Capitolo 3, il culturalismo americano PDF

Title Capitolo 3, il culturalismo americano
Course Antropologia culturale
Institution Sapienza - Università di Roma
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Il culturalismo americano Il denominatore comune di questa scuola risiede nel tentativo di cogliere l’influenza della cultura sulla personalità di coloro che a quella stessa cultura appartengono, tra cui c’è un rapporto causale. Affrontano, quindi, gli studi sul carattere nazionale, ammettendo l’originalità di ogni cultura che sfocia nella costituzione di una propria personalità, a differenza degli evoluzionisti che credevano che ogni società fosse “passata”. Postulati: continuità, uniformità, omogeneità, separazione. Franz Boas, 1858-1942. Anticipatore dell’antropologia moderna; rifiuta ogni forma di determinismo ed è un gran difensore del relativismo (dottrina nata dal rifiuto della dottrina per cui era importante teorizzare una legge generale della società. Da scienza della cultura, l’antropologia diventa scienza delle culture come Volksgeist); critica gli iperdiffusionisti inglesi: rifiuta di ridurre una cultura a pochi tratti che possono essere compresi isolatamente ma non considera la storia su larga scala, non indaga la storia della cultura nel loro complesso; nonostante non sia esattamente diffusionista, è un forte oppositore dell’evoluzionismo; prefigura la scuola del funzionalismo per il suo approccio contestuale: crede che ogni costume abbia senso solo se ricondotto al contesto di cui si parla. È per questo che trasforma i “gruppi” in “società” dotate di una propria cultura. Come Mauss, non è “etichettabile”, e come lui non ha mai davvero scritto un vero e proprio libro, motivo per cui, nonostante la forte influenza, oggi è quasi caduto nell’oblio. A differenza di Mauss, però, è un etnologo vero e proprio: condusse importanti ricerche sugli Indiani dell’America del nord e gli Inuit. Si fece, inoltre, avvocato dell’uguaglianza dei diritti delle minoranze culturali. Ha una formazione accademica scientifica, che contribuirà a dare orientamento empirico all’antropologia: la sua è una scienza dell’osservazione, lascia poco spazio alla letteratura. Prefigura l’osservazione partecipante. Edward Sapir, Benjamin Whorf e il relativismo linguistico. Ipotesi Sapir-Whorf: la lingua determina il pensiero e il mondo reale viene costruito, anche inconsciamente, sulle abitudini linguistiche del gruppo. (Es.: per gli indiani Hopi le unità di tempo non formano entità oggettive: non pensano che dieci giorni possano costituire un gruppo, piuttosto, soggiornare dieci giorni in un posto equivale a compiere dieci visite successive). È così che arrivano a teorizzare la chiusura di ogni cultura. Poi vennero “contestate” le loro idee radicali. Ruth Benedict, 1887-1948. Assistente di Boas, prima donna nella storia dell’etnologia, ha contribuito a rendere accessibili al grande pubblico i temi di studio dell'antropologia. Riuscì ad esprimere la teoria del relativismo culturale meglio di chiunque altro. Benedict era anche una letterata, una poetessa. Patterns of culture (modelli di cultura, 1934) non è il frutto di una ricerca di campo in quanto tale, è una sintesi che pone l'accento sulle differenze che separano le popolazioni: la diversità culturale è ciò che le interessa. Sosteneva che la cultura era organizzata in modelli culturali (configurazioni) e le società fossero guidati da queste: la cultura presenta forme di organizzazione interna, che non è rigida e meccanica. Concetto poi molto criticato. La cultura, quindi: 1. Presenta una configurazione (intesa come forma espressiva: una certa filosofia, certi valori, l’arte, la letteratura, un tipo di personalità) propria. Ogni cultura umana è frutto di più culture ma è unica e segue una strada che le è propria nel perseguimento di scopi diversi; essa definisce i propri orientamenti e non può essere giudicata secondo i termini di un'altra società (approccio del

configurazionismo culturale1, nato dal dibattito che ci fu negli anni Venti sulla natura della cultura, soprattutto con Alfred Kroeber). 2. Non c'è antagonismo tra una società e gli individui che la compongono, anzi, fornisce all' individuo materiali a partire dai quali egli costruisce la propria vita. Ogni società è caratterizzata da una personalità dominante, ossia una personalità mediana che si può studiare. L’idea che ogni società produce una personalità di base può permettere di ricostruirne i tratti essenziali che si impongono a tutti (può anche portare alla formazione di uno stereotipo nazionale). Ogni cultura è un’entità, una specie quasi naturale. Esamina tre società: gli indiani Zuni del Sud-Ovest, i Kwakiutl del Nord-Ovest e Dobu della Nuova Guinea. Lo fa soprattutto per fornire una visione generale di ogni cultura. È proprio una certa superficialità ad essere rimproverata a Benedict. Il crisantemo e la spada, 1945. Prima grande opera di antropologia applicata perché vuole essere un contributo a conoscere (non condannare) il “temibile nemico” degli USA durante la Seconda guerra mondiale, il Giappone, e l’alterità radicale tra le due potenze. Finisce per stereotipare e opporre la società della colpa (USA) e la società della vergogna (Giappone). Benedict cerca di dimostrare che la sua idea può essere applicata anche a insiemi sociali più grandi. Margaret Mead, 1901-1978. A lei va riconosciuto il grande merito di avere introdotto nell’antropologia sociale nuovi temi di studio: la socializzazione dei bambini, la sessualità, la differenza tra uomini e donne. Innovativi i suoi interessi per la fotografia e il cinema. Fa ricerche di campo soprattutto in Polinesia, Nuova Guinea e Bali. Era molto popolare per i suoi contenuti “contemporanei” (anche in occidente) sebbene i suoi colleghi tendino a rigettare le sue idee. Ha la fama di “ideologa dell’emancipazione femminile”. Ha l’idea della natura umana come “tabula rasa”. Sesso e temperamento in tre società primitive, 1935, Mead compara gli ambienti familiari di tre popolazioni (Arapesh, Mundugumor e Ciambuli) della Nuova Guinea. Arriva alla conclusione che la natura umana è plastica, le personalità dell’uomo e della donna sono culturalmente determinate. Generalizzazioni. Coming of Age in Samoa, 1928, l’adolescenza non è un periodo fatto di tensioni, ma dipende dal sistema educativo. In Samoa è tutto più semplice, la regola e la tradizione si impongono e nessuno ha “nevrosi” perché non c’è niente da scegliere. In USA ci sono valori rigidi ma modelli multipli di comportamento che cozzano spesso. Per Mead il sistema educativo deve essere liberale: non bisogna insegnare ai bambini cosa pensare ma come pensare. Critica: dipinge idilliacamente i Samoa per dire ciò che vuole dire e per descrivere ciò che era desiderabile per la società americana, considerando la gioia, la solidarietà, ma tenendo da parte, ad esempio, il cannibalismo, lo stupro istituzionalizzato, l’infanticidio femminile. Derek Freeman, infatti, mette in dubbio la scientificità e il valore dei suoi lavori. Marshall Sahlins, 1930-2021. Grande sostenitore del relativismo. Ha fatto parte del gruppo di neo-evoluzionisti americani vicini al marxismo, poi si è avvicinato allo strutturalismo e poi al culturalismo americano. Cultura e utilità. Le condizioni materiali sono determinate dall’interpretazione di un ordine culturale. Nega, quindi, il solo utilitarismo. Es.: la gonna non è utile ad un uomo in Italia. La morte del capitano Cook e il dibattito con il “nativo” G. Obeyesekere. Il mito di Cook come mito occidentale e non “nativo”. Pag. 97 if u want ma non è importante.

1 Il configurazionismo aveva da un lato un impatto forte sull’opinione pubblica (in un certo senso rompe il muro del darwinismo sociale), dall’altro, questa metafora del mondo plurale, ha avuto conseguenze gravi perché utilizzate come strumenti per distinguere le culture e costruire altri muri (come per dire che bisogna stare attenti al contatto fra culture diverse).

Clifford Geertz, 1926-2006. È l’erede di una tradizione ermeneutica che consiste nel leggere le culture come se fossero dei testi. Il culturalismo diventa “testualismo”, ma continua a credere che ogni cultura è un mondo a sé. Quindi, la cultura è sempre un insieme coerente e relativamente chiuso come per il resto della scuola americana, ma è un insieme simbolico. Come weber, la società è una “rete di significati”, e la nozione di testo si avvicina a quella di idealtipo: la realtà può essere concepita come un testo, ma in una fase successiva l’etnologo ricostruisce a sua volta quei testi, quei significati. Affida all’etnologia una vocazione interpretativa, non positivistica, sebbene non si ponga in assoluta rottura: parla infatti di descrizione densa (thick description): la ricostruzione delle reti di significato. La conoscenza del mondo reale resta comunque possibile, altrimenti avrebbe parlato di interpretazione densa. Esiste anche una coerenza che può essere scoperta grazie alla specificità. Il compito dell’antropologia è guardare dal punto di vista dell’attore, senza mai diventar parte della sua realtà. La realtà non è mai completamente riproducibile: l’etnologo costruisce testi che sono fiction (qualcosa di confezionato, fabbricato). *J.Clifford*. È criticato dagli etnologi e antropologi, ma, in realtà, non sul suo metodo, solo sui suoi testi. Ci si rende conto che nessun antropologo parla mai dei suoi metodi. Geertz: “tutto accade come fosse sufficiente essere lì”. Alcuni critici hanno sottolineato l’ambiguità di Geertz: ribadisce che l’antropologia deve essere una scienza, contemporaneamente, sembra annunciare la morte di una scienza antropologica, rifiutando ogni teoria generale. Ci sono delle verità, ma queste sono culturali, cioè relative a un contesto che dà loro un senso. In questo senso è relativista: la verità è culturalmente determinata. Prima di essere relativista, è antirelativista: questo non si estende al nostro modo di sapere, perché sappiamo distinguere tra ciò che è vero e ciò che non lo è. Quindi continua a credere che un approccio scientifico per i fenomeni sociali sia ok. È importante la nozione di sistema: trasforma i dati in insiemi coerenti, intellegibili, fissi e insensibili al tempo. Critiche al relativismo: 1. Le culture come unità, discrete e separate dalle altre. 2. all’interno di uno stesso gruppo esistono numerose personalità/sottoculture. (es.: uomo-donna). 3. la caratterizzazione di una personalità è spesso superficiale. L’unità culturale di base non è isolabile. 4. causalità circolare: effetto come causa  spiegazione tautologica....


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