Corpi in tessuti Nucera Riassunto completo PDF

Title Corpi in tessuti Nucera Riassunto completo
Course Sociologia
Institution Università degli Studi di Messina
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CORPI IN TESSUTI di Sebastiano Nucera

♦CAPITOLO I Sarti per necessità L’evoluzione tecnologica che accompagna la storia dell’uomo moderno è una delle più potenti e versatili grammatiche che ridefinisce confini e modalità di interazione tra corpo e ambiente. L‘uomo infatti sente l’ambiente e lo percepisce attraverso la pelle. Gli indumenti, quindi, non fanno altro che aumentare il grado di isolamento termico rispetto all’ambiente. È indiscusso dire che le tecnologie si sono sviluppate nel tempo, per adattarsi alle esigenze dei loro consumatori, quindi potremo dire come l’evolversi delle civiltà, sia l’evolversi delle tecnologie. L'analisi condotta nel libro indaga l'intreccio delle calibrature che, a partire dall'evoluzione culturale cumulativa (ossia una cultura nata non solo dall'accumulo di conoscenze, ma che anche formata dall'addizionarsi, sottrarsi e modificarsi di fenomeni legati all'evoluzione che non sono oggettivi e dunque non misurabili), hanno reso il vestire una sintassi socio-culturale. L'evoluzione dell'abito può essere suddivisa in una serie di piccole conquiste, dove ognuna rispecchia un continuo perfezionamento delle tecnologie. Uno tra i più noti storici delle tecnologie è Basalla. Egli sostiene che la tecnologia non esiste sempre principalmente per soddisfare i bisogni dell’umanità: al contrario, spesso il bisogno si sviluppa soltanto dopo l’invenzione. Per esempio, l’invenzione del motore a combustione interna ha creato la necessità del trasporto motorizzato. Su questo punto non è d'accordo lo studioso Arthur, il quale afferma che una tecnologia non nasce senza uno scopo funzionale ben preciso. Infatti, egli distingue le tecnologie dalle invenzioni, le prime hanno dei modelli precedenti dai quali traggono ispirazione, le seconde sono prive di antenati. Le nuove tecnologie semplicemente “appaiono” diverse da quelle precedenti. Nel ricostruire la natura diacronica della pratica vestimentaria bisogna tener conto del : 1) contesto all'interno del quale si realizza la pratica, definendo

vincoli e possibilità sia della 2) tecnica che delle tecnologie, che costituiscono l'interazione incessante tra uomo e natura. Il termine tecnologia viene dal greco teknè e logos. Il termine tecnica, come sottolinea Ingold, indica l'insieme degli artefatti con cui l'uomo manipola il mondo. La tecnologia è una riflessione sulla tecnica, dove appunto il termine logos indica una “analisi su”. E' chiaro che le numerose ecologie dell'agire umano sono state incorporate nei numerosi sistemi simboli, che sono trasdotti, veicolati e amplificati dalle piattaforme tecnologiche continuamente exattate, cioè rifunzionalizzate. Quindi, così come è stato per il linguaggio che si è sviluppato su strutture nate per compiti ben diversi dal parlare, le tecnologie in numerosi contesti sono state “adattate” e hanno ampliato la loro gamma di applicazioni. Arthur, infatti, sostiene che risulta più semplice adattare una vecchia tecnologia a nuovi bisogni. 1.1 Le intuizioni di Mark Stoneking e David L. Reed Non è facile stabilire quando l'uomo abbia iniziato ad utilizzare gli abiti perché le prime protezione ( pelli di animali) e i primi strumenti utilizzati per assemblarli ( schegge litiche) sono soggetti a facile deterioramento. Infatti non esiste alcun reperto archeologico per determinare l'utilizzo dei primi abiti. Tuttavia, le indicazioni provenienti da recenti studi di Kittler e Reed sull'evoluzione genetica di una specie di pidocchio, possono essere d'aiuto. E' stato Stoneking ad iniziare la ricerca sui pidocchi attraverso una sua intuizione, egli capì che i pidocchi non potendo sopravvivere più di 24 ore lontani dal corpo umano, contenevano nel loro DNA la data in cui per la prima volta l'uomo fece uso dei vestiti. Difatti, circa 1,2 milioni di anni fa l'uomo subì la perdita di gran parte del pelo corporeo, così il pidocchio humanus humanus vide ridimensionato il suo spazio, dal corpo interno alla sola testa. Tuttavia, con lo sviluppo del proto-abbigliamento il pidocchio humanus capitis si riappropriò dei propri spazi, attaccandosi alle pellicce. Stoneking capì, grazie alla differenza di DNA tra il primo tipo di pidocchio e il secondo, che il pidocchio si era dovuto adattare a un nuovo habitat e poi nuovamente all'intero corpo, ma ricoperto di pelliccia.

Così, i suoi studi lo portarono a considerare che l'utilizzo dei primi abiti risalisse a un arco di tempo compreso tra 72.000 e i 42.000 anni fa. Tuttavia, studi più precisi dimostrarono che la data esatta era circa 170.000 anni fa. Questi studi dimostrarono che, così come le altre pratiche umane, anche le pratiche vestimentarie hanno subito continue rifunzionalizzazioni e aggiustamenti sia in base all'impatto che ebbero nelle prime proto-comunità di pratica, sia in relazione ai nuovi legami “estensivo-protesici”scaturiti dai continui cambiamenti del rapporto tre individui e ambiente. Il concetto di comunità di pratica è stato elaborato da Lave e Wenger e si riferisce alle dinamiche di apprendimento e conoscenza, considerate come il prodotto dell'interazione tra individui che condividono pratiche e attività. 1.1 Designer di 170.000 anni fa Gli studi sanno dire pressapoco quando l'uomo iniziò ad indossare pellicce, ma sono poco chiari nel spiegare per quale motivo lo fece. Una delle interpretazioni più convincenti è quella proposta da Toups, che sostiene “ l'ipotesi termica” ovvero l'idea secondo la quale l'uomo cominciò a vestirsi per far fronte a condizioni climatiche sfavorevoli. Altra ipotesi sostenuta è che l'uso degli abiti sia annoverabile tra i comportamenti moderni messi in atto dall'uomo, in questo caso dall'Homo Sapiens e che ciò lo abbia favorito nella colonizzazione rispetto all'uomo di Neanderthal. Anche se i motivi che portarono all'estinzione dell'uomo di Neanderthal sono poco chiari, si può sostenere che era assai meno competitivo del Sapiens, pur avendo un cervello più grande, una tecnologia avanzata e una buona organizzazione sociale. Anche Gilligan si fa portavoce del modello termico, sostenendolo con numerose argomentazioni, quelle più interessanti riguardano alla fisiologia del corpo umano in risposta a particolari condizioni termiche e alla distinzione che opera tra “abbigliamento semplice” e “ abbigliamento complesso”. Gilligan, anche se non lo dice chiaramente, distingue due aspetti profondamente diversi: da un lato vede l'abbigliamento come una risposta a certe esigenze fisiologiche del corpo e dall'altro evidenzia la differenziazione tecnica e procedurale relativamente alle modalità di produzione dell'abito stesso.

Al peso della cultura nella pratica vestimentaria, Gilligan ne riconosce un ruolo solo in un secondo momento. La sua idea sarebbe quella di legare la dimensione culturale dell'abito soltanto successivamente all'introduzione di quello che lui considera “l'abbigliamento complesso”, ovvero un abbigliamento confezionato attraverso la lavorazione dei tessuti per creare uno strumento per trattenere meglio il calore. Tuttavia, in realtà il concetto di “abito” e quello di “cultura” hanno un processo coevolutivo. La posizione di Gilligan sottolinea, dunque, che almeno all'inizio l'abito non ha avuto un valore simbolico. La sua posizione viene contraddetta da quella di Marcel Mauss, il quale considera inseparabili la tecnologia dal benessere fisico e sociale di una società. Egli opera una distinzione tra “ tecniche del corpo” e “tecniche strumentali”, perché nel passato si è commesso l'errore di considerare che le tecniche ci sono solo dove vi sono degli strumenti, infatti le prime tecniche sono state le tecniche del corpo; il corpo è primo e principale mezzo dell'uomo. Nell'ipotesi di Gilligan manca un qualsiasi ruolo del corpo, vengono solo analizzate le sue condizioni fisiologiche come supporto al modello termico; il modello è troppo oggettivizzato. Come sottolinea Borofsky, nelle varie ricerche sia in campo della vita sociale sia nell'antropologia sociale, il corpo è stato il grande assente, è stato considerato un peso inerte su cui agiva la mente, il vero agente della cultura. Se come spiega Gilligan gli abiti sono il prodotto di tecnologie altre in risposta a variabili pressioni ambientali, si possono anche considerare queste tecnologie come derivate da un pool conoscitivo, dove vengono tramandati sequenze d'azioni utili a conoscere come selezionare i materiali adatti e per realizzare gli abiti; questa è una cultura. Inoltre, questa sequenza d'azione rimanda sia ad un know-how sia a una progettazione preliminare dell'oggetto stesso. Sono numerose le testimonianze archeologiche che documentano come circa 80.000 e 50.000 anni fa Homo sapiens dimostrasse un senso “ estetico, infatti utilizzava piccoli pigmenti di ocra rossa per colorare gli artefatti oppure gessetti di manganese.

L'ocra rossa viene ancora oggi utilizzata in alcune comunità come gli Himba e i Samburu per colorare il corpo e i capelli, ma anche oggi con il “mineralmake up” l'ocra è utilizzata per fini estetici. Invece, non si sa con certezza se l'uomo di Neanderthal ne facesse un uso consapevole, ma alcuni rinvenimenti non lascerebbero dubbi. Arsuaga riporta che sono stati trovati 24 oggetti colorati in ocra rossa nella Cueva del Reno e che in quel luogo i Neanderthaliani introdussero ben 18 kg di ocra rossa; inoltre, pare che realizzassero una specie di collare, realizzato con denti, ossa e conchiglie colorati in rosso, per indicare un certo status sociale. In Europa sono stati trovati, in ben 70 siti del Paleolitico, numerose prove dell'uso dell'ocra rossa da parte dell'uomo di Neanderthal. La pittura rupestre del Paleolitico è definibile come un “mitogramma”, ovvero è una sintassi figurata che può essere compresa solo da chi ne conosce il mito, che è l'unica chiave di lettura. Come sostiene Mircea Eliade, già nel Paleolitico l'uomo può aver avuto una certa famigliarità con i miti, soprattutto quelli sull'origine dell'uomo e la presenza di una certa sacralità nella figura femminile. Ries, individuando in quelle pitture il riflesso dell'organizzazione sociale degli uomini del Paleolitico, rivede in queste prime pratiche, in particolare le cerimonie funebri e il decoro dei crani, il germoglio di tradizioni che nel corso del tempo sono divenute assai più complesse. Da quanto detto risulta chiaro che l'uomo primitivo era evoluto anche da un punto di vista culturale e questo va integrato nel modello di Gilligan. Quindi, i primi uomini non realizzavano artefatti sono per rispondere a certi bisogni in maniera neutra, ma la tecnica e la progettazione di qualsiasi oggetto sono simbolo di una prospettiva culturale, ovvero riflettono una pratica. E' possibile supporre che i primi abiti costituirono una delle prime interfacce tra l'individuo e il suo ambiente socio-culturale. Nella costruzione dei primi abiti esisteva una collaborazione tra più individui nel procurarsi la pelle fino alla sua lavorazione. Sono molteplici le prove che indicano che nelle varie comunità umane, comprese quelle dell'uomo di Neanderthal, vi fosse una “specializzazione topografica” e quindi, forse, anche una “specializzazione sociale”, ovvero una differenziazione dei compiti nelle attività comunitarie.

Così, le comunità di pratica diventano luoghi in cui condividere e scambiarsi conoscenze, informazioni e pratiche, ma anche luoghi dove far nascere nuove forme di organizzazione sociale e di produzione culturale. 1.3 I primi attrezzi del mestiere: selci, aghi e denti Negli esseri umani se gli squilibri termici si protraggono per troppo tempo possono essere fatali. Per questo l'uomo è sia una creatura endotermica, cioè capace di produrre calore attraverso processi metabolici, ma è anche una creatura omeotermica ovvero è capace di adottare strategie per mantenere costante la sua temperatura. Per questo il nostro corpo in risposta a cambiamenti termici, aumenta o diminuisce il battito cardiaco, il flusso sanguigno, la sudorazione ecc... Oppure adattando comportamenti culturali, ovvero costruendo artefatti per riscaldarsi o rinfrescarsi, bere liquidi caldi o freddi, costruirsi un riparo ecc... L'abito ha dunque rappresentato una risorsa per la sopravvivenza in ambienti particolarmente ostili, perché trattiene il calore. Gilligan ha proposto di confrontare le mutazioni climatiche paleo-ambientali con la fabbricazione di utensili dell'industria litica per la produzione di proto-forme di abbigliamento, ritrovati con gli scavi archeologici. Anche se le prime tecnologie risalgono al periodo olduvaiano ( 2,6 milioni di anni fa), è solo nel periodo musteriano (da 300.000 a 30.000 anni fa) che si assiste ad una vera e propria “esplosione creativa” con artefatti di eccezionale fattura, come le Veneri. Le Veneri erano delle statuette femminili che hanno permesso di inferire che all'epoca si utilizzassero già particolari accessori e capi d'abbigliamento; mentre per quanto riguarda le calzature, esse comparvero forse nel Pleistocene superiore. Ritornando alla “esplosione creativa”, si deve aggiungere che bisogna precisare che l'evoluzione dell'uomo sapiens è stata molto lunga. Il suo sviluppo e progressione nel campo della tecnologia fu molto lento, anzi si può dire che il precedente uomo Erectus fosse ben più sviluppato e che fu l'inventore del fuoco. Come si è detto prima, per preparare primi abiti gli uomini utilizzarono strumenti litici diversi, ma anche i denti. Difatti, il sistema masticatorio dei Neanderthal è stato comparato a quello degli Inuit, che utilizzano i denti per

attività para-masticatorie come per ammorbidire le pelli, e i due apparati presentano simili segni d'usura. Eppure, questi studi condotti da Krueger e Ungar non sono sufficienti per sostenere che i Neanderthal utilizzassero allo stesso modo i denti. 1.4 Tecnologie semplici e tecnologie complesse Gilligan differenzia l'abbigliamento semplice da quello complesso in base al confezionamento, presente solo nell'abbigliamento complesso. Egli non include la cultura come un elemento principale nella crescente precisione nella realizzazione degli abiti. Mentre per gli autori del libro, l'uomo si è perfezionato sia da un punto di vista tecnologico che socio-culturale e per questo realizza artefatti sempre più precisi. L'abito così diviene l'interfaccia tra corpo e ambiente e questa sua valenza è importante perché modifica l'organizzazione socio-culturale e perché comporta una continua ristrutturazione delle competenze tecniche dell'uomo del Paleolitico superiore. La nostra capacità di assemblare materiali e cooptare funzioni originarie per definire nuovi modi d'utilizzo è simile alla figura del bricoleur di LéviStrauss. Il bricoleur utilizza gli strumenti che ha disposizione per i vari tipi di progetti, senza cambiarli di volta in volta ma utilizzandone un numero finito. Tuttavia, per Strauss il bricoleur del neolitico era uno scienziato portatore di un bagaglio esperienziale e culturale derivato dalle generazioni precedenti. A prova di ciò sarebbe il ritrovamento, vicino Mosca, di un'antica tomba vecchia di 28.000 anni, all'interno della quale sono stati rinvenuti numerosi oggetti ornamentali, che evidenziano il possesso di notevoli capacità tecniche e conoscenze di materiali.

1.5 Tracce vestimentarie visuografiche: la Rock Art Fino al Paleolitico le tracce visuografiche sono limitate a quelle di alcuni siti, come il sito di Qafzeh dove sono state trovate 14 sepolture con vari corredi funebri. I contenuti di queste rappresentazioni rupestri sono difficili da interpretare e da decifrare. Lo studioso che più di tutti si dedicò a questo studio fu Breuil, come ci dice Aczel, nel XX secolo. Dai suoi studi sono nate due teorie sulle pitture rupestri:1) l'interpretazione sciamanica( Breuil,1956) sessuale ( Leroi-Gourhan 1964); 2) l'interpretazione artistica che riconosce a

tali pitture solo una valenza artistica, secondo anche quanto è studiato da Ian Tattersall, i preistorici hanno dipinto solo per il gusto semplice di poter dipingere. Gould, che criticò molto la monopolizzazione della discussione sull'arte parietale da Breuil e Leroi-Gourhan, e notò anche che i due studiosi avevano un modo diverso di procedere nello studio. Breuil analizzava singolarmente le immagini rupestri, animale per animale, senza guardare all'insieme. Per Leroi-Gourhan,invece, contava il numero e la posizione di ogni animale, che avevano un significato dato dallo schema basato sul dualismo maschio- femmina. L'errore per Gould è quello di aver voluto credere che nelle pitture rupestri ci sia un'evoluzione di stili, che diventano con il tempo più raffinati. Questo perché non esiste una prova separata, indipendente dai dipinti stessi, che ci permetta di datarli. Per esempio, per datare Michelangelo è bastato basarsi su eventi storici precisi. Senza prove, documenti non si può, secondo Gould, ordinare cronologicamente i dipinti e vederne un'evoluzione. Dalla loro comparsa, sembra che tutte le forme artistiche si siano evolute insieme all'evoluzione di forme arcaiche di protoreligione e musica. Questo evidenzia una co-evoluzione dei processi culturali attraverso i quali si crea un diverso rapporto tra corporeità, ambiente e società. Inoltre, come è stato rilevato da Mithen, la tradizione artistica del Paleolitico nasce 30.000 anni fa e dura fino alla fine dell'era glaciale, cioè 11.500 anni fa, e fu caratterizzata da una straordinaria omogeneità. Nel Somaliland e precisamente nel sito di Laas Gaal, sono state trovate pitture rupestri che forniscono informazioni circa gli abiti del tempo. Per la prima volta si assiste a immagini di animali divinizzati con accanto una figura umana vestita, due novità assolute per la rock art. Pare che gli animali venissero adorati infatti hanno decorazioni e ornamenti e il sacerdote indossa ,invece, un drappeggio bianco che cinge la vita. I dipinti sugli animali fanno capire che i dipinti non avevano soltanto un valore religioso, ma raffiguravano i bovini per una” divinizzazione ecologico -faunistica”, ovvero perché la sopravvivenza di quei popoli era legata alla caccia di bovini, ma anche di antilopi. Tutto questo serve per collocare le pratiche vestimentarie in un nuovo contesto cerimoniale, estetico ed edonistico di questi prime protoculture. 1.6 Dalle “veneri” alla “rivoluzione della lana”: le prime civiltà

E' ragionevole supporre che durante il Paleolitico l'uso degli abiti doveva essere già abbastanza diffuso. Però, non erano solo pelli cucite, ma molti indizi portano ad ipotizzare che fossero di uso i tessuti. La produzione tessile, seppur sporadica e circoscritta a determinate zone, è fatta risalire a 27.000 anni fa. Il rinvenimento di alcune statuette ha permesso di verificare l'esistenza di particolari acconciature, l'utilizzo dei teli, scialli e di un capo molto simile ad una gonna. Inoltre la presenza di nodi farebbe pensare ad una protoforma di una trama. Per la raffinatezza che dimostrano le veneri, sia da un punto di vista della tecnica sia del processo produttivo, gli autori sono convinti che le tecniche utilizzate non siano improvvisate, ma rimandano a precise competenze per la produzione dei manufatti. Le analisi condotte da Adovasio hanno permesso di identificare diverse tecniche di intreccio delle fibre, tra cui il twining( o tessitura ad intreccio), che ancora oggi è utilizzata in Nord America e nel Centro, Sud America. Secondo Adovasio le fibre sono state intrecciate esclusivamente a mano e questo fa pensare che queste tecniche abbiano anticipato la costruzione e l'utilizzo dei primi telai. I primi telai,infatti, sono comparsi circa 6.000 anni fa come testimoniano le pitture presso la tomba Badari in Egitto. Contemporaneamente nell'Europa centrale compaiono i primi telai a gravità. Le innovazioni dell'industria tessile appaiono contemporaneamente in tutto il mondo, ma cambiano le materie prime disponibili, le tecniche impiegate e i materiali. Durante questo periodo in Mesopotamia inizia a essere lavorata la lana, questo provocò una delle prime “rivoluzioni sociali”. Fino al V millennio a. C non ci sono prove certe riguardo l'utilizzo della lana; successivamente invece il numero degli ovini aumentò di circa otto volte e non si sa bene il motivo. Thomas ha dedotto che tutto ciò accadde perché si trasformò la produzione agricola. In pratica con l'aumento demografico le popolazioni mesopotamiche ...


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