Riassunto rosa fresca aulentissima libro i PDF

Title Riassunto rosa fresca aulentissima libro i
Author siwi kraiem
Course Letteratura italiana ii
Institution Università degli Studi di Palermo
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ROSA FRESCA AULENTISSIMA LIBRO I

LA SCUOLA POETICA SICILIANA Con il termine Magna Curia si indicava, già sotto i Normanni, l’insieme degli uffici e dei relativi funzionari in cui si articolava la vita politico-istituzionale del regno di Sicilia. La Sicilia era stata posta sotto il controllo dell’Impero dal matrimonio di Costanza d’Altavilla, erede al trono del regno normanno, con l’Imperatore Enrico VI, dalla cui unione nacque Federico II di Svevia, presso la cui Magna Curia si sviluppò la Scuola Siciliana. Federico II sceglieva di persona i suoi collaboratori (dignitari) tra notai e giuristi laici e divenne una figura centrale per tutto il regno di Sicilia. Nel 1224 venne fondata l’Università di Napoli, nell’ottica di una valorizzazione della cultura laica, unica università di origine statale nel Medioevo, ossia non soggetta al controllo papale; nel 1230 le Costituzioni melfitane segnarono il rifiuto delle norme giuridiche feudali e un ritorno ai diritti sanciti dal diritto romano. Da un punto di vista letterario si inserisce in quadro la promozione, seguita in primo luogo dall’Imperatore, di una nuova letteratura poetica in lingua volgare, a contrastare il primato del latino proprio della cultura ecclesiastica, che si sviluppa in siciliano illustre, così detto perché depurato dai dialettalismi più crudi e influenzato dal latino. Il carattere di questo nuovo clima culturale può essere definito come composito ed è espressione di un progetto culturale unitario. Allo sviluppo di questo carattere composito contribuì la varietà di origini dei funzionari:  La componente bizantina emerge nel mantenimento del greco;  La componente musulmana in ambito filosofico-scientifico, poiché nel XIII secolo si diffusero in Occidente le opere aristoteliche di Avicenna;  L’eredità letteraria francese si nota in particolar modo nell’ampia diffusione dei romanzi cavallereschi;  Ai contatti con la Germania si deve la conoscenza dei trovatori tedeschi contemporanei, i Minnësanger;  La componente culturale latina è di rilevante importanza negli studi di retorica e nell’epistolografia. Nell’Italia settentrionale e, in particolare, presso le corti della Marca Trevigiana, già dai primi decenni del Duecento era iniziata la circolazione di manoscritti che antologizzavano la produzione poetica in lingua d’oc (provenzale), che si accompagnava alla diaspora dei trovatori provenzali in seguito alla crociata contro gli Albigesi. I poeti siciliani conobbero la letteratura provenzale grazie alle raccolte messe insieme in area padano-veneta e tentarono di imitarla, mantenendo il tema dell’amore cortese, inteso come amore impossibile per una donna quale l’Imperatrice, ma lo adattarono alla lingua del siciliano illustre, in modo da conferire espressione autonoma e distintiva alla nuova produzione letteraria. I Siciliani selezionarono una ristretta cerchia di trovatori di imitare, ossia quelli la cui attività si colloca tra la fine del XII secolo e l’inizio del XIII, tra i quali principale Folchetto di Marsiglia, definito come un “raffinato dilettante borghese di poesia”. Le rime dei siciliani non erano destinate alla recitazione pubblica ma alla lettura individuale, come dimostra la divisione tra poesia e musica che si verificò presso la Corte Federiciana: la letteratura diventa una sorta di svago per i sovrani e i funzionari più eminenti dalle loro mansioni quotidiane. La poesia siciliana è perlopiù poesia d’amore, i cui temi e le cui forme derivano dalla lirica provenzale; proprio dalla dottrina dell’amor cortese discendono:  Il topos ricorrente del rapporto tra amante e donna ricalcato su quello tra vassallo e signora;  La necessità di celare i propri sentimenti e di difendersi dai “malparlieri”, i vili gelosi;  Il tema dell’amor de lonh (l’amore da lontano), in assenza dell’amata; In alcuni casi si giunge a delle vere e proprie traduzioni delle opere provenzali in siciliano illustre. 1

I poeti della Scuola Siciliana sono comunque molto interessati ai temi della scienza naturale, soprattutto per la realizzazione di metafore e similitudini con il mondo della natura. La ripresa del repertorio lessicale si estende anche al lessico tecnico della poesia d’amore e alle forme metriche occitaniche, in particolare alla canso, la canzone, sperimentata soprattutto da Giacomo da Lentini. A quest’ultimo si deve anche l’importante invenzione del sonetto, formato da un’architettura fissa di 14 endecasillabi, presto forma privilegiata nelle tenzoni1. L’attività della Scuola Siciliana è scandita dall’arco della produzione di Giacomo da Lentini e vede come esponenti di maggior rilievo Pier delle Vigne, Guido delle Colonne, Rinaldo d’Aquino, Stefano Protonotaro, Giacomino Pugliese e Federico II stesso. L’esaurirsi di questa attività coincide con il tramonto dell’impero svevo, segnato dalla sconfitta subita da Manfredi a Benevento nel 1266 e dalla morte di Corradino, nipote di Federico II, entrambe a mano di Carlo I d’Angiò: Carlo I d’Angiò si era alleato con il pontefice e aveva ottenuto il Regno di Sicilia in cambio della risoluzione del conflitto tra Papato e Impero. La produzione dei rimatori siciliani si diffuse verso nord, attraverso due direttrici fondamentali: una “tirrenica”, centro-occidentale, in cui ebbe un ruolo fondamentale la Toscana, e l’altra “adriatica”, nord-orientale (testimoniata dall’inserzione di testi siciliani nelle carte notarili, i Memoriali Bolognesi, e da un frammento di una canzone di Giacomino Pugliese rinvenuto in un foglio proveniente dalla Curia tedesca) Giacomo (o Jacopo) da Lentini fu notaio presso la Magna Curia di Federico II di Svevia tra il 1230 e il 1241 ed è nominato in diversi passi della Commedia come . Giacomo da Lentini è considerato il caposcuola dei poeti siciliani e a lui sono attribuiti 16 canzoni e canzonette e 24 sonetti, dei quali due in tenzone; egli è anche ritenuto, con buona probabilità, l’inventore del sonetto. Il SONETTO si configura come forma fissa di 14 endecasillabi divisi in un gruppo di 8 (due quartine) e in un gruppo di 6 (due terzine); per questo motivo si dice che il sonetto presenti una struttura binaria. Tra le numerosissime teorie che hanno cercato di spiegare l’origine della forma metrica ad opera di Giacomo da Lentini ha avuto successo quella di Roberto Antonelli, secondo la quale il siciliano si sia rifatto alla cobla esparsa (stanza isolata) del provenzale.

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TENZONI: scambi polemici in sonetti tra gli esponenti della Scuola Siciliana 2

I POETI SICULO-TOSCANI Con la fine del Regno Svevo, la tradizione lirica siciliana si mosse verso nord, in due linee direttrici fondamentali: una “adriatica”, che si sviluppò a Bologna, dove si riscontrano incontri con i funzionari svevi voluti dall’ambiente universitario, e una “tirrena”, che ebbe la sua sede in Toscana. In Toscana, verso la fine del Duecento, alcuni intellettuali anonimi coordinarono una complessa operazione di selezione e di riordino dei materiali giunti dal sud. Questa opera di riorganizzazione fu un lavoro di inestimabile valore, poiché conservò una ricca e qualificata testimonianza della prima scuola poetica italiana, anche se attraverso un fenomeno di toscanizzazione cui i poeti sottoposero i testi. I più importanti canzonieri1 antichi, che permettono la trasmissione delle opere toscanizzate, integrano il canone antico al moderno, ossia inseriscono al fianco dei grandi poeti della Scuola Siciliana autori più recenti e di altra origine geografico-linguistica:  Canzoniere V, conservato presso la Biblioteca Vaticana e contenente le liriche ritenute importanti da Dante e dai suoi contemporanei;  Canzoniere P, conservato presso la Biblioteca Nazionale di Firenze, di origine pistoiese;  Canzoniere L, conservato presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, di origine pisana. Proprio alle città di origine di questi tre manoscritti appartengono i principali autori che, intorno alla metà del Duecento, ripresero e rielaborarono i modelli poetici siciliani e provenzali; vista la loro appartenenza geografica e il loro legame con la Scuola Siciliana, questi autori sono noti come siculo-toscani, anche se con questo termine non si può intendere una vera e propria scuola poetica, poiché essi si differenziano per originalità e diversificazione delle esperienze biografiche. Gli autori siculo-toscani trapiantarono la canzone appartenente alla Scuola Siciliana nel clima toscano, tormentato dalle vicende contrastanti di guelfi e ghibellini, inserendo nel genere l’argomento politico e ampliarono notevolmente le forme metriche, introducendo e sviluppando la ballata. Nell’attività di questi rimatori, inoltre, la lezione dei siciliani si accompagnò all’influenza esercitata dalla tradizione trobadorica e dei trovatori italiani, attivi presso le corti e i Comuni settentrionali, in particolare nell’area padano-veneta. Si può distinguere fra Toscana occidentale, che comprende l’area che va da Lucca a Pisa, dalla Toscana orientale, da Firenze ad Arezzo: i rimatori occidentali, tra i quali spicca il lucchese Bonagiunta Orbicciani, sono caratterizzati da uno stile poetico meno oscuro e privo di eccessive ricercatezze tecniche, mentre i rimatori orientali, tra i quali spiccano le figure di Guittone d’Arezzo e Chiaro Davanzati, privilegiano uno sperimentalismo metrico-formale. BONAGIUNTA ORBICCIANI Bonagiunta Orbicciani fu il primo poeta ad aver trapiantato in Toscana moduli poetici siciliani. La poesia di Bonagiunta ha in comune con quella di Guittone solamente le tematiche moraleggianti, mentre per il resto risente molto delle forme provenzali e siciliane: egli presenta una posizione mediana tra l’”antico” e il “moderno”, tentando di attenuare il clima aulico delle poesie siciliane con l’inserimento di moduli piani e discorsivi. GUITTONE D’AREZZO Guittone d’Arezzo, rimatore orientale, si distingue nella sua vita per la sua conversione religiosa, che lo portò ad entrare nell’Ordine dei Frati Gaudenti e il cui rilievo si riflette nella tradizione manoscritta (che infatti divide le canzoni e i sonetti di Guittone da quelli di Frate Guittone); negli ultimi anni della sua vita tese verso una risistemazione della propria produzione poetica secondo una logica di sviluppo cronologico ed esistenziale: è presente nella tradizione manoscritta di 1

CANZONIERE: raccolta di componimenti in seguito a un processo di antologizzazione, così chiamati perché iniziano con una collezione di canzoni, genere illustre nella poesia delle origini. 3

Guittone un Microcanzoniere, costituito da 86 sonetti legati tra loro da una serie di accorgimenti metrici e formali. Le caratteristiche distintive della poesia Guittoniana sono lo sperimentalismo e l’innovazione metrico formale che traducono la passione e il vigore morale del poeta in un’espressione ermetica, di notevole difficoltà di lettura. Nei sonetti amorosi lo sperimentalismo si esercita anche sui modi e sulle figure della poesia amorosa cortese, forse lievemente parodizzati, mentre nelle composizioni di carattere politico vengono utilizzate immagini topiche dell’invettiva e del sarcasmo, caratterizzate dal procedere tipico di Guittone per sentenze moralistiche. CHIARO DAVANZATI Chiaro Davanzati ebbe una notevole fortuna che va ricondotta alla sua opera di divulgazione dei temi e delle immagini della tradizione provenzale e siciliana: egli privilegiò sicuramente uno stile mediano.

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LO STIL NOVO La seconda metà del Duecento vede fiorire la tendenza poetica stilnovistica, punto di svolta nella tradizione della poesia italiana, che prende il nome dalla definizione che Dante ne fa nel Purgatorio, . I poeti che ne fanno parte si riconoscono per un comune distacco rispetto ai moduli antichi tipici sia della poesia siciliana che di quella toscana e nella promozione di alcune linee poetiche e ideologiche innovative, quali:  L’insistenza sull’ispirazione interiore della poesia e della sua autonomia rispetto agli eventi contingenti;  La connessione inscindibile fra sentimento amoroso e natura interiore “nobile” e “gentile” del poeta-amante;  La conseguente esaltazione di una nobiltà di cuore, opposta a quella di sangue, come qualità indispensabile del poeta. In tali novità i poeti dello stilnovo si rifanno, in parte, alla poesia di matrice cortese e trobadorica, ma la sviluppano in maniera ancora inedita. La definizione dantesca del nuovo stile insiste sul concetto di un’ispirazione interiore che trascende il quotidiano e che è allo stesso tempo lontana dalla poesia convenzionale e di genere od occasionale. Amore è il centro dell’esperienza esistenziale e poetica, la forza trascendente che ispira, attraverso una vera e propria dettatura, i poeti stilnovisti e che può essere da essi compresa solo attraverso la conoscenza di “scientia, doctrina et ars”. Proprio per questo motivo la poesia stilnovistica tende alla sottigliezza concettuale di carattere filosofico e intellettualistico e alla dolcezza dello stile per tradurre fedelmente le parole di Amore; tale poesia non si può limitare a recuperare immagini e modelli letterari esteriori e convenzionali. La dolcezza si traduce nello Stil Novo in una diminuzione di sicilianismi, provenzalismi e rime siciliane e in una scelta lessicale alta e raffinata. I caratteri della nuova maniera poetica si vanno precisando grazie a un vero e proprio dibattito tra gli esponenti del “vecchio” e del “nuovo” stile, identificati rispettivamente da Bonagiunta Orbicciani e da Guido Guinizelli, nella forma del sonetto di corrispondenza: la parte iniziale di questo confronto è segnata dal sonetto di Bonagiunta Voi ch’avete mutata la maniera, a cui Guinizelli rispose con Omo ch’è saggio non corre leggero, e la tappa finale è il canto XXIV del Paradiso di Dante. Le città maggiormente implicate nella nascita e nello sviluppo di questo nuovo stile poetico sono Bologna, patria di Guido Guinizelli, e Firenze, i cui principali protagonisti sono Guido Cavalcanti, Dante Alighieri, Cino da Pistoia e Lapo Gianni. I differenti esiti dei vari esponenti dello Stil novo portano però a dubitare che si possa parlare di una vera e propria scuola stilnovistica (Guido cavalcanti, infatti, arriverà a negare il carattere salvifico dell’amore, sostenendo che la passione amorosa provoca la morte spirituale, mentre Dante approderà al superamento dello Stil novo nella Commedia, dove Beatrice diverrà mediatrice dell’amore divino e guiderà Dante fino alla visione di Dio). GUIDO GUINIZELLI “padre” della nuova poesia Il giudice bolognese Guido di Guinizello da Magnano nacque nel 1230 (o nel 1235) e morì nel 1276; apparteneva alla fazione cittadina dei ghibellini dei Lambertazzi e per questo motivo fu in esilio per diversi anni a Padova. Pur anticipando la poesia stilnovistica toscana, solo un ristretto numero della ventina di rime di Guido Guinizelli può essere considerato all’origine di una nuova maniera poetica; in essi sono presenti alcuni dei temi che verranno riproposti nelle opere stilnovistiche:  Il topos della lode di madonna;  Il topos del saluto “salutifero”; 5

Il topos della nobiltà di cuore come elemento necessario per la classificazione nel genere del poeta-amante;  Il motivo dell’angoscia amorosa e della morte spirituale provocata dall’amore. Il manifesto della nuova poetica è Al cor gentile rempaira sempre amore che, prendendo lo spunto iniziale dal De Amore di Andrea Cappellano, afferma la totale identificazione tra Amore e “cor gentile”, sottolineata da una serie di similitudini naturalistiche. Il lessico della lirica è ricco di riferimenti alla cultura scientifica, filosofica e biblica e presenta risvolti di natura sociologica legati alla concezione della nobiltà, intesa come fatto esclusivamente spirituale. Nelle ultime due stanze della lirica si nota un paragone tra il rapporto donna-poeta/amante e quello di Dio con gli angeli, che in seguito diventerà un nucleo fondamentale all’interno del movimento stilnovistico: in particolare nell’ultima stanza il poeta giustifica davanti a Dio il parallelismi, spiegando che le fattezze angeliche della donna (madonna), create da Dio stesso, lo avrebbero autorizzato a tanta presunzione. Al centro del dibattito si trova la questione della conciliazione della lode e dell’amore per una donna, passione sensuale e terrena, con la tensione verso Dio, desiderio di elevazione spirituale. A questo proposito Guinizelli afferma che, visto che la donna ha le sembianze di un angelo, il poeta si sente giustificato all’amore terreno. La figura della donna-angelo ha un significato più profondo: come le intelligenze angeliche che, muovendo le sfere celesti, fanno da mediatrici tra la volontà divina e il mondo della natura, così la donna-angelo, con la sua apparizione, porta a compimento la volontà di Amore che prima era latente. La corrispondenza tra Amore e Dio sottolinea il carattere trascendente del sentimento amoroso, per il quale la poesia è strumento di elevazione morale e spirituale. 

CINO DA PISTOIA Cino da Pistoia, esponente della fazione dei guelfi neri, continuerà anche nel Trecento inoltrato a riproporre i topoi e le immagini dello stilnovo, inclinandolo maggiormente a un tono sentimentale e patetico: Cino esercitò un ruolo fondamentale di mediazione fra lo Stilnovismo fiorentino e la successiva esperienza poetica trecentesca. GUIDO CAVALCANTI Le notizie intorno alla vita di Guido Cavalcanti sono molto scarse: la sua data di nascita si colloca intorno alla metà del XIII secolo, ma prima del 1260, mentre la morte lo colpì nel 1300. Cavalcanti fu esponente di spicco dei guelfi bianchi e venne coinvolto direttamente in alcune delle battaglie di fazione, oltre che nella vita pubblica della Firenze del Duecento. A quest’ultima intensa attività pubblica e politica è dovuto il suo esilio, deciso dal comune il 24 giugno del 1300, per il quale venne inviato a Sarzana (dove rimase in realtà per poco più di un mese). Cavalcanti è un intellettuale aristocratico che incarna l’ideale di una nobiltà basata sull’affinamento spirituale e sul possesso innato di un cor gentile; a ciò consegue la fondamentale ostilità verso le persone vili e una selezione del pubblico a cui indirizzare la propria produzione poetica: Cavalcanti si rivolge alla cerchia degli interlocutori degni, in grado di comprendere e condividere l’esperienza dell’amore spirituale e l’alto livello filosofico e dottrinale dei suoi componimenti. Cavalcanti è una figura di spicco dello Stil novo per il quale l’evento amoroso costituisce ancora il nucleo generatore della poesia, anche se viene trattato con aspetti nuovi: la novità riguarda il desiderio di spiegare scientificamente l’esperienza amorosa, mobilitando il ricco patrimonio filosofico e medico. Cavalcanti sviluppa la sua cultura in centri universitari come Bologna e Parigi, in cui stava circolando sempre in misura maggiore il nuovo aristotelismo, alimentato dalle traduzioni latine delle opere di Aristotele, grazie al quale si affermò l’interesse per la “scientia de anima”.

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A questo clima culturale nascente si accostano due correnti interpretative contrastanti: l’aristotelismo ortodosso, che sostiene una lettura delle opere aristoteliche affiancata alla conoscenza della dottrina cristiana, e l’aristotelismo radicale, al quale appartiene anche l’averroismo1, spesso in contrasto con i dogmi della Chiesa. Cavalcanti sembra aver aderito proprio a quest’ultima corrente, nell’assorbimento del linguaggio tecnico e nelle posizioni riguardanti la natura e le origini dell’amore. La questione relativa alla natura e alla provenienza dell’amore è affrontata da Cavalcanti nella canzone Donna me prega. In primo luogo si afferma che l’amore non è una sostanza ma un accidente, ossia non può esistere autonomamente ma solo in relazione a un’altra sostanza (come per esempio potrebbe essere un uomo), nella quale è presente in potenza fino a quando un’azione di causa esterna non lo traduce in atto: questa causa esterna è uno stimolo che viene percepito dai sensi, primo fra i quali la vista. L’amore ha origine nell’anima sensitiva, che è la parte dell’anima dotata di una natura irrazionale, e non in quella intellettiva, razionale: a questo punto si nota però uno sdoppiamento del sentimento amoroso in due parti, una sensitiva, che provoca la passione dei sensi, e una intellettiva, che elabora idealmente l’imma...


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