Cap. VI - La guerra del Peloponneso, guerra civile dei greci PDF

Title Cap. VI - La guerra del Peloponneso, guerra civile dei greci
Course Storia Greca
Institution Università di Bologna
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1.. Cause e precedenti una guerra civile dei greci: ha come oggetto la potenza territoriale, ma anche una forte connotazione ideologica, corrispondente alla radicalizzazione dello scontro politico (doppia direttrice). Non sono partiti in un territorio nazionale unitario, ma tendenze politiche e molt...


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1.. Cause e precedent E’ una guerra civile dei greci: ha sì come oggetto la potenza territoriale, ma anche una forte connotazione ideologica, corrispondente alla radicalizzazione dello scontro politico (doppia direttrice). Non sono partiti in un territorio nazionale unitario, ma tendenze politiche e molteplici entità, le poleis, alcune democratiche, altre oligarchiche, divise anche al loro interno. La pace del 446/5 durò assai meno di 30 anni: gli anni Trenta sono pieni di avvisaglie, di cui parla Tucidide nel libro I, evidenziando la storia di un’ostlità (echthos) di Atene verso Sparta e di un odio (misos) dei Corinzi per Atene. La matrice corinzia (territoriale + economica) è da considerare tanto quanto la contrapposizione con Sparta, perché spesso bersaglio ateniese furono le colonie corinzie (doppia direttrice). La connotazione psicologica tucididea non è reductio ad unum o limitazione delle altre tipologie di cause. Tre o quattro le cause reali, tutte provocazioni ateniesi limitate, che lasciassero l’iniziativa definitiva della guerra ai Peloponnesiaci, in modo che avessero la responsabilità morale di fronte all’opinione pubblica greca:  





Forse, nel 437, intervento ateniese (Formione) pro-Epiro contro la corinzia Ambracia; Nel 435 i democratci vanno al potere ad Epidamno; i possidenti chiedono aiuto agli Illiri, la città alla madrepatria Corcira (che sta con gli oligarchici) e a Corinto (accetta). I Corciresi vincono i Corinzi a capo Leucimma e prendono Epidamno, ma nel 433 i Corinzi tornano. Atene allora aggira la pace e stipula un’alleanza solo difensiva (epimachia) e la loro presenza alle isole Sibota fa desistere i Corinzi, che si ritirano meditando vendetta. L’intervento ateniese a fianco non dei democratici ma degli oligarchici mostra logiche solo territoriali (anti-Corinto) e non ancora ideologiche; A Potdea, colonia corinzia della Lega con funzione antipersiana, macedone e tracia, Atene ingiunge di staccarsi da Corinto (rifiutando l’epidamiurgo = supermagistrato annuale) e abbattere le mura (specie di resa incondizionata); il rifiuto del 432 è sostenuto dal re macedone Perdicca II e dai Calcidici; numerosi interventi ateniesi sono insufficienti per via dei vari alleati; Decisione ostile decisiva di Pericle, ma interna alla Lega, è la mutlazione dei diritti commerciali di Megara in tutto l’Impero, vero strangolamento dell’economia della città sull’import/export.

La tradizione antica talvolta vede la GdP come un diversivo di Pericle per evitare l’opposizione interna: non è la prima interpretazione in segno personalistco delle azioni di Pericle (es misthoi, così centrali nella politica periclea, visti come modo di crearsi popolarità con denaro pubblico). La visione psicologica di Tucidide, legata anche all’auxanesthai, è più complessa e veritiera, anche se pessimista: due società che ormai sono entità storiche tra loro alternative; il dinamismo ateniese vs la volontà di difesa spartana. L’espansionismo ateniese non voleva realizzare l’unificazione nazionale, ma estendere sempre più la sfera d’influenza esportando la democrazia come mezzo di dominio; questo permette ai Peloponnesiaci di acquisire il ruolo dei difensori di libertà e autonomia (duro colpo della democrazia, che rimedierà solo anni dopo).Solo il passo di Megara, dopo varie indecisioni, porta la Lega Peloponnesiaca a dichiarare guerra; passano mesi di contatti diplomatici e appelli all’opinione pubblica ateniese e greca; la guerra scoppia nella primavera del 431. Casus belli: di notte a Platea irrompono 300 tebani, ma l’esperienza dei luoghi volge a favore dei Plateesi: la pace è violata e si formano gli schieramenti. o

Con Sparta: tutti i Peloponnesiaci tranne Argo (gli Achei si uniranno dopo), Megara, i Beoti, i Locresi,

o

i Focesi, Corinto e alcune sue colonie. Con Atene: Chio, Lesbo, Platea, Naupatto, l’Acarnania, Corcira, Zacinto e i vari territori dell’Impero, incluse le Cicladi (tranne Melo e Tera).

La GdP è divisibile in due sezioni: la guerra archidamica (431-21) e 413-404, separate dalla pace di Nicia (421); Tucidide nella sua opera raggruppa tre anni alla volta (con eccezioni – razionalità cronologica della

storiografia). I primi 5-6 anni vedono aggressività senza ripensamenti di strategia; la morte di Pericle (429) porta però Atene ad allargare il campo delle ostilità, per colpire le basi del supporto spartano. 









Dall’inizio alla morte di Pericle. 20mila opliti (Arch.II) invadono l’Attica, devastano i campi e si ritirano; gli Ateniesi stanno rinchiusi tra le mura; Egina è sostituita da una cleruchia ateniese. Stesso schema nel 430, ma la peste blocca l’invasione; Atene attacca Epidauro e Potidea (contingente appestato) senza successo. E’ un momento difficile per Pericle, sollevato dalla strategia, col popolo che vuole la pace. Potidea viene presa nel 429, ma c’è una sconfitta nella Bottìa. Pericle è rieletto ma muore di peste; identica causa la mancata invasione dell’Attica nel 429; Sparta attacca però Platea, prendendola solo nel 427. Naupatto blocca l’ingresso del Golfo Corinzio e l’invasione spartana dell’Acarnania è respinta per mare e per terra. La breve parentesi di Lisicle porta all’affermazione come leader della democrazia radicale di Cleone (commerciante di cuoio). Ripresa ateniese (428-425). Alla solita invasione segue la ribellione di Lesbo, specie Mitlene. Atene reagisce con un assedio che ha successo; Cleone suggerisce la punizione esemplare: uomini uccisi, donne e bambini in schiavitù; approvata e con metanoia respinta (avrebbe deluso gli arresi e aizzato gli irriducibili). Nel 427 Atene fa vincere i democratici nella sanguinosa lotta civile a Corcira, facendo ritirare la flotta pelop.: sono quest gli anni della radicalizzazione ideologica della GdP. Motivazione anticorinzia anche nella prima spedizione in Sicilia, guidata da Lachete, che guadagna Messina contro l’espansionismo siracusano. I successi guadagnano popolarità alla guerra ad Atene, che è a suo agio con le imprese più grandiose, mentre Sparta almeno fino al 424 fatica a seguire. Nuova strategia ateniese (426-424). L’invasione salta (426) per terremoti, ma gli Spartani occupano le Termopili (più sistematica guerra terrestre). Gli Ateniesi (Demostene di Afidna) sono sconfitti in Etolia ma mantengono l’Acarnania. Nel 425 D. occupa con la flotta Pilo (come spina nel fianco del Peloponneso), portando al rapido rientro degli Spartani dall’Attica per bloccare la testa di ponte sia in Messenia sia a Sfacteria. Una nuova flotta ateniese complica la situazione; l’armistizio è bloccato dal suggerimento di Cleone, nonostante il sopraggiungere dell’inverno che avrebbe reso tutto vano. Nicia, stratego nel 425/4 e suo avversario, gli propone il comando: così Cleone con 10mila uomini ottiene la resa lacedemone, molti prigionieri e onori altissimi. Il comportamento di Nicia non rispecchia un “partito della pace”, bensì un momento di atteggiamento pacifista; sarà lui a prendere Citera nel 424. E’ una nuova strategia, di movimento contnuo e attacco diretto alle basi nemiche, supportato con un tributo più alto dalla Lega e il passaggio a 3 oboli per l’indennità degli eliasti. Stesso anno, i democratici di Megara chiamano Atene, che con D. e 5mila uomini prende la città e il porto di Nisea. Gli ostaggi spartani ad Atene evitano l’invasione dell’Attica di quell’anno. Nuova strategia spartana (423). Brasida, con 8mila uomini (ma base spartana debole) allevia la pressione su Megara e ottenuta l’alleanza del re macedone Perdicca II, raggiunge e attacca via terra la lontana Anfipoli, sotto il controllo dello stratego Tucidide (lo storico), che salva solo la fortezza di Eione (questo gli valse l’esilio ventennale); Brasida ha un rapporto eccellente con la città (politica della mano tesa). Nel 424/3 D. intendeva occupare (con i Beoti filoateniesi) Cheronea e Sife e combattere le forze federali beotiche sul campo, ma le città furono difese e lo scontro avvenne a Delio (Tanagra), dove morirono Ippocrate e mille opliti (duro colpo). La seconda flotta ateniese, liberatasi da Sfacteria, preoccupa la Sicilia: Messina li abbandona e i Sicelioti affermano che le questioni siciliane fossero solo affar loro; si cerca una pace che conservi lo status quo ante. La spedizione è un nulla di fatto. Verso la pace di Nicia (422/1). Comincia ad emergere un partito della pace: proprio Lachete ottiene armistzio di un anno. In Tracia e Calcidica si espande la ribellione e Scione defeziona. Volendo punirla, Nicia con una flotta l’assedia; la tregua non è prorogata e Cleone attacca Brasida ad Anfipoli; muoiono entrambi ma vince Sparta. Le sconfitte subite da Atene e i rivolgimenti di





Mantinea ed Elide avvicinano a una pace che ristabilisca lo status quo ante bellum, con reciproche restituzioni. Dopo un inverno di lavori, la pace è ratificata dal popolo alle Grandi Dionisie del 421. La pace di Nicia prevede 50 anni di tregua tra Atene e Sparta, grandi potenze che sanno far prevalere la loro volontà (anche se Corinto, Megara, gli Elei e i Beoti rifiutano la pace) e prendere decisioni responsabili, perciò possono trovare punti d’incontro nonostante l’ostilità dei propri alleati (classico caso di bipolarismo). La pace, voluta da Plistoanatte, Nicia e Lachete come individui, era fragile per via della struttura autonomistica del mondo greco. Anfipoli, Citera, Pilo sono restituite, Atene cede Platea e ottiene Nisea, Delfi è dichiarata autonoma, non ci devono essere atti di ostilità tra le due città, le città calcidiche ribelli sono autonome ma sottoposte a tributo, i prigionieri sono restituiti. Il trattato, sottoposto a giuramento annuale, fu pubblicato nelle città e a Olimpia, Delfi, sull’Istmo. Segue trattato di alleanza bilaterale (symmachia) tra Atene e Sparta, in occasione della scadenza della pace trentennale Argo-Sparta (timore di un’alleanza), che stabilisce mutua difesa contro aggressioni rivolte all’una o all’altra (Grecia su due gambe, come nelle guerre persiane, voluta dalla parte conservatrice da Cimone fino a Nicia, contrastato dai radicali da Pericle a Cleone e dall’ala innovatrice di Sparta).

La guerra decennale aveva rincorso l’egemonia (da estendere al terrestre o al navale in base alla città) e non l’unificazione territoriale; Atene non aveva fatto passi avanti, ma le era stata riconosciuta struttura e consistenza dell’Impero, quindi autorità storica, cosa che valeva le perdite umane. Ma il mondo greco era ancora in fermento; non si attivano meccanismi di raffreddamento, anche perché la pace fu di difficile attuazione (Anfipoli era contraria alla restituzione = Pilo e Citera rimasero ateniesi) e Beoti e Corinzi erano delusi per la mancata liberazione di Potidea e Corcira. Nasce così la quadruplice alleanza antspartana, tra Elide, Mantinea, Corinto (con i Calcidici) e Argo; Sparta cerca di riannodare i rapporti con gli alleati, ma vengono eletti efori ostili alla pace mentre ad Atene Alcibiade (420), eletto stratego, formula un’alleanza difensiva con Argo, Mantinea ed Elide; gli segue Nicia (418) mentre Agide II penetra in Arcadia. La tregua con Argo è interrotta da Atene che manda un esercito, ma gli Elei abbandonano e gli Spartani stravincono nella battaglia di Mantnea, con grandi perdite Ateniesi (Lachete) e argive, e riprendono controllo del Peloponneso. Mantinea ed Elide rinunciano alle proprie pretese, mentre ad Atene l’inquietudine cittadina ostracizza un demagogo e rielegge Nicia e Alcibiade. Nicia, per nulla perfetto pacifista, attacca di nuovo Anfipoli e nel 416 progetta un attacco a Melo, dorica tra le Cicladi, a lungo assediata e presa nel 415: la popolazione maschile è eliminata, la restante schiavizzata e rimpiazzata da una cleruchia. Tucidide presenta la situazione nel celebre Dialogo, con le ragioni della tradizione e dell’antica giustizia per i Melii (che aspettano protezione dalla madrepatria) contro le ragioni della logica di potenza ateniese; T. da buono storico cerca di essere imparziale, ma un orecchio attento capisce la sua opinione. La politica di Nicia non è tanto pacifista quanto ostile all’allargamento a macchia d’olio del conflitto (proposta siciliana di Alcibiade); meglio assoggettare i ribelli, senza cercare altre guerre. La terza spedizione in Sicilia (415-413) Alla fine però la richiesta d’aiuto degli Elimi di Segesta contro Selinunte e Siracusa è accettata, diffondendo il timore che queste supportino Sparta, nonostante Nicia cerchi di dissuadere da un’impresa difficile e dispendiosa e anzi poi ne rincari il prezzo (“se si deve fare, con grande dispendio di mezzi”). La mania di grandezza e la voglia di nuovo hanno la meglio nella “Atene che osa” e il popolo approva la logica bellicista di A. Ma appena prima della partenza avviene il danneggiamento delle Erme: il misterioso gesto vandalico ha sicuramente come destinatario Alcibiade e vede forse la collaborazione di nemici diversi (cospiratori antidemocratici soprattutto, democratici conservatori es. Nicia…; ad agire sembra sia l’eteria di Eufileto)

nonché lo scopo di destabilizzare. La coscienza religiosa e civica, turbata, lo prende come presagio negativo e accusa A. come sacrilego in una vera caccia alle streghe (si dice che parodi i Misteri Eleusini); vorrebbe essere giudicato subito, ma invece è fatto partire per la Sicilia nel 415, con la sua idea di cercare prima alleati e poi attaccare, laddove Lamaco voleva un attacco immediato e Nicia limitarsi ad aiutare Segesta. Le città magnogreche si rivelano tutte molto fredde, finchè a Catania gli Ateniesi devono irrompere in città. Qui A. è richiamato in patria, ma fugge a Turii e poi nel Peloponneso, a consigliare a Sparta di intervenire.  



Nel 415, Atene vince su Siracusa nella piana del santuario di Zeus Olimpio e ottiene come alleati solo i Siculi, ma si assicura la neutralità di Camarina e Agrigento; Nel 414 Atene si è assicurata le posizioni vincenti per il lungo assedio, impadronendosi delle alture delle Epipole e cominciando un complesso sistema di fortficazioni, che i Sicelioti non riescono a fermare, nonostante la morte di Lamaco; ma Sparta manda Gilippo che sbarca ad Imera e con vari aiuti attacca a sorpresa le Epipole, interrompendo le costruzioni e l’accerchiamento della città; Nel 413 nuovi aiuti portano a due battaglie navali di diverso esito, mentre Gilippo conquista le posizioni a sud, vicino al porto Grande. Atene manda una nuova forte flotta (D.) e ottiene l’alleanza di Metaponto e Turii (antitarentine), ma alle Epipole la sconfitta è dura e non vengono riprese: D. decide per ripartire subito, ma per un’eclissi di luna Nicia si oppone; i Siracusani bloccano la flotta ateniese catturandone gran parte e volgono in fuga gli Ateniesi verso Camarina (le Epipole sono occupate), inseguendoli. N. scappa troppo avanti e D. deve arrendersi, poi anche l’altro viene attaccato e catturato sul fiume Assinaro. I due sono giustziat e i soldati trattenuti nelle Latomie o schiavizzati; pochi ritornano in Attica. La libertà della Sicilia è al sicuro e il merito è di Sparta.

La guerra ricomincia Scontri saltuari tra Sparta e Argo e alcuni sbarchi ateniesi in Laconia orientale mostrano che ormai la pace è rotta. Nel 413 Agide II invadendo l’Attica occupa e fortifica Decelea, vicinissima ad Atene. In questo periodo (413-404) ci sono quattro nuovi aspetti fondamentali: 

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Il ruolo preminente di Alcibiade, che consiglia a Sparta sull’Egeo e riguardo la Persia e formula il passaggio al regime oligarchico nel 411. Uomo di forte formazione democratica, nonostante i rinnegamenti, non sa tenere pubblico e privato separati come fece Pericle: rappresenta l’esplodere della personalità (interesse biografico su di lui) convinta di poter assoggettare ai suoi disegni correnti di pensiero molto diverse come quelle spartana ed ateniese; Appoggio dei governant persiani d’Asia Minore a Sparta (trattati 412/1), grazie ad Alcibiade che cambiata posizione tenta di sfruttare le relazioni costruite a favore di Atene; Modifiche alla costtuzione ateniese (grazie ad A.; presto rigettate) come i 10 (poi 30) probouloi, consiglieri che istruivano le questioni, come per controllare preventivamente l’attività della boulè, e il colpo di stato oligarchico del 411, che A. cerca di realizzare per renderlo gradito alla Persia, prima di rientrare in campo democratico, sua vocazione; c’è una modifica al tributo con un criterio più equo e fonte di maggiori entrate, per affrontare l’occupazione di Decelea così dannosa; Cresce il problema degli alleati di Atene: le tensioni della storia della Lega esplodono in un teatro da chiamare “guerra ionica”, una ribellione sistematica e non isolata com’era stato a Mitilene.

La rivolta degli alleati scoppia in Eubea, a Lesbo e Chio, e si allarga a macchia d’olio dopo il sostegno spartano a quest’ultima (412) con le defezioni di Teo, Mileto, Mitilene, mentre A. fa coinvolgere la Persia, che pure aveva rinnovato il trattato di Callia nel 424; gli Ioni volevano sì liberarsi da Atene, ma anche restare indipendenti dai Persiani, che avevano preso Colofone. I Pelop. prendono Mileto e cominciano i trattati con la Persia:

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Il trattato di Calcideo riguarda gli impegni spartani, quello di Terimene quelli persiani;

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Il trattato di Tissaferne riassume: Sparta rifiuta a difendere l’indipendenza dei Greci d’Asia, mentre la Persia si impegna a finanziare economicamente Sparta.

Il contrattacco ateniese riprende Lesbo e Clazomene, ma non Mileto causa flotta pelop., che vi ha ormai installato la base. Dalla base ateniese (Samo) si attacca Chio, sfruttando una rivolta democratica, ma all’inizio del 411 Atene perde punti-chiave uno dopo l’altro (Efeso, Chio, Mileto, Cnido). Il colpo di stato oligarchico (411) E’ una reazione ad avvisaglie precedenti e ai disastri della politica estera democratica; A. tenta di rientrare nel gioco politico ateniese portando i Persiani dalla parte di Atene. Ad opporsi è però la flotta di Samo (equipaggi di cittadini): vi era stata una rivolta democratica (412) che aveva impedito agli oligarchi di riprendere il potere (411). Sono realtà opposte (scissione della cittadinanza): gli oligarchi ad Atene e i l’assemblea dei marinai della flotta (che incarna la legittimità democratica), a cui viene detto che il potere ai Cinquemila è la norma di cittadini frequentanti l’assemblea. A. passa dalla loro parte e viene richiamato dall’esilio, perché pur essendone fuori sono la vera Atene, e le vere leggi sono quelle patrie, non quelle degli oligarchi (Trasibulo). Teramene (per allontanarsi dagli oligarchici – “coturno” scarpa ambidestra) propaganda la fortificazione di Eezonia come testa di ponte per gli Spartani, portando alla rivolta degli opliti (i Cinquemila) contro il governo dei Quattrocento. Nel frattempo i Pelop. si concentrano sull’ Ellesponto, dove ancora forte era Atene, attaccando Abido e Lampsaco e ottenendo le defezioni di Bisanzio, Cizico, Abdera e Taso, mentre la vittoria navale ad Eretria (411) porta alla defezione delle città d’Eubea. Gli anni 411-408 A Sesto ed Abido Atene vince due battaglie navali, e poi riprende Cizico (presto riperduta), dove la flotta ateniese (A.) sconfigge Mindaro catturando tutta la flotta peloponnesiaca (410). La restaurata democrazia ad Atene (410) mette in luce Cleofonte (fabbricante di lire); tra 409/8 Alcibiade riprende quasi tutte le posizioni dell’Ellesponto, viene eletto alla strategia (408) ed è accolto in trionfo ad Atene, come beniamino. Gli anni 407-404 Ma Ciro, figlio di Dario II, arriva a Sardi a capo delle forze persiane, ora molto vicine a Sparta grazie all’intesa con Lisandro, che vince a Noton nel 407 contro l’ateniese Antioco dopo aver ricostituito la flotta. A. viene sostituito con Conone e si ritira nell’Ellesponto, mentre a Lisandro succede (406) Callicratda, che prende tutta Chio e Lesbo sconfiggendo Conone davanti Mitilene. Nel 406, 150 triremi ateniesi (messe insieme con misure eccezionali) ne sconfiggono 170 spartane nella battaglia delle Arginuse, ma a caro prezzo di perdite, anche dei naufraghi non salvati per la tempesta: l’assemblea popolare ...


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