Conflitto patrizi e plebei PDF

Title Conflitto patrizi e plebei
Course Storia del diritto romano
Institution Università degli Studi di Palermo
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il conflitto tra patrizi e plebei...


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Conflitto tra patrizi e plebei I primi anni della Repubblica furono caratterizzati dal conflitto tra patrizi e plebei.I patrizi, che discendevano dai patres, rivendicavano solo per sé il controllo delle magistrature, l’accesso al senato e lo sfruttamento dell’ager publicus. Però, i plebei, erano inclusi nel comizio curiato, perciò combattevano e pagavano i tributi; tuttavia, erano esclusi dalla direzione della repubblica. Per reagire, i plebei, che si erano concentrati sull’Aventino, si coalizzarono attorno al culto di Cerere, Libero e Libera (divinità estranee al Pantheon quirinario) e darono vita ad un loro collegio. Tale situazione, per i patrizi, diventò inaccettabile poiché l’esercito aveva perso numerosissimi uomini e non vi erano più coltivatori di terre. Così furono costretti a concedere dei benefici ai plebei; per sancire l’accordo si addiviene a un foedus con cui l’organizzazione plebea viene formalmente riconosciuta, anche se i suoi organi non diventano organi della civitas. In particolare i plebei ottennero dei rappresentanti: i tribuni della plebe e gli edili, e una propria assemblea, ossia il concilio della plebe. Quali furono le rivendicazioni della plebe? 1. Cancellazione dei debiti, che coincideva con l’abolizione del Nexum; 2. Accesso alle supreme cariche; 3. Equa distribuzione dell’ager pubblicus: poiché i plebei non possedevano aziende agricole, in quanto potevano prendere soltanto piccoli appezzamenti di terra da coltivare e quindi produrre cibo era troppo costoso, preferivano tornare in città e divenire clientes dei patrizi; 4. Accesso al connubium, ossia la possibilità di contrarre un giusto matrimonio (iuste nutie) con l’elemento patrizio in modo che i figli potessero essere legittimi

Il tribuno della plebe è l’organo più importante che tutela i plebei non solo sul piano materiale, ma anche giuridico. Pertanto gli spettano tre funzioni: l’auxilium, l’intercessio e la coercitivo maxima. -

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auxilium: supporto materiale. I tribuni non avevano porte di casa perché qualunque plebeo in difficoltà potesse, in qualunque momento, chiedere intervento. L’aiuto era la difesa giudiziaria; l’aiuto materiale poteva essere infatti la difesa in giudizio. Intercessio (tribunicia): era il potere di intercedere (inizialmente solo da un punto di vista fisico) di fronte a un atto di prevaricazione di un patrizio su un plebeo. Era quindi necessario che fosse dotato di sacrosantitas, perché in un primo momento la sua funzione è materiale. Successivamente l’intercessio divenne il potere di veto che i tribuni potevano esercitare nei confronti degli altri organi dello stato. Il tribuno potrà intervenire, pronunciando delle parole solenni, su un atto degli altri organi dello stato, come magistrati e senato, bloccando la loro attività sul piano politico nel momento in cui crede che l’atto leda la componente plebea ed è quindi necessario discuterne in sede politica, infine si sarebbe pronunciato il senato. Polibio descrive molto bene la caratteristica del contrappeso, cioè bilanciare il corretto esercizio del potere dei singoli magistrati. Con la spiritualizzazione dell’intercessio si spiritualizza anche la condanna del sacer esto, in virtù delle leggi sacrate verrà colpito da condanna chi interrompeva un suo discorso: compiva inter fari. Il tribuno non era solo sacrosanctus ma aveva un ruolo che lo legittimava sulla base decisione plebea. Il tribuno della plebe, inoltre, ha un rapporto diretto con il concilio della plebe, ossia quell’assemblea dove si riuniscono i plebei per discutere e decidere le loro questioni. Tuttavia questa assemblea non aveva regole e discipline di voto e di espressione della volontà popolare. Le fonti ci dicono che la plebe votava sulla base suffragio (sub fragor: rumore realizzato mediante il battito delle mani) quindi il voto si esprimeva per acclamazione. Il voto non è una lex, frutto di una regolamentazione giuridica, ma plebiscitum che indica una manifestazione generica della volontà. Quindi il concilio della plebe è il luogo in cui il popolo inizia a svolgere le funzioni deliberative. Inizialmente si trattava di deliberazioni interne, con efficacia limitata ai soli plebei. Solo successivamente, in seguito all'approvazione della Lex Hortensia nel 287 a.C.

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si affermò il principio secondo cui le decisioni assunte nei concilia plebis vincolassero senz'altro tutti i cittadini. Coercitio maxima: nel corso della fase predecemvirale, il popolo comincia ad essere investito di una funzione giudicante e tutto questo trova origine nella funzione di coercitio maxima che viene attribuita ai tribuni della plebe. I tribuni della plebe che devono difendere i plebei dall’operato dei magistrati patrizi, gli viene attribuito il potere di repressione criminale che giungeva fino a una sanzione capitale. Il tribuno non poteva eseguire la condanna ma investe il concilio della plebe di tutti quei fatti di sangue che riguardavano i plebei e che vedevano accusati i patrizi. Nel corso della fase pre-decemvirale i tribuni della plebe cominciano ad assegnare ai concili della plebe la decisione sui fatti criminosi che avevano come parte lesa i plebei. Il plebiscito sarebbe stato a favore dei plebei. Questa è la ragione per cui le XII tavole stabiliscono che l’organo adibito ai processi criminali in età repubblicana sarebbe stato il concilio centuriato. Inoltre, stabiliscono una competenza del comizio centuriato su tutti i crimini e su tutti i cives per porre un freno alla funzione di coercitio maxima che i tribuni della plebe esercitavano e a cui rinunciano nell’accordo politico che viene raggiunto tra patrizi e plebei. Nella fase proto-repubblicana, intorno al 508-451, il popolo comincia ad interessarsi delle questioni criminali: i tribuni incardinano i processi rivoluzionari, si discute della sacertas di patrizi che avevano violato i diritti dei plebei. I patrizi incardinano processi dello stesso tipo davanti al Comizio tributo. Comincia a fondarsi la funzione delle questioni criminali che riguardano tutto il popolo. L’homo sacer è una qualifica procedimentalizzato. Il popolo è chiamato a stabilire se un accusato può essere considerato o meno homo sacer. Un’importante garanzia costituzionale dei romani è la nascita della pratica dell’esilio che consentiva ai cives di evitare la pena di morte. Essi perdevano la civitas romana per acquistarne una nuova, quella della città ospitante, legata a Roma da Foedera (accordi federativi) che prevedevano l’hospitium, ossia acquistare la civitas, e quindi perdere la legittimazione passiva alla repressione criminale, i romani infatti potevano reprimere solo colui che avesse la cittadinanza. Gli homo sacer non potevano tornare a Roma e veniva irrogata la sanzione accessoria, quella dell’interdizione dell’acqua, del fuoco e del tetto (interdictio acquae, ignis et tecti), vi era anche il divieto, per tutti gli altri cives, di dare assistenza all’esule dentro Roma, fornirgli gli elementi della vita civile. I tribuni venivano nominati sulla base di leggi sacrate, infatti, essendo considerati sacrosancti, chiunque avesse violato la loro persona sarebbe diventato sacer (quindi la civitas toglieva ogni protezione e questi poteva essere ucciso impunemente). In età Repubblicana avanzata i tribuni furono dieci.

Le leggi sacrate sono caratterizzate da un giuramento e possono essere di due tipi: -

Genere ipso et obtestantione legis: il giuramento era oggetto del testo della legge, specie di maggiore importanza;

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Caratterizzate nel giuramento solo nella parte finale (la parte finale si chiamava sanctio). Contengono la sacratio, quindi l’uomo che le viola diventa sacer.

Un altro importante organo plebeo è costituito dagli edili. Originariamente erano dei sacerdoti plebei, ma con l’istituzione dell’edilità curule nel 367 a.C. gli furono riconosciute alcune delle competenze previste per la corrispondente magistratura patrizia, tranne quelle legate alla iurisdictio sulle contrattazioni svolte nei mercati. Inizialmente si occupavano di archiviare le deliberazioni prese dal concilio della plebe; invece, in età repubblicana si occuperanno di archiviare le delibere del senato. Gli edili, quindi, prima dei tribuni, vennero ricompresi nell’ambito delle magistrature cittadine, anche se la loro carica fu sempre riservata ai plebei. Infine, con la Lex Valeria Horatia del 449 il carattere dell’inviolabilità venne esteso anche agli iudices decemviri, che avevano competenza sulle cause di libertà. Dunque, appaiono ai vertici della comunità plebea tre organi: i tribuni con funzioni di governo e di comando forse anche militari, gli edili con funzioni finanziarie, gli iudices con funzioni giudicanti.

DUE TRIBUNI ESEMPLARI: TIBERIO E CAIO GRACCO (valditara) Rivoluzionaria appare l’azione politica dei due tribuni della plebe Tiberio e Caio Gracco, in particolare l’opera di Caio è volta a dare vita a una nuova forma di governo fondata sulla centralità del tribunato. L’obiettivo di Tiberio Gracco, ripreso poi dal fratello, era la ricostituzione di un ceto di piccoli proprietari terrieri nella consapevolezza che i proprietari sono l’asse portante di uno stato. Vi è alla base la convinzione che i proprietari immobiliari siano, fra tutti i ceti, quelli più legati, anche per il proprio interesse, al destino dello stato. Molto interessante appare, in questo senso, il discorso di Tiberio secondo cui vi è un collegamento fra l’interesse a difendere la res Publica e la proprietà della casa e della terra. Nella Roma della seconda metà del II secolo a.C. invece, il ruolo del proletariato urbano era sempre più marginale, e l’ager publicus era ormai concentrato nelle mani di possessori che non lo sfruttavano adeguatamente, ma che utilizzava una manodopera servile che generava a sua volta una pluralità di problemi: la disoccupazione fra i cittadini con conseguente impoverimento della popolazione e l’immissione nel corpo civico, a seguito delle manomissioni di schiavi, di un numero crescente di stranieri. Per porre rimedio a questa situazione, Tiberio pensò di ricorrere a una Lex Agraria per attuare una riforma. Tiberio, dopo aver sottoposto le occupazioni di ager publicus a un limite massimo di 500 iugeri, più altri 250 iugeri per ogni figlio maschio, fino a un limite complessivo di 1000, dispose non solo la distribuzione dei lotti ricavati fra il proletariato urbano, ma soprattutto decretò l’assegnazione in piena proprietà delle terre così recuperate, con in più il vincolo di inalienabilità proprio al fine di ricostruire un ceto sociale di piccoli proprietari terrieri. Per realizzare la sua riforma, Tiberio previde l’istituzione di una commissione di triumviri agris dandis , adisignandis, iudicandis con lo scopo di attribuire la proprietà dei nuovi lotti, di confermare quelli esistenti e di giudicare su eventuali controversie. Tiberio, con un apposito plebiscito, fece anche attribuire alla disponibilità dei triumviri il tesoro che Attalo re di Pergamo, morto nel frattempo, aveva lasciato in eredità al popolo romano. Il denaro sarebbe cosi servito a finanziare la nascita delle nuove imprese agricole. Inoltre, fece approvare una legge che riduceva il servizio militare, anch’essa funzionale alle esigenze dei piccoli proprietari terrieri (questi infatti dovendo servire per molti ani nell’esercito erano costretti a trascurare i loro campi, impoverendosi). Tiberio venne ucciso nel 133 a.C. dopo aver deciso di ripresentare la propria candidatura al tribunato per l’anno successivo. La riproposizione della candidatura era vietata per le magistrature, ma non lo era per il tribunato. Responsabile dei disordini in cui perse la vita Tiberio fu il pontefice Massimo Scipione Nasica che ricorse in modo improprio all’antichissimo istituto della evocatio che consentiva ad ogni cittadino di prendere le armi per difendere la Res Publica dai nemici. Il disegno di Tiberio venne ripreso dieci anni dopo dal fratello Caio che, elettro tribuno, non solo fece approvare una nuova legge agraria, ma aveva un disegno riformatore più ampio. Innanzitutto Caio aveva come obiettivo principale quello della democratizzazione della Repubblica. In primo luogo intese cambiare il sistema di votazione dei comizi centuriati così che cessasse l’antico privilegio delle classi più ricche di votare per prime, poi fece approvare un plebiscito de abactis che vietava ai magistrati destituiti dal popolo per aver tradito gli interessi dei propri elettori di proseguire la carriera politica. Infine tese a sostituire i tribuni ai consoli nel governo della Res publica, limitando il loro ruolo a comandanti dell’esercito. Vi è poi un largo uso dei plebisciti come strumento normativo idoneo a realizzare grandi interventi riformatori. Parallelamente Caio intendeva ridurre il ruolo del senato e la sua sfera di competenza. In questo senso vanno provvedimenti come la Lex de Capite Civis che impediva la creazione di quaestiones extraordinariae sulla base di un semplice senatoconsulo; la creazione della quaestio de repetundis per incriminare i reati commessi dai governatori provinciali; l’esclusione dei senatori dalle commissioni giudicanti (quaestiones perpetuae) e l’attribuzione del relativo manus agli equites; la Lex de Provincia Asia che toglieva al senato la competenza a stabilire la condizione giuridica dei territori ereditati da Attalo e quindi anche il controllo dei relativi appalti per darla ai concili della plebe; la definizione tassativa delle prerogative e dei poteri delle magistrature curuli possessori di terre pubbliche, in buona parte appartenenti alla nobilitas nell’area di lingua greca dell’Italia meridionale e nella sponda del sud del mediterraneo (Cartagine). L’obiettivo era quindi quello di creare una grande comunità di lingua latina e cittadinanza romana che coinvolgesse le due rive del mediterraneo, retta da un governo che doveva essere diretta espressione del popolo senza distinzione di ricchezza o di classe, in cui i tribuni svolgessero un ruolo chiave. Infine, auspicava un corpo di cittadini costituito da liberi e prosperi proprietari, partecipi del destino della comunità. Tuttavia, anche in questo caso Caio venne ucciso prima di attuare la riforma....


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