Title | Dai comuni alle signorie storia III |
---|---|
Author | Anna Bagnato |
Course | Storia medievale |
Institution | Università degli Studi di Perugia |
Pages | 9 |
File Size | 976.2 KB |
File Type | |
Total Views | 124 |
Download Dai comuni alle signorie storia III PDF
Il diseguale sviluppo socioeconomico tra Nord e Sud
L’Italia: dai Comuni agli Stati regionali 6.1 L’Italia nel XIV Milano
Regno d’Italia
Verona
e XV secolo
Venezia Asti
L’economia italiana tra Trecento e Quattrocento
Piacenza Bologna
Genova Pisa
Ancona
Firenze
STATO DELL A CHIESA Mare Adriatico
Corsica
(nel 1284 a Genova)
Roma Benevento Napoli
Taranto
Sardegna
REGNO DI SICILIA
(dal 1326 agli Aragonesi)
(dal 1266 agli Angioini)
Mar Tirreno
Palermo Sicilia (dal 1282 agli Aragonesi)
La penisola italiana nel Trecento
Mar Ionio
Nel periodo di crisi e di trasformazione dell’economia continentale tra Trecento e Quattrocento, anche il sistema commerciale e produttivo della nostra penisola conobbe profondi cambiamenti. L’evoluzione più importante si ebbe nel campo degli scambi commerciali. La crescente e minacciosa presenza dei turchi nel Mediterraneo orientale iniziò a mettere in seria difficoltà i mercanti italiani che operavano in quell’area per rifornirsi di beni di lusso provenienti dall’Asia. Già nel corso del Trecento, inoltre, trafficanti francesi, spagnoli e inglesi avevano sviluppato scambi con gli emirati indipendenti del Nord Africa (Egitto e Tunisia in particolare), sostenuti con vigore dalle loro potenti monarchie nazionali: le città italiane cominciarono quindi a patire una concorrenza sempre più agguerrita. Tuttavia, Genova e, soprattutto, Venezia, continuarono a ricoprire un ruolo preponderante fino almeno alla metà del Quattrocento. Trasformazioni importanti interessarono l’Italia anche nel campo della finanza. Fino alla metà del Trecento i banchieri fiorentini e genovesi avevano dominato il campo del risparmio e del prestito (sia verso le compagnie commerciali private sia verso Stati e principati). Dopo i fallimenti di alcune
Un diseguale sviluppo nei settori produttivi (agricoltura, artigianato e manifatture) cominciò a segnare il destino delle due grandi aree in cui già allora si divideva la penisola: Meridione e Isole da una parte, Centro e Settentrione dall’altra. In Meridione, politicamente più omogeneo e dominato da monarchie accentratrici, non si era sviluppata una classe di mercanti e artigiani sufficientemente ampia e dinamica da imprimere una svolta alla società e all’economia. Rimaneva invece fondamentale il ruolo della nobiltà feudale, ossia dei grandi proprietari fondiari, e l’agricoltura e la pastorizia erano le attività economiche prevalenti. I grandi latifondi erano alla base del sistema agricolo, e occupavano moltissimi contadini salariati senza nessuna prospettiva di progresso sociale. I cereali, il vino e l’ olio , venduti in Italia ed Europa, erano destinati esclusivamente al consumo alimentare, coltivati su grandi estensioni e con l’impiego delle tecniche agricole meno progredite. Era quasi del tutto assente, invece, la produzione manifatturiera. Infatti, la nobiltà si procurava i beni artigianali principalmente scambiando i propri prodotti agricoli sui mercati dell’Italia centrale e settentrionale, o degli altri paesi europei. Il territorio del Centro e del Nord, invece, era frammentato tra numerose entità politiche diverse: dapprima in Comuni, poi, come vedremo, in numerosi Stati regionali. I mercanti e borghesi urbani avevano acquisito dalla nobiltà feudale parte della proprietà delle terre; nella pianura padana i nuovi proprietari iniziarono, accanto alle colture più tradizionali (frumento in particolare) a investire in nuove coltivazioni che sfruttavano l’abbondanza di acqua disponibile (riso e piante da foraggio) e garantivano nuove fonti di guadagno (come la seta e l’allevamento). Tra i contadini – non tutti dipendenti salariati – vi era una crescente
Nel quadro di una centralità dell’econ no che tuttavia diver Seicento), l’Italia ce comunque in grado te la concorrenza de genti (Sud e Nord-es Germania settentrio ghilterra) e, anzi, pa mismo.
Le crescenti d all’interno dei C
Il periodo di maggi muni del Centro e N circa dal 1100 al 125 di tempo essi matu conobbero un grand Difesero inoltre con denza dalle pretese cessario alleandosi t nere testa sia a Fede secolo) che a Federic Nel Trecento il cr polazione e la crisi profondamente l’Ita ne risentirono. Tutt in particolare dalle interne. Le compon polo grasso – ricchi canti, artigiani e ban alle Arti maggiori) – trollo politico delle di difendere i tradizio
Due banchieri, affresco di Niccolò di Pietro Gerini, XIV sec.
imprese fiorentine a metà secolo (i Bardi e i Peruzzi), il settore conobbe un momento di grave crisi, dal quale nuovi banchieri seppero però emergere e proporsi sul mercato (a Firenze crebbe l’importanza della famiglia Medici). L’Italia rimase dunque una piazza finanziaria di primo piano, pur perdendone il monopolio.
percentuale di mezzadri e piccoli e medi proprietari, direttamente interessati allo sviluppo della propria produzione. Inoltre, abbondavano le manifatture tessili (lana e seta), era sviluppata la produzione di metalli e si era affermata una rete di produzioni artigianali (come quella delle armi a Milano) destinate anche all’esportazione.
Scon
© Loescher Editore – Torino
134
1200
1364 Dondi costruisce l’astrario
Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
1430 Appare la caravella
XV sec. Appare la nave ad attrezzatura
2
Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
facendo valere il proprio dinamismo e la propria crescente fortuna. Ai dissidi interni al popolo grasso si aggiungevano poi le pretese del popolo minuto, composto da piccoli artigiani, bottegai e salariati. Costoro contribuivano in modo essenziale alla ricchezza delle città e chiedevano di poter concorrere adeguatamente al governo del Comune; cosicché si alleavano di volta in volta con i nobili o con i borghesi per far valere i propri interessi. Lo scontro in seno alla città raggiungeva la massima asprezza quando alle divisioni interne si aggiungevano le diatribe su fatti che noi oggi chiameremmo di «politica estera». In questo caso la contrapposizione era tra il partito dei guelfi, sostenitori del papa, e il partito dei ghibellini, che parteggiavano per l’imperatore. Anche questi contrasti, pur richiamandosi in apparenza a grandi scelte ideali e a vicende politiche di portata europea, si potevano, tuttavia, ricondurre a lotte tra famiglie e classi sociali all’interno della città: la scelta di appartenere alla fazione guelfa o a quella ghibellina era determinata dunque principalmente da rivalità cittadine. A Le importanti vittorie ottenute contro le pretese imperiali avevano comunque indebolito il potere delle vecchie casate feudali e garantito un ruolo preminente alla grande borghesia dei commerci e della finanza. Gli
La popolazione delle principali città italiane tra Duecento e Trecento Città
Signoria: così è chiamata l’evoluzione politica di molti Comuni urbani dell’Italia centrosettentrionale intorno alla metà del XIII secolo.
Abitanti
Milano
150.000-200.000
Firenze
100.000
Venezia
80.000-100.000
Palermo
50.000
Genova
50.000
esponenti di questo ceto emergente, assieme ai nobili sradicati dalla proprietà fondiaria e dediti al «mestiere delle armi» (cioè alla guida delle milizie mercenarie al servizio dei Comuni e dei primi «Stati regionali») andarono a formare la nuova classe dirigente comunale.
L’Italia delle Signori
CONFEDERAZIONE S
POSSEDIMENTI DEI SAVOIA Ivrea
L’avvento delle Signorie
Chivasso To rino
In tempi e modi differenti da città a città, all’interno dei Comuni più ricchi e importanti (e in grado di imporsi sulle altre città autonome) si affermò una nuova tendenza politica: quella, cioè, di affidare il potere a un solo uomo al fine di sottrarre il governo della città alle continue turbolenze politiche e sociali. La ricerca di un uomo forte, cioè di un personaggio sostenuto da una famiglia potente e in grado di raccogliere il consenso delle componenti sociali più influenti della città o di imporsi a esse con la forza, portò a esiti diversi: • inalcunicasiaessereinvestitodipiùampi poteri fu il podestà – cioè l’amministratore del Comune proveniente dall’esterno e con mandato temporaneo –, che mantenne la carica sempre più a lungo fino a tramutarsi in una figura istituzionale stabile; • inaltricasiprevalseuncomandante militare vittorioso sui nemici della città; • inaltricasiancorasiimposel’esponente di una famiglia emergente e benestante della città, di origini aristocratiche o borghesi. In generale, quindi, i nuovi governanti dei Comuni potevano essere dei nobili che possedevano le terre e il denaro necessari a finanziare un esercito con cui imporre il loro potere. Ma potevano anche essere dei ricchissimi borghesi, che in questo modo si innalzavano ancora socialmente e univano il mondo degli affari con il mondo della politica. Oppure, potevano essere i capi della milizia, incaricati dal Comune di proteggerne le istituzioni e diventati, a poco a poco, più potenti delle autorità stesse. In tutti i casi comunque, il potere veniva conservato
Chieri
Al
Asti Saluzzo Mondovì Tenda
T Ac Ponzone Geno
PR OVEN Z A
Ma
Regno d’Italia
Stato della Chie
Monumento equestre di Bartolomeo Colleoni, Venezia.
ma sottoposto al dominio di un solo uomo sembrava contare poco ed era visto come una naturale evoluzione delle istituzioni politiche che nella fase signorile rimasero in vita anche se private di potere reale. L’avvento dei Signori fu in realtà sostenuto e imposto dal ristretto numero di famiglie borghesi più ricche. Esse rinunciarono volentieri a battersi tra loro e con le altre classi per le cariche di governo, e ottennero in cambio la stabilità necessaria per mettere al sicuro i loro investimenti e i loro affari dalle pretese del popolo minuto. Anche i nobili furono favorevoli al cambiamento perché in genere i Signori garantirono in buona parte il mantenimento dei loro antichi privilegi. La vera vittima di questo processo storico fu il popolo minuto che, non avendo più la forza politica né la possibilità di stringere alleanze con altre classi sociali fu relegato ai margini della vita cittadina.
nobiliari di duca, ma tutto l’importantissim il potere agli eredi d formalizzata questa renti origini sociali (n vennero cancellate e aristocrazia territori un principe a capo d
Il signore godeva di enormi poteri e la sua carica era vitalizia. La nascita della Signoria determinò la fine del Comune.
Album p. 148
Bologna
40.000-50.000
Napoli
40.000-50.000
Verona
40.000
Pisa
40.000
a vita e i nuovi governanti diventavano, di fatto, dei «signori» con pieni poteri. Con l’avvento delle Signorie , nelle città e nel contado cessarono in genere i conflitti politici e sociali. E questo grande vantaggio pose in secondo piano la perdita di indipendenza delle vecchie istituzioni comunali. Che il Comune non fosse più libero
Dalla Signoria al Principato Le Signorie si consolidarono rapidamente e conobbero una evoluzione decisiva nel corso del Quattrocento. A quell’epoca, infatti, l’autorità dei signori venne riconosciuta formalmente dai due poteri più alti: il papa e l’imperatore. Questi concessero ai signori i titoli
Il cortile di Palazzo Trinci, Fo
© Loescher Editore – Torino
136
1200
1364 Dondi costruisce l’astrario
Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
1430 Appare la caravella
XV sec. Appare la nave ad attrezzatura
2
Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
p. 204
Principato: termine che indica il governo di un Principe, che riceveva dal papa o dall’imperatore un titolo nobiliare, conservava il potere per tutta la vita e lo trasmetteva agli eredi. La nascita del Principato determinò quindi la fine della Signoria, di cui mantenne tutte le caratteristiche, ma con l’aggiunta fondamentale della trasmissibilità del potere.
Stato regionale: istituzione politica che aveva un’estensione limitata al territorio dominato dalla sua città capitale. Si differenziava così dallo Stato nazionale, che comprendeva invece l’intero territorio di un paese e la sua popolazione.
le e la Signoria si trasformò in Principato . I Principi agirono su due fronti, interno ed esterno. Sul fronte interno, soppressero ciò che rimaneva delle strutture politiche del Comune, finendo per esercitare un potere personale quasi assoluto, paragonabile a quello di un monarca. Crearono una propria corte e favorirono lo sviluppo economico e culturale delle città, tanto che molte di esse divennero centri culturali e di commercio di rilievo europeo. Sul fronte esterno, invece, cercarono di conquistare dei territori del contado e delle città confinanti più deboli, allargando i domini dell’antico Comune e creando piccoli ma compatti Stati regionali . Per portare a termine i loro scopi militari ricorsero ai soldati mercenari delle compagnie di ventura, professionisti della guerra che al comando di un condottiero combattevano per chi pagava meglio. Veniva così soppiantato il vecchio esercito dei cittadini, composto da artigiani, piccoli borghesi e bottegai che uscivano dai loro quartieri per difendere il Comune, allora considerato un bene di tutti. Il diffondersi delle compagnie di ventura ebbe però talvolta conseguenze impreviste: più di un condottiero riuscì infatti a impadronirsi del potere nella città per cui combatteva, divenendone il signore o il principe.
Le fasi del passaggio da Comune a Principato
Frammentazione politica e conflitti tra Stati regionali La creazione degli Stati regionali ebbe due conseguenze importanti per la vita politica dell’Italia. In primo luogo, i centri urbani persero quell’autonomia da cui derivava la formidabile spinta all’innovazione economica e politico-sociale della penisola. Questa situazione accomunava l’Italia alla Germania – dove i principi si sottraevano al potere dell’imperatore e l’Impero conosceva una decadenza inarrestabile – e la differenziava profondamente da Francia, Inghilterra e Spagna. Qui i sovrani unificarono progressivamente sotto la bandiera della monarchia nazionale il territorio dell’intero regno e popoli di lingua e tradizioni comuni. La frammentazione della penisola si rivelò fatale dalla fine del Quattrocento, quando un’Italia divisa e debole militarmente si mostrò incapace di difendere la propria indipendenza dalla minaccia esterna portatale prima dalla Francia e poi dalla Spagna. In secondo luogo, il tentativo di ogni principe di estendere i confini del proprio dominio portò a un permanente stato di guerra tra Stati regionali vicini e alla formazione di sistemi di alleanze in continuo cambiamento. [ I NODI DELLA STORIA p. 146]
6.2 Gli Stati regionali Il ducato di Milano e i Visconti Esemplare per comprendere molte delle dinamiche della nascita e dello sviluppo degli Stati regionali italiani è il caso della città di Milano. Alla fine del Duecento, Milano era una città molto fiorente. Durante le lotte contro il potere imperiale tra XII e XIII secolo aveva ricoperto un ruolo di spicco all’interno delle diverse «leghe» tra i Comuni, e si era progressivamente imposta sui suoi tradizionali nemici: Pavia, Lodi, Como, Cremona. La città contava centinaia di botteghe, produceva ed esportava in tutta Europa tessuti, prodotti artigianali per la casa, armi e altri prodotti metallurgici. Presenti in gran numero erano Gli Stati regionali nell’Italia del Quattrocento
D O M I N I D EG LI A SB U R G O
CON F. SV I Z Z E R A
PRINCIPATO
Ginevra
DUCATO DI TRENTO Bergamo DI MILANO R E P. DI V ENEZ I A
DUCATO Aosta DI SAVOIA Torino
Milano
1
Lodi
Pavia
Padova
8
Istria
3
Modena Cuneo Bologna R E P. D I Tenda 4 7 G E NOVA 5 Lucca 6 Ventimiglia Massa 9 Firenze Nizza Pisa
M ar L ig u r e
REP. DI FIRENZE
Comuni
Conflitti politici e sociali
Trieste
Verona
Mantova REGNO Asti Piacenza Ferrara Saluzzo DI 2 Alessandria Parma DOMINI ESTENSI FRANCIA 1 Genova
Piombino
Contrapposizione tra guelfi e ghibellini; rivendicazioni del popolo minuto; lotte all’interno del popolo grasso
operai salariati, arti grandi famiglie di me nobili che mantenev tà fondiarie nella ricc te. [Testimonianze Dal 1186 Milano e stà, ma era stata su dai violenti conflitti lini. Dietro ai due s realtà gli esponenti d (in parte nobili e in che ambivano a conq la città e a imporsi porre fine all’instab su delibera del popo no perpetuo del pop famiglia Della Torre poco perché nella cit l’autorità dei Viscon
10 REP. DI SIENA Viterbo
Ajaccio
Civitavecchia
D
Ancona
Urbino
M
Arezzo Perugia Siena
Corsica
(Rep. di Genova)
Rimini
STATO DELL A CHI E S A
a
r A
Chieti
L’Aquila Roma
Foggia Benevento
Gaeta
REG
Napoli
Torres
Salerno
Affidamento del potere a un solo uomo
Fine dei dissidi politici e sociali; potere quasi assoluto a un solo uomo e minore autonomia dei centri urbani
Sardegna Oristano
Cagliari
1 Marchesato del Monferrato
d
Mar Tirreno
D
NAP
Nasce la Signoria
La Signoria diventa Principato
Il Signore viene riconosciuto dal papa e dall’imperatore, e ottiene un titolo nobiliare e il diritto di trasmettere il potere ai suoi eredi
La musica, affresco di Gentile da Fabriano, Palazzo Trinci, Foligno.
2 3 4 5 6 7 8 9 10
Contea di Asti Marchesato di Saluzzo Contea di Tenda Contea di Nizza Principato di Monaco Principato di Massa Marchesato di Mantova Repubblica di Lucca Principato di Piombino
Palermo
Trapani
Si c i l i a Agrigento
M a r
Messin
Cat
S
M e d i t e
© Loescher Editore – Torino
138
1200
1364 Dondi costruisce l’astrario
Fine XIV sec. Formula della polvere da sparo per le armi da fuoco
1430 Appare la caravella
XV sec. Appare la nave ad attrezzatura
2
Dalla fine del Medioevo all’età del Rinascimento
Nel 1311 Matteo I Visconti ottenne dall’imperatore Enrico VII il titolo di vicario imperiale. Nel 1322 a lui succedette, ereditando tutte le prerogative della carica, il figlio Galeazzo. Da quel momento, quindi, Milano fu di fatto guidata da una Signoria ereditaria. Dopo che i Visconti ebbero sconfitto tutti i loro nemici interni ed esterni, la loro dignità fu confermata ufficialmente nel 1395 dall’imperatore Venceslao, che assegnò a Gian Galeazzo Visconti (1378-1402) il titolo di duca di Milano. Egli governava a quell’epoca una metropoli che contava circa 200.000 abitanti e con i suoi eserciti sconfisse e occupò molte città, da Verona a Vicenza, da Padova a Lucca, da Pisa a Siena, fino Genova. Il ducato di Milano estendeva dunq...