Clausola di divieto di alienare - Corso di diritto civile Confortini PDF

Title Clausola di divieto di alienare - Corso di diritto civile Confortini
Course Diritto civile i
Institution Sapienza - Università di Roma
Pages 5
File Size 171.3 KB
File Type PDF
Total Downloads 89
Total Views 166

Summary

clausola divieto di alienare corso di diritto civile confortini...


Description

Clausola di divieto di alienare Il Codice civile del 1942 introduce diverse norme che prendono in considerazione i patti restrittivi della libertà di disporre, di particolare importanza è l'articolo 1379 ove è sancita la validità dei divieti di alienazione stabiliti per contratto, sempre che essi siano contenuti entro convenienti limiti di tempo e rispondano all’apprezzabile interesse di una delle parti. Vi sono altri casi di divieti di alienazione più specifici, è il caso dell'articolo 965 (clausola di non alienare in relazione al diritto di enfiteusi), dell'articolo 980 (non cedibilità dell’usufrutto) o dell’articolo 1260 (divieto convenzionale a cedere i crediti). i divieti di alienazione possono essere: • •

convenzionali →per operare necessitano della stipulazione di un contratto o di un patto ad esso accessorio legali → Operano poiché contenuti in una disposizione normativa.

Se l'effetto circolatorio si produce in violazione del divieto di alienazione legale, il contratto di vendita è nullo per impossibilità dell'oggetto, se invece si produce in violazione di un divieto convenzionale, si può procedere affermando la inefficacia dell’atto oppure, quando non è possibile, dichiarandolo inadempimento di un obbligo contrattuale.

Struttura e contenuto della clausola di non alienare Il divieto di non alienare si può strutturare come autonomo contratto o come porzione di un altro accordo. Dal momento che comporta una restrizione alla libertà contrattuale, il patto, inserito nelle condizioni generali unilateralmente predisposte, per poter avere effetto, deve essere approvato per iscritto. Inoltre, se al contratto a cui accede è applicabile la tutela del consumatore la clausola deve considerarsi nulla (in quanto vessatoria). Quando il patto di non alienare accede ad un contratto esso partecipa della sua causa complessiva, aggiungendo a quella propria del contratto un elemento che contribuisce a connotarla. Talvolta il patto di non alienare assume funzione di garanzia (es. inserito in un contratto di mutuo e posto a carico della parte mutuataria). il patto di non alienare non può costruire una discriminazione fondata sui requisiti razziali, etnici o religiosi per contrarietà alle norme imperative e alla legislazione antidiscriminatoria. È dubbio se possa considerarsi lecita la clausola che determina l’inalienabilità di tutti i beni di un determinato soggetto, la teoria maggioritaria la ritiene illecita poiché contraria all'ordine pubblico dal momento che realizza un’eccessiva costrizione della libertà contrattuale. Il patto può essere gratuito o oneroso, in particolare: • •

se il patto è autonomo può essere sia gratuito che oneroso (In quest'ultimo caso la controprestazione può consistere in una somma di denaro o in un altro obbligo) se il patto accede ad un negozio oneroso, esso può costituire parte del corrispettivo



sei il patto accede ad una donazione o ad altro negozio gratuito, esso può rappresentare un modus posta a carico del donatario.

L'articolo 1379 c.c. il patto di non alienare ha effetto solo tra le parti, è valido solo entro convenienti limiti di tempo e deve rispondere a un apprezzabile interesse di uno dei contraenti. l'articolo subordina così la validità della clausola a due requisiti: • •

un termine di efficacia da qualificarsi come conveniente la rispondenza del divieto all’interesse di almeno una delle parti che possa considerarsi apprezzabile

il patto privo di questi elementi è invalido, tuttavia è comunque rilevante poiché può essere convertibile ai sensi dell’articolo 1424. Si è discusso se la presenza di un corrispettivo sia sufficiente a definire l'interesse apprezzabile tuttavia la valutazione del compenso rischierebbe di tradursi nella stima circa l'esistenza di un equilibrio negoziale. La valutazione dell’apprezzabilità deve essere invece compiuta considerando la ratio legis (ossia comprando l'interesse dei contraenti con l’intenzione Che sostiene la previsione dell’articolo 1379). Altro elemento essenziale è la determinazione di convenienti limiti di tempo, la cui mancanza comporta la nullità dell'accordo. Se il divieto fosse perpetuo inciderebbe profondamente sugli elementi caratterizzanti del diritto di proprietà. Il Codice civile non determina dei limiti di tempo precisi, sostiene solamente che debbano essere convenienti. La convenienza dunque, in assenza di criteri per la sua determinazione, si valuta caso per caso. Elementi di paragone per valutare la convenienza sono principalmente due: • •

l'interesse alla libera circolazione della ricchezza la natura del bene

Si segnala che, secondo parte della dottrina, il patto privo di termine può essere convertito in un patto di prelazione purché si trovi la volontà della diversa qualificazione. Inoltre, invalidità assoluta del patto può travolgere anche quella del contratto a cui si accede in applicazione dell'articolo 1419. Secondo la giurisprudenza inoltre non è ammesso la vendita prima del tempo apponendo un termine iniziale del trasferimento successivo al termine ultimo di efficacia del patto. Il divieto di alienare costituita per contratto ha efficacia solo tra le parti, dunque è inopponibile ai terzi (in particolare al sub acquirente del bene a prescindere dalla conoscenza o meno del patto). il patto di non alienare genere dunque ha efficacia obbligatoria, in particolare ha solo un effetto di non facere in capo al contribuente che si è impegnato a non disporre del bene. Se l'accordo viene violato al contraente che subisce l’inadempimento è dovuto il risarcimento del danno da attuarsi per equivalente (in quanto il risarcimento in forma specifica produrrebbe effetti anche nei confronti del terzo). A tutela del beneficiario del vincolo può essere apposta una clausola penale in modo tale, che in caso di inadempimento, questo possa ottenere il pagamento della somma prevista senza provare esatta entità del pregiudizio sofferto.

Ampiezza della fattispecie descritta dall’articolo 1379 parte della dottrina ha sostenuto che l'articolo in questione si occupa solo dei limiti convenzionali all’alienazione del diritto di proprietà o del diritto di superficie, mentre per le altre situazioni giuridiche soggettive il Codice civile pone diverse disposizioni. A questa teoria si contrappone quella maggioritaria considera la disposizione dell’articolo 1379 di portata generale (A sostegno di questa tesi è bene ricordare che l'articolo è inserito all'interno della disciplina generale del contratto). Le norme dedicate a particolari ipotesi di patto di non alienare appaiono, rispetto all’articolo 1379, in rapporto di specialità e per quanto non regolato da queste ultime si deve fare riferimento allo stesso 1379. Il fondamento del patto in analisi secondo la dottrina si rileva in tre possibili rationes: • •



la tutela dell'autonomia contrattuale → Per non limitare profondamente l'autonomia contrattuale il legislatore riconosce al vincolo efficacia limitata la tutela della libera circolazione dei beni → La circolazione delle merci si incentiva anche tramite norme che stringono i limiti attorno all’autonomia dei privati, infatti limitata libertà contrattuale si autodistrugge. Inoltre, l'analisi economica ha dimostrato che clausole limitative della alienazione non generano gravi squilibri al sistema economico la tutela del contenuto del diritto di proprietà e del principio della tipicità dei diritti reali minori → la possibilità di alienare è un elemento tipico del diritto di proprietà (articolo 832), tuttavia, se si attribuisse efficacia reale al divieto di alienare (Spogliando quindi il proprietario della facoltà di disporre del proprio diritto) nascerebbe una situazione giuridica soggettiva diversa da quella proprietaria. In virtù di ciò il proprietario può essere spogliato del diritto di disporre solo per un periodo limitato di tempo (questo per evitare che si configuri un diritto reale atipico diverso dalla proprietà o da altro diritto reale tipicamente previsto).

Divieto convenzionale di alienare l’usufrutto e l’enfiteusi ➢ Usufrutto Il diritto di usufrutto è indisponibile sia inter vivos sia mortis causa in ragione del carattere fortemente personale che lo connota. Tuttavia, il Codice civile, all'articolo 980, stabilisce che il diritto di usufrutto può essere ceduto da un certo tempo o per tutta la sua durata a meno che diversamente sia previsto dal suo titolo costitutivo (Resta però intrasferibile mortis causa in quanto si estingue per decesso del titolare). ci si chiede se si possa applicare l’articolo 1379 anche al patto di non cedere l’usufrutto contenuto nel suo atto costitutivo (ad eccezione di quanto disciplinato dall' articolo 980) → Di conseguenza perché il divieto sia valido deve rispondere ad un apprezzabile interesse. la questione di maggior rilievo è la possibilità per il nudo proprietario di opporre il patto di non cedere l’usufrutto al terzo resosi acquirente del diritto (in sfregio al divieto). o

La dottrina maggioritaria sostiene che l'accordo con cui si stabilisce il divieto di trasferimento è opponibile nei confronti di tutti coloro che acquistano il diritto e dunque un’eventuale alienazione è inefficace nei confronti del nudo proprietario. Secondo questa lettura il codice avrebbe concesso alle parti il potere di ridisegnare l’usufrutto come un diritto incedibile (l'atto costitutivo che prevede il divieto di cedere l’usufrutto non contiene due atti autonomi ma un unico accordo con cui si costituisce un diritto di usufrutto caratterizzato dall’essere incedibile).

o

Una diversa opinione sostiene che l'efficacia erga omnes debba escludersi mancando una norma che espressamente deroga all'articolo 1379. Inoltre, l'incorporazione del divieto nel titolo costitutivo non rende la pubblicità capace di produrre effetti dichiarativi con riguardo al patto accessorio di non alienare (poiché tale elemento non è da segnalare obbligatoriamente nella nota di trascrizione).

In sintesi, l'articolo 980 deve essere letto senza dimenticare l'articolo 1379 → la prima disposizione nulla dice circa la opponibilità del divieto dunque, a mente della norma generale, l'efficacia della stessa deve essere limitato alle parti. ➢ Enfiteusi In virtù dell'articolo 965 il divieto di cessione dell’enfiteusi può essere convenuto, nel limite di 20 anni, all'interno dello stesso titolo costitutivo. La violazione dell’obbligo comporta la responsabilità solidale dell'enfiteuta e del cessionario, per l’adempimento degli obblighi derivanti dal contratto, mentre la cessione compiuta in spregio al divieto resta valida, anche se l'atto costitutivo dell'enfiteusi è stato trascritto. È discusso se si possa applicare la disciplina dell’art.1379 in relazione all’apprezzabile interesse.

Divieto convenzionale di alienare il credito articolo 1260 che stabilisce la cedibilità del credito può essere pattiziamente esclusa. Il patto inoltre è opponibile nei confronti del cessionario che è a conoscenza della sua esistenza al tempo della cessione. La questione di maggior rilievo sta nel rapporto tra l'articolo 1260 e l'articolo 1379 e nella possibilità di fare applicazione delle regole dettate in via generale per il patto di non alienare. Non vi è dubbio che con riferimento alla opponibilità trovi spazio la regola dell’articolo 1260 e non quella dell’art. 1379, sicché Il rapporto tra queste due disposizioni configurerebbe una deroga. Ne consegue che il patto di non cedere il credito è soggetto al giudizio sull’apprezzabilità dell'interesse stabilito dalla norma generale. Parte della dottrina ha affermato che in virtù della disposizione secondo cui le parti possono escludere la cedibilità del credito diviene chiara la volontà di valutare positivamente l'interesse perseguito con il patto di non alienare (in particolare l’interesse del debitore). → Tuttavia, il patto di non cedere il credito può essere sciolto solo con la volontà concorde degli originali contraenti dunque l'interesse meritevole non è più solo quello del debitore. Un ulteriore orientamento ha ritenuto che il patto di incedibilità del credito non è soggetto a limiti temporali Poiché il credito è per sua natura limitata nel tempo. Secondo il regime di responsabilità si ritiene che la prova che il cessionario conoscesse il patto al momento dell'acquisto deve provenire dal debitore ceduto e, secondo una lettura, l’atto è opponibile se cessionario lo ignorava per sua colpa, mentre è da ritenersi irrilevante la conoscenza successiva della clausola. Inoltre, l’alienante ha l'obbligo di informare acquirente dell’esistenza del patto di incedibilità, tuttavia l'articolo 1260 limita la portata del patto stipulato alle parti (quindi il patto di incedibilità non sarà valido con il nuovo acquirente). il che non significa che il creditore non possa stabilire con altri l'incedibilità del credito ma tale ipotesi è regolata solo dall’articolo 1379 (così l'accordo non sarà opponibile al cessionario anche se si riesca a provare che i conosceva il divieto al tempo della cessione). costituire un diritto di usufrutto di pegno sul credito e una violazione dell'incedibilità. Sottoporre il credito a procedura esecutiva invece no.

Divieto convenzionale di alienare, diritto di prelazione e clausole di gradimento La prelazione volontaria manca di una disciplina generale e in particolare di una regolamentazione della sua durata. essa è considerata dal Codice civile unicamente nell'ambito del contratto di somministrazione all'articolo 1566 ove legislatore stabilisce in 5 anni la durata massima del vincolo. Il termine quinquennale è stato ritenuto da una dottrina applicabile a ogni contratto di prelazione tuttavia tale teoria non è stata approvata dalla maggioranza. Si è evidenziato che il patto di prelazione inserito in un contratto di somministrazione rappresenta una limitazione alla concorrenza, dunque solo con riferimenti a patti di prelazione che incidono sulla libera concorrenza si potrebbe ipotizzare l’estensione, per mezzo dell’analogia, della norma dettata per il contratto di somministrazione. Alcuni autori hanno osservato che, se bene simili, il diritto di prelazione non comporta, né presuppone, un divieto di alienazione e di esso, pertanto, non sarebbe applicabile il precetto contenuto nell’articolo 1379. Secondo la Corte di Cassazione la conclusione di un patto di prelazione fa sorgere due diverse prestazioni obbligatorie: la prima consiste nel dovere di inviare la denunciatio al prelazionario; la seconda consiste nel dovere del concedente di astenersi dal contrarre con soggetti diversi dall' azionario. E su questo secondo obbligo che la dottrina sostiene l'analogia con l'articolo 1379 infatti, la violazione del divieto genera, a mente dell'articolo 1379, una responsabilità contrattuale. In relazione al tempo la giurisprudenza si è espressa richiamando l'articolo 1183. Con la clausola di gradimento si impone al proprietario di vendere il bene previo ottenimento del consenso di determinate persone, organi sociali o associativi. La clausola di gradimento non preclude in maniera assoluta l'alienazione, ma la condiziona all’espressione del gradimento. E da ritenere che, quando la clausola non è inserita in uno statuto sociale, si deve guardare alla disciplina dell’articolo 1379, dunque tale clausola sarà valida solo se stretta tra convenienti limiti di tempo e se giustificata da un apprezzabile interesse.

Vincolo di destinazione e patto di non alienare con vincolo di destinazione si intende che il soggetto titolare del potere di utilizzare il bene si obbliga a farlo solo per un certo fine e, quindi, con particolari modalità. La destinazione consiste nell’obbligo di non servirsi di un bene se non in maniera funzionale allo scopo. I vincoli possono essere costituiti convenzionalmente, anche attraverso la conclusione di un contratto atipico. La giurisprudenza ha talvolta ritenuto che i vincoli di destinazione di natura convenzionale rientrassero nella disciplina dell’articolo 1379 In quanto tali vincoli comprimono il diritto di proprietà. In relazione ai limiti di tempo ci si chiede se il vincolo deve avere un termine ultimo di efficacia. Come implicitamente detto nel Codice civile ogni obbligazione necessita di un termine finale, tale regola la si ricava da una serie di indici positivi (es. contratti di locazione, affitto, patto di non concorrenza…). Tali norme richiamate indurrebbero l'interprete ad affermare che contrasterebbe con il nostro ordinamento positivo un vincolo obbligatorio destinato a durare all'infinito. inoltre, l'articolo 832 attribuisce al titolare del diritto di proprietà la possibilità di godere della cosa in modo pieno ed esclusivo, se la cosa invece fosse destinata ad un vincolo perpetuo tale precetto sarebbe violato. Altra questione rilevante sta nel comprendere se i beni gravati da vincolo di destinazione possano essere ceduti o siano sottoposti ad un divieto assoluto di alienazione. La dottrina maggioritaria ritiene che la destinazione determini normalmente una limitazione del godimento del bene, senza che ne sia impedito la circolazione giuridica. la cessione del bene non comporta inadempimento del vincolo....


Similar Free PDFs