Appunti - Kant -Dialettica Trascendentale PDF

Title Appunti - Kant -Dialettica Trascendentale
Author Gabriele Dettori
Course Storia della Filosofia
Institution Università di Bologna
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ANALITICA TRASCENDENTALE Introduzione dall’analitica trascendentale: [Intorno alla divisione della logica generale in Analitica e Dialettica. La verità consiste nell’accordo fra conoscenza e oggetto. L’opera formale dell’intelletto è risolta nell’Analitica. Per accertarsi di una conoscenza di un oggetto non basta eseguire una valutazione formale, ma le formule logiche vanno arricchite di contenuto. Se si cerca di arricchire le formule logiche tramite le regole dalla logica senza accertarsi della legittimità formacontenuto si fa Dialettica, che Kant chiama logica della parvenza. Intorno alla divisione della logica trascendentale in Analitica e Dialettica trascendentale L’analitica trascendentale è la parte della logica trascendentale che tratta dei principi senza i quali nessun oggetto può essere pensato, ovvero i principi secondo i quali le regole dell’intelletto possono essere applicati sulla materia, la l’uso dialettico della dottrina trascendentale invece utilizza l’intelletto dando giudizi sugli oggetti senza far conto di questi principi. Intendiamo quindi Dialettica trascendentale la critica dell’intelletto e della ragione in quanto al loro uso iperfisico per svelare la fallace parvenza delle sue infondate albagie e ridurre le e sue pretese illusorie di scoperta per preservare l’intelletto da illusioni sofistiche.

DIALETTICA TRASCENDENTALE CAPITOLO 3 Con l’analitica trascendentale si è spiegato come il pensiero umano tramite delle categorie che si occupano di dare forma alle percezioni empiriche, uniche ricettrici del contenuto del materiale del molteplice della realtà, ci

permette di raggiungere la conoscenza dei fenomeni. La dialettica trascendentale invece si occupa di come la ragione umana utilizza i concetti del pensiero per formare delle idee proprie di essa per formare dei principi regolativi, detti ideali, utili ad essa per donare sistematicità al pensiero ma che non possono definire nulla riguardo alla conoscenza dell’esistenza delle cose.

Dell’ideale in generale I concetti puri dell’intelletto necessitano delle condizioni della sensibilità per rappresentare in modo concreto gli oggetti. Le idee invece, rispetto alle categorie, sono concetti ancor più lontani della realtà oggettiva e non esiste modo per rappresentarle in concreto. Ancor più lontano delle idee vi sono gli ideali che consistono nell’idea intesa come cosa singolare determinabile per mezzo dell’idea. Tali ideali hanno una capacita pratica in quanto principi regolativi e fungono da fondamento della possibilità di perfezione di certe azioni. La virtù, la saggezza sono idee. Il saggio (inteso come quello degli stoici) è un ideale. L’idea fornisce una regola e l’ideale serve da archetipo per la perfetta determinazione della copia. Non è possibile dare agli ideali una realtà oggettiva ma essi danno alla ragione un criterio indispensabile per farle determinare ciò che è perfetto e ciò che è imperfetto. Idea : Saggezza = Ideale : Saggio

Dell’ideale trascendentale Ogni concetto è sottoposto al principio della determinabilità: di ogni due predicati del concetto opposti tra loro solo uno può appartenergli. Ma questo è un principio meramente logico, se vogliamo considerare anche il contenuto dobbiamo constatare che ogni cosa rispetto alla sua possibilità è sottoposto al principio della determinazione completa. Tale principio considera che ogni cosa derivi la propria possibilità dalla partecipazione all’idea di possibilità intera. Il principio della determinazione completa costituisce la sintesi di tutti i predicati che debbono determinare il concetto completo di una cosa, e non dunque il semplice principio della rappresentazione analitica tramite uno dei due predicati opposti. La conoscenza completa di una cosa richiede la conoscenza di tutto il possibile e la determinazione della cosa nei riguardi di esso. Idea : Possibilità intera = Ideale : Principio della determinazione completa La determinazione completa è dunque un concetto non rappresentabile in concreto e poggia su un’idea che ha sede nella ragione prescrivendo all’intelletto la regola del suo uso completo. Tale idea dell’insieme di ogni possibilità considerata nella sua purezza e quindi escludendo tutti i predicati che le si possono derivare diviene un concetto determinato a priori che merita il nome di ideale della ragion pura. Tutti i predicati o rappresentano un essere o un non essere, ma la negazione logica non è mai propriamente

costitutiva di un concetto bensì soltanto della relazione che nel giudizio ha luogo fra un concetto ed un altro. Quindi tutti i concetti delle negazioni sono derivati. Il sostrato trascendentale del principio di determinazione completa nella nostra ragione è l’idea del tutto della realtà. In questo completo possesso della realtà è rappresentato il concetto di cosa in sé. Tale ideale trascendentale rappresenta la condizione materiale di possibilità dell’esistenza di tutto, è l’unico ideale di cui la ragione è capace perché è l’unico concetto in sé universale. La determinazione logica di un concetto attraverso la ragione poggia su un sillogismo disgiuntivo e così è anche nella logica trascendentale: Premessa maggiore = rappresentazione dell’insieme di ogni realtà, concetto contenente tali predicati in sé premessa minore = limitazione dell’insieme del tutto Conclusione = determinazione della cosa. La ragione non presuppone dell’esistenza di un essere conforme all’ideale supremo, ma si accontenta dell’idea di esso. L’oggetto dell’ideale della ragione prende anche il nome di essere originario ma ci lascia nella più completa ignoranza circa l’esistenza di tale essere. Se noi seguiamo questa idea dopo averla ipostatizzata, mediante il concetto di realtà suprema potremo determinarla come Dio, ma un siffatto uso dell’idea trascendentale varcherebbe di già in confini della sua accettabilità. L’insieme della realtà è posto dall’ideale trascendentale come una finzione e non con carattere oggettivo. Per questo motivo dobbiamo essere consapevoli che è un carattere soggettivo della ragione e non possiamo servirci solo di esso per determinare l’esistenza di qualcosa ma dobbiamo combinarlo con una fonte oggettiva. Non è sufficiente infatti descrivere i procedimenti della nostra mente ma occorre anche scoprirne le fonti, come fa la ragione a considerare ogni possibilità delle cose come proveniente da un’unica cosa? L’ideale di cui stiamo parlando si fonda sul rapporto fra le cose sensibili e il nostro pensiero: In tale rapporto a noi sono dati oggetti dei sensi che non possono costituire un oggetto per noi se non nella condizione di possibilità dell’intera realtà empirica.

Tale rapporto permette la determinazione di un fenomeno che: 

da una parte è dato a noi tramite una percezione sensibile



dall’altra parte è confrontato con tutti i predicati possibili e quindi con la rappresentazione dell’insieme di ogni realtà o ideale trascendentale

E tramite questa determinazione è possibile affermare o negare tale fenomeno Sotto la spinta di una illusione naturale accade che tendiamo a fare di quello che è il principio della possibilità delle cose in quanto fenomeni il principio trascendentale della possibilità di cose in generale.

Intorno agli argomenti della ragione speculativa per concludere all’esistenza di un essere supremo Il procedimento della ragione per giungere all’esistenza dell’essere originario è questo:

Essa ammette come provata l’esistenza di qualcosa di assolutamente necessario e fonda la sua argomentazione sull’insufficienza intrinseca del contingente. Ogni cosa deve avere una causa, ma la stessa questione si ripresenta a proposito di ogni causa. Dove dunque potremmo collocare la suprema causalità se non in quell’essere che racchiude originariamente in sé tutto ciò che si richiede per ogni possibile effetto?

Non ci sono che tre possibili modi per dimostrare l’esistenza di Dio da parte della ragione speculativa Le prove dell’esistenza di Dio: 

o prendono le basi da un esperienza sensibile e dalla particolare struttura del mondo sensibile per poi giungere a una causa suprema fuori dal mondo Prova fisico teologica



assumono a fondamento un’esperienza indeterminata, cioè una qualsiasi esistenza Prova cosmologica



prescindono da ogni esperienza per concludere interamente a priori da semplici concetti l’esistenza di una causa prima Prova Ontologica

Intorno all’impossibilità di una prova ontologica dell’esistenza di Dio Il concetto di un essere assolutamente necessario è un puro concetto della ragione: un’idea, la cui realtà oggettiva è assai lontana dall’essere provata dal bisogno che la ragione ha di essa. Seve piuttosto a limitare l’intelletto che ad allargarlo a nuovi oggetti. (Come ogni idea). Il condizionatamente necessario è stato dimostrato nella prova ontologica cartesiana dell’esistenza di Dio tramite l’analogia con il triangolo: “Un triangolo ha tre angoli”. I tre angoli condizione necessaria del triangolo come l’esistenza condizione necessaria di Dio. Bisogna subito osservare come gli esempi proposti vengono trattati esclusivamente come giudizi e mai come cose, ma la necessità incondizionata del giudizio non è la necessità assoluta delle cose. Infatti la proposizione sopra non afferma che tre angoli sono assolutamente necessari ma che sono necessari posta la condizione che un triangolo ci sia. Se in un giudizio nego il predicato mantenendo il soggetto ne risulta una contraddizione, ma se invece nego soggetto e predicato assieme non vi è alcuna contraddizione. Negare il triangolo e i suoi tre angoli non è contradditorio come negare Dio e negare la sua esistenza non è contradditorio. Per provare l’esistenza di Dio, dimostrata l’illusorietà di questa dimostrazione si può ora semplicemente provare a sostenere l’esistenza di soggetti che non possono assolutamente essere negati, ma analizziamo bene la cosa: La proposizione “Questa o quella cosa esiste” è una proposizione sintetica o analitica? Se fosse analitica o il pensiero che è in noi dovrebbe coincidere con la cosa stessa, o il predicato di esistenza dovrebbe essere proprio della possibilità, il che non dà luogo se non a una misera tautologia: se si dà la realtà al porre abbiamo già posto la cosa come reale. Se fosse sintetica invece come si potrebbe affermare che il predicato di esistenza non possa essere negato senza contraddizione dato che tale proprietà appartiene solo ai predicati analitici?

Qualunque sia l’estensione e la natura del contenuto del nostro concetto di un oggetto, dovremo sempre uscir fuori dal concetto se vogliamo conferire l’esistenza all’oggetto. Rispetto agli oggetti dei sensi, ciò ha luogo tramite la connessione del concetto con una determinata percezione, in base a leggi empiriche, ma per gli oggetti del pensiero puro non c’è alcun mezzo per conoscere la loro esistenza, dovendosi qui procedere del tutto a priori. Il concetto d’un essere supremo è un’idea utile ma è una semplice idea e quindi incapace di estendere da sé sola la nostra conoscenza di ciò che esiste.

Intorno all’impossibilità di una prova cosmologica dell’esistenza di Dio La prova cosmologica afferma di prendere le mosse dall’esperienza e non risulta per ciò svolta interamente a priori. Poiché l’oggetto di ogni esperienza possibile è il mondo essa viene detta cosmologica. Essa dice: “se qualcosa esiste, deve anche esistere un essere assolutamente necessario; poiché io stesso, almeno, esisto, deve quindi esistere un essere assolutamente necessario. L’essere necessario dev’essere determinato dal proprio concetto, ma l’unico concetto che determini a priori una cosa è il concetto di essere realissimo. Quindi l’essere realissimo è l’unico che renda possibile il pensiero di un essere necessario, dunque un essere supremo esiste necessariamente” Tale prova si dice diversa da quella ontologica ma non lo è affatto: l’esperienza è utilizzata dalla prova cosmologica solo per compiere un primo passo e giungere all’esistenza d’un essere necessario in generale, ma l’argomentazione empirica non è in grado di dirci quali siano le proprietà di un tale essere sicché la ragione inizia a non tenere più conto della realtà empirica e cerca di definire tale essere mediante meri concetti. Possiamo anche dimostrare la falsità di tale prova tramite questo metodo: Se è vero che un essere assolutamente necessario è per forza l’essere realissimo significa fra gli esseri realissimi, per accidens, alcuni sono assolutamente necessario. Ma tra questi esseri realissimi l’essere realissimo non può essere distinto in alcun modo. Questo significa che ogni essere realissimo dev’essere essere assolutamente necessario, e questa è la prova ontologica.

Scoperta e chiarimento della parvenza dialettica in tutte le prove trascendentali dell’esistenza di un essere necessario

Qual è dunque la causa di quella parvenza dialettica che connette i concetti di necessità e di realtà suprema per realizzare ciò che non può essere che un’idea, e ammettere qualcosa di necessario in sè? Né necessità né contingenza sono principi oggettivi, bensì sono principi soggettivi della ragione che servono: 

La necessità da un lato a conferire un’unità sistematica alla natura e a permetterci di filosofare intorno alla natura intendendo unicamente l’insieme dei fenomeni,



La contingenza dall’altro lato ci serve per non fermarci ad una singola determinazione come supremo fondamento e di conservare sempre aperta la strada ad una successiva derivazione.

L’essere assolutamente necessario dovrà dunque servire a dare una massima unità possibile ai fenomeni, ma tale unità va intesa al di fuori del mondo, giacché la seconda delle due regole obbliga a considerare i fenomeni sempre in maniera derivata. L’essere supremo è dunque un ideale che fa da principio regolativo della ragione in virtù del quale si considera ogni connessione nel mondo come se trasse origine da una singola causa in vista di dargli unità sistematica, ma questo ideale non corrisponde al riconoscimento di una esistenza in sé stessa necessaria. Come accade per l’ideale supremo accade per la rappresentazione dello spazio, che solo perché rende possibile tutte le forme finisce per essere considerato come necessario.

Intorno all’impossibilità della prova fisico-teologica Introduzione: Prova fisico-teologica: indagare se un’esperienza determinata non ci offra la base per una prova dell’esistenza d’un essere supremo. Come sarà possibile che vi sia una prova tale da adeguare l’idea di un essere supremo (idea di incondizionato) ad un’esperienza (tutto ciò che è incondizionato), se la caratteristica di quell’idea è proprio l’incongruenza con l’esperienza? Se l’essere supremo lo allacciamo al condizionato va ricercata una sua causa, se lo teniamo separato dobbiamo trovare un ponte che lo allacci al condizionato. Il mondo ci si presenta come un’infinita molteplicità di armonie, ordine, effetti e cause. Ma il principio di causalità, a cui si deve l’ordine e la finalità del mondo, necessita dalla ragione l’idea di una causa prima. Causa che corrisponde all’idea di un disegno astratto che fa da guida verso l’ordine e la finalità e non risulta contrario ad alcuna esperienza. Questa prova, questa causa, allarga le nostre conoscenze della natura sulla scorta di una particolare unità, il cui principio sta al di fuori della natura. Ma queste conoscenze reagiscono potenziando la fede in un sommo creatore, al punto di trasformala in una convinzione irrefutabile. Questo procedimento è utile e bisogna consigliarlo e incoraggiarlo, ma non per questo possiamo avallare le pretese di questa prova a una certezza apodittica. Spiegazione: La prova si sviluppa così 1. In ogni parte del mondo sono constatabili segni evidenti di un ordinamento diretto a scopi precisi 2. La natura delle cose non sarebbe mai stata in grado di armonizzarsi in base a fini determinati se i mezzi non fossero stati scelti ad opera di un principio razionale 3. Esiste pertanto una causa sublime e saggia che è un’intelligenza che opera con libertà 4. L’unità di questa causa è desumibile dall’unità dell’azione reciproca delle parti del mondo, analogo ai principi di un edificio artistico Confutazione: In base a questo ragionamento la finalità e l’armonia di tanti prodotti naturali proverebbero solo la contingenza della forma, non della materia. La suddetta prova può giungere al massimo a provare un architetto del mondo e

non ad un creatore di esso. Ma anche la prova di un architetto del mondo è confutabile: Il ragionamento vuole condurre dall’ordine e dalla finalità all’esistenza di una causa a che a ciò sia proporzionata. Ma al concetto di una siffatta causa non possiamo determinare altro che il concetto di essere in possesso di ogni perfezione, ma in realtà tutti i predicati che riguardano la massima perfezione, come potenza, saggezza, eccellenza; non danno alcun concetto determinato sull’oggetto ma sono solo rappresentazioni relative alla grandezza dell’oggetto. Arrivati a tali determinazioni basate su aspetti empirici, si iniziano a tralasciare tutti i dati empirici e si ritorna sulla contingenza del mondo, ritornando quindi alla prova cosmologica che è una prova ontologica camuffata.

Critica di qualsiasi teologia fondata su principi speculativi della ragione La teologia è la conoscenza dell’essere originario fondata: 

Rivelazione



Ragione: 

Teologia trascendentale, deismo, credere in Dio: mediante la ragion pura e i suoi meri concetti trascendentali Prova ontoteologica



Teologia naturale, teismo, credere in Dio vivente: facendo ricorso a un conetto tratto dalla natura (analogia con la natura) Prova cosmologica Risale analogicamente dall’ordine del mondo alla prova di un essere supremo fondandosi su principi di: 

Perfezione naturale



Perfezione morale

La condizione propria di tutto il condizionato non può dunque essere vista come assolutamente necessaria ma solo come ipotesi di una conoscenza razionale del condizionato. La necessità assoluta di qualcosa può essere pensata solo in virtù di concetti a priori e mai sotto la forma di una causa necessaria rispetto all’esperienza. Una conoscenza teoretica è detta speculativa se concerne un oggetto, o il concetto di un oggetto, che risulta inaccessibile a qualsiasi esperienza. Tale conoscenza è contrapposta alla conoscenza della natura. Il principio in base al quale prendiamo una realtà come effetto e inferiamo una sua causa è un principio della conoscenza della natura e non della conoscenza speculativa.

All’interno di un uso semplicemente speculativo il concetto di causa come quello di contingente smarriscono ogni significato di realtà oggettiva. Per quanto riguarda l’esistenza delle cose del mondo si deve restare nell’ambito di una conoscenza della natura e non di una conoscenza speculativa. Per affermare che la sostanza sia contingente quanto all’esistenza si renderebbe necessaria una conoscenza speculativa della ragione, ma quand’anche si trattasse semplicemente della forma del mondo e io pretendessi concludere all’esistenza di una causa si farebbe di nuovo uso della conoscenza speculativa. E il principio di causalità verrebbe interamente sottratto alla sua destinazione. Per questo motivo tutti i tentativi di un uso meramente speculativo della ragione in teologia sono vuoti e vani. Tutti i principi sintetici della ragione sono di uso immanente, mentre la conoscenza di un essere supremo esige un uso trascendente della ragione. Se vogliamo colmare integralmente il principio della determinazione possiamo far ricorso all’idea di necessità originaria, ma non possiamo fondare quest’idea su una prova incontrovertibile. Qualunque sia il modo in cui l’intelletto è giunto a possesso di un concetto, non sarà mai possibile ricavare analiticamente dal concetto l’esistenza del relativo oggetto, perché la conoscenza dell’esistenza dell’oggetto sta proprio nel venir posto in sé stesso fuori dal pensiero. In quanto all’ateismo le stesse ragioni che attestano l’impotenza della ragione quanto all’af...


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