Compendio di Diritto Amministrativo Riassunto Elio Casetta PDF

Title Compendio di Diritto Amministrativo Riassunto Elio Casetta
Author Dario Cristella
Course Diritto Commerciale
Institution Università degli Studi della Basilicata
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Capitolo I L’amministrazione e il suo diritto La nozione di pubblica amministrazione “Amministrazione” non è un concetto giuridico, ma è un termine riferibile a un qualsiasi soggetto (persona giuridica, pubblica o privata, ovvero individuo) che svolge un’attività rivolta alla soddisfazione di interessi correlati ai fini che il soggetto si propone di perseguire. Amministrazione in senso oggettivo è l’amministrazione regolata da norme giuridiche e svolta per la soddisfazione di interessi pubblici. Amministrazione in senso soggettivo è l’attività amministrativa posta in essere dalle persone giuridiche pubbliche e dagli organi che hanno competenza alla cura degli interessi dei soggetti pubblici. Entrambi i concetti si completano a vicenda e nessuno dei due può esistere a prescindere dall’altro. Amministrazione in senso soggettivo equivale a dire organizzazione amministrativa. Dal punto di vista del diritto positivo è difficile rinvenire una definizione del concetto di pubblica amministrazione, difatti la nozione più ampia ed attendibile appare senz’altro quella dell’art. 1 comma 2 d.lgs 165/2001 (sulla privatizzazione del rapporto di lavoro presso l’amministrazione) ma questa non ricomprende gli enti pubblici economici tra le amministrazioni pubbliche perché il rapporto di lavoro dei dipendenti era già sottoposto ad una disciplina privatistica. Tale norma si riferisce a tutte le amministrazioni dello Stato “ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende e le amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le regioni, le province, i comuni, le comunità montane e loro consorzi ed associazioni, le istituzioni universitarie, gli istituti autonomi case popolari (ora Agenzie territoriali per la casa), le camere di commercio, industria, artigianato ed agricoltura e le loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali o locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’agenzia per la rappresentanza nazionale delle pubbliche amministrazioni (ARAN) e le agenzie di cui al d.lgs. 300/1999”.

La nozione di diritto amministrativo Il diritto amministrativo è la disciplina giuridica della pubblica amministrazione (in parte da essa posta ed in parte ad essa imposta) nella sua organizzazione, nei beni e nell’attività ad essa peculiari e nei rapporti che, esercitando tale attività, si istaurano con gli altri soggetti dell’ordinamento. Gli Stati caratterizzati dalla presenza di un corpo di regole amministrative distinte dal diritto comune sono generalmente definiti come Stati a regime amministrativo. In Italia, dopo l’unità nel 1865, si uniformò la legislazione relativa ai territori annessi ad opera delle c.d. leggi di unificazione L’attività giurisdizionale è retta da principi e da una normativa del tutto peculiare ed autonoma rispetto al diritto amministrativo. L’attività amministrativa può essere esercitata dai soggetti pubblici tanto nelle forme del diritto pubblico quanto nelle forme del diritto privato. Gli atti di diritto privato della pubblica amministrazione non possono essere attratti nel diritto amministrativo perché i principi che li regolano sono propri del diritto privato. 1

Disciplinata in parte dal codice civile è poi l’attività amministrativa che determina, o concorre a determinare, la costituzione di status, di capacità, di rapporti di diritto privato, ad esempio mediante trascrizioni, registrazioni, documentazioni (c.d. “amministrazione pubblica del diritto privato”). Anche i rapporti tra diritto penale e diritto amministrativo si sono fatti più stretti, infatti negli ultimi decenni molti reati sono stati depenalizzati per diventare illeciti amministrativi.

L’amministrazione comunitaria ed il diritto amministrativo comunitario Le organizzazioni internazionali sono dotate di una propria struttura amministrativa. Il moltiplicarsi della disciplina dell’attività amministrativa poste da fonti comunitarie, in particolare da regolamenti e direttive, offre esempi rilevanti di condizionamento dell’azione amministrativa e ormai è comunemente accettata l’espressione “diritto amministrativo comunitario” per descrivere questo complesso di normative. La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali è stata firmata a Roma il 4 novembre 1950 ed in Italia ne è stata data esecuzione con la Legge 848/1955. Il Trattato di Nizza del 2001, ratificato in Italia con Legge 102/2002 ha ulteriormente modificato il trattato dell’Unione europea prevedendo anche cooperazioni rafforzate tra gli Stati membri. A Nizza è stata anche proclamata la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, che si articola in 6 capi relativi a dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza e giustizia e sancisce in particolare il “diritto ad una buona amministrazione”. Secondo la Corte Costituzionale, tale espressione, anche se non ha efficacia giuridica, ha “carattere espressivo di principio comuni agli ordinamenti europei”. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea dovrà essere ratificata a parte nonostante sia allegata alla Costituzione europea. Il diritto amministrativo comunitario in senso proprio è soltanto quello avente ad oggetto l’amministrazione comunitaria, e può rilevare ai fini del diritto amministrativo italiano nel fatto che esso può trasformarsi in uno strumento di circolazione di modelli giuridici che possano in futuro influenzare il nostro ordinamento. Per amministrazione comunitaria si intende l’insieme degli organismi e delle istituzioni dell’Unione europea cui è affidato il compito di svolgere attività sostanzialmente amministrativa e di emanare atti amministrativi. Il moltiplicarsi dei compiti dell’Unione europea determina però anche un parziale ridimensionamento del campo di azione dell’amministrazione interna, e questo problema è arginato dal principio di sussidiarietà che però ha due facce, una garantista a favore del decentramento e dei poteri locali e l’altra che può agevolare processi di accentramento a favore del livello di governo superiore, consentendo a quest’ultimo di agire anche al di là delle competenze ad esso attribuite formalmente, ogni qual volta l’azione comunitaria si presenti come la più efficace. Questo principio costituisce una vera e propria regola di riparto delle competenze tra Stati membri e Unione europea per salvaguardare le attribuzioni degli Stati stessi, ed è stato inserito nel nostro ordinamento dalla Legge 59/1997 e dall’art. 3 comma 5 del T.U. sugli enti locali, nonché dalla Legge Costituzionale n.3 del 2001. In particolare, nei settori di competenza “concorrente” tra Unione e Stati membri, l’Unione può intervenire soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possano essere realizzati dagli Stati membri e possano dunque essere realizzati meglio a livello comunitario a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione stessa. 2

Spesso le amministrazioni nazionali sono chiamate a svolgere compiti esecutivi delle decisioni adottate dall’amministrazione comunitaria, e questo determina una complicazione del procedimento amministrativo nel senso che si assiste alla partecipazione ad esso sia delle amministrazioni italiane, sia dell’amministrazione comunitaria, che emana l’atto finale destinato a produrre effetti per i cittadini. Tale situazione crea dubbi e incertezze in ordine al giudice (nazionale o comunitario) al quale deve rivolgersi il privato che si ritenga leso dall’azione procedimentale. Si deve poi distinguere tra esecuzione in via diretta o quella in via indiretta che avviene cioè avvalendosi della collaborazione degli Stati membri. La Commissione si avvale così oggi di apparati esecutivi e di uffici che si sono creati e sviluppati spesso in materia non organica, mediante decisioni ad hoc, anche a motivo dell’essenza di una riserva di legge in materia di organizzazione che avrebbe probabilmente imposto uno sviluppo più omogeneo. Sotto il profilo soggettivo, nell’amministrazione comunitaria assume un ruolo centrale la Commissione, che ha compiti di esecuzione delle norme comunitarie.

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Capitolo II Ordinamento giuridico e amministrazione: la disciplina costituzionale Diritto amministrativo e nozione di ordinamento giuridico. Con il termine ordinamento giuridico generale si indica l’assetto giuridico e l’insieme delle norme giuridiche che si riferiscono ad un particolare gruppo sociale. Le prescrizioni della Costituzione prevalgono sulle norme prodotte dalle altre fonti del diritto, ed è proprio questa analisi che consente di chiarire quale sia la posizione dell’amministrazione nell’ordinamento giuridico generale, ossia quali siano i suoi rapporti con gli altri soggetti del medesimo ordinamento.

L’amministrazione nella Costituzione: in particolare il “modello” di amministrazione emergente dagli artt. 5, 95, 97 e 98. La separazione tra indirizzo politico e attività di gestione. La Costituzione si occupa dell’amministrazione nella sezione II del titolo III della parte seconda. Oltre agli articoli presenti nello stesso titolo III, sezione I, relativi al governo (in particolare l’art.95), si ricordano gli artt. 5, 28, 52, 114 e 118. Di rilievo sono poi le norme che interessano la materia dei servizi pubblici (artt. 32, 33, 38, 41, 43, 47), la responsabilità (art. 28) e le altre disposizioni comunque applicabili all’amministrazione. Dal quadro normativo costituzionale emergono diversi modelli di amministrazione, nessuno dei quali può essere considerato come “modello” principale. 1. In base l’art. 98 Cost. L’amministrazione pare in primo luogo direttamente legata alla collettività nazionale al cui servizio i suoi impiegati sono posti. 2. Vi è poi il modello espresso dall’art.5 Cost. e sviluppato nel titolo V della parte seconda, caratterizzato dal disegno del decentramento amministrativo e dalla promozione delle autonomie locali, capaci di esprimere un proprio indirizzo politicoamministrativo. 3. L’art.97 Cost. contiene una riserva di legge e mira a sottrarre l’amministrazione al controllo politico del Governo e che si legittima per la sua imparzialità ed efficienza. Contemporaneamente, lo stesso art. 97 Cost. pone limiti al legislatore imponendogli di incidere sull’amministrazione soltanto dettando regole per la disciplina della sua organizzazione. L’analisi dei modelli di amministrazione emergenti dal disegno costituzionale evidenzia la costante presenza della questione del rapporto tra amministrazione, governo e politica. Il Governo, insieme al Parlamento, esprime un indirizzo, qualificato dall’art. 95 Cost. come indirizzo politico e amministrativo. L’indirizzo politico può definirsi come la direzione politica dello Stato e quindi, come quel complesso di manifestazioni di volontà in funzione del conseguimento di un fine unico, mentre l’indirizzo amministrativo consiste nella prefissione di obiettivi dell’azione amministrativa ma che deve comunque essere stabilito nel rispetto dell’indirizzo politico. L’art. 2 comma 1 della Legge 400/1988 attribuisce al Consiglio dei ministri il compito di determinare, in attuazione della politica generale del governo, l’indirizzo generale dell’azione amministrativa e l’art. 5 comma 2 lettera a) della Legge 400/1988, prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri impartisca ai ministri le direttive politiche ed amministrative in attuazione delle deliberazioni del Consiglio dei ministri. Il D.Lgs 165/2001 attribuisce agli 4

organi di governo l’indirizzo politico-amministrativo (Artt. 4 e 14). L’art. 42 del T.U. sugli enti locali dispone a sua volta che il consiglio comunale e quello provinciale siano organi di indirizzo e di controllo politico-amministrativo. L’amministrazione deve essere leale verso la forza politica che detiene la maggioranza parlamentare, e deve essere uno strumento di esecuzione delle direttive politiche impartite dal ministro che assume la responsabilità degli atti del proprio dicastero. Il significato del D.Lgs. 165/2001 non è quello di riservare l’attività di indirizzo ai soli organi politici, bensì di identificare i contenuti dell’attività, qualificata come “indirizzo politicoamministrativo”, sottratta ai dirigenti, ai quali un’attività di indirizzo comunque spetta. Gli organi politici possono controllare e indirizzare il livello più alto dell’amministrazione – la dirigenza – soltanto utilizzando gli strumenti di cui al D.Lgs 165/2001 in particolare la prefissione di obiettivi e verifica dei risultati. A differenza degli atti amministrativi, gli atti politici sono sottratti al sindacato del giudice amministrativo in forza dell’art.24 Legge 5992/89 (la legge istitutiva del Consiglio di Stato), ad esempio le deliberazioni dei decreti legge e dei decreti legislativi; gli atti di iniziativa legislativa del governo; la determinazione di porre la questione di fiducia; lo scioglimento dei consigli regionali. Nel diritto amministrativo è stata elaborata la categoria degli atti di alta amministrazione (ad esempio i provvedimenti di nomina dei direttori generali delle aziende unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere) caratterizzati da una amplissima discrezionalità, considerati l’anello di collegamento tra indirizzo politico e attività amministrativa in senso stretto e sono soggetti alla legge ed al sindacato giurisdizionale.

I principi costituzionali della pubblica amministrazione: la responsabilità. Il principio di responsabilità è enunciato dall’art.28 Cost. “i funzionari e i dipendenti dello Stato e degli enti pubblici sono direttamente responsabili, secondo le leggi penali, civili e amministrative, degli atti compiuti in violazione di diritti. In tali casi la responsabilità civile si estende allo Stato e agli enti pubblici”. Il termine “responsabilità” inteso dalla Costituzione si riferisce alla assoggettabilità ad una sanzione dell’autore di un illecito, mentre spesso lo stesso termine è usato in altre normative come quelle regionali, per indicare il soggetto che deve rendere conto del complesso dell’attività di un ufficio ad esso facente capo. La legge sul procedimento amministrativo ha previsto l’istituzione della figura del responsabile del procedimento, che soddisfa una esigenza di trasparenza e di identificabilità di un contraddittore all’interno dell’amministrazione procedente che sia individuabile e contattabile dal cittadino, nel segno del superamento del principio dell’impersonalità dell’apparato amministrativo. Recenti e molteplici leggi hanno introdotto le autorità o amministrazioni indipendenti, organismi pubblici caratterizzati da un alto grado di imparzialità e soggetti unicamente alla legge, che proprio in ragione della loro indipendenza dall’esecutivo non rispondono politicamente allo stesso, ma neppure ad altri soggetti.

Il principio di legalità. Il principio di legalità esprime l’esigenza che l’amministrazione sia assoggettata alla legge, anche se esso è applicabile non soltanto alla amministrazione bensì a qualsivoglia potere pubblico. Nel nostro ordinamento giuridico convivono più concezioni del principio di legalità. 5

a) esso è considerato nei termini di non contraddittorietà dell’atto amministrativo rispetto alla legge (preferenze della legge). L’art.4 delle disposizioni preliminari al Codice Civile stabilisce che i regolamenti amministrativi “non possono contenere norme contrarie alle disposizioni di legge” e l’art. 5 Legge 2248/1865 all.E, da cui discende l’obbligo per il giudice ordinario di disapplicare gli atti amministrativi e i regolamenti non “conformi” alle leggi. Tale accezione, che corrisponde all’idea di un’amministrazione che può fare ciò che vuole purché non sia impedito dalla legge, è stata successivamente superata dalle tesi della legalità formale e della legalità sostanziale. b) Il principio di legalità è inteso anche nella sua accezione di conformità formale, nel senso che il rapporto tra legge e amministrazione è impostato non solo sul divieto di quest’ultima di contraddire la legge, ma anche sul dovere della stessa di agire nelle ipotesi ed entro i limiti fissati dalla legge che attribuisce il relativo potere. Tale principio si applica ad alcuni atti amministrativi normativi, quali i regolamenti ministeriali. c) Il principio della legalità inteso come conformità sostanziale intende fare riferimento alla necessità che l’amministrazione agisca non solo entro i limiti di legge, ma in conformità della disciplina sostanziale posta dalla legge stessa, la quale incide anche sulle modalità di esercizio dell’azione e, dunque, penetra all’interno dell’esercizio del potere. Questa concezione si ricava dalle ipotesi in cui la Costituzione prevede una riserva di legge. Vi sono tuttavia alcune differenze tra il principio di legalità e riserva di legge, quest’ultima riguarda il rapporto tra Costituzione, legge ed amministrazione e, imponendo la disciplina legislativa di una data materia, ne limita l’esercizio del potere normativo spettante all’esecutivo (la sua violazione comporta l’illegittimità costituzionale della legge stessa). Le differenze si sostanziano nel fatto che il principio di legalità attiene al rapporto tra legge ed attività complessiva della pubblica amministrazione, quindi anche quella non normativa, ed il mancato rispetto di tale principio determina l’illegittimità dell’azione amministrativa. I parametri ai quali l’attività amministrativa deve fare riferimento sono non solo di legalità, ma anche di legittimità, la quale consiste nella conformità del provvedimento e dell’azione amministrativa a parametri anche diversi dalla legge, ancorché alla stessa pur sempre collegati (norme regolamentari, statutarie e così via). Tra questi parametri sono da annoverare anche “regole non scritte”. Il principio di legalità si risolve in quello di tipicità dei provvedimenti amministrativi: se l’amministrazione può esercitare i soli poteri autoritativi attribuiti dalla legge, essa può emanare soltanto i provvedimenti stabiliti in modo tassativo dalla legge stessa. Occorre infine richiamare il principio del giusto procedimento elaborato dalla Corte costituzionale ed avente la dignità di principio generale dell’ordinamento: in particolare esso esprime l’esigenza che vi sia una distinzione tra il disporre in astratto con legge e il provvedere in concreto con atto alla stregua della disciplina astratta.

Il principio di imparzialità. L’art.97 Cost. pone due principi relativi all’amministrazione: il principio di buon andamento dell’amministrazione e del principio di imparzialità. La dottrina e la giurisprudenza hanno affermato la natura precettiva e non programmatica della norma costituzionale, la quale pone una riserva di legge, inoltre è stata affermata l’applicabilità diretta dei due principi sia all’organizzazione che all’attività amministrativa. 6

Il concetto di imparzialità esprime il dovere dell’amministrazione di non discriminare la posizione dei soggetti coinvolti. L’imparzialità impone che l’amministrazione sia strutturata in modo da assicurare una condizione di oggettiva aparzialità, ed in tal senso, la norma costituzionale conterrebbe una riserva di organizzazione in capo all’esecutivo. Esempi di applicazione del principio si trovano nell’art.98 Cost. il quale sancisce che i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione e quindi non di interessi partigiani; l’obbligo di astensione sussistente in capo ai titolari di pubblici uffici allorché debbano decidere questioni alle quali essi siano interessati. Il principio di imparzialità impone il criterio del pubblico concorso per l’accesso ai pubblici uffici, inteso ad evitare la formazione di una burocrazia politicizzata e richiede che la commissione giudicatrice sia formata prevalentemente da tecnici. Strettamente connesso all’imparzialità è il principio della predeterminazione dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni si debbono attenere nelle scelte successive, il quale consente di verificare la rispondenza delle scelte concrete ai criteri che l’amministrazione ha prefissato (c.d. autolimite). La parzialità ricorre quando sussiste un ingiustificato pregiudizio o una indebita interferenza di alcuni di tali interessi, mentre l’imparzialità riferita all’attività di scelta concreta, si identifica nella congruità delle valutazio...


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