Iliade riassunto libro I PDF

Title Iliade riassunto libro I
Author Claudia Scardina
Course Lettere Classiche
Institution Università degli Studi di Palermo
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Summary

Iliade riassunto libro I...


Description

L’Iliade viene tradizionalmente definita un poema epico (…) che narra la decennale guerra condotta dagli Achei contro la città di Troia, anche chiamata Ilio dal nome del suo mitico fondatore Ilo. Sulla guerra di Troia furono composti molti poemi. Ad essi si dà il nome di poemi del ciclo troiano o poemi ciclici perché trattano lo stesso argomento. Bisogna inoltre rilevare che alcuni elementi della saga erano molto antichi. L’Iliade è costituita da circa 16.000 esametri ripartiti in 24 libri. La suddivisione fu operata nel II secolo a.C. dai grammatici della Biblioteca di Alessandria d’Egitto (i cosiddetti “grammatici alessandrini”). Ad essi si deve anche la prima edizione critica dei poemi omerici. L’Iliade non narra l’intera guerra di Ilio (o guerra di Troia), ma solo le vicende avvenute nel corso di 51 giorni nel decimo e ultimo anno dell’assedio acheo. Si apre infatti con l’ira di Achille e si chiude con la scena dei funerali di Ettore. I fatti sono raccontati in ordine cronologico. Il periodo considerato è breve, ma il racconto risulta molto dilatato, perché il rapporto tra la durata narrativa (misurata in numero di versi o di libri che contengono i fatti narrati) e la durata temporale effettiva varia molto nel corso del poema. Ad esempio il I e il XXIV libro coprono ciascuno un arco temporale di 20 giorni; mentre dal II al VII, come anche dall’XI al XVIII, si narrano eventi accaduti in un solo giorno. L’Iliade presenta uno stile peculiare in quanto ha lo scopo di mantenere viva l’attenzione dell’ascoltatore, facendogli affiorare con immediatezza le scene raccontate e coinvolgendolo emotivamente nelle vicende dei suoi eroi. Pertanto nell’Iliade troviamo molto spesso la presenza di: 

epiteti: Achille «piede rapido» o «piè veloce»; Ettore «elmo abbagliante» o «massacratore»; Andromaca «braccio bianco»; Troiane «riccioli belli»;



formule fisse e ricorrenti per descrivere eventi di uno stesso tipo, come per esempio la morte di un eroe: «la vita volò via dalle membra e scese nell’Ade…»;



patronimici: Achille Pelìde (figlio di Peleo); Agamennone Atrìde (figlio di Atreo);



similitudini, ossia paragoni. Ad esempio: «Patroclo si slanciò per tre volte simile a Ares ardente».

Il narratore iliadico è generalmente esterno e onnisciente e dichiara di derivare la sua ispirazione dalla Musa, dea della memoria e del canto. Circa un terzo del testo è costituito da discorsi diretti dei vari personaggi. Libro I: Il poeta presuppone che i suoi ascoltatori conoscano a grandi linee le vicende mitiche della guerra di Troia e degli eroi che ne furono i protagonisti; vicende affidate alla memoria degli aedi e alle dee del canto poetico. Omero non narra quindi nella sua interezza la guerra decennale tra gli Achei e i Troiani, ma solo gli eventi dell’ultimo anno di guerra scatenati dallo scontro tra Achille e Agamennone. I primi sette versi del libro I contengono l’invocazione a Calliope, musa ispiratrice del canto e depositaria della memoria mitica. L’aedo le chiede di cantare della contesa che divise e contrappose «l’Atride, signore dei popoli, e Achille divino», ovvero tra Agamennone, figlio di Atreo e comandante supremo dell’esercito greco e l’eroe Achille, definito con l’aggettivo «divino», che pone in rilievo il suo legame con la divinità marina Teti, la madre. Tale contesa ha determinato l’ira di «Achille, figlio di Peleo», un’ira «rovinosa», perché provocò agli Achei «mali infiniti» (gli Achei, per quanto s’impegnarono nella guerra, ebbero sempre la peggio) e molti «eroi», ovvero

nobili guerrieri, morirono: le loro anime sprofondarono nell’Ade (è il nome del dio dei morti, ma indica anche il regno dell’oltretomba, luogo sotterraneo dove le anime vivono come ombre, rimpiangendo la luce del sole e la pienezza vitale), mentre i loro corpi divennero preda di cani e uccelli. Così «si compiva il volere di Zeus». Dopo il Proemio, il poeta prosegue narrando i motivi dell’ira di Achille. Il dio Apollo ha scatenato una pestilenza nel campo degli Achei in seguito all’offesa subita da un suo sacerdote, Crise, che vi si era recato per riscattare la figlia, Criseide, catturata e resa schiava dagli Achei; ma Crise era stato respinto in malo modo da Agamennone, al quale la ragazza era stata assegnata come bottino di guerra. Intanto, Achille, convocata l’assemblea degli Achei, avanza la proposta di interrogare un indovino per conoscere le cause della pestilenza che sta decimando i Greci. Si fa avanti Calcante, il migliore fra gli indovini. Questi, però, non intende rivelare nulla perché teme le reazioni di Agamennone e accetta di parlare solo quando Achille gli garantisce la sua protezione. Calcante allora svela agli Achei che l’ira di Apollo è stata provocata dall’umiliazione inflitta da Agamennone a Crise, sacerdote di Apollo: la pestilenza cesserà solo quando Criseide sarà restituita, senza riscatto, al padre. Gli Achei dovranno anche offrire un solenne sacrificio di espiazione ad Apollo. Agamennone allora, che deve piegarsi al volere del dio, si mostra sdegnato prima contro Calcante e poi contro Achille. Agamennone sostiene pubblicamente di amare e stimare Criseide più della propria sposa, Clitennestra, sorella di Elena e madre di Ifigenia, sacrificata per propiziare la partenza della flotta greca. Tuttavia, si dichiara pronto a restituire Criseide al padre se questa è la condizione per salvare l’esercito, ma a un patto: gli sia subito data un’altra prigioniera; alle obiezioni di Achille replica minacciando di prendere l’ancella di uno dei capi greci. Divampa allora l’ira di Achille, che lo accusa di prevaricazione e minaccia di andarsene; Agamennone decide di prendersi proprio Briseide, già assegnata ad Achille. Il vecchio e saggio Nestore (re di Pilo, lo ritroveremo nel Libro III dell’Odissea) tenta invano di richiamare entrambi a una conciliazione. Ma Agamennone non tollera gli insulti di Achille, il quale a sua volta dichiara che non può accettare ordini dal prepotente sovrano; sdegnato giura di ritirarsi dalla guerra. Criseide viene imbarcata su una nave per essere restituita al padre, scortata da un gruppo di Achei sotto la guida di Odisseo (Ulisse). Agamennone fa preparare solenni sacrifici di animali in onore del dio Apollo, che si placa. Manda alla tenda di Achille due messaggeri per farsi consegnare Briseide; Achille non si oppone e chiede all’amico Patroclo di accompagnare fuori la ragazza, che si stacca a malincuore dal suo padrone. Achille sfoga il suo dolore isolandosi sulla riva del mare; qui invoca la madre divina Teti, che emerge dalle acque per ascoltare lo sfogo del figlio e confortarlo. Teti promette al figlio di portare a Zeus la sua richiesta: che i Greci siano sconfitti e subiscano un massacro presso le navi, perché tutti paghino le conseguenze del comportamento di Agamennone e Achille riceva grandissimo onore. Teti rivolge a Zeus la supplica. Il dio resta a lungo incerto, preoccupato per le conseguenze, ma infine acconsente. Durante il banchetto degli dèi, la moglie Era lo accusa con dure parole di tramare in segreto la sconfitta dei Greci; Zeus si adira, le rivolge minacce e le impone di tacere. Il violento litigio rischia di turbare la gioia del banchetto; interviene allora il dio Efesto, figlio di Era: consiglia alla madre di non contrastare i piani di Zeus e per confortarla le offre una coppa piena della bevanda degli dèi. Il banchetto riprende gioioso, tra le risate allegre degli dèi....


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