Kant - Riassunto pensiero kant PDF

Title Kant - Riassunto pensiero kant
Author Daria De Rinaldis
Course Storia della filosofia contemporanea
Institution Università degli Studi Gabriele d'Annunzio - Chieti e Pescara
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Riassunto pensiero kant...


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FILOSOFIA KANT E IL CRITICISMO

© GSCATULLO (

Kant e il Criticismo Introduzione Biografia Immanuel Kant nacque nel 1724 a Königsberg, capoluogo della Prussia orientale, da una famiglia scozzese. Educato nel Collegium Fridericianum al pietismo, nel 1740 studia matematica, filosofia e teologia all’Università di Königsberg. Si avvicinò alla fisica newtoniana grazie a Martin Knutzen, suo insegnante. Terminati gli studi fu precettore presso case patrizie. Nel 1755 ottenne la libera docenza presso l’Università di Königsberg dove insegnò varie discipline per quindici anni. Nel 1766 divenne sottobibliotecario alla Biblioteca Reale, e nel 1770 fu nominato professore ordinario di logica e metafisica. Criticismo Il pensiero di Kant è detto criticismo: contrapponendosi al dogmatismo, accettazione passiva, si propone di vagliare la conoscenza tramite la critica filosofica. Si propone infatti di interrogarsi circa l’esperienza umana per chiarirne: la possibilità, la validità ed i limiti. In particolare su quest’ultimi riflette Kant, stabilendo un confine invalicabile entro il quale è possibile indagare e fare esperienza, ed è nei limiti che trovano fondamento e legittimità le facoltà umane: l’impossibilità di trascendere l’esperienza permette la Critica alla ragion pura, l’impossibilità di raggiungere la santità, la Critica alla ragion pratica, e l’impossibilità di subordinare la natura all’uomo, la Critica del giudizio. Il criticismo può essere storicamente contestualizzato come figlio della rivoluzione scientifica e della crisi progressiva delle metafisiche tradizionali. Kant si trovava in questo modo davanti il grande problema di legittimare l’etica, tradizionalmente fondata sulla metafisica. Critica della Ragion Pura Il problema generale La Critica della ragion pura è un’analisi critica dei fondamenti del sapere, che si propone di indagare circa la scienza e la metafisica. Ai tempi di Kant la metafisica aveva perso il ruolo importante che aveva un tempo, penalizzata dalle continue dispute tra i pensatori ed in qualche modo offuscata dai successi della scienza. Anche quest’ultima però aveva minati i suoi fondamenti dalla filosofia di Hume, che ne criticò il principio di causalità, risvegliando così Kant a suo dire dal sonno dogmatico e spingendolo ad una ricerca di una nuova legittimazione della scienza. Kant era dunque convinto della necessità di un riesame della struttura e della validità della conoscenza. Il filosofo rifiuta lo scetticismo scientifico di Hume, e si limita a condividerne quello riguardo la metafisica, di cui si dichiara un innamorato deluso, poiché nonostante la disposizione naturale che spinge l’uomo ad indagarla non si potrà mai verificarla. I giudizi sintetici a priori Nel corso del seicento si erano distinte due correnti filosofiche che indagavano riguardo la scienza e con cui Kant è costretto a confrontarsi: da un lato i razionalisti, che proponevano di fondare la conoscenza su giudizi1 analitici a priori, che Hume identificava nelle proposizioni matematiche, universali e necessarie (a priori), il cui predicato, non ricorrendo all’esperienza, esplicita una caratteristica già contenuta nel soggetto (predicati esplicativi, non fecondi/sintetici ma analitici); dall’altro gli empiristi, che fondavano la conoscenza su giudizi

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Per giudizio si intende, da un punto di vista logico-filosofico, il connettere un predicato con un soggetto.

sintetici a posteriori, basandosi sull’esperienza (a posteriori) riescono ad aggiungere con il loro predicato qualcosa di nuovo al soggetto (predicati ampliativi, fecondi e cioè sintetici) ma mancano dell’universalità. La Scienza, pur derivando in parte dall’esperienza, si fonda su principi universali e immutabili, che sono uguali in tutti gli uomini (per esempio la proposizione “Tutto ciò che accade ha una causa”). Kant li chiama giudizi sintetici a priori, poiché non derivano dall’esperienza ma sono propri della mente di ogni uomo (a priori), ma nonostante ciò sono ampliativi (sintetici). Superando le interpretazioni precedenti Kant identifica una scienza fondata sia sull’esperienza, che le garantisce la fecondità della materia, che sui giudizi sintetici a priori, fecondi nella forma e universali e necessari.  Scienza = esperienza + principi sintetici a priori L’accusa che viene rivolto a Hume, nella visione kantiana, è quella di aver confuso i giudizi sintetici derivati dall’esperienza ed il principio di causalità, che è un giudizio sintetico a priori, e che è un concetto innato nell’uomo ed universalmente valido. La Rivoluzione Copernicana Individuati i giudizi sintetici a priori come di fatto fondanti la scienza, a Kant spetta di spiegare da dove derivano se non dall’esperienza. Ovvero di dimostrare se il quid facti del loro uso sia corrisposto da un quid iuris della loro legittimità d’uso. Kant articola la sua ipotesi gnoseologica di fondo elaborando una nuova teoria che vuole la conoscenza come sintesi di materia, elemento a posteriori, e forma, elemento a priori: la materia è la molteplicità caotica delle impressioni sensibili che derivano dall’esperienza, mentre la forma è la modalità fissa tramite cui la mente umana ordina queste impressioni. La visione kantiana ritiene che la mente umana filtri attivamente i dati empirici attraverso forme innate comuni a tutti i soggetti pensanti. Queste forme sono a priori rispetto l’esperienza, ed hanno validità universale e necessaria poiché tutti le applicano allo stesso modo. Per chiarire cosa sono le forme a priori è stato spesso utilizzato l’esempio delle lenti azzurre, che, comuni a tutti gli uomini, filtrano la realtà esterna rendendola azzurra. Impostando in questo modo il problema della conoscenza ne consegue necessariamente: 



La rivoluzione copernicana che Kant si vantò di aver operato in filosofia ribaltando i rapporti tra soggetto e oggetto, come Copernico aveva fatto tra spettatore e stelle in astronomia. Non è per Kant la mente a modellarsi sulla realtà – tesi empirista che perde di universalità -, ma la realtà che si modella sulle forme a priori attraverso cui il soggetto la percepisce. È necessario introdurre una distinzione tra il fenomeno, la realtà percepita tramite le forme a priori, e la cosa in sé, ovvero la realtà indipendentemente la percezione.

Partizione della Critica della ragion pura Kant distingue tre facoltà conoscitive principali:   

La sensibilità, facoltà con cui gli oggetti ci sono dati intuitivamente attraverso i sensi e tramite le forme a priori di spazio e tempo; l’intelletto è la facoltà attraverso cui pensiamo i dati sensibili tramite i concetti puri o le categorie; la ragione è la facoltà attraverso cui procedendo oltre l’esperienza cerchiamo di spiegare globalmente la realtà.

Questa ripartizione della facoltà conoscitiva è alla base della divisione della Critica della ragion pura: 

la dottrina degli elementi, che indaga quali sono gli elementi a priori (puri) della conoscenza.



la dottrina del metodo, che consiste nel determinare l’uso possibile degli elementi a priori, ovvero il metodo con cui funziona la conoscenza.

La dottrina degli elementi è la parte più estesa della Critica e si ramifica a sua volta in due sezioni:  

l’estetica trascendentale studia la sensibilità (αἴσθησις) e le sue forme a priori dello spazio e del tempo, mostrando anche come su di esse si fondi la matematica; la logica trascendentale si divide ancora in analitica trascendentale, che studia l’intelletto e le sue forme a priori (le 12 categorie); e dialettica trascendentale, che studia la ragione e le sue tre idee su cui si fonda la metafisica.

Il co concett ncett ncetto od dii tras trascend cend cenden en ental tal tale e Kant rielabora il concetto di trascendentale, che nella terminologia scolastica-medievale indicava le proprietà universali comuni a tutte le cose, e lo collega a quello di forma a priori: trascendentale non è ciò che oltrepassa l’esperienza bensì che la precede (a priori) e la rende conoscibile. Non li identifica però con gli elementi stessi ma con lo studio dei medesimi: sono trascendentali non tanto le forme a priori, quanto le discipline filosofiche che li studiano (es. estetica t., analitica t., ecc.). L’estetica trascendentale L’estetica trascendentale è la parte della Critica della ragion pura in cui Kant studia la sensibilità e le sue forme a priori. La sensibilità, dice Kant, è ricettiva poiché non genera i contenuti ma li accoglie, dalla realtà esterna o da quella interna, per intuizione. La sensibilità però non è solo ricettiva ma anche attiva, poiché organizza il materiale delle intuizioni empiriche (sensazioni) tramite lo spazio e il tempo, le forme a priori (intuizioni pure) della sensibilità. Spa Spazio zio e TTempo empo Lo spazio (Raum) è la forma del senso esterno, cioè quella «rappresentazione a priori necessaria che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne»2, ovvero che permette di percepire la realtà esterna. Il tempo (Zeit) è la forma del senso interno, cioè la rappresentazione a priori che sta a fondamento dei nostri stati interni e del loro disporsi l’uno dopo l’altro. Va inteso anche come percepire di percepire, ovvero ogni volta che si percepisce un qualcosa, sia con il senso esterno che interno, quest’operazione viene essa stessa percepita dal tempo e disposta nel nostro interno secondo un ordine di successione. È ciò che ci fa in qualche modo rendere conto dei cambiamenti a noi esterni (il rendersi conto che una luce si spenga è causato dalla percezione di buio, subito dopo quella di luce). Per questa ragione Kant sostiene che il tempo è la forma universale dell’esperienza, poiché «tutti i fenomeni in generale, ossia tutti gli oggetti dei sensi, cadono nel tempo»3. L’apriorità dello spazio e del tempo viene giustificata da Kant sia con argomenti teorici generali (nell’esposizione metafisica), sia con argomenti della considerazione delle scienze matematiche (nell’esposizione trascendentale). Logica trascendentale Nella seconda parte della dottrina degli elementi, la logica trascendentale, Kant presenta un tipo diverso di scienza del pensiero discorsivo (logica), che ha come oggetto di indagine l’origine, l’estensione e la validità oggettiva, delle conoscenze a priori che sono proprie dell’intelletto (studiato nell’analitica trascendentale) e della ragione (studiata nella dialettica trascendentale).

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Kant, Critica della ragion pura, B 38. Ibidem, B 51.

Anal Analitica itica trasc trascenden enden endentale tale Secondo Kant sensibilità e intelletto sono entrambi indispensabili alla conoscenza: «senza sensibilità, nessun oggetto ci verrebbe dato e senza intelletto nessun oggetto verrebbe pensato. I pensieri senza contenuto sono vuoti, le intuizioni senza concetti sono cieche»4. Per spiegare cosa siano i concetti Kant scrive la prima parte dell’Analitica trascendentale: l’Analitica dei concetti. Mentre le intuizioni sono affezioni (cioè passive), i concetti sono funzioni, ovvero operazioni attive che ordinano o unificano diverse rappresentazioni sotto una rappresentazione comune. Possono essere empirici, quando sono costituiti da materiale derivante dall’esperienza, o puri, se contenuti a priori nell’intelletto. I concetti puri si identificano con le categorie, nel senso aristotelico del termine, concetti basilari della mente che costituiscono le supreme funzioni unificatrici dell’intelletto. Essendo ogni concetto il predicato di un giudizio possibile, le categorie coincidono con i predicati primi. A differenza delle categorie aristoteliche, che hanno valore contemporaneamente ontologico e gnoseologico (leges entis et mentis), le categorie kantiane hanno portata esclusivamente gnoseologica, rappresentando unicamente modi di funzionamento dell’intelletto (leges mentis) che agiscono quindi unicamente sul fenomeno e non sull’oggetto. A differenza di Aristotele, che Kant accusa di aver identificato «rapsodicamente» le categorie, il filosofo tedesco prosegue secondo un principio sistematico, partendo dal presupposto: pensare è giudicare, ci saranno allora tante categorie quante sono le modalità di giudizio: fa corrispondere allora ad ogni tipo di giudizio (identificati secondo la quantità, la qualità, la relazione e la modalità) un tipo di categoria: Tavola dei giudizi Quantità Qualità Relazione Modalità Universali Affermativi Categorici Problematici Particolari Negativi Ipotetici Assertori Singolari Infiniti Disgiuntivi Apodittici Tavola delle categorie Quantità Qualità Relazione Modalità Unità Realtà Inerenza e sussistenza Possibilità-impossibilità Pluralità Negazione Causalità e dipendenza Esistenza-inesistenza Totalità Limitazione Comunanza Necessità-contingenza Formulata la tavola delle categorie sorge il problema di giustificarne la loro validità ed il loro uso. È il problema che Kant considera il più difficile della Critica e che chiama deduzione trascendentale. Per deduzione non si deve intendere il senso logico-matematico, ma quello giuridico-forense, e Kant allude alla dimostrazione della legittimità di diritto (quid iuris) di una pretesa di fatto (quid facti). Il problema della deduzione trascendentale è: perché le categorie, forme soggettive, debbano avere una validità per gli oggetti esterni e non creati dall’intelletto? Che cosa garantisce che la natura obbedirà alle categorie mostrandosi nell’esperienza secondo le nostre maniere di pensarla? Il problema non si pone per le forme della sensibilità, lo spazio ed il tempo, poiché l’oggetto non può apparire all’uomo se non percepito da lui tramite esse e sempre allo stesso modo. Ma questo discorso non può essere applicato anche ai pensieri dell’uomo. La soluzione che propone Kant può essere così articolata: 1. L’unificazione del molteplice non deriva dalla molteplicità ma da un’attività sintetica con sede nell’intelletto.

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Ibidem, B 75.

2. Quest’attività è la suprema unità fondatrice della conoscenza, ed è identificata dal filosofo tedesco con l’identica struttura mentale che accomuna gli uomini, denominata io penso. 3. L’io penso si attua tramite i giudizi, i quali, come sappiamo sono i modi concreti con cui si pensa. 4. I giudizi però si basano sulle categorie, le dodici funzioni unificatrici in cui si concretizza l’attività sintetica dell’io penso. 5. Di conseguenza tutti gli oggetto che vengono pensati vengono automaticamente categorizzati. Il che può essere riassunto come: presupponendo tutti i pensieri l’io penso, e agendo questo tramite le categorie, ne consegue che tutti gli oggetti pensati presuppongono le categorie. In questo modo si può affermare che la natura fenomenica obbedisce alle forme a priori del nostro intelletto. Ciò permette a Kant di introdurre la teoria dell’io legislatore della natura: l’ordine che sta alla base di tutti i fenomeni della natura non deriva dall’esperienza ma dall’io penso e dalle forme a priori, che ogni uomo applica sempre uguali ai fenomeni, garantendone l’universalità. Con questa dottrina raggiunge l’apice il copernicanesimo filosofico kantiano, che anziché porre nell’oggetto o in Dio la garanzia della conoscenza, fonda l’oggettività nel cuore stesso della soggettività: la mente umana. La conoscenza umana è per Kant sempre limitata al fenomeno, poiché la cosa in sé, che chiama noumeno, non può essere per definizione oggetto di esperienza possibile. A livello tecnico Kant ha distinto due significati di noumeno: 



In senso positivo, è l’oggetto di un’intuizione non sensibile, conoscenza a noi preclusa e possibile solo ad un ipotetico intelletto divino dotato di un’intuizione intellettuale, ovvero un intuito che coincide con la creazione delle cose stesse. In senso negativo è il concetto di una cosa in sé come di una x inconoscibile, che non potrà mai essere oggetto della nostra intuizione sensibile.

La dialettica trascendentale Se nell’Estetica e nell’Analitica Kant porta a termine la dimostrazione di come sia possibile il sapere scientifico, la sua ricerca non può che proseguire chiedendosi se la metafisica possa costituirsi come scienza nella Dialettica trascendentale. Kant ritiene che la metafisica sia frutto della ragione, a sua volta frutto dell’intelletto, la facoltà logica di unificare i dati sensibili tramite le categorie: così resta portato all’unificazione dei dati anche quando questi mancano dall’esperienza. In particolare la metafisica è frutto di tre idee trascendentali proprie della ragione, che è portata per costituzione ad unificare:   

I dati del senso interno mediante l’idea di anima, totalità assoluta dei fenomeni interni; I dati del senso esterno mediante l’idea di mondo, inteso come totalità assoluta dei fenomeni esterni; I dati interni ed esterni mediante l’idea di Dio, inteso come totalità di ogni totalità e fondamento di tutto ciò che esiste.

L’errore della metafisica, conclude Kant, è quello di trasformare in realtà queste tre esigenze della ragione.

Critica della ragion pratica La ragione serve a dirigere - per Kant - non solo la conoscenza ma anche l’azione, egli pone accanto alla ragione teoretica anche una ragione pratica. Il filosofo distingue quest’ultima in una ragion pura pratica, che opera indipendentemente dall’esperienza e dalla sensibilità, e una ragion empirica pratica, che opera basandosi sull’esperienza e sulla sensibilità. La ragion pura pratica corrisponde alla morale, ed è su questa che si propone di indagare la Critica della ragion pratica. Non è quindi una critica della ragion pura pratica, poiché nella sua parte pura (cioè universale e a priori) non necessita di essere sottoposta ad esame, mentre nella sua parte pratica, legata all’esperienza, può darsi delle massime, delle forme di azioni, e perciò potrebbe essere immorali. Morale La Critica della ragion pratica si basa sulla tesi che esista una legge morale a priori, valida per tutti e per sempre, propria dell’uomo. Similmente a quanto avveniva per le conoscenze scientifiche a priori della Critica alla ragion pura, nella seconda critica Kant è convinto dell’esistenza di una legge etica assoluta, ed il compito del filosofo non è dedurla, né inventarla, ma semplicemente constatarla. Dunque non ha dubbi che esista una legge morale assoluta o incondizionata, presupponendo una ragion pratica pura (a priori), comune a tutti gli uomini, capace di svincolarsi dalle inclinazioni sensibili e di guidare la condotta in modo stabile. L’assolutezza e l’incondizionatezza della morale implica due convinzioni di fondo strettamente connesse tra loro: la libertà dell’agire, essendo la morale incondizionata dall’esterno lascia all’uomo la facoltà di autodeterminarsi oltre l’istinto; ed essendo indipendente da condizionamenti esterni è sempre uguale a se stessa in ogni tempo ed ogni luogo, ed è dunque universale e necessaria. Nonostante la morale sia slegata dall’istinto, non può tuttavia prescinderlo: può infatti decondizionarsi da esso tramite la ragione, pur rimanendo sempre inesorabilmente legata alla sensibilità (animalità e impulso). Se infatti l’uomo fosse ragione pura sarebbe in uno stato di santità etica, di perfetta adeguazione alla legge, in cui la morale non avrebbe senso di esistere. È in questo che si concretizza l’agire morale, in una lotta continua tra ragione ed egoismo (impulsi sensibili), non esistendo tra legge morale e volontà una spontanea coincidenza, è necessario che la prima si presenti come imperativo, ovvero un comando che richieda il sacrificio delle proprie inclinazioni sensibili, e che l’uomo, per la sua natura imperfetta, potrebbe anche trasgredire. Principi Kant nello scrivere la Critica non mette in discussione, consapevole della finitezza umana, la forza condizionante che de facto i desideri e gli impulsi (istintuali) esercitano sulla volontà, ma avendo essi un carattere soggettivo e mutevole non possono fondare la morale, che deve essere invece universale. L’etica kantiana si configura non come descrittiva, non spiega infatti come l’uomo si comporta, ma prescrittiva e deontologica, ponendo attenzione su come l’uomo dovrebbe comportarsi. Inoltre non riguarda la materia, ovvero un oggetto desiderato, ma la forma, ovvero qualcosa degno di essere desidera...


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