Capitolo 3 la teocrazia PDF

Title Capitolo 3 la teocrazia
Author Michele Pietropaolo
Course Storia dei rapporti Stato Chiesa
Institution Università degli Studi di Perugia
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riassunto sulla teocrazia...


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CAPITOLO 3: LA TEOCRAZIA La rinascita del papato. Dalla metà dell’IX secolo si assiste ad una rinascita dell’istituzione pontificia. Nel 1059, con il decreto “In nomine Domini”, papa Nicolo II detta una nuova disciplina per l’elezione del pontefice, che viene affidata alla libera scelta dei cardinali e sottratta in tal modo all’influsso dell’imperatore e della nobiltà romana. L’innovazione serva ad affermare l’indipendenza della Chiesa dal potere temporale. Nel medesimo periodo si assiste alla Riforma gregoriana (ad opera di papa Gregorio VII) volta a realizzare un’opera di rinnovamento disciplinare ed organizzativo. La riforma pone una conferma definitiva sul celibato ecclesiastico, che viene il matrimonio ai sacerdoti. Si ritiene che tale regola non abbia un fondamento divino, ma costituisce una libera scelta della Chiesa latina. Le motivazioni alla base del celibato ecclesiastico sono: di ordine morale, in quanto nella prospettiva cristiana la continenza e la castità sono considerati strumenti di perfezionamento spirituale; di tipo pastorale e istituzionale, in quanto il matrimonio e gli impegni familiari conseguenti potrebbero distogliere il sacerdote dall’integrale dedizione al proprio ministero; di ordine economico e patrimoniale, in quanto il celibato comporta la mancanza di una famiglia e quindi di ulteriori soggetti da mantenere a carico del sacerdote , e quindi in ultima istanza a carico della Chiesa che deve provvedere al sostentamento di costui. Altro portato della Riforma gregoriana è costituito dall’affermazione del diritto della Chiesa a procedere alla nomina dei funzionari ecclesiastici, in primo luogo vescovi e abati. Con Gregorio VII la Chiesa cerca di riappropriarsi di tale potere, incontrando tuttavia le resistenze imperiali. Nell’opera Dictatus Papae, Gregorio VII rivendica la pretesa di indipendenza del potere temporale nella nomina dei vescovi e nelle questioni interne della Chiesa. Si assiste sul tema ad una diatriba tra imperatore e pontefice, conosciuta come lotta per le investiture, che si conclude solo il 23 settembre 1122 con il c.d. Concordato di Worms, ovvero il primo accordo intervenuto tra l’autorità temporale e la Chiesa, che segna la vittoria del papato a cui viene riconosciuto il diritto di nomina dei vescovi. In realtà non si tratta di un unico documento, ma si hanno invece due atti distinti, due “privilegi”, uno proveniente dall’imperatore Enrico V (riconosce il diritto di nominare vescovi, di restituire quanto sottratto alla Chiesa, prestare aiuto ove invocato), l’altro dal papa Callisto II (riconosce all’imperatore un certo potere di controllo sulla regolare elezione di vescovi e abati all’interno dell’impero, il diritto di effettuare l’investitura formale dei nuovi eletti), che operano reciproche concessioni. Ad accrescere il prestigio e l’autorità della Chiesa e del papato contribuiscono ulteriori elementi. In questo periodo nasce lo studio del diritto canonico come autonoma disciplina, grazie all’applicazione alle fonti ecclesiastiche dei criteri ermeneutici sino allora impiegati per lo studio del diritto romano. Ciò avviene soprattutto nella Scuola di Bologna. Dove insegna il monaco Graziano. Il diritto canonico diventa quindi una disciplina scientifica autonoma e lo studio delle questioni ecclesiastiche non dipende più da altre scienze e da studiosi che si occupano di altro.

Altro fattore che concorre ad incrementare il prestigio e l’autorità della Chiesa e del papato è l’istituto della scomunica. La scomunica è uno strumento formidabile per assicurare l’osservanza delle norme canoniche. La scomunica è un provvedimento che comporta l’esclusione del fedele che ne è colpito dalla comunione con altri membri della Chiesa, ovvero l’estromissione del soggetto dalla comunità ecclesiastica, con riflessi anche di natura civile. Tra le condotte punite con la scomunica spicca l’eresia, fenomeno che riprende vigore nell’età medievale. Per affrontare il fenomeno delle eresie, la Chiesa appronta uno strumento apposito, la c.d. Inquisizione, che da vita ad sistema processuale esercitato da appositi soggetti, delegati dal pontefice, che giudicano in maniera indipendente rispetto alla potestà giudiziaria che ordinariamente compete al vescovo. Essa costituisce una sorta di tribunale speciale. Si punisce anche solo il sospetto di eresia, e spesso si sfocia in eccessi, comminando condanne che oltre alla scomunica posso essere di natura materiale e corporale (carcere, confisca dei beni, rogo, ecc...). In questo caso le condanne sono eseguite dall’autorità civile, braccio secolare della Chiesa, in virtù del principio secondo cui “Ecclesia abhorret a sanguine”. Anzi in alcuni casi è lasciata all’autorità temporale anche la determinazione della pena. Un esempio di condanna per eresia con abbandono del reo all’autorità civile perché applichi la pena ritenuta adeguata, non determinata nella pronuncia del Tribunale dell’Inquisizione si avrà nel 1600 con la condanna a Giordano Bruno. Pochi anni più tardi, nel 1633, verrà pronunciata dall’Inquisizione la condanna contro Galileo Galilei, che si sottometterà e ritratterà le proprie teorie reputate erronee dalla Chiesa, pronunciando in Roma, nel convento della Minerva, una dichiarazione di abiura. Anche il filosofo Tommaso Campanella è più volte caduto tra le maglie dell’Inquisizione, torturato e anche condannato alla pubblica abiura per sospetto di eresia. Altra prerogativa in mano alla Chiesa è costituta dal potere di imporre dei tributi ai fedeli. Tali tributi sono costituiti dalle decime (così chiamate perché corrispondenti alla decima parte della rendita annua del soggetto onerato). Alle decide ordinarie si aggiungono le decime papali, tributi straordinari istituiti per il finanziamento di eventi particolari come le crociate. Altro sistema di finanziamento della Chiesa è costituito dall’istituto del patronato, mediante al quale al privato che si obbliga a sostenere le spese per la costruzione di edifici di culto, monasteri o opere simili, viene in cambio riconosciuta la facoltà di nomina del soggetto preposto alla struttura, il diritto alla denominazione della struttura e della sepoltura all’interno dell’edificio. Altro contesto in cui la l’istituzione ecclesiastica fa valere la propria competenza in danno dell’autorità temporale è quello della materia matrimoniale. È la Chiesa ad elaborare una compiuta disciplina degli impedimenti al matrimonio che va a sostituire quella vigente in sede civile. È sempre la Chiesa che definisce il valore del consenso dei nubendi come atto necessario e sufficiente alla costituzione del vincolo coniugale. È sempre la Chiesa che nel Concilio di Trento con il decreto Tametsi del 1563 che istituirò l’obbligatorietà della forma pubblica di celebrazione. Ulteriore fattore di preminenza della Chiesa rispetto alle istituzioni temporali può ravvisarsi nel c.d. privilegio del foro: i tribunali ecclesiastici si occupano in maniera esclusiva di questioni spirituali o annesse alle spirituali, ma con il tempo le competenze si ampliano per abbracciare anche le cause civili accessorie a questioni spirituali, o nelle quali vi sia un interesse religioso coinvolto, nonché le cause in cui siano convolti chierici o religiosi o istituzioni ecclesiastiche. Talvolta anche cause che

riguardano laici, qualora coinvolti in processi in cui figurano come parti o imputati anche ecclesiastici o religiosi, con la conseguenza che la giurisdizione canonica finisce per prevalere su quella dell’ordinamento temporale.

I presupposti storici e dottrinali della teocrazia. L’indebolimento e la caduta del Sacro Romano Impero coincidono con la progressiva rinascita e realizzazione politica della Chiesa. Il papato (attraverso gli istituti che si è detto) riesce ad affermare le proprie prerogative e conquistare autonomia rispetto al potere laico in ambito spirituale, cercando di far valere addirittura la propria preminenza sull’imperatore. Alla base di simile rivendicazione sta l’ideale aspirazione all’unità del genere umano, con l’intento di realizzare quella agognata ordinatio ad unum, che costituisce il fine ultimo di tutta la speculazione medievale. Lo scenario europeo si presenta ormai cristianizzato e spiritualmente omogeneo. In tale situazione si avverte che il destino dell’umanità coincide con quello del Cristianesimo e dunque appare necessario il rispetto dei precetti religiosi e delle disposizioni ecclesiastiche, non meno dell’osservanza che si deve alle leggi civili. Anzi la distinzione che si viene ad operare fra diritto divino positivo (le regole che Dio ha dato mediante la rivelazione contenuta nelle sacre scritture) e diritto divino naturale ( le norme basilari che derivano dalla creazione e sono insite nella mente e coscienza dell’uomo) fa si che i precetti di diritto naturale ( non uccidere, non fare del male al prossimo) risultano obbliganti a prescindere dalle disposizioni temporali dell’autorità temporale, con la conseguenza che il diritto canonico in quanto derivante dal diritto divino, sia da considerasi superiore al diritto civile, funzionando in sostanza da limite e correttivo di esso. Sotto il profilo dottrinale l’aspirazione all’unità e armonia viene coltivata attraverso un’interpretazione dell’intera realtà terrena in ottica cristiana; ogni cosa viene vista come opera di Dio. La scienza e la razionalità hanno bisogno di essere illuminate e completate dalla fede, che sola le può indirizzare verso la vera conoscenza. Ed allora il sapere naturale viene asservito alla religione e tutte le scienze sono subordinate alla teologia. S. Tommaso d’Aquino adotta una visione dell’uomo come partecipe della perfezione divina, sebbene in forma imperfetta. In tale prospettiva S. Tommaso d’Aquino sviluppa il concetto dell’uomo come soggetto libero di costruire il proprio destino, di operare grazie alla razionalità la scelta fra il bene ed il male: è la c.d. dottrina del libero arbitrio. Se la ragione consente di comprendere cosa sia giusto e corretto, la Rivelazione aggiunge quel supplemento di conoscenza che è necessario per tendere alla salvezza. In sostanza la scienza è pur sempre subordinata alla teologia. Ne consegue che non solo i precetti religiosi, ma anche le indicazioni emanate dall’autorità ecclesiastica devono essere considerate superiori alle disposizioni emanate da qualsiasi altra autorità. Dal punto di vista materiale, di fronte al venir meno dell’autorità imperiale l’unica potestà ormai in grado di realizzare l’aspirazione all’unità, di ricondurre il genere umano sotto un unico potere, è il pontefice, il quale in seguito alla compiuta cristianizzazione gode di effettiva autorità sull’intera realtà occidentale. La preminenza di cui il papa di fatto dispone è rafforzata sul piano dottrinale. Sulla scorta dell’insegnamento di S. Agostino, lo Stato viene visto come opera del diavolo ed occasione del peccato, perciò definito “magnum latrocinium”. Nell’opera De civitate Dei S. Agostino spiega che la civitas terrena, cioè l’ordinamento temporale, può tendere alla felicità dell’uomo su questa terra,

mentre la civitas coelestis mira alla felicità ultraterrena. In questa visione lo Stato tendendo alla felicità terrena costituisce già di per se qualcosa di peccaminoso, ma può redimersi subordinando le proprie leggi e le proprie azioni ai precetti della Chiesa. La Chiesa viene considerata come opera di Dio, anzi l’unica istituzione terrena di derivazione divina, costituendo per ciò la sola e vera legittima monarchia, con a capo Dio stesso. Da ciò il termine Teocrazia, ovvero potere di Dio, nel cui nome la sovranità e il potere sono esercitati dal suo vicario in terra, il papa, coadiuvato dalla gerarchia ecclesiastica. Secondo questa visione il pontefice rappresenta l’unico capo dell’umanità, sia dal punto di vista ecclesiastico che politico. A lui appartiene la c.d. plenitudo potestatis, cioè la pienezza dei poteri che sta alla base delle rivendicazioni teocratiche.

La potestas directa Ecclesiae in temporalibus. Il sistema teocratico è un sistema in cui il potere spirituale prevale, o almeno cerca di prevalere, sul potere temporale. Il pontefice rivendica a sé la pienezza dei poteri per giustificare una supremazia sullo stesso imperatore, che considera suo sottoposto. La massima realizzazione della tendenza teocratica si ha nel periodo intercorrente fra l’inizio del pontificato di Gregorio VII (1073) e la fine di quello di Bonifacio VII (1303), allorché si registra l’apice del potere politico del papato. Alla Chiesa e al papa appartengo tutti i poteri, sia quello spirituale che temporale, in quanto a lui direttamente conferiti da Dio. Si suole raffigurare tale duplicità con l’immagine delle due spade, entrambe nelle mani del pontefice, delle quali l’una rappresenta il potere spirituale e l’altra quello temporale. Il pontefice gestisce personalmente, seppure coadiuvato dalla gerarchia ecclesiastica, il potere spirituale, mentre delegherebbe l’esercizio del potere temporale all’imperatore, restando sempre titolare del potere stesso, situazione che legittima il potere di controllo sull’operato del delegato, e nei casi estremi la revoca della delega, con la possibile deposizione dell’imperatore. La formulazione più articolata di tali principi si trova nella bolla Unam Sanctam, emanata da Bonifacio VII il 18 novembre 1303, che costituisce la massima espressione delle rivendicazioni teocratiche. Stessi concetti erano, in realtà già espressi da papa Innocenzo III nella lettera ad Alassio, imperatore di Costantinopoli, nella quale papato e impero vengono per rispettiva importaza paragonati al sole e alla luna. Inoltre ribadiva la supremazia del pontefice, in quanto vicario di Cristo, rispetto ad ogni altra autorità terrena. La supremazia che la Chiesa rivendica non è solo di natura teorica, ma si fonda su elementi e facoltà in grado di incidere in maniere concreta sul potere dell’imperatore. In questo ambito vale soprattutto la facoltà del pontefice di deporre l’imperatore. Questo potere viene già menzionato dal pontefice Gregorio VII nella sua opera Dictatus Papae. Le vicende dell’imperatore Enrico IV, supplice a Canossa, dopo aver subito la deposizione da parte di papa Gregorio VII nel 1076 ed essere stato abbandonato dai suoi sudditi, dimostra chi i poteri di cui trattasi non erano solo teoria ma potevano essere concretamente esercitati segnando le sorti del sovrano. Altri esempi di scomunica e di deposizione dell’imperatore si hanno con Gelasio II ai danni di Enrico V, con Innocenzo III a carico di Ottone, con Gregorio IX e Innocenzo IV nei confronti di Federico II, scomunicato ben 5 volte. In sostanza nella visione teocratica tutti i poteri appartengono al pontefice, che li ha ricevuti da Dio e che delega l’esercizio del potere temporale all’imperatore, soggetto comunque all’autorità e controllo del papa.

In questa prospettiva alla Chiesa compete un potere diretto sulle cose temporali ( potestas directa Ecclesiae in temporalibus). Spetta dunque alla Chiesa stabilire il confine tra l’istituzione ecclesiastica e quella civile; le istituzioni ecclesiastiche non possono essere soggette alle leggi e alle giurisdizioni temporali. Esempi in tal senso sono costituiti dalla libertà nella nomina dei dignitari ed ufficiali ecclesiastici e nella gestione dei patrimoni, assenza dei controlli sui propri atti, esonero dal servizio militare per gli ecclesiastici, esenzioni tributarie e fiscali per le proprietà di enti ed istituzioni religiose. L’autorità civile deve mettere a disposizione della Chiesa i propri mezzi. Inoltre le leggi ecclesiastiche sono superiori a quelle civili. Una legge civile che fosse contraria ad un precetto religioso o ad una disposizione ecclesiastica sarebbe per ciò stesso invalida e inefficace, come tale non vincolante per i sudditi. In tal modo la Chiesa diviene arbitra nella legislazione civile, potendone dichiarare invalide le disposizioni. Gli uffici e le cariche civili sono legittimi se ed in quanto derivino il loro potere dal pontefice. Già Carlo Magno, ma soprattutto gli imperatori germanici, venivano incoronati dal pontefice, simbolo della sudditanza di costoro nei confronti dell’autorità ecclesiastica. Essi sono considerati una sorta di vassalli del papa. Compete inoltre al pontefice di decidere della guerra e della pace o determinare la spartizione dei territori.

La potestas indirecta Ecclesiae in temporalibus. Il papato detiene il massimo potere teocratico tra il 1073 e il 1303. Dopo tale periodo inizia la reazione dei sovrani che vanno sostituendosi agli imperatori quali interlocutori del papa. Già il re di Francia Filippo il Bello cattura il pontefice Bonifacio VIII, e lo imprigiona nel proprio palazzo (schiaffo o oltraggio di Anagni). Di fatto dopo due giorni il papa sarà liberato dagli anagnini, ma resta il valore simbolico dell’episodio, che segna l’inizio di un’inversione di tendenza, con l’autorità temporale che comincia a ribellarsi alla sudditanza nei confronti del papato. Filippo il Bello pretende un processo post mortem contro Bonifacio VIII, ponendo di fatto il papato sotto la sua tutela, attuata con il trasferimento della sede del medesimo ad Avignone (1309), dando così inizio al periodo della cattività avignonese, che durerà fino al 1377 e vedrà il papato completamente asservito agli interessi del re di Francia. L’opposizione alle pretese teocratiche prosegue con Ludovico il Bavaro, il quale nella Dieta di Francoforte (1338), conferma la decisione dei principi elettori secondo la quale l’elezione imperiale è di competenza dei sette elettori tedeschi, senza necessità di conferma pontificia. L’istituzione pontificia, dopo la cattività avignonese, dovrà affrontare il problema dello scisma d’Occidente, derivante dalla frattura del collegio cardinalizio che nel 1378 eleggerà due papi, dando inizio ad un periodo in cui si avranno due papi e due collegi cardinalizi, rispettivamente a Roma e ad Avignone (c.d.diabolica duplicitas). Il Concilio di Pisa del 1409 cercherà di risolvere la situazione, deponendo Benedetto XII e Gregorio XII, con successivo conclave i cardinali presenti nomineranno prima Alessandro V, e alla sua morte nel 1410, Giovanni XXIII. Ma il Concilio di Pisa aveva operato in assenza del pontefice e dunque deliberato in assenza di legittimo potere, in quanto per la validità del concilio e delle sue deliberazioni era appunto richiesta la presenza e l’approvazione del pontefice. Dunque si dovevano ritenere invalide le deposizione da esso disposte, la conseguenza vacanza della Sede Apostolica. Dunque si realizza la c.d. maledicta triplicitas, ossia la contemporanea presenza di 3 papi. La questione sarà poi definita dal Concilio di Costanza (1414-1418): Gregorio XII presenterà formale rinuncia all’ufficio papale, mentre Giovanni

XXIII e Benedetto XII saranno entrambi deposti per decisione del Concilio. L’11 novembre 1417 sarà nominato papa in maniera legittima Martino V, quale pontefice unico per l’intera cristianità. Il clero francese all’esito del Concilio di Bourges convocato dal re Carlo VII, nel 1438, riuscirà a far approvare dal sovrano la dichiarazione di Bourges, o Pragmatica sanzione. In tale documento viene sancita la necessaria convocazione periodica dei concili, che così viene sottratta alla discrezionalità del pontefice. Inoltre viene sancita l’obbligatorietà delle deliberazioni conciliari nei confronti di tutti, compreso il pontefice . Viene inoltre sottratta alla sede Apostolica la giurisdizione a livello locale per quanto concerne le nomine degli ufficiali ecclesiastici, la riscossione delle imposte. Tutto ciò serve a legittimare l’autonomia della Chiesa francese rispetto al papa ed affermare in sostanza il diritto della monarchia francese di governare la Chiesa gallicana. Le rivendicazioni di autonomia del potere temporale rispetto all’ingerenza papale sono d’altra parte suffragate sul piano teorico da nuove tendenze di pensiero. Marsilio da Padova offre le basi per la rivendicazione dell’autonomia dell’autorità temporale da quella spirituale. Per Marsilio lo Stato è frutto della volontà associativa degli uomini, finalizzata ad ottenere una “vita sufficiente”, indipendentemente dalla convinzioni e aspirazioni di natura spirituale. Lo Stato deriva il proprio potere, cioè la sovranità, dalla volontà popolare, fonte della legge e della scelta dei governanti....


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