Dialettica trascendentale PDF

Title Dialettica trascendentale
Author Valentina Davi
Course Filosofia teoretica A (i)
Institution Università degli Studi di Verona
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riassunto...


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DIALETTICA TRASCENDENTALE Introduzione Dove sta la parvenza – La dialettica è stata denominata logica della parvenza; tuttavia questa non è verosimiglianza, cioè non è qualcosa che assomiglia al vero, e non deve essere neanche confusa con ciò che appare. I sensi non commettono degli errori non perché giudicano correttamente, ma perché non giudicano affatto. Quindi tanto la verità quanto l’errore, e con essi anche la parvenza in quanto induce all’errore, si incontrano solo nel giudizio. Perciò né l’intelletto né i sensi, presi isolatamente, commettono errori. Parvenza trascendentale – Kant dice che non tratterà della parvenza empirica (ad esempio l’illusione ottica), che sorge dal cattivo uso dell’intelletto, ma solo della parvenza trascendentale, che spinge ad andare oltre l’intelletto puro. Si chiameranno immanenti i principi la cui applicazione si mantiene del tutto entro i limiti dell’esperienza possibile, mentre quelli che oltrepassano tali confini si chiameranno trascendenti; con questi ultimi non ci si riferisce all’uso trascendentale o abuso delle categorie, ma a quei principi reali che pretendono di abbattere ogni confine al fine di avere per loro un terreno del tutto nuovo. Con trascendentale si intende quindi un uso che si porti al di là del confine dell’esperienza, mentre con trascendente un uso che voglia abbattere questi limiti o esiga un loro oltrepassamento. La parvenza trascendentale non scompare – Mentre la parvenza logica, che consiste nella semplice imitazione della forma della ragione, nasce solo dalla mancanza di attenzione alla regola logica, la parvenza trascendentale non scompare allo stesso modo, poiché appartiene alla disposizione naturale della nostra ragione; nella nostra ragione infatti hanno sede delle regole che hanno l’aspetto di principi oggettivi, e accade che la necessità soggettiva venga considerata come una necessità oggettiva. Tale illusione è naturale e inevitabile e quindi non potrà mai

scomparire; compito della dialettica trascendentale quindi è solo quello di scoprire la parvenza dei giudizi trascendenti e far sì che essa non inganni, ma non potrà farla scomparire. La facoltà dei principi – Ogni nostra conoscenza inizia dai sensi, si muove poi verso l’intelletto e si conclude nella ragione, al di sopra della quale non vi è nulla di più elevato. Della ragione vi è un uso formale, ovvero logico, quando essa astrae da ogni contenuto della conoscenza, ma vi è anche un uso reale, poiché la ragione contiene certi concetti e principi che non trae né dai sensi né dall’intelletto. Dunque, come si è studiato l’intelletto come facoltà delle regole si studierà ora la ragione dell’intelletto come facoltà dei principi. Principi relativi e assoluti – La parola principio ha un duplice significato; tale espressione viene quasi sempre intesa in senso relativo; infatti perfino per quanto riguarda gli assiomi della matematica, conoscenze universali e a priori, non si potrebbe usare il termine di principio in senso lato, poiché ho delle conoscenze ad esempio sulla retta che sono valide non sulla base di veri e propri principi, ma solo nell’intuizione pura. Si chiameranno dunque principi in senso relativo tutte le proposizioni universali, e principi in senso assoluto le conoscenze sintetiche basate su concetti (e non sull’intuizione). Solo la ragione ha principi assoluti – La conoscenza sulla base di principi assoluti è tutt’altra cosa rispetto a una semplice conoscenza dell’intelletto, la quale può precedere altre conoscenze nella forma di un principio, ma non contiene in sé un universale secondo concetti. La ragione è quindi la facoltà dall’unità delle regole dell’intelletto sotto principi. Essa non si dirige in primo luogo all’esperienza, ma all’intelletto per fornire alle sue conoscenze un’unità secondo concetti; quest’unità della ragione è di tutt’altra specie di quella che può essere operata dall’intelletto. L’uso logico della ragione – Si è soliti distinguere ciò che viene conosciuto mediatamente da ciò che viene solo dedotto. In ogni deduzione vi è una

proposizione che sta a fondamento, poi un’altra proposizione che viene dedotta da quella precedente, ed infine una conseguenza conclusiva, secondo la quale la verità della conclusione finale risulta connessa con la verità della prima proposizione. Quando la deduzione avviene senza la mediazione di una terza proposizione, la deduzione si chiama immediata, o inferenza dell’intelletto; quando invece alla prima proposizione se ne richiede un’altra per arrivare alla conseguenza si parla di inferenza della ragione, o sillogismo. I sillogismi possono essere categorici, ipotetici (fanno leva sulle ipotesi) e disgiuntivi (si fondano sul principio del terzo escluso). L’uso puro della ragione – Ci si può chiedere se sia possibile isolare la ragione, e se quindi essa sia una sorgente autonoma di giudizi e concetti tramite i quali si rapporta agli oggetti, oppure sia solo una facoltà subalterna. La questione quindi consiste nel chiedersi se la ragione in sé contenga principi e regole, e in che cosa consistano tali principi. Il procedimento logico/formale della ragione del sillogismo ci fornisce già un indicazione importante; esso infatti non si riferisce a intuizioni con lo scopo di sottoporle a regole, ma si riferisce a concetti e a giudizi. In secondo luogo si nota che nell’uso logico la ragione cerca la condizione universale del proprio giudizio, infatti il sillogismo non è altro che un giudizio ottenuto mediante la collocazione della sua condizione sotto una regola universale, ovvero la premessa maggiore. Si vede quindi che il principio della ragione in generale è di trovare per le conoscenze condizionate dell’intelletto quell’incondizionato con cui venga compiuta la conoscenza. Libro primo – Dei concetti della ragion pura I concetti della ragione servono a comprendere, come quelli dell’intelletto servono ad intendere (percezioni). Se essi contengono l’incondizionato infatti riguardano qualcosa in cui rientra ogni esperienza, ma che non sarà mai oggetto di esperienza. Se tali concetti sono ottenuti in maniera

corretta hanno una validità oggettiva; in caso contrario sono ottenuti ingannevolmente con una parvenza di deduzione, e possono essere detti concetti sofistici. Sezione prima – Delle idee in generale Le idee per Platone – Anche se le nostre lingue sono molto ricche spesso ci si trova in imbarazzo quando si tratta di trovare un’espressione che si adatti precisamente ad un nostro concetto; è inutile quindi avere la pretesa di estendere una lingua, inventare nuove parole, se prima non si sono comprese le parole che già si hanno. A tal fine si era mosso un filosofo, Platone, il quale aveva presupposto come modelli di tutte le cose le cosiddette ‘idee’; con idea Platone intendeva non soltanto qualcosa che non è derivato dai sensi, ma qualcosa che oltrepassa di gran lunga i concetti dell’intelletto. Interpretazione kantiana di Platone – A questo punto Kant dà una propria interpretazione della filosofia di Platone. Platone in primo luogo trovò le sue idee in tutto ciò che è pratico (cioè morale), vale a dire su ciò che è fondato sulla libertà, la quale è un prodotto della ragione. Se si volesse infatti trarre ad esempio il concetto di virtù dall’esperienza lo si ridurrebbe a qualcosa di mutevole; l’uomo invece osservando i comportamenti di altre persone capisce di possedere già il vero originale della virtù; questo originale è appunto l’idea, che non può derivare dall’esperienza. La repubblica platonica che viene da molti definita come un esempio di perfezione chimerica, poiché ammette una costituzione improntata alla massima libertà, intesa come libertà del singolo che coesiste con quella degli altri; tuttavia secondo Kant essa è un’idea necessaria, che va posta come disegno di tutte le leggi. Sebbene infatti tale perfezione non potrà mai essere raggiunta servirà tuttavia come modello, per fare avvicinare sempre di più la costituzione giuridica degli uomini alla perfezione. Le idee, e quindi la metafisica così come la intendeva Platone, sono importanti a fine pratico; sarebbe infatti sbagliato voler derivare le leggi di

cosa devi fare da ciò che viene fatto (critica all’empirismo), oppure voler limitarle in base a questo. E’ chiaro che vi è il bisogno di idee, le quali se pur non potranno mai essere raggiunte, faranno comunque tendere il comportamento umano alla perfezione. L’impresa di Platone quindi, se si mette da parte ciò che nelle sue espressioni vi fu di esagerato, fu uno sforzo degno di essere imitato. Le varie rappresentazioni – Il termine idea, afferma Kant, dovrà quindi essere adottato nel suo significato originario, ovvero come lo utilizzava Platone, in modo che esso non si perda fra gli altri modi con cui vengono indicate le diverse specie di rappresentazioni. Kant fornisce un elenco graduale di esse. Innanzitutto la conoscenza è la rappresentazione in generale; sotto di essa sta la rappresentazione accompagnata da coscienza, la percezione; una percezione che si riferisca al soggetto come una modificazione del suo stato è una sensazione; una percezione oggettiva è una conoscenza. La conoscenza poi o è intuizione o è un concetto: l’intuizione si riferisce immediatamente all’oggetto ed è individuale, mentre il concetto si riferisce all’oggetto mediatamente ed è universale. Il concetto a sua volta può essere empirico o puro, ed è puro se ha origine unicamente nell’intelletto; un concetto puro che invece va oltre la possibilità dell’esperienza è un concetto della ragione, ovvero l’idea. Sezione seconda – Delle idee trascendentali La totalità dei concetti della ragione – Kant sottolinea che nella conclusione di un sillogismo si restringe il predicato ad un certo oggetto, dopo averlo pensato nella premessa maggiore in tutta la sua estensione, ovvero come universalità. A questa universalità corrisponde nella sintesi delle intuizioni la totalità delle condizioni; quindi un concetto trascendentale della ragione non è altro che la totalità delle condizioni per un condizionato che venga dato; tale totalità potrà essere identificata con

l’incondizionato, poiché la totalità delle condizioni è in sé stessa incondizionata. La ricerca dell’incondizionato – La totalità delle condizioni sta quindi a fondamento di ogni nostro discorso; quante sono dunque le specie di relazione (nei discorsi) che l’intelletto si rappresenta con le categorie tanti saranno i concetti puri della ragione. Si dovrà quindi cercare l’incondizionato prima nella sintesi categorica in un soggetto, poi nella sintesi ipotetica dei membri della serie ed infine nella sintesi disgiuntiva delle parti del sistema; esistono infatti tre tipi di sillogismi. I concetti puri della ragione sono necessari per prolungare l’unità dell’intelletto fino all’incondizionato; essi dunque potrebbero non avere un uso adeguato in concreto in quanto la loro unica funzione è quella di spingere l’intelletto nella direzione in cui il suo uso sia corretto. La parola assoluto – Parlando dell’incondizionato ci si imbatte nel termine assoluto; questo termine viene quasi sempre usato per indicare una necessità interna, ovvero che qualcosa vale intrinsecamente; con questo significato dire che qualcosa è assolutamente possibile sarà uguale a dire che qualcosa è possibile in sé stesso, che è il minimo che si possa dire di un oggetto. Tuttavia vi è anche un altro significato del termine, che viene anche utilizzato per indicare che qualcosa vale sotto ogni riguardo; in questo caso dire che qualcosa è assolutamente possibile, ovvero dire che è possibile sotto ogni riguardo, è il massimo che io possa dire in merito ad un oggetto. I due significati tuttavia spesso non coincidono, e poiché l’assoluto assunto come necessità interna è spesso un’espressione del tutto vuota, secondo Kant è bene servirsi della parola assoluto ne suo significato più ampio, ovvero della necessità sotto ogni riguardo. L’idea è troppo e troppo poco – Quando si parla di un’idea si dice sempre troppo per quanto riguarda l’oggetto, ma troppo poco per quanto riguarda l’oggetto conosciuto dal soggetto, ovvero per quanto riguarda l’ambito empirico; l’idea, infatti, in quanto concetto di un massimo non

può mai esser data in concreto in modo adeguato. L’idea quindi è spesso considerata negativamente in quanto in concreto non potrà mai essere raggiunta; tuttavia, proprio per questa sua caratteristica di essere assoluta, di essere perfetta, l’idea deve essere assunta come regola di tutto ciò che è pratico, come qualcosa a cui tendere. La serie dei sillogismi – Una serie di sillogismi, ovvero di ragionamenti, può procedere in due modi differenti. Si distingue quindi una serie ascendente di sillogismi, che è una serie chiusa perché è formata da ragionamenti che risalgono indietro percorrendo tutte le condizioni fino all’incondizionato, e una serie discendente di sillogismi, che è una serie aperta perché con i ragionamenti si discende dai principi per capire fin dove si può arrivare. Sezione terza – Sistema delle idee trascendentali Tre classi di idee trascendentali – Come i concetti puri hanno a che fare con l’unità sintetica delle rappresentazioni i concetti della ragion pura, ovvero le idee trascendentali, hanno a che fare con l’unità sintetica incondizionata di tutte le condizioni in generale. Le idee trascendentali si possono dividere quindi in tre classi: la prima contiene l’unità incondizionata del soggetto pensante, la seconda della serie delle condizioni di tutti i fenomeni e la terza della condizione di tutti gli oggetti del pensiero in generale. Il soggetto pensante è oggetto della psicologia, l’insieme di tutti i fenomeni sono oggetto della cosmologia e la cosa che contiene la condizione con la quale si può pensare tutto, ovvero l’ente di tutti gli enti, è oggetto della teologia. Libro secondo – Delle inferenze dialettiche della ragion pura In questo libro Kant cerca di individuare gli errori, le inferenze della ragione, che appartengono alla sua stessa natura; di tali inferenze l’uomo non si può quindi liberare, ma può solamente, dopo un grande sforzo, riuscire a prevenirle. Le inferenze della ragione sono tre, poiché

riguardano le tre classi delle idee trascendentali. Per quanto riguarda prima classe la ragione cade nell’inferenza dialettica del paralogismo, per la seconda classe cade nelle antinomia insolubile e per la terza classe la ragione si ferma ad un ideale trascendentale senza la possibilità di determinarlo. Capitolo primo – Dei paralogismi della ragion pura L’io penso – Un concetto che non è indicato tra i concetti trascendentali ma che comunque appartiene ad essi è l’io penso; esso è il veicolo di tutti i concetti in generale anche se non ha nessun titolo in particolare perché serve solamente a far sì che ogni pensiero sia rappresentato come appartenente alla coscienza. Esso serve inoltre a distinguere due tipi di oggetti: io, che in quanto pensante sono un oggetto del senso interno, ovvero l’anima, e ciò che è oggetto dei sensi esterni si chiama corpo. L’io come essere pensante è quindi già l’oggetto della psicologia, che si può chiamare dottrina razionale dell’anima, se non si pretende di sapere nulla di più di quanto può essere dedotto da questo concetto dell’io senza l’esperienza. Una presunta scienza – Se una qualche particolare percezione del mio stato interno si mescolasse tra i fondamenti di questa scienza essa non sarebbe più una dottrina razionale dell’anima, ma una dottrina empirica dell’anima. Ci troviamo di fronte dunque ad una presunta scienza. In tali casi non bisogna credere che l’io penso, poiché esprime un’esperienza interna non possa essere il fondamento di una dottrina razionale pura dell’anima, poiché tale esperienza interna non è altro che l’autocoscienza, ovvero la percezione di altre percezioni, cioè la la conoscenza dell’empirico in generale. L’io penso dunque è l’unico vero elemento della psicologia razionale, dal quale essa deve sviluppare tutto il suo sapere. La topica della della dottrina razionale dell’anima – La topica della dottrina razionale dell’anima, da cui deriva tutto ciò che essa può contenere, è la seguente: l’anima è sostanza, l’anima è semplice, l’anima è

identica ovvero è una, l’anima è in relazione a possibili oggetti nello spazio. L’anima come sostanza fornisce il concetto di immaterialità, l’anima semplice quello dell’incorruttibilità, l’anima come identica a sé stessa quello di personalità; questi tre elementi insieme danno la spiritualità. Infine l’anima in relazione agli oggetti dà il concetto di animalità, poiché essa è pensata come il principio di vita nella materia; questa animalità, delimitata dalla spiritualità, dà l’immortalità. I paralogismi – Da questi quattro concetti derivano quattro paralogismi di una dottrina trascendentale dell’anima, che viene ritenuta erroneamente una scienza della ragion pura. Abbiamo detto che l’io in quanto pensante non è altro che una coscienza che accompagna tutti i concetti, e poiché esso non è altro che la forma di una rappresentazione in generale dobbiamo servirci sempre di una sua rappresentazione per poter esprimere un giudizio su di esso. Sembra strano però che tale condizione sotto la quale io penso debba valere per tutto ciò che pensa; di un essere pensante infatti non posso avere nessuna rappresentazione tramite un’esperienza esterna, ma solo tramite l’autocoscienza, quindi non posso far altro se non trasferire questa mia coscienza ad altre cose. In tal caso però l’io penso viene preso solo problematicamente, ovvero come possibilità, e non in quanto essa contenga la percezione di un’esistenza (cogito ergo sum). Se infatti considerassimo che come fondamento della conoscenza razionale pura dell’essere pensante vi fosse qualcosa di più del ‘cogito’ ne sorgerebbe una psicologia empirica, che non potrebbe mai servire a insegnare apoditticamente qualcosa che riguardi la natura degli esseri pensanti in generale. Seconda osservazione che va fatta è che dall’autocoscienza non deriva mai immediatamente la coscienza di un oggetto, e quindi neanche di me stesso; bisogna prima determinare un’intuizione rispetto a quell’unità della coscienza in cui consiste ogni pensiero. L’anima è sostanza – Kant poi espone brevemente gli errori che possono derivare dagli elementi della topica della dottrina razionale dell’anima.

E’ certo che in tutti i miei giudizi io sono sempre il soggetto determinante dei giudizi; il primo errore consiste nel prendere questa certezza come base per affermare che come oggetto io sia un ente sussistente per me stesso, o che sia una sostanza. L’anima è semplice – In secondo luogo il fatto che l’io penso sia in ogni pensiero un che di singolare, e dunque un soggetto semplice è già contenuto nel concetto di pensiero e dunque è una proposizione analitica. Ma ciò non significa che l’io pensante è una sostanza semplice, che sarebbe una proposizione sintetica. Il concetto di sostanza si riferisce sempre a intuizioni, quindi è del tutto fuori del campo dell’intelletto e del suo pensiero, mentre è solo di questo campo che si parla quando si dice che il pensiero è semplice. L’anima è una – La proposizione che afferma l’identità di me stesso in ogni molteplice nel quale sono cosciente è una proposizione che si fonda su concetti, quindi anch’essa è analitica. Ma questa identità del soggetto di cui posso divenire cosciente in tutte le sue rappresentazioni, non significa l’identità della persona. Per dimostrare tale identità non si ottiene nulla con la semplice analisi della proposizione io penso, ma occorrerebbero diversi giudizi sintetici che si fondino sull’intuizione data. L’anima è in relazione – Anche il fatto che io distingua la mia esistenza dalle cose fuori di me è una proposizione analitica, poiché le altre cose sono tali solo in quanto le penso distinte da me. Tuttavia non posso sapere se la coscienza di me stesso sia possibile senza le cose al di fuori di me, tramite le quali mi vengono date le rappresentazioni, e quindi se io possa esistere come essere pensante senza essere uomo. Come contrastare la critica di Kant – Kant ha quindi dimostrato che attraverso l’analisi del soggetto nel pensiero in generale non si è fatto alcun guadagno rispetto alla coscienza del soggetto come oggetto. Per contrastare la critica di Kant l’unico modo sarebbe quello di dimostrare a priori che tutti gli esse...


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