Capitolo-2 - Storia fotografia PDF

Title Capitolo-2 - Storia fotografia
Author Stella Manfredi
Course Storia dell'arte contemporanea
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Storia fotografia...


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Rivoluzione dadaista 2.1 Dadaisticità intrinseca della fotografia Arthut Cravan, precursore del dadaismo, così enunciò il progetto dadaista di contaminazione fra arte e vita: “preferisco mille volte di più la fotografia alla pittura e la lettura del “Matin” alla lettura di Racine”; nella letteratura le Matin sta all’opera di Racine come la fotografia sta alla pittura. Dall’affermazione di Cravan possiamo desumere quattro punti essenziali: a. La fotografia come estranea dal sistema di belle arti b. La fotografia si contrappone alla pittura c. La fotografia interpreta l’anelito dadaista a rendere arte la vita stessa; la vita deve essere artisticizzata. d. La fotografia come sistema globale Il punto b mette in risalto il ribaltamento di tutta la critica ottocentesca circa l’eventuale sovrapposizione dei due mezzi. La fotografia, infatti, nell’ottica dadaista non ha nulla a che spartire con il quadro, poiché invade la dimensione della vita (punto c). Nelle parole di Crevan è evidente l’intuizione di come la fotografia possa essere considerata già dadaista: fotografia come filosofia globale> ciò coincide con gli obiettivi fondamentali del Dadaismo. Questa chiave di lettura permette di rimodellare qualsiasi confronto si voglia mettere in atto fra fotografia e un movimento artistico. Prendiamo ad esempio il Surrealismo: la critica ha parlato spesso di fotografie surrealiste solo nel momento in cui ci si è trovati davanti ad immagini che formalmente sono affini alla pittura surrealista. Non bisogna soffermarsi alla somiglianza esteriore fra immagine e immagine, bensì è necessario rintracciare la concordanza fra il carattere della poetica surrealista e il carattere a priori della fotografia; in questa prospettiva è possibile evitare già in partenza il confronto con la pittura, dichiarando a priori la diversità della forografia. Guardare a Duchamp significa prendere in considerazione subito l’intenzione di antipittoricità totale. I primi sviluppi della poetica proto dadaista (il dadaismo viene fondato nel 1916) avviene in America, dove Duchamp e Francis Picabia entrano in contatto con Alfred Stieglitz (ricorda fotografia diretta) e il suo cenacolo fotografico, raccolto intorno alla Galleria 291 e alla rivista “Camera Work”. Era già chiaro all’ambiente newyorkese come la fotografia doveva ritagliarsi uno spazio autonomo, perciò la critica al pittorialismo era feroce; questo atteggiamento è legato ad una filosofia generale della macchina che permetteva di ragionare tecnologicamente e non pittoricamente sulla fotografia> Duchamp e Picabia posero la macchina al centro dei

loro interessi. Anche i cubo-futuristi erano affascinati dalla macchina, ma i due lo fanno in maniera diversa: i cubo-futuristi aveva assunto la macchina a principio plasmante, che li portava ad una ricostruzione plastica del reale; Duchamp e Picambia mostrano di aver introiettato fisicamente la macchina. Esempi evidenti di questo atteggiamento sono il Macinino di caffè di Duchamp (1912), e la macchina fotografica raffigurata da Picabia, in omaggio a Stieglitz in Ici, c’est ici Stieglitz (1915)> la rappresentazione è fredda, impersonale, in nome di uno sguardo oggettivo. Anche la serie di opere di Picabia (1915-1917), come Paroxysme de la douleur, mostrano un approccio impersonale come solo una macchina potrebbe fare. Molti studi hanno messo in luce i debiti della pittura nei confronti della fotografia: la composizione, l’inquadratura, la resa istantanea della temporalità (cfr Degas e l’immagine istantanea in Scharf). Ma la fotografia per essere riconosciuta come arte non deve più deve riferirsi alla pittura ma deve cercare una propria identità. Siamo davanti alla modifica dell’idea generale di arte. Un rovesciamento profondo ed insanabile inizia dal 1913 con i ready made duchampiani. Il confronto con la fotografia fu intuito negli anni settanta da Ugo Mulas> il fotografo deve trovare una sua realtà e alla macchina fotografia spetta registrarla: tali operazioni richiamano alla pratica dei ready made. Questi ultimi, infatti, non sono fatti, ma sono scelti (oggetti già fatti prelevati dalla realtà). Dal momento che una fotografia somiglia fisicamente ad un quadro l’intuizione geniale di Mulas sta proprio nel fatto che non bisogna confrontare la fotografia con il quadro, piuttosto è necessario confrontarla con altre tipologie di opere, comparse in alternativa alla pittura (ready made). [proprio perché l’arte contemporanea si configura come una contrapposizione alla logica del quadro]. Il ready made infatti sancisce: 1.superamento della manualità. 2.esibizione della realtà diretta senza l’intervento manuale dell’artista. 3.l’atto della scelta fonda il principio di artisticità 1.2. sono il ribaltamento in positivo delle critiche mosse alla fotografia da Baudelaire nel 1859 (intuizione precoce di Jean Clair). Ricordiamo che Baudelaire condannava l’eccessiva realisticità della fotografia (specchio della natura e quindi non arte); l’assenza di manualità (cfr pt 1); la fotografia non è arte poiché è contaminata dall’industria. Una ruota di bicicletta non è arte poiché non è ricostruita, l’artista non ha fatto niente; inoltre essa è un prodotto industriale, in serie, non ha nulla di unico. E dunque fotografia e ready made pur essendo fatti di materiali diversi presentano

caratteristiche analoghe. Jean Clair ha inoltre postulato un , ulteriore parallelismo fra ready made e fotografia: la collocazione museale dell’oggetto comune trova una corrispondenza nel processo fotografico che comporta l’esposizione della lastra alla luce del sole. La realtà fotografica in questo modo, come accade per l’oggetto duchampiano, si decontestualizza proponendosi come oggetto d’arte. Saggio della Krauss, Duchamp o il campo immaginario> senso fotografico del ready made; la fotografia sta dalla parte della vita, del volgare. Duchamp parla del procedimento di sistematizzazione museale dell’oggetto “effetto istantanea”, in quanto consiste in un rapporto immediato, diretto, come quello che si stabilisce fra la fotografia e l’oggetto. La fotografia ha influenzato l’arte ma a sua volta è stata influenzata. Sposando la causa del ready made, dunque, si innesta un ribaltamento di prospettiva: finché la fotografia cercava di scagionarsi dalle accuse ottocentesche, tentando di sottolineare l’importanza della manualità autoriale o di dimostrare che la realtà dell’immagine è sempre una realtà modificata, si rientrava nell’ottica del quadro. Bisognava ribaltare tutto ciò: Duchamp ha concorso a questo rovesciamento. 2.2. L’immenso Duchamp e l’incerto Man Ray I rapporto di Duchamp con la fotografia furono sporadici e anomali; egli è un artista che usa la fotografia.[differenza fra il fotografo-fotografo, il quale ritiene di possedere delle abilità tecniche specifiche, e, in questo modo di produrre arte, e l’artista che usa la fotografia, il quale presenta, viceversa, un disinteresse nei confronti degli aspetti tecnici]. Alla seconda categoria appartiene Duchamp, che ha delegato all’amico Man Ray il compito di realizzare praticamente le sue opere; ciò evidenzia un rifiuto della manualità.  1919 Tonsure: Duchamp si fece fotografare dall’amico di spalle, con la testa rasata a forma di stella. Quest’opera può essere considerata come le fotoperformance futuriste, come proto esperimento della body art. Tonsure non è un documento ma una testimonianza.  Ritratti di Rrose Selavy, alterego femminile di Duchamp (significato del nome pronunciato alla francese Eros c’est la vie). Il volto truccato di Duchamp si amalga con corpo, mani, braccia, cappello e abiti della compagna di Picabia. Non c’è una particolare originalità stilistica del ritratto, che ricorda infatti le pose glamour dell’epoca. L’obiettivo era quello di dimostrare l’effettiva esistenza di Rrose Selavy, di renderla credibile e non immaginaria: se di Rrose possediamo una fotografia, automaticamente Rrose esiste. Duchamp vuole

fornire maggiore testimonianza del suo alterego, ed ecco che le sue iniziali, RS, compaiono sull’etichetta della boccetta di profumo Belle Haleine (1921), Eau de Violette. Queste prove duchampiano indirizzato la fotografia non tanto verso effetti pittorici, quanto verso quelli concettuali del mezzo (la manualità, l’oggettività, la credibilità). Senza la fotografia Rrose Selavy non sarebbe mai esistita, nessun dipinto avrebbe mai potuto accertare la sua esistenza. un’altra testimonianza del fatto che Duchamp utilizzi la fotografia come mezzo per autenticare in maniera credibile la realtà, è un’altra opera: una piramide sospesa sulla superficie del mare> stereoscopia: due immagini di questa figura creano un effetto di tridimensionalità> riabilitazione della prospettiva rinascimentale, dal momento che si propone l’esistenza di una terza dimensione su una superficie bidimensionale.

 Allevamento di polvere 1920. Man Ray scattò quest’immagine al Grande Vetro, lasciato nello studio di Duchamp ad impolverarsi. L’operazione ha le caratteristiche del ready made poiché un’immagine prodotta da Man Ray fu trasformata da Duchamp in un’altra cosa, dandole un titolo. Quella polvere che poi Duchamp aveva fissato sul Grande Vetro costituiva una sorta di traccia, e quindi di fotografia. A differenza di Duchamp, Picabia avrebbe potuto intraprendere la strada della fotografia, dal momento che aveva un nonno fotografo, amico di Nadar e dei fratelli Lumière. Ma egli si allontanò dalla cultura dell’epoca che presentava la fotografia come un prolungamento della pittura. Picabia mise al centro la rappresentazione tecnologica, e la prima opera in questa direzione, pubblicata su “Camera Work”, è la fille née sans mère (1915), ma anche il già citato Ici, c’est ici Stieglitz (1915). Sebbene si tratti di lavori pittorici essi si innestato sulla medesima lunghezza d’onda della fotografia (meccanicità, oggettività, antimanualità). Picabia però fece anche uso diretto della fotografia  Ritratto di Rrose Selavy di Francis Picabia: avendo notato la somiglianza fra un pugile e Duchamp pubblicò su una rivista da lui fondata la foto con la didascalia ritratto di Rrose Selavy di F. Picabia> ready made aiutato dalla scrittura.  La veuve joyeuse (1921): incrocio dei linguaggi (antesignano del lavoro concettuale di Kosuth). Confronto fra il ritratto fotografico di Picabia, colto sorridente al volante di un’automobile, e un disegno che riproduce la stessa foto. Sotto ciascuna delle due immagini ci sono le didascalie: fotografia e disegno. Come Duchamp, Picabia non è interessato alla formalità

dell’immagine, quanto alle possibilità concettuali della fotografia. Fotografia e disegno affrontati appaiono come due cose differenti. Man Ray, pseudonimo dell’americano Radnitzsky, fu fotografo in senso stretto. Ambiguità nell’appartenenza al Dadaismo o al Surrealismo: cronologicamente le sue opere sono collocabili nel surrealismo, ma la vicinanza all’ambiente newyorkese, a Duchamp e a Picabia, lo collocano anche nel clima Dada. Man Ray espresse una completa indifferenza rispetto ai diversi mezzi utilizzati (aerografo, ready made, fotografia, pittura), poiché fondamentale è l’idea. Man Ray fu uno straordinario sperimentatore. Ma possiamo cogliere una contraddizione nelle sue dichiarazioni e nel suo operato: la fotografia è uno sviluppo della pittura oppure apre ad identità nuove rispetto al quadro? Man Ray in effetti non ha mai chiarito la questione. “Nonostante i suoi aspetti meccanici, la fotografia mi aveva sempre affascinato in quanto modo di dipingere con luce e sostanze chimiche”; per Duchamp e Picabia la meccanicità era un pregio. Ambiguità di Man Ray anche nel vedere nella fotografia una pittura di luce e sostanze chimiche: per Duchamp la pittura andava superata e non riformata! In un’altra dichiarazione Man Ray asserisce “la fotografia sta alla pittura come l’automobile sta al cavallo” l’automobile e il cavallo sono due mezzi di trasporto, e la prima è stato solo un miglioramento della seconda, non un cambiamento. Conversione radiofonica di Man Ray 1943 in cui egli esplicita la convinzione della fotografia come prolungamento della pittura. Man Ray non ha abbracciato fino in fondo la lezione duchampiana, crede ancora in una sudditanza nei confronti della pittura. Anche lo sperimentalismo (foto senza macchina, cioè i rayographs, la techinca della solarizzazione) è sintomatico di un Man Ray non completamente antipittorico e non pienamente fiducioso nelle possibilità della fotografia. I suoi rayographs, pur sposando il principio della casualità(anticipando il surrealismo), in realtà si configurano come esercizio formale sulla composizione, sui motivi grafici. Lo sperimentalismo fotografico come riscatto risale in realtà all’Ottocento con i fotomontaggi. Nonostante ciò si apre un’ulteriore prospettiva: Man Ray afferma che la fotografia gli permette il contatto con gli altri, a differenza della pittura che è una cosa intima; egli sta tracciando un’identità che non è più quella della pittura, ma sottolinea che la fotografia è mondana> essa prevede il contatto con il soggetto, e quindi, un’affinità fra fotografo e fotografato. Questa peculiarità rimanda ad un’idea di fotografia che viene allargata all’azione.

Attraverso le immagini di ready made, Man Ray tentò di delineare un’identità della fotografia autonoma rispetto al quadro> titolo della raccolta Oggetti d’affezione, in cui già dal titolo è evidente la volontà di creare una relazione particolare tra soggetto e oggetto. La fissazione fotografica si connette col senso dei ready made, oggetti mentali prima che fisici, e questi oggetti sono coadiuvati nella loro esistenza proprio grazie alla fotografia. 2.3 la strada ambigua del fotomontaggio Il fotomontaggio nasce da un incontro fra fotografia e dadaismo, tecnica tacciabile di ambiguità come si è visto nel caso di Man Ray. Nell’Ottocento il fotomontaggio fu utilizzato come risposta alle difficoltà della fotografia di essere considerata arte. Robison nel 1869 indicò il fotomontaggio come una modalità per avvicinare il lavoro del fotografo a quello del pittore, cercando di dimostrare di poter ricostruire la realtà. Il fotomontaggio si diffonde negli anni venti nell’ambiente del Dada berlinese> i riferimenti culturali sono di area europea, attingendo dalle parole in libertà ai collages cubisti. Sebbene il fotomontaggio aveva rinunciato al sistema di collocazione spaziale entro il sistema rinascimentale non si colloca al di fuori del circuito della pittura. già i pittori avevano rinunciato alla prospettiva rinascimentale, rimanendo però entro la logica della tela; il fotomontaggio utilizzava altri materiali, prelevati dalla realtà, e sistemati su un supporto bidimensionale, ma sempre con un principio compositivo simbolico e rappresentativo> ciò rientra nella logica del quadro poiché non sono le tecniche a garantire l’identità dell’opera. L’ambiguità del fotomontaggio è le neo avanguardie degli anni 60 e 70, eredi del progetto extrapittorico, riprenderanno in fotografia comportamenti che abbiamo già visto nei futuristi e nei dadaisti, ma non recupereranno il fotomontaggio.  Hausmann e Hannah Hoch, compagni di vita, rivendicano l’invenzione del fotomontaggio, pur riconoscendo l’ispirazione venutagli durante una vacanza sul mar Baltico. Lavori disarticolati che rimandano alla destrutturazione cubista e alla violenza espressionista. La Hoch al fotomontaggio aggiungeva interventi di pittura, o materiali di recupero. Taglio con il coltello da dessert attraverso l’ultima epoca della cultura weimeriana del pancione in Germania (1919): un fotomontaggio di grandi dimensioni che denuncia i disagi della Germania di quegli anni.  John Heartfield, berlinese ma per sottolineare il suo rifiuto del nazionalismo tedesco americanizzò il suo nome di nascita. Convinto rappresentante dell’ala politicizzata del Dadaismo> contro il nazionalismo, la morale borghese, i valori del militarismo. Le sue opere erano diffuse mediante l’industria

editoriale: prende le immagini da quelle pubblicate dalla stampa dell’epoca, rovesciandole di significato. Spesso i suoi fotomontaggi sono eseguiti in collaborazione con Grosz. L’ambiguità pittorica nei suoi lavori, che si presentano come credibili e realistici, è amplificata dal fatto che il fotomontaggio sia veramente trattato come un quadro....


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