Diritto DI FUGA - RIASSUNTO PDF

Title Diritto DI FUGA - RIASSUNTO
Author Federica Visciola
Course Pedagogia sociale
Institution Università degli Studi di Bergamo
Pages 2
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RIASSUNTO...


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DIRITTO DI FUGA CAPITOLO 1. Max Weber analizzò la fuga dalle campagne tedesche verso la fine dell’800 e la sostituzione della manodopera da parte degli junkers prussiani con braccianti polacchi. Le cause della migrazione verso ovest dei braccianti tedeschi furono molte: L’abbandono della tradizionale rotazione delle colture per passare a forme di coltivazione intensiva della terra; quindi la sempre più stagionalizzazione del lavoro. Dall’altra parte gli operai polacchi erano spinti verso lavori stagionali dal fatto che così riuscivano ad evitare di lavorare nei mesi invernali più duri. CAPITOLO 2. Se analizziamo bene i fenomeni migratori, ci accorgiamo di un’altra Europa, abitata da una popolazione fluttuante di lavoratori migranti. Nei secoli scorsi si sono accomunati i destini di migranti e profughi. Ciò che li legava era la circostanza di ritrovarsi poveri nei paesi di destinazione. Mentre la mobilità delle merci e dei capitali, nel tempo della globalizzazione, pare ormai travolgere ogni ostacolo, nuove e vecchie barriere si frappongono alla mobilità della forza lavoro. Uomini e donne in fuga dalla guerra, dalla miseria, dalle tirannidi si imbattono in frontiere fortificate. CAPITOLO 3. Negli ultimi anni si verifica la progressiva inclusione all’interno della cittadinanza di soggetti originariamente esclusi da essa. La cittadinanza è “la posizione di un soggetto di fronte ad un determinato Stato, rispetto al quale si è appunto cittadini o stranieri”. La definizione dei criteri di inclusione e di esclusione dalla cittadinanza è una delle grandi questioni che lo Stato è quotidianamente costretto a pensare per via della presenza di stranieri sul suo territorio. Un irrigidimento verso il riconoscimento della cittadinanza negli anni ’90 è caratterizzato dall’introduzione dello jus sanguinis. In molti paesi dell’UE si sta progressivamente affermando la tendenza a garantire diritti sociali, economici e politici anche ai migranti indipendentemente dalla loro ammissione formale alla cittadinanza. Emerge un modello di post-nazione in cui lo statuto di personalità tende a sostituirsi alla cittadinanza come fonte dei diritti. La differenza tra confine e frontiera: Frontiera: uno spazio di transizione in cui forze e soggetti entrano in relazione e dall’incontro-scontro ne nascono modificazioni della propria identità. Il Confine è una linea di divisione a protezione di spazi politici, sociali e simbolici costituiti e consolidati. All’interno di questi paradigmi sta la domanda di come conciliare il desiderio di “giustizia” con quello di “opportunità”: - Secondo alcuni l’esclusione dei migranti dallo spazio della cittadinanza è legittimo in termini di “costi economici” , se contribuisce ad assicurare un’equa distribuzione del bene dell’appartenenza ad una comunità politica e culturale. -Per Mezzadra questa teoria non convince perché tende ad assumere, del concetto di confine, la valenza antropologica, cioè dà per scontata la naturale valenza dei confini quando questi sono invece artificiali. -È possibile pensare in modo nuovo il nesso tra diritti e appartenenza, che costituisce il vero punto di equilibrio tra universalismo e particolarismo nel discorso sulla cittadinanza. Il riconoscimento ai migranti di quei diritti politici, civili e sociali che permettono a noi di partecipare come membri a pieno titolo della società in tutti gli aspetti della vita comune, promuoverebbe il loro senso di appartenenza e contribuirebbe a stemperare possibili conflitti. Tuttavia, ciò non deve far dimenticare che i migranti, dal punto di vista dell’”appartenenza”, presentano caratteristiche peculiari: alla fuga da uno spazio politico, sociale e culturale non fa quasi mai riscontro una richiesta di piena adesione a un nuovo spazio politico, sociale e culturale. D’altro canto non si può prescindere dalla volontarietà delle richieste di appartenenza da parte dei migranti.

CAPITOLO 4. I movimenti migratori a partire dalla seconda guerra mondiale sono legati a doppio filo al processo di decolonizzazione. L’Europa così si è trovata di fronte ad affrontare il problema approntando via via politiche diverse, da un tollerante “multiculturalismo” alla difesa nazionalistica dell’identità bianca minacciata. Si crearono, quindi, precisi e invalicabili confini tra razze e culture. La progressiva formazione di reti transnazionali frantumano e ricompongono gli spazi dell’appartenenza e del patriottismo, stimolando così il riarmo ai confini contro profughi e migranti. CAPITOLO 6. Mezzadra comunque considera la fuga come apertura dandogli un’accezione anche positiva. Egli è orientato a sottolineare la ambivalenza della condizione migrante. Le condizioni per la fuga sono 3 1) L’esilio politico 2) La diserzione di fronte a situazioni economiche non sostenibili 3) L’illusione che determinati territori sembrano promettere più opportunità di altri. La migrazione non implica necessariamente una rottura radicale con le condizioni del Paese di provenienza, ma piuttosto il tessuto sociale stesso di quel Paese viene a essere modificato dai rapporti nuovi che si determinano con il Paese di destinazione dei migranti. CAPITOLO 8. Le migrazioni contemporanee, rispetto a quelle del passato, appaiono caratterizzate da una moltiplicazione dei modelli migratori, da un’accelerazione dei flussi, da un aumento della complessità della loro composizione (forte partecipazione femminile) e da una crescente imprevedibilità delle loro direzioni (turbolenza). Oggi i confini, più che contribuire a costruire le “mura” di una fortezza, tendono a predisporre un sistema di “dighe”, di meccanismi di “filtraggio” e di governo selettivo della mobilità. CAPITOLO 10. Il “discorso pubblico” continua ad insistere su un modello di migrazione di tipo “idraulico”: l’Europa occidentale ha carenza di popolazione e di manodopera e il Maghreb ha un surplus? Ecco che automaticamente si produce il travaso. Uomini e donne appaiono così privi di volontà, trascinati dall’azione di forze che li sovrastano e destinati ad essere visti con benevolenza, vittime da assistere oppure come estranei, quindi nemici. Le figure del “migrante” e delle “migrazioni” non esistono se non attraverso la semplificazione che ne fa il discorso pubblico. L’esperienza sociale delle migrazioni è complessa e molteplice....


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