Costituzionale - Prerogative parlamentari PDF

Title Costituzionale - Prerogative parlamentari
Author Umberto Rusciano
Course Diritto costituzionale
Institution Università di Bologna
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Costituzionale – Prerogative parlamentari Le prerogative parlamentari, in epoca liberale, avevano dato ottima prova di sé, essendo poste in un equilibrio piuttosto stabile. Sono il retaggio dell’antico sistema duale [Re-Parlamento] e sono per l’appunto gli strumenti di cui l’organo legislativo si dota per difendersi dal rischio di essere, in certa misura, attinto dai funzionari del Governo (vale a dire del Monarca). Le Cost. liberali vedevano nella prerogativa parlamentare il presidio contro l’assolutezza del potere regio, il quale ultimo si era sviluppato attraverso la successiva articolazione del potere esecutivo e giudiziario, che esercitavano un potere pubblico peculiare ma che, in ogni caso, era sotto la Corona. Il Costituente si trova a dover disciplinare la materia in regime di costituzione rigida: - La prima scelta da effettuare è se affidare la disciplina analitica di ciascuna guarentigia alla legge, oppure all’autonomia regolamentare di ciascuna Camera  la questione è connessa con l’adozione di uno schema bicamerale paritario. In alcuni casi, e per alcuni problemi, il costituente sceglie la legge, mentre in altri decide di affidare la guarentigia all’autonomia camerale. - Cambio di prospettiva con la c.d. legge Boato (140/2003), che pretenderebbe di disciplinare analiticamente i presupposti a rilevanza esterna delle prerogative previste dall’art. 68  tentativo di tipizzare ed enucleare i presupposti e le modalità di disciplina della guarentigia. Tuttavia, è palese che questa tecnica di disciplina voglia non solo parificare la condizione di deputati e senatori, ma anche cercare di riassestare i rapporti di equilibrio tra Magistratura e il potere legislativo, limitando più spazi di incisione del potere giudiziario sul Parlamento.

Art. 68, primo comma

1° comma: tentativo di porre il dibattito parlamentare e le responsabilità eventualmente conseguenti su un piano altro rispetto a quello della dinamica generale dei rapporti; è chiaro che il parlamentare che non possa godere di questa guarentigia sarebbe messo in una posizione decisamente difficile, dal momento che, altrimenti, questi sarebbe costantemente posto nella condizione di dover temere conseguenze delle affermazioni svolte, delle opinioni manifestate e dei voti dati  cioè turberebbe la libertà di scelta del parlamentare. Di qui, il concetto per cui i voti dati e le opinioni espresse non possono essere sindacati: dietro al concetto di insindacabilità, v’è “non possono essere chiamati a rispondere”. La posizione del parlamentare e la dinamica generale delle Assemblee è dunque posta al di fuori del circuito ordinario di responsabilità, al fine di prevenire qualsiasi tipo di addebito e conseguenza sulle spalle di chi adotti il voto ed esprima le proprie opinioni in sede  si tratta di guarentigia assoluta o relativa? Non può essere assoluta, non 1

si tratta evidentemente di un privilegio. “Nell’esercizio delle loro funzioni”  guarentigia che opera in termini relativi, legata al nesso funzionale tra le opinioni o i voti e le funzioni parlamentari del singolo componente della Camera o del Senato. Non è facile stabilire come debba definirsi tale nesso funzionale: la geometrica lettura mediante la quale si immaginava che il soggetto operasse nel “recinto” parlamentare in un modo e al di fuori in un altro, è una tipica eredità dell’impostazione liberale, tuttavia è una distinzione non più attuale. Per di più, l’esercizio della funzione parlamentare non integra un’immedesimazione totale con la sede: intanto perché gli organi parlamentari possono ben operare al di fuori delle sedi (attività extramoenia). Ma soprattutto, può ben darsi che l’attività parlamentare non possa più essere ricostruita intorno alla tipicità dell’atto (cioè il voto, che si realizza sostanzialmente solo in sede o altri atti tipici come l’iniziativa del compimento dell’atto parlamentare: es. presentazione di un ddl, partecipare ai lavori di una Commissione ecc.). La Corte, prima dell’adozione della legge Boato, è chiamata a dirimere una serie di controversie: Giurisprudenza cost. 1988-anni 2000: la Corte è impegnata a decidere, ad es., se le esternazioni di un parlamentare espresse in uno studio TV siano o meno coperte dall’insindacabilità ex art. 68. La Corte sin da subito fa capire che proprio questo è il crinale per distinguere tra privilegio e garanzia. Schema classico: esternazioni che integrerebbero il reato di diffamazione. Il terzo che si asserisce diffamato querela il parlamentare, si apre un procedimento penale, l’AG richiede alla Camera d’appartenenza che questa deliberi sulla sussistenza o meno del nesso funzionale tra la dichiarazione del componente e le funzioni parlamentari.

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Chi deve porre la questione? Può il singolo parlamentare porre autonomamente la questione alla Camera d’appartenenza mente il procedimento penale prosegue? Non v’è un onere di sospensione del procedimento. Il singolo richiede alla Camera di appartenenza una deliberazione sull’appartenenza della sua condotta al novero degli atti tipici (affermando dunque la sussistenza del nesso funzionale)  si giunge alla delibera della Giunta per le immunità prima e dell’Aula e contro tale deliberazione l’AG può sollevare conflitto di attribuzione, asserendo che la valutazione svolta dalle Camere è in conflitto il disposto del 68, primo comma.

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Parlamentare che decida di far seguire alla dichiarazione espressa extra moenia, un atto tipico che ricalchi una funzione parlamentare (c.d. scudo di copertura, poi travolto da un arresto della Corte che si attestò sul seguente crinale: se l’atto è compiuto prima intra moenia e poi replicato fuori, può sussistere nesso funzionale; al contrario, laddove l’atto sia compiuto extra moenia e poi, solo successivamente, replicato

in un atto parlamentare tipico, l’esimente costituzionale ex art. 68 non può dispiegare effetti) Posizione dei terzi: lesione di un diritto soggettivo del terzo dinnanzi alla condotta del parlamentare. Egli (ella) è piuttosto sprovvisto di garanzie dirette, potendo peraltro solo confidare in un magistrato che coltivi la strada del conflitto di attribuzione.

Art. 68, secondo comma Pre-1993, si poteva parlare effettivamente di “autorizzazione a procedere”, nel senso che era prevista la necessaria autorizzazione alla stessa instaurazione del procedimento penale deliberata dalle Camere. Post-1993, la situazione cambia: il 68, 2° comma prevede determinati atti che non possono essere compiuti dall’AG senza l’autorizzazione della Camera d’appartenenza: - Sottoposizione a perquisizione personale o domiciliare (beni costituzionali tutelati dagli artt. 13 e 14 Cost.); - Arresto o altra privazione della liberà personale, mantenimento in detenzione (caso, seppur di scuola, che il soggetto diventi parlamentare tra l’esecuzione della misura privativa della libertà personale e la fase di convalida della medesima) salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell’atto di commettere un delitto per il quale è previsto l’arresto obbligatorio in flagranza. Quello che è effettivamente sottoposto ad autorizzazione non è la celebrazione del processo penale, quanto piuttosto il compimento di determinati e specifici atti particolarmente invasivi della sfera di libertà del singolo parlamentare (arresto, privazione libertà personale, perquisizione personale o domiciliare, il sequestro dei beni  espressamente delineato dalla legge Boato, ma non v’era dubbio che anche tali atti fossero patrimonio del raggio di applicazione dell’art. 68).  la modifica di questa guarentigia ha determinato il mostrare che quello che il Parlamento è chiamato a sindacare e, in ipotesi, a negare è proprio il fondamento dal quale è nata l’immunità parlamentare contro il processo penale, cioè di privare l’Assemblea di un suo componente. La radice storica dell’istituto nasce dal tentativo di colpire il parlamentare scomodo con un arresto, dal momento che la polizia e – in un determinato periodo storico – la stessa Magistratura, erano legati ad un vincolo, se non funzionale, quantomeno di auctoritas col Monarca, vale a dire con l’altra faccia del binomio proprio del sistema duale di epoca liberale. L’istituto nasce a difesa dell’integrità del plenum assembleare, trattandosi di una guarentigia dell’intera Camera e non del singolo.

Art. 68, terzo comma Norma non felice. Paradosso logico per cui si richiede l’autorizzazione all’utilizzo di un mezzo di ricerca della prova, tra i più efficaci, venendo 3

pertanto meno “l’effetto a sorpresa” dello stesso che a tale mezzo può garantire efficacia. “in qualsiasi forma”: intercettazioni ambientali, telefoniche ecc. Intercettazione dell’utenza telefonica del collaboratore del parlamentare Intercettazione dell’auto di servizio, non assegnata esclusivamente al parlamentare ma anche ad un componente dell’Amministrazione della Camera di appartenenza  può capitare che il parlamentare possa “cadere” in un’attività di captazione di comunicazioni o conversazioni, o del tutto casualmente o sulla base di una fine strategia investigativa di carattere per lo più elusivo del disposto del 68, 3° comma. È utilizzabile un’intercettazione siffatta? - Sent. 390/2007 Corte cost.: la Corte chiude molte questioni. Ciò che veramente conta per stabilire quanto dell’intercettazione “indiretta” sia validamente utilizzabile, è necessario valutare quale sia la direzione delle indagini  vale a dire, se la magistratura indaga direttamente il parlamentare, utilizzando degli stratagemmi elusivi del 68, 3° comma, l’intercettazione non sarà utilizzabile (intercettazione indiretta apparente), a differenza di quei casi in cui la conversazione del parlamentare sia intercettata in maniera del tutto casuale, avendo le indagini, almeno originariamente, come obiettivo un terzo estraneo alle Camere. In quest’ultimo caso, l’intercettazione deve essere sottoposto al procedimento di cui all’art. 6 della legge Boato, che prevede un regime autorizzatorio ex post, finalizzato naturalmente non al compimento ma all’utilizzabilità del mezzo di prova nell’ambito del procedimento penale. Tabulati telefonici: accertamento dell’esistenza di un traffico di comunicazioni telefoniche tra due utenze telefoniche (a prescindere cioè dai contenuti). Non v’è dubbio che anche il tabulato rientri nella definizione di “intercettazione in qualsiasi forma” ex art. 68, comma 3° (secondo la giurisprudenza di Cass., atterrebbe all’“ an” della comunicazione, sebbene non al suo contenuto). Legge Boato: per acquisire l’utilizzabilità dei tabulati, è necessaria l’autorizzazione delle Camere. Ciò pone la magistratura requirente in una posizione molto scomoda. Art. 69: indennità Artt. 65 e 66: verifica dei poteri

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