Convivialità a tavola - Voto: 26 PDF

Title Convivialità a tavola - Voto: 26
Course scienze dell'alimentazione gastronomia
Institution Università telematica San Raffaele Roma
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elaborato di storia della gastronomia...


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Convivialità a tavola Introduzione “Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutte le condizioni sociali, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri piaceri, e resta ultimo a consolarci della loro perdita” Anthelme Brillat-Savarin. Fino dall’antichità l’importanza della convivialità è riconosciuta, non esiste paese, cultura, epoca storica dove non venga considerata come parte fondamentale della felicità umana. Infatti, è quel piacere nel condividere, nello stare insieme a tavola, e non ultimo, rendersi conto che il “noi” è fondamentale per una vita sociale sana e piena di soddisfazioni. Ai giorni nostri, uno dei poteri della convivialità è quello di trasformare un modo di sfamarsi tipico della società sempre in movimento e caotica, per esempio il FastFood, in un momento di condivisione e compagnia. Infatti il Fast-Food di norma si consuma velocemente, magari spostandosi da un luogo all’altro e soli. Se prendiamo però in considerazione le comitive di ragazzi e le famiglie amanti del genere, ci accorgiamo come lo stare insieme attorno ad una tavola, allunghi notevolmente i tempi di permanenza in questi locali. Trasformando così il significato di pasto veloce. La convivialità è l’espressione di: - Identità - Società - Cultura Al cambiare, anche solo, di una di queste variabili, il modo di vivere la convivialità cambia, si adatta. Rimanendo però, un punto fisso per il benessere dell’uomo. “Il piacere dei banchetti non si deve misurare dalle squisitezze delle portate, ma dalla compagnia degli amici e dai loro discorsi” scriveva Cicerone, infatti, il piacere di mangiare non è riconducibile solo al gusto più o meno buono del cibo (che è soggettivo), è l’ insieme di tutti quegli aspetti culturali, sociali, simbolici, psicologici, emotivi che il mangiare crea dentro ognuno di noi.

La differenza tra mangiare in compagnia e mangiare da solo, è che quest’ultimo comporta la mancanza di questi aspetti umanistici, riducendolo ad un semplice bisogno da soddisfare. Se così fosse saremmo come tutti gli altri animali, ci nutriremmo solo con lo scopo del sostentamento, invece, noi umani siamo animali sociali e quindi abbiamo bisogno di compagnia, di confrontarci, e perché no, di discutere anche animatamente. Il sedersi attorno ad una tavola è la situazione migliore per mettere in pratica questo bisogno umano, capace di avvicinarci, farci conoscere e riappacificarci quando serve. Nel 2010, la Dieta Mediterranea è stata riconosciuta dall’ UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell’ umanità. Patrimonio che riunisce le culture alimentari dei popoli del bacino del Mar Mediterraneo (Italia, Spagna, Grecia, Marocco, ecc.), consolidate nel corso dei secoli e rimaste immutate fino a metà ‘900. Il “mangiare insieme”, tipico dei popoli suddetti, non significa semplicemente consumare un pasto, ma vuol dire rafforzare le relazioni, promuovere il dialogo e la creatività in cucina, e non solo, tramandare tradizioni e usanze. Di conseguenza, ogni volta che ci sediamo a tavola con amici, colleghi o famigliari, entriamo a far parte di questo patrimonio indispensabile all’umanità. Nel nostro piccolo contribuiamo a sviluppare le condizioni per le quali questo piacere universale resti vivo nelle generazioni future. Cenni storici Analizzando l’evoluzione dell’essere umano, possiamo ipotizzare che già nella preistoria, gruppi o famiglie di ominidi, si ritrovassero per dividere i proventi della caccia. Dal momento in cui il primo fuoco è stato domato, circa 500.000 anni fa, ha preso subito un’ importanza e un valore simbolico centrale. Infatti, è attorno al focolare che per millenni gli esseri umani si radunarono per condividere il cibo, per prendere decisioni importanti e per sviluppare quelle capacità, abilità che permetteranno poi la nascita delle prime civiltà.

Grazie alle azioni legate al cibo, come: procacciamento, produzione, trasformazione della materia prima e consumo, l’evoluzione umana ha avuto inizio, fino ad arrivare al linguaggio verbale. È proprio questo che ha permesso dal III° millennio a.C. in poi la nascita e lo sviluppo delle prime civiltà evolute, partendo dalla mezza luna fertile. È a queste culture (Assiri e Babilonesi) che risalgono i primi esempi di convivialità in “grande stile”: i banchetti. Le informazioni arrivate a noi, riguardano soprattutto i banchetti religiosi e dell’alta società. Questo non vuol dire che non ci fossero momenti conviviali anche all’interno delle classi meno abbienti. Di sicuro non saranno state all’insegna dello sfarzo, ma probabilmente comunque piene di significato. Nelle società mesopotamiche, i banchetti nascono con lo scopo di ingraziarsi gli dei, facendo iniziare i pasti nei templi con offerte rivolte a loro. Poi presumibilmente si capisce il potere sociale del convivio, e si inizia a sfruttarlo per prendere decisioni, proporre o sugellare un accordo economico, sociale o politico. Altri motivi per organizzare banchetti sono: mettere in mostra la ricchezza della famiglia, dimostrare di appartenere ad un certo stato sociale e ringraziare sottoposti meritevoli. Apparentemente motivi di poca utilità pubblica, ma se consideriamo che già allora il cibo e i modi di consumarlo avevano un significato, ed erano simboli di distinzione sociale, capiamo l’importanza cha attribuivano nell’ antichità gli anfitrioni ai loro banchetti. Banchetti, che proprio per questa simbologia così importante, erano organizzati e codificati secondo regole precise. Nel banchetto reale, per esempio, il Re veniva servito per primo, ed era lui stesso a porre il piatto all’ospite di riguardo e venivano fatti regali agli invitati. Come vedremo anche in epoche successive, vengono lavate la mani a tutti con acqua, non per motivi igienici, ma come simbolo di purificazione, per lavarsi via i dissapori e sedersi a tavola con uno spirito nuovo, almeno simbolicamente.

Questi primi codici di comportamento, col passare dei secoli e delle civiltà muteranno, ma gli scopi del banchetto resteranno pressoché immutati. Nella Grecia, dal periodo arcaico al periodo ellenistico, il convivio è considerato la più importante forma di socializzazione. I motivi per i quali si organizzava un banchetto, sono molto simili a quelli delle civiltà precedenti, assumendo però un valore socio-politico più forte. Infatti la Grecia era composta da città-stato, ognuna delle quali aveva il proprio Re e le proprie famiglie nobili e guerriere. Invitare qualcuno a mangiare alla propria tavola, era uno strumento per stringere alleanze o per mantenere buoni rapporti all’ interno della polis. A tale scopo, i greci, cambiarono l’organizzazione del banchetto, separandolo in due parti distinte: - il deipnon, momento in cui si mangia in stanze di ville private (andròn) oppure in luoghi pubblici come templi o piazze; - il simposio, parte del banchetto in cui si beve, soprattutto vino annacquato. È questo che, col passare dei secoli prenderà sempre più importanza, diventando il momento di aggregazione sociale più significativo per la cultura greca. Il focolare mantiene un ruolo e una posizione centrale mentre si mangia, viene però sostituito da un cratere (vaso) pieno di vino durante il simposio, dal quale mescere il nettare degli dèi a tutti i commensali equidistanti dallo stesso, assumendo così il simbolo di uguaglianza ed equilibrio fino ad allora detenuto dal braciere. Prima di dedicarsi al piacere del bere, oltre a fare sacrifici agli dèi, i partecipanti intonavano i canti del peana (canti dedicati agli dèi o inneggianti vittorie in battaglia), poi durante il simposio si dedicavano ad altre attività di piacere, quali in primis la poesia, il gioco e intrattenimenti erotici. Questa organizzazione fu poi ripresa dalla cultura romana. Inizialmente nell’ epoca della monarchia e della repubblica, i banchetti restarono pressoché invariati. Le famiglie dell’alta società si riunivano per consolidare i rapporti tra pares. Oltre a

mangiare e bere assieme, in questi convivi potevano assistere a letture di classici oppure a rappresentazioni teatrali, che avevano lo scopo di mantenere vive nella memoria le gesta degli antenati e di istruire i commensali. Con l’espansione dell’ impero, sono cambiate: le abitudini alimentari, lo scopo e i valori base ereditati dal banchetto greco. È durante questo periodo che gli anfitrioni iniziano ad organizzare banchetti all’ insegna dello sfarzo e del lusso iniziando a dare più importanza alla qualità e alla quantità delle portate, distinguendo l’ordine di servizio: gustatio (antipasti), prima mensa (portate più consistenti, come carne e pesce), seconda mensa (conclusione del pasto con frutta secca e dolci) e infine il commissatio (simposio dei romani). Gli schiavi vengono scelti e messi in mostra in base alla loro bellezza e iniziano a delinearsi figure ben definite: il nomenclator (capo sala), che aveva il compito di annunciare gli ospiti e descrivere le pietanze servite e l’ archimagirus (capo cucina), il quale seguiva tutte le preparazioni delle portate e si assicurava che i piatti fossero suntuosi, dei veri e propri artifici culinari. Gli intrattenimenti, inizialmente dediti all’erudizione dei commensali, assumono anch’essi lo scopo di stupire e mettere in mostra lo status sociale ed economico del padrone di casa. Questi cambiamenti nella convivialità romana, sono ottimi indicatori per comprendere i radicali cambi socio-economici avvenuti durante l’età imperiale. Con la caduta dell’Impero Romano e l’inizio del Medioevo, il modo di vivere la convivialità cambia, a dimostrazione che quest’ultima è l’espressione della società e della cultura di un preciso periodo storico. Nell’alto e pieno Medioevo, i banchetti tornano ad avere una funzione politica oltre che dimostrativa. Non si da più importanza alla qualità delle portate, l’importante è che ce ne siano in abbondanza. Infatti, i banchetti medievali potevano durare anche giorni, durante i quali oltre a mangiare e soprattutto bere, gli invitati potevano svagarsi con battute di caccia e assistere a spettacoli di giocolieri, ballerine e cantastorie.

Queste attività mondane, avevano lo scopo preciso di creare fiducia e confidenza tra i partecipanti, in modo da poter capire le intenzioni dell’invitato. L’obiettivo finale dei banchetti era il più delle volte concludere un contratto o comunque un accordo tra l’anfitrione e uno o più ospiti. La strutturazione del convivio era pensata per mettere i partecipanti nella condizione il più possibile favorevole all’accettazione delle proposte. Dall’anno Mille in poi, cioè nel basso Medioevo, aumenta la distinzione tra nobili e cittadini, rispetto agli abitanti delle zone rurali. Come già detto, al cambiare della società, cambia il modo di vivere la convivialità. È proprio in questo periodo che dal banchetto, si passa alle feste di corte. Feste, organizzate per dimostrare il proprio potere, per rendere ancora più evidente la gerarchia sociale. Infatti, durante il pasto, l’anfitrione siede al centro, ed assegna i posti ai suoi invitati in base alla loro importanza nella società. I più rispettabili, siedono vicino a lui, e man mano ci si allontana, l’importanza sociale diminuisce. Altro segno distintivo di questi convivi erano i doni, anch’essi commisurati allo status sociale. Regali, che non erano riservati solo ai commensali, ma per ostentare ricchezza e potenza, venivano consegnati anche a gente povera e pellegrini. Questa esibizione ostentata di lusso e ricchezza, finì col creare una vera e propria gara di doni tra i nobili. Nel Rinascimento, uno degli aspetti più innovativi riguardo la convivialità a tavola, è il raffinamento delle norme di comportamento (cortesie) durante i pasti, direttamente collegate allo sviluppo delle buone maniere da seguire nella società. Tutte regole che mettono sempre più in evidenza il divario tra cultura cittadina e nobiliare, da quella rurale e villana. Sempre in questo periodo, si definiscono con più precisione le figure di servizio del banchetto, fino ad allora occupate da schiavi e servi. Nel Rinascimento, queste figure sono rivestite da professionisti di estrazione sociale nobile. O comunque,

provenienti da famiglie benestanti, dato che per diventare maestro di cerimonia, scalco, coppiere o spenditore, bisognava avere delle conoscenze e delle qualità ben precise. Nel XVII° secolo, nel pieno del periodo Barocco, la pomposità, lo sfoggio di questo stile, non solo artistico, è messa in scena anche durante i banchetti. Ogni elemento del pranzo è finalizzato allo spettacolo, dalle portate artificiose, agli spettacoli offerti come intramezzi e al mobilio, che raggiunge un valore simbolico mai visto prima. Dalle credenze in primis, alla saliera, gli organizzatori dei banchetti, mettono in mostra la loro possibilità economica, facendole diventare sempre più grandi ed elaborate. Oltre a queste forme di convivialità sontuose e rappresentative, ogni epoca ha avuto i suoi luoghi accessibili ai ceti meno abbienti, dove poter mangiare e bere stando insieme. Sono gli antenati dei moderni ristoranti, che fanno la loro comparsa solo dopo la rivoluzione francese di fine ‘700. Questi locali, inizialmente sono destinati soprattutto a mercanti, marinai e viandanti. Già a partire dal V° secolo a.C., in Grecia, compaiono taverne e locande nei pressi dei porti e centri di scambio principali. Con lo sviluppo economico in crescita, nell’arco di pochi secoli, i locali di ospitalità pubblica si diffondono vicino a templi, strade di collegamento e anche a luoghi di svago cittadini. Presso i romani, le taberne (cosi si identificavano diverse tipologie di locali) erano molto diffuse nei quartieri poveri, qui i clienti potevano bere, mangiare e godere della compagnia di donne. Con il diffondersi del cristianesimo, in Europa, ma soprattutto in Italia, appare un fenomeno che è tuttora in corso: il pellegrinaggio. Molte persone compiono viaggi da ogni parte del vecchio Impero romano per arrivare a Roma, dove la chiesa aveva spostato il suo centro, assieme a moltissime reliquie. È questo fenomeno, che avvia in Italia, durante il basso Medioevo, una diversificazione delle strutture adibite a ristoro. Le taverne o locande non sono più luoghi riservati ai poveri, ma da ora

vengono classificate in base al menù offerto. Classificazione che nel ‘800 sarà focalizzata tra due tipologie di locali per la ristorazione, ancora oggi presenti nella nostra cultura: le trattorie, che fornivano una cucina familiare, oggi identificata come cucina tradizionale e i ristoranti, che da sempre offrono una cucina più elaborata e ricercata. Tutti questi luoghi, nel corso dei secoli, hanno avuto un importante valore, oltre che ristorare i clienti, sono il luogo dove le persone si incontrano, scambiano idee, e dove le culture si mescolano, portando cosi la convivialità ad un livello superiore rispetto a quello privato o familiare....


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