Confronto tra i proemi Iliade, Odissea, Argonautiche PDF

Title Confronto tra i proemi Iliade, Odissea, Argonautiche
Course Greco
Institution Liceo (Italia)
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Differenze e affinità tra i proemi dell'Iliade, Odissea e Argonautiche...


Description

CONFRONTO PROEMI ARGONAUTICHE, ILIADE, ODISSEA L’età ellenistica fu il periodo della novità, gli autori come Callimaco e Teocrito rifiutarono apertamente la tradizione letteraria in direzione della sperimentazione di nuovi generi dalle caratteristiche totalmente innovative. Contemporaneamente Apollonio Rodio aderisce ai nuovi programmi di rinnovamento ma decide di cimentarsi nella realizzazione di un’opera fino a quel momento respinta proprio in quanto emblema della tradizione: l’epica. Egli, tuttavia, in linea con l’ideale di innovazione, decide di applicare tale genere in modo originale, tenendo conto sia della poetica callimachea sia della precettistica aristotelica, per raggiungere il difficile equilibrio tra ripresa e rottura con la tradizione. La sua impresa fu infatti piuttosto rischiosa principalmente per il suo presupposto di fare epica adottando procedimenti antiepici tra cui la scelta dell’eros come tema centrale dell’opera. Allo stesso tempo Apollonio Rodio in quanto poeta doctus, elabora una fitta rete di allusioni e richiami rivolti non solo all’epica arcaica ma anche ad altri generi come la tragedia. Ma, nel momento in cui decise di dedicarsi alla stesura di tale testo, Omero fu senza dubbio il primo autore con il quale dovette confrontarsi, e l’atteggiamento che assunse nei suoi confronti si rivela essere non di imitazione bensì di profonda revisione. Numerosi sono infatti gli episodi narrati sul modello omerico i quali, dopotutto, sono radicalmente rivisitati nel loro significato. Il proemio delle Argonautiche consiste quindi in una sorta di anticamera la quale introduce alle profonde innovazioni dell’opera intrapresa da Apollonio. Due sono gli elementi caratteristici di ogni proemio epico: l’invocazione alla Musa e la dichiarazione dell’argomento cantato e per ben comprendere l’argomento del proemio di Apollonio bisogna prima analizzare i suoi grandi predecessori e ispiratori: i proemi dell’Iliade e dell’Odissea. Il proemio dell’Iliade si estende per 7 versi e ruota attorno a tre temi: l’ira, l’amicizia e la vendetta. Ma è l’ira (Μῆνιν ) ad avviare l’opera in modo da inquadrare sin da subito ciò che l’aedo si accinge a narrare. Il racconto epico derivava infatti da miti e cicli di leggende che il pubblico ben conosceva e perciò prima di iniziare il vero e proprio racconto era necessario che il cantore facesse capire da dove intendeva prendere le mosse e verso quali eventi avrebbe proceduto la sua narrazione. Quella dell’ira è pertanto in una delle numerose “vie dei canti” che l’aedo avrebbe potuto intraprendere. Questo sostantivo delinea una visone “frontale” dell’eroe del poema, ritratto soltanto nell’ambito della sua ira e vendetta, immagine ben diversa da quella che verrà fatta di Odisseo. Subito dopo l’ira segue un verbo di sostanziale importanzaἄ ειδε (“canta”), il verbo tipico della performance poetica. Così è la Musa a diventare protagonista dell’operazione poetica (a cui si fa riferimento nella sua accezione generale di θεὰὰ ) e non il cantore che invece occupa soltanto una posizione subalterna, diventando come uno strumento. La stessa struttura sintattica e contenutistica si ripresenta anche nel proemio dell’Odissea seppure dimostrando alcune alcuni piccoli caratteri di evoluzione e maturazione rispetto al predecessore. L’opera si apre infatti con lo stesso accusativo che coincide con il tema prescelto a cui fa seguito l’invocazione della Musa insistendo poi sugli eventi dolorosi che verranno raccontanti. Qui però il protagonista diventa un uomo, Odisseo definito πολύτροπον, contrapponendosi nettamente alla visone frontale di Achille in favore di una descrizione più flessibile di un uomo astuto, versatile, pio. Mentre per l’Iliade si può parlare di un epos collettivo, l’Odissea si presenta invece come il poema di un singolo eroe e il suo ritorno (νοστος). Non è nascosta, poi, una maggiore consapevolezza da parte dell’autore il quale accenna in piccolissima parte a sé stesso (µοι) e “abbassa” il tono della narrazione mediante la sostituzione del verbo “cantare” con “raccontare” (ἔ ννεπε). È a partire d queste basi che Apollonio intraprende la sua opera per giungere, infine al capovolgimento dell’epica per mezzo delle sue stesse strutture. Come anche per l’Iliade e

l’Odissea, il primo verso ha un carattere decisivo, deve infatti riassumere e presentare in modo immediato il contenuto e l’obiettivo dell’opera insieme alla sua modalità di rappresentazione. La struttura cambia leggermente, prima di tutto per il fatto che ci troviamo davanti ad un proemio ben più lungo (22 versi) e pertanto con un’organizzazione dello spazio ben diversa, ma anche in funzione del nuova atteggiamento adottato dall’autore. Non c’è più l’aedo che, ispirato dalle Muse racconta le vicende di un eroe, anzi non viene proprio fatto riferimento ad esse (almeno per i primi versi), bensì a sostituirle vi è Apollo, divinità della poesia, che conferisce all’incipit un certo carattere innologico, ma la sua invocazione è legata ad un motivo preciso: è Apollo il motore della vicenda. È infatti proprio a causa di un oracolo del dio che Pelia decide di inviare Giasone alla conquista del vello d'oro (così come nell’Iliade il motore era Atena, ostile ai Troiani per l’”offesa” ricevuta da Paride e nell’Odissea l’ira di Poseidone che ostacola il viaggio di Odisseo). Successivamente, in omaggio alla tradizione epica, segue l’enunciazione dell’argomento. Vengono enunciate le tappe fondamentali della vicenda ovvero le gesta (κλέὰ) degli “eroi” (in quanto si tratta in realtà di antieroi). Quindi segue una sezione in cui vengono gli antefatti del viaggio e infine, sul modello del catalogo delle navi del secondo libro dell’Iliade, negli ultimi cinque versi si assiste al vero e proprio rovesciamento dell’epica tradizionale. È esposta la recusatio ovvero il rifiuto di narrare della costruzione della nave Argo (operazione già effettuata da altri autori) e il proposito di raccontare “la stirpe degli eroi e il nome, e i lunghi viaggi per mare, e tutte quante le imprese che essi compirono nel loro errare”. Apollonio intende cantare chi furono gli eroi, frutto di un laborioso studio compiuto presso la Biblioteca di Alessandria, e lasciando intendere la sua volontà di spostare l’attenzione non tanto sulle azioni ma piuttosto sull’analisi dell’anima dei personaggi. Si è parlato infatti di un’”epica del sentimento” o “epica soggettiva” per il grande spazio che l’autore dedica alle voci dei personaggi e in particolare a sé stesso. L’autore diventa consapevole artefice del proprio ἐ ὰ… lavoro atteggiamento portato in rilievo dall’espressione “io voglio dire” (“ν νῦδ' νἂ γὼ μυθησὰίμην”). Ulteriore supporto a questa affermazione viene dato per mezzo dell’ultima decisiva affermazione che conclude il proemio: “Μοῦσὰι δ' ὑποφήτορες εἶεν ἀοιδῆς” ovvero “Siano le muse ministre del canto”. Le Muse, pertanto, non sono state omesse, bensì collocate in posizione decentrata e nel ruolo di "collaboratrici" (ypophetores) del poeta: il rapporto Muse-poeta viene rovesciato ed è ormai il poeta ad essere superiore alle dee....


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