della componente parallela. Analiticamente si può esprimere questo funzionamento mediante le seguenti equazioni:

F = Kp X1 + Ks (X1 - X2 ) Bp dX2/dt = Ks (X1 – X2 ) Con X1 , X2 , X’2 positivi verso destra F = forza esercitata dall’esterno, positiva se di trazione Passando alle trasformate di Laplace:

F(S) = Kp X1 (S) + Ks (X1(S) – X2(S) ) Bp S X2(S) = Ks (X1(S) – X2(S)) Sostituendo e trascurando di scrivere, per semplicità, la variabile indipendente S:

F = (Kp + Ks ) X1 – Ks X2

F = (Kp + Ks - (Kp2 / ( Ks + Bp S ) ) X1

X2 = Ks X1 / ( Ks + Bp S)

X2 = (Ks X1 / (Ks + Bp S ) )

Ricaviamo l’andamento di F e X2 in presenza di un ingresso a scalino della variabile X1 La trasformata dello scalino di ampiezza X1 è: X1(S) / S Sostituendo: F = (Kp + Ks - (Ks2 / (Ks + Bp S ) ) X1/S

= [ (Kp + Ks ) / S - Ks / (S ( 1 + Bp/Ks S ) ] X1 X2 = X1 / ( S ( 1 + Bp/Ks S ) Le antitrasformate di queste espressioni sono: 8

F(t) = [Kp + Ks – Ks ( 1 – exp(-Ks /Bp t) ] X1 X2(t) = [ 1- exp(-Ks /Bp t) ] X1 Se il gradini di ingresso viene dato a condizioni iniziali di riposo, cioè se per t = 0- :

X1(0)- = 0 F(0)- = 0 dX1/dt (0)- = 0 I grafici corrispondenti saranno del tipo sotto riportato:

X1 X1 0

F X1(Kp+Ks)

t

X1 Kp X2

t

X1 0

t Più interessante è osservare il comportamento del modello quando è già presente un allungamento X-1 al tempo t = 0 e perciò la forza iniziale è F(0) = Kp X1 e lo spostamento del punto 2 è X2(0)- = X1- ; dando uno scalino negativo di valore -X1 si hanno i seguenti andamenti :

F(t) = F(0)- - [Kp + Ks exp(-Ks/Bp t)] X1 X2(t) = X1  exp(-Ks /Bp t)]X1 Come si vede nei grafici seguenti, almeno qualitativamente, la corrispondenza tra comportamento del modello e comportamento reale è molto netta. Esiste perciò la possibilità di calcolare i valori dell’elasticità (serie e parallelo) del muscolo reale, dopo aver eseguito su di esso un esperimento di ‘quick release’. Infatti basta misurare sul grafico alcuni valori: 9

f = Kp X1- e quindi: Kp = f / X1oppure: i = KpX1 e quindi: Kp = i / X1

g = Kp X1- - (Kp + Ks ) X1 da cui: Ks = [Kp ( X1- - X 1 ) – g ] / X1 oppure: h – g = Ks X1 da cui: Ks = ( h – g ) / X1

X1

X 1X1 X 1+

t

-0+

F F(0)i f g

h

t

-0+

X2 X 2-

X 2+ -0+

Per il coefficiente di smorzamente viscoso basta misurare la costante di tempo . Infatti:

10

F 

h

g -0+

t 2

La derivata della funzione per t > 0 è: F’(t) = Ks/Bp exp(-Ks /Bp t) X1 2 Per: t = 0 F’(0) = Ks /Bp X1 Il tempo è quello in cui la retta tangente raggiunge il valore h , cioè:

g + F’(0) t = h

da cui t =  = ( h – g ) / F’(0) = Ks X1 / F’(0) = Bp / Ks

si ha così: Bp =  Ks Per il muscolo attivo si può utilizzare lo stesso modello in cui si introduca una componente contrattile che agisca in parallelo alla componente viscosa, producendo una forza di contrazione Fa:

Fa UC

Ba

Ks 2 1

F

Kp

X2 X1

Le equazioni che reggono il modello del muscolo attivo sono, con le convenzioni che X1, X2, X’2 > 0 verso destra, F positiva come in figura, ed Fa positiva se tendente all’accorciamento:

F = Kp X1 + Ks ( X1 – X2 ) Ks ( X1 – X2) = Fa + Ba X’2 11

Trasformando secondo Laplace e sostituendo:

F(S) = Kp X1(S) + Ks ( X1(S) – X2(S) ) Ks ( X1(S) – X2(S) ) = Fa(S) + Ba S Xs(S)

F = ( Kp + Ks ) X1 – Ks [ (Ks X1 – Fa ) / ( Ks + Ba S)] X2 = [( Ks X1 – Fa ) / ( Ks + Ba S )] F = [ Kp + Ks – Ks / ( 1 + Ba / Ks S )] X1 + Fa / ( 1 + Ba / Ks S ) X2 = ( X1 – Fa / Ks ) / ( 1 + Ba / Ks S ) Schematizzando con dei blocchi le equazioni descriventi il modello si ha:

X1

Kp + Ks +

Ks Fa

+

_ +

F

1 / (1 + Ba / Ks S )

Dove si vede chiaramente che gli ingressi sono X1 e Fa.

Supponiamo di dare separatamente i due ingressi a scalino di ampiezza X1 e P0. -

-

-

Il sistema sia inizialmente a riposo, cioè: per t = 0 , X1 = 0 ; F a = 0 Ricordando che la trasformata di Laplace dello scalino unitario è 1/S ,

Fx = [( Kp + Ks) / S - Ks / ( S ( 1 + Ba / Ks S )) ] X1 e antitrasformando:

Fx(t) = [ Kp + Ks – Ks (1- exp( - Ks/Ba t ) ] X1 = = [ Kp + Ks exp ( - Ks/Ba t ) ] X1 Fp(t) = P0 / ( S ( 1 + Ba/Ks S ) ) 12

e antitrasformando:

Fp(t) = [ 1 – exp( - Ks/Ba t )] Se i due ingressi sono presenti contemporaneamente, supponendo che valga il principio di sovrapponibilità degli effetti, si ha:

F (t) = Fx(t) + Fp(t) Negli esperimenti di quick-release su muscolo attivo si stimola a frequenza tetanica il muscolo e lo si porta alla lunghezza desiderata. Quando la forza in queste condizioni ha raggiunto il suo valore costante, si lascia accorciare per una certa quantità. Evidentemente ciò corrisponde ad avere, già al tempo t = 0 la presenza di una forza F(0) = Fx(∞) + Fp(∞) = Kp X1- + P0 Dando un accorciamento a scalino - X1 e mantenendo lo stesso grado di stimolazione, l’uscita sarà data , per il principio di sovrapponibilità degli effetti, da:

F(t) = F(0)- - ( Kp + Ks exp( - Ks/Ba t) ) X1 L’andamento della forza che si ottiene è simile a quello del muscolo passivo, dove però I vari parametri hanno il seguente valore:

i = Kp X1 ; f = Kp X1- + P0 ; h = f – i ; g = h – Ks X1 da questi si ricava:

Kp = i / X1 ; P0 = f – Kp X1- ; Ks = ( h – g ) / X1 E dalla misurazione della costante di tempo si ricava: Ba = Ks Dai risultati di Collins (1969) e di Cook&Stark (1967) si può ritenere che i valori delle costanti Kp,

Ks e Ba siano gli stessi sia per il muscolo passivo che per il muscolo attivo. A questo punto sono necessarie alcune importanti osservazioni. 1) Il metodo di studio applicato è valido solo per sistemi lineari e tempo invarianti, cosa che non è garantita per il sistema che stiamo analizzando, il muscolo; 2) Nella ricerca dei parametri che descrivessero il modello, ci si è basati sull’osservazione dell’andamento qualitativo della forza misurata agli estremi del musc...


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