Diabete Mellito - Endocrinologia e malattie del metabolismo. PDF

Title Diabete Mellito - Endocrinologia e malattie del metabolismo.
Author Domenico Sardone
Course Endocrinologia e malattie del metabolismo
Institution Università degli Studi del Molise
Pages 15
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Summary

Riassunti necessari per l'esame di Endocrinologia e malattie del metabolismo. Si raccomanda lo studio di tali documenti ai fini dell'esame....


Description

DIABETE MELLITO Il pancreas è una ghiandola endocrina ed esocrina. La componente endocrina è costituita dalle isole di Langherans, che comprendono cellule secernenti ormoni: - Le cellule β secernono insulina; - Le cellule α secernono glucagone; - Le cellule δ secernono somatostatina - Le cellule φ secernono peptide pancreatico. SINTESI DELL’INSULINA La sintesi di insulina inizia con la traduzione del gene dell’insulina da cui si produce la pre-pro-insulina. La pre-pro-insulina viene clivata in pro-insulina e immessa in granuli, all’interno dei quali verrà ulteriormente tagliata, ottenendo l’insulina biologicamente attiva e il peptide C, catena di connessione tra le catene A e B dell’insulina. Insulina e peptide C vengono secreti in quantità equimolari. SECREZIONE DELL’INSULINA Sulla membrana citoplasmatica delle cellule β vi è un trasportatore di glucosio, il GLUT2, che permette l’entrata del glucosio all’interno della cellula. Questi carrier permettono di avere una concentrazione intracellulare di glucosio proporzionale a quella extracellulare e sono insulino-indipendenti, a differenza dei GLUT4, che traslocano sulla membrana in seguito a stimolazione dell’insulina. Oltra che a livello pancreatico, i GLUT2 si trovano a livello epatico e renale. Una volta entrato nella cellula β, il glucosio viene ossidato al fine di produrre ATP. L’ATP prodotto va ad attivare dei canali del potassio ATP-dipendenti, in modo tale da bloccare il flusso uscente di ioni K+. Il blocco del flusso genererà una depolarizzazione che attiverà dei canali del calcio voltaggio-dipendenti, che instaurano un flusso entrante di Ca2+. Il calcio entrato stimolerà la secrezione di granuli contenenti insulina. Il canale del potassio è costituito da due subunità: SUR1 e KIR6.2. Una mutazione loss of function della subunità KIR6.2 impedisce la depolarizzazione della membrana e non si verificherà il rilascio dell’insulina prodotta (difetto di secrezione). Questa mutazione comporta diabete mellito neonatale. La differenza tra diabete mellito neonatale e diabete mellito di tipo 1 risiede nel fatto che nel primo caso l’insulina c’è ma non viene secreta, nel secondo caso non si ha produzione di insulina perché la cellula β viene distrutta. Mentre il diabete mellito di tipo 1 viene trattato con la somministrazione di insulina, il diabete mellito neonatale viene trattato con le sulfaniluree, che legano la subunità SUR1 e permettono la chiusura dei canali del potassio con conseguente secrezione dell’insulina. Questi farmaci sono usati anche nel trattamento del diabete mellito di tipo 2. Una mutazione gain of function del canale del potassio causa una perenne depolarizzazione della membrana con rilascio di insulina indipendentemente dai pasti. Questo quadro clinico è presente nell’iperinsulinismo neonatale, caratterizzato da crisi ipoglicemiche. In condizioni fisiologie, il pancreas produce circa 40-50 U/die di insulina. Secrezione basale di insulina (a digiuno) = 10 µU/mL Secrezione dopo i pasti = 100 µU/mL Glicemia a digiuno: tra 80 e 90 mg/dL Glicemia post-prandiale: 120-140 mg/dL Nei soggetti sani la glicemia torna normale dopo circa due ore dal pasto (euglicemia post-prandiale) in virtù del picco di insulina stimolato dallo stesso aumento della glicemia. Gli ormoni della controregolazione si occupano, invece, di mantenere l’euglicemia a digiuno. Dopo un pasto, l’insulina stimola il passaggio del glucosio dal sangue ai tessuti.

L’80% del glucosio viene assorbito a livello muscolare, dove viene utilizzato quasi tutto per la produzione di energia immediata e una piccola parte immagazzinata sotto forma di glicogeno. Il 20% viene assorbito dal fegato e trasformato in glicogeno. Il 5% viene assorbito dal tessuto adiposo e utilizzato per produrre l’energia per la lipogenesi. ORMONI DELLA CONTROREGOLAZIONE Il primo ormone a intervenire a digiuno è il glucagone, che mobilizza il glucosio conservato (glicogenolisi) verso il circolo sanguigno. Quando il digiuno si prolunga e solo se bisogna far fronte ad una condizione di stress, interviene il cortisolo. Se il digiuno si prolunga per più di due giorni, intervengono le catecolammine e il GH, che oltre a bloccare l’utilizzo periferico di glucosio, stimolano la via della gluconeogenesi. A tal fine vengono mobilizzati gli acidi grassi (lipolisi). Se il digiuno dura troppo a lungo e il glucosio sarà totalmente esaurito, non sarà più possibile utilizzare la via del ciclo di Krebs (in quanto alcuni intermedi derivano dal glucosio) e l’acetil-CoA prodotto dall’ossidazione degli acidi grassi sarà utilizzato per la produzione di corpi chetonici (chetosi). Un eccesso di corpi chetonici può causare chetoacidosi, che può portare a coma chetoacidoso. Lo scopo degli ormoni regolatori è quello di mantenere l’euglicemia e garantire al cervello una quantità sufficiente di glucosio. Quando questo sarà esaurito, il cervello sfrutterà i corpi chetonici per produrre energia. TRASDUZIONE DEL SEGNALE INSULINICO Quando l’insulina lega i propri recettori stimolerà il trasporto in membrana dei trasportatori insulinodipendenti del glucosio GLUT4. Il GLUT4 è espresso principalmente nel muscolo e nel tessuto adiposo, non nel fegato, dove il glucosio attraversa la membrana per diffusione semplice. A livello epatico, l’insulina non stimola l’entrata di glucosio, visto che già ci entra da solo, ma induce il suo immagazzinamento sotto forma di glicogeno. Il recettore dell’insulina è un recettore ad attività tirosinchinasica costituito da quattro subunità: due α extracellulari e due β transmembranarie e intracellulari. Il recettore dell’insulina, una volta attivato è capace di richiamare sulla membrana i GLUT4 pre-prodotti e di fosforilare un substrato citoplasmatico, il IRS (insuline receptor substrate), che funge da sito di attacco di tutte le altre proteine di trasduzione del segnale. Le vie che si attivano in seguito al legame dell’insulina con la subunità α del recettore sono la via di RASRAF-MAPK e la via del fosfatidil-inositolo-3chinasi. EFFETTI DELL’INSULINA - facilita il passaggio del glucosio dal sangue alle cellule ed ha pertanto un’azione ipoglicemizzante. Favorisce l'accumulo di glucosio sotto forma di glicogeno (glicogenosintesi) a livello epatico e muscolare ed inibisce la degradazione di glicogeno a glucosio (glicogenolisi). - Facilita il passaggio degli aminoacidi dal sangue alle cellule, ha funzione anabolizzante perché stimola la sintesi proteica muscolare ed epatica e inibisce la gluconeogenesi epatica. - Facilita il passaggio degli acidi grassi dal sangue alle cellule del tessuto adiposo stimolando la lipoproteinlipasi (enzima che scinde trigliceridi in acidi grassi), stimola la sintesi di acidi grassi a partire da glucosio e aminoacidi in eccesso ed inibisce la lipolisi. - Facilita il passaggio di potassio all'interno delle cellule. - Stimola la proliferazione e differenziazione cellulare (l’iperinsulinismo cronico può causare la formazione di neoplasie. - Stimola l'uso del glucosio per la produzione di energia. - Stimola la produzione endogena di colesterolo. DIFETTI QUALITATIVI/QUANTITATIVI DEL RECETTORE DELL’INSULINA

Vengono classificati in cinque categorie: 1. Difetti della sintesi del recettore 2. Difetti di trasporto alla membrana plasmatica, ovvero mancata traslocazione dall’apparato di Golgi alla membrana cellulare pur essendo sintetizzato 3. Difetti di legame tra recettore ed insulina, che possono interessare l’insulina o la subunità α 4. Difetti di signalling, ovvero di tutto ciò che sta a valle del recettore una volta attivato 5. Difetti dell’endocitosi, riciclo e degradazione dei recettori Difetti pre-recettoriali, recettoriali o post-recettoriali possono determinare insulino-resistenza, che causa iperglicemia e iperinsulinismo, in quanto le cellule β cercano di compensare gli elevati livelli di glucosio. Tipi di difetti: - Pre recettoriali Secrezione di insulina biologicamente inattiva Aumentata proporzione di proinsulina Anticorpi anti-insulina Aumentata degradazione dell’insulina - Recettoriali ridotto numero di recettori insulinici ridotta affinità di legame recettoriale - Post recettoriali ridotta trasmissione transmembrana del segnale ormonale alterata attività degli enzimi cellulari INSULINO-RESISTENZA Si definisce insulino-resistenza la condizione metabolica caratterizzata da una ridotta risposta all’insulina. Tale situazione è rivelata dal fatto che la quantità di insulina richiesta per ottenere un determinato effetto biologico è maggiore di quella normalmente necessaria. L’insulino-resistenza è spesso presente nei soggetti obesi (80% dei casi). N.B.--> Il riscontro della glicemia nella norma in un paziente obeso non sempre è un buon segno poiché questi livelli possono non essere dovuti ad una situazione fisiologica ma ad un iperinsulinismo che riesce a compensare la resistenza insulinica. Quando l’iperinsulinismo dura per tanti anni porta ad una condizione di sfiancamento funzionale delle cellule β pancreatica e a questa condizione reversibile seguirà l’iperglicemia e la diagnosi di diabete, che è irreversibile. La resistenza insulinica è un prodromo del diabete mellito e possono passare diversi anni prima che avvenga il passaggio dal primo al secondo. La resistenza insulinica, con i livelli di insulina cronicamente alti, può causare patologia cardiovascolari anche prima che il paziente diventi diabetico. Come si arriva dall’obesità all’insulino-resistenza? Il tessuto adiposo è un organo endocrino che produce TNFα, resistina, IL-6, che hanno un’attività antiinsulinica. Inoltre, si riducono i livelli di adiponectina, che normalmente stimola l’insulino-sensibilità. L’insulina promuove la liposintesi, ma in condizioni di resistenza insulinica si predilige la lipolisi. Saranno mobilizzati acidi grassi non esterificati, che in condizioni normali di digiuno prolungato entrano nella

gluconeogenesi, ma in condizioni patologiche si accumulano in circolo. Ciò causerà dislipidemie e steatosi epatica non alcolica. Perché l’obeso che va incontro a resistenza insulinica dimagrisce? Perché si trova in una condizione estrema di scompenso metabolico: lo zucchero non viene utilizzato e abbiamo glicosuria e proteinuria, inoltre l’insulino-resistenza peggiora sempre più. Al livello epatico si presenta: acidosi, iperglicemia da aumentato output epatico di glucosio (l’insulina promuoveva la sintesi di glicogeno). Al livello del tessuto muscolare si presenta: aumento del catabolismo proteico, perdita di massa magra che contribuisce al dimagrimento. PRINCIPALI MALATTIE E SINDROMI CARATTERIZZATE DA INSULINO-RESISTENZA Forme lievi e moderate - Diabete mellito di tipo 2 - Obesità - Ridotta tolleranza glucidica - Ipercortisolismo - Acromegalia - Ipertensione arteriosa Forme gravi - Grave insulino-resistenza e acanthosis nigricans di tipo A o di tipo B - Lepreconismo - Diabete lipoatrofico - Sindrome di Rabson-Mendenhall ACANTHOSIS NIGRICANS: è una malattia che si presenta con macchie caffè latte nella zona di attrito al livello di ascelle, inguine e gomito. I livelli di insulina circolante sono estremamente elevati. SINDROME DA GRAVE INSULINO RESISTENZA E ACANTHOSIS NIGRICANS DI TIPO A: molto frequente nelle donne giovani. Accompagnata da: - iperandrogenismo: irsutismo, amenorra, habitus atletico, virilizzazione, ovaie policistiche - Tratti acromegaloidi - Glicemia a digiuno normale (per l’iperinsulinismo compensatorio) o aumentata - Iperinsulinemia marcata (riduzione del numero di recettori) SINDROME DA GRAVE INSULINO RESISTENZA E ACANTHOSIS NIGRICANS DI TIPO B: più frequente nelle donne anziane. Accompagnata da: - Associazione con patologie autoimmuni (presenza di anticorpi anti recettore insulinico) - Tratti acromegaloidi - Iperglicemia a digiuno incostante - Insulinemia usualmente molto aumentata - Talora grave ipoglicemia - Legame insulinico marcatamente ridotto (ridotta affinità recettore-insulina) L’acanthosis nigricans manca nell’obesità semplice, l’iperinsulinismo e l’insulino-resistenza aumentano nell’obesità associata ad acanthosis ed ancor di più nella resistenza insulinica di tipo A, mentre il legame dell’insulina è maggiomente compromesso nell’obesità associata ad acanthosis nigricans e nella resistenza insulinica di tipo A.

L’elemento differenziativo importante comprende il difetto di legame dell’insulina al suo recettore che è reversibile con la dieta nei pazienti obesi con o senza acanthosis, ma non nei pazienti con resistenza insulinica di tipo A. LEPRECAUNISMO: è una malattia congenita molto rara causata da mutazioni del gene del recettore insulinico. È caratterizzata da ridotto accrescimento intrauterino post-natale, lipodistrofia, tratti somatici peculiari (facies è caratterizzata dal naso con inserzione a sella e dall’inserzione bassa delle orecchie), acanthosis nigricans, alterata omeostasi glucidica e grave insulino-resistenza. In genere il Leprecaunismo porta a morte entro il primo anno di vita. SINDROME DI RABSON-MENDENHALL: si differenzia dal Leprecaunismo per la dentizione prematura, già presente alla nascita. Ha una gravità intermedia tra leprecaunismo e sindrome di insulino-resistenza di tipo A. Sono presenti mutazioni del gene del recettore insulinico. È caratterizzata da insufficienza renale, acanthosis nigricans, distrofie di unghie e denti, ritardo della crescita. DIABETE LIPOATROFICO: è caratterizzata da perdita generalizzata del tessuto adiposo sottocutaneo, habitus atletico del paziente dovuto alla pseudoipertrofia muscolare, iperandrogenismo, acanthosis nigricans, diabete, iperinsulinemia, ipertrigliceridemia grave. Le condizioni cliniche più frequentemente associate alla resistenza insulinica sono il PRE-DIABETE, il DIABETE MELLITO DI TIPO 2, l’OBESITA’ e la SINDROME METABOLICA o SINDROME X. Si è osservato che la malattia diabetica è spesso associata a obesità, resistenza insulinica, dislipidemie, ipertensione. Oggi la resistenza insulinica si manifesta attraverso intolleranza al glucosio, dislipidemia, ipertensione, ipercoagulabilità, iperinsulinemia. Da queste manifestazioni cliniche è evidente il coinvolgimento cardiovascolare nell’insulino-resistenza. Quando la resistenza insulinica dura che per più di venti anni porta anche ad anomalie cardiovascolari. PRE-DIABETE Il pre-diabete è una condizione reversibile di insulino-resistenza che precede il diabete conclamato, quindi in assenza di iperglicemia. Per sapere se il paziente è diabetico o pre-diabetico possiamo: - eseguire un Test da carico orale di glucosio - eseguire test della glicemia a digiuno Il test della glicemia a digiuno consiste nel misurare al mattino la glicemia in un soggetto a digiuno da almeno 8 ore. Un soggetto con pre-diabete o alterata tolleranza al glucosio (IFG) presenterà una glicemia a digiuno compresa tra 100-125 mg/dL. Sopra i 125 mg/dL si parla di diabete conclamato. Il test da carico orale di glucosio (OGTT) prevede che il paziente nei tre giorni prima della misurazione assuma almeno 150 g/die di carboidrati e sospendere l’assunzione di farmaci che possono intervenire con il metabolismo glucidico. L’esame viene eseguito al mattino e il paziente deve essere a digiuno da 8-14 ore. Il paziente assumerà 75 g di glucosio disciolti in acqua e dopo l’assunzione deve rimanere a riposo, a digiuno, senza fumare. I prelievi vengono eseguiti prima del test (non si eseguirà l’OGTT con una glicemia superiore a 126 mg/dL) e due ore dopo l’assunzione di glucosio. Una glicemia inferiore a 140 mg/dL due ore dopo l’assunzione indica una condizione normale. Una glicemia compresa tra 140 e 199 mg/dL indica pre-diabete e intolleranza al glucosio. Oltre 200 mg/dL il paziente è diabetico.

I pazienti con pre diabete sviluppano diabete mellito di tipo 2 entro 10 anni a meno che quest’ultimi non adottino uno stile di vita più corretto. Una volta eseguiti questi test è bene ripeterli in un altro giorno per essere sicuri della diagnosi. L'American Diabetes Association suggerisce che lo screening per diabete e pre-diabete è utile in tutti gli adulti asintomatici in sovrappeso con uno o più fattori di rischio e in soggetti di età superiore a 45 anni (difficilmente si presenta diabete mellito di tipo 2 prima dei 40 anni). I fattori di rischio per diabete o per diabete sono: - sedentarietà, - familiarità per diabete, - storia di diabete gestazionale, - pressione arteriosa superiore o uguale a 140/90, - colesterolo HDL inferiore a 35 mg/dl o una condizione di ipertrigliceridemia, - sindrome dell’ovaio policistico, - alterata glicemia a digiuno o intolleranza al glucosio eseguiti in test precedenti, - obesità con Acanthosis Nigricans, - malattia cardiovascolare. In assenza di fattori di rischio non si esegue il test di screening. TERAPIA DELLA RESISTENZA INSULINICA: - Aumento dell’attività fisica - Riduzione del peso corporeo del 5-7% Nessuna terapia farmacologica per il pre-diabete è stata approvata dalla FDA (Food and Drug Administration). Si consiglia l’uso di metformina in pazienti ad alto rischio con: • alterata glicemia a digiuno o alterata tolleranza al glucosio • BMI maggiore o uguale a 35 • età inferiore ai 60 anni. DIABETE MELLITO Il diabete mellito è una sindrome clinica caratterizzata da una condizione cronica di iperglicemia dovuta ad una carenza assoluta o relativa di insulina. CLASSIFICAZIONE Le forme più comuni sono: - Diabete mellito di tipo 1, patologia su base autoimmunitaria con distruzione delle cellule β e carenza assoluta di insulina. Tale condizione può essere immuno-mediata o idiopatica. - Diabete mellito di tipo 2, causato dall’insulino-resistenza che causa una carenza relativa di insulina. - Diabete mellito gestazionale, con esordio e diagnosi di intolleranza al glucosio in gravidanza. Altri tipi di diabete mellito: - Difetti genetici della funzione delle cellule β, di cui fanno parte il diabete neonatale e il MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young) - Difetti genici dell’insulina (leprecaunismo, insulino-resistenza di tipo A, diabete lipoatrofico, sindrome di Rabson-Mendenhall) - DM da disturbi del pancreas endocrino (pancreatiti, fibrosi cistica, neoplasie - DM associato a infezioni (soprattutto virali) - DM indotto da farmaci o sostanze chimiche - DM associato ad endocrinopatie (acromegalia, sindrome di Cushing, ipertiroidismo) - Sindromi genetiche associate a diabete (s. di Down, s. di Klinefelter, s. di Turner…)

LADA (LATENT AUTOIMMUNE DIABETES IN ADULTS) È una forma di diabete mellito ad eziologia autoimmunitaria, con lenta evoluzione (età di insorgenza inferiore a 50 anni), insulino-dipendenza e insulino-resistenza. È caratterizzato da assenza di sovrappeso, obesità, sindrome metabolica. Vi è familiarita per il DM1 ed è associato ad altre patologie autoimmuni. L’iperglicemia non sarà controllata dagli ipoglicemizzanti orali, ma necessita di terapia insulinica entro 6-12 mesi dalla diagnosi. DIABETE MELLITO DI TIPO 1 Il diabete mellito di tipo 1 tende ad esordire durante l’infanzia o l’adolescenza (nel 90% dei casi prima dei 20 anni). È spesso associato ad anomalie genetiche del sistema HLA. Nella maggior parte dei casi si attesta la presenza di anticorpi autoimmuni rivolti verso le cellule pancreatiche. Si avrà la distruzione delle cellule secernenti insulina, con conseguente mancata produzione dell’ormone (carenza assoluta). Il deficit di insulina determina una mancata utilizzazione di glucosio periferico. Il glucosio sarà inizialmente prodotto a partire dalla degradazione del glicogeno e una volta esaurito sarà prodotto con la gluconeogenesi. Aumenterà il catabolismo proteico e la lipolisi per la produzione di glucosio a partire da amminoacidi e acetil-CoA. Quando tutto il glucosio sarà esaurito, non sarà possibile produrre intermedi del ciclo di Krebs, come l’ossalacetato, quindi l’acetil-CoA sarà trasformato in corpi chetonici (chetosi). Nel DM1 si può presentare chetoacidosi, a differenza del DM2. La chetoacidosi può portare il paziente in coma chetoacidoso. L’eccesso di corpi chetonici causerà chetonuria, mentre l’iperglicemia glicosuria (per saturazione dei trasportatori di glucosio che ne permettono il riassorbimento nel tubulo). Il DM1 non è associato a obesità. DIABETE MELLITO DI TIPO 2 Il diabete mellito di tipo 2 è una patologia comune la cui etiopatogenesi dipende da fattori ambientali (sedentarietà e iperalimentazione) e fattori genetici. In un soggetto senza parenti con tale patologia i...


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