Diritto romano Istituzioni e Storia - Eva Cantarella PDF

Title Diritto romano Istituzioni e Storia - Eva Cantarella
Course Diritto Romano
Institution Università degli Studi di Foggia
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DIRITTO ROMANO, ISTITUZIONI E STORIA – Eva Cantarella I romani fecero del diritto una scienza, un sistema articolato di principi, estratti dalle diverse norme che regolavano la loro vita sociale. Esso, attraverso i secoli, è giunto sino ai nostri giorni, influenzando in diversa misura il diritto di molte nazioni moderne. A partire dall’anno 1000 circa, infatti il diritto romano, attraverso la Compilazione giustinianea in cui era stato raccolto nel secolo VI d.C., ricominciò a essere studiato nelle scuole (grazie in primis a Irnerio nella sua scuola di Bologna) e a essere utilizzato nella pratica in molti paesi europei; solo l’Inghilterra non recepì il diritto romano e mantenne la sua Common Law (influenzata comunque dal sistema romanistico). Nacquero quindi due grandi famiglie di diritti di origine europea, quella dei diritti derivati dalla Common Law (nei vari paesi anglosassoni), e i diritti di tradizione romanistica (applicati in quasi tutti i paesi europei i cui sistemi si basano sui principi affermati durante la seconda vita del diritto romano). Tra i secoli XI e XIII lo studio del diritto romano fu opera e appannaggio della scuola dei glossatori (le glosse erano delle annotazioni che loro facevano studiando i testi giustinianei), la cui opera più imponente è quella di Accursio, composta di 96.000 glosse. Nei due secoli successivi (XIV e XV) esso venne tradotto in principi risolutivi di questioni scolastiche, nate nella pratica del commercio e della vita internazionale, che valevano in quanto communis opinio doctorum (opinione comune tra gli esperti). Il diritto romano ha lasciato tracce di sé anche quando ha cessato di essere diritto vigente; questo accadde nel secolo XIX, a partire dall’emanazione del Codice francese napoleonico del 1804 e quello austriaco del 1811, cui fecero seguito, i codici degli Stati italiani preunitari, i codici del Regno d’Italia del 1865 e, infine, nel 1900 il Codice civile tedesco (BGB). Tutt’oggi lo studio del diritto romano fondamentale della formazione dei giuristi.

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a

essere

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Storicizzare il diritto I sistemi giuridici che fiorirono nel mondo antico prima del diritto romano furono molti. Il fatto che il diritto romano si sia sviluppato acquistando un’importanza del tutto speciale non giustifica che esso sia prospettato come un fenomeno isolato e solitario, nato fuori della storia e degli influssi culturali dell’epoca. Esso non va studiato come fenomeno isolato e solitario, ma va inserito e valutato nell’ambiente storico e culturale in cui si sviluppò.

A. Premessa storica. La penisola prima di Roma a) Il problema delle origini Secondo Erodoto, gli etruschi sarebbero venuti dalla Lidia (Asia Minore) tra il 1500 e il 1000 a.C., ma Dionigi di Alicarnasso sosteneva che gli etruschi non fossero un popolo immigrato da terre straniere, ma bensì indigeno; gli storici moderni tendono ad accettare questa seconda ipotesi, non di rado collegando il sorgere della civiltà etrusca alle ultime manifestazioni di quella villanoviana. Partendo dall’insediamento originario in Toscana, gli etruschi si espansero a Nord sino alla Pianura Padana; a Sud, essi non solo dominarono Roma per una parte del secolo VI a.C., ma giunsero a Cuma, Napoli e nel salernitano e tra i secoli VII-VI a.C. avevano ormai conquistato il controllo del Mar Tirreno. Alla fine del secolo, però, il potere etrusco cominciò a declinare; nel 510 i re etruschi furono cacciati da Roma, ove venne instaurata la repubblica; questa sconfitta, insieme a quella subita nel 474 a.C. ad opera dei greci di Siracusa segnò per gli etruschi l’inizio della fine. b) Le istituzioni politiche Le città etrusche più importanti erano organizzate come città-stato, vale a dire come entità politiche autonome, al pari delle poleis greche e di Roma. Dodici di esse formavano una federazione i cui scopi erano soprattutto economici e religiosi; politicamente invece la federazione aveva scarsa importanza. In età arcaica le città etrusche erano governate da un re detto “lucumone”, assistito da un consiglio degli anziani. Agli inizi del secolo VI a.C., il re venne sostituito da magistrati eletti annualmente e la monarchia venne sostituita da una repubblica di tipo aristocratico. La penisola italiana era in continuo contatto con le popolazioni orientali, che tra l’altro frequentavano da lungo tempo le sue coste. Per capire la storia di Roma bisogna tener conto non solo delle ricche e composite esperienze delle diverse civiltà regionali, ma anche degli influssi esterni e in particolare orientali che Roma subì sin dalle sue origini.

B. Premessa teorica. Cos’è il diritto? 1. Diritto e prediritto Secondo alcuni il diritto è un fenomeno che cambia e che abbia anche una vita prenatale; secondo uno studioso francese, Gernet, nelle comunità la cui organizzazione si basa su una serie di norme che non posseggono ancora i caratteri della giuridicità, la vita dei consociati sarebbe regolata dalle forze del prediritto. Gernet individuò alcuni ambiti nei quali queste forze si manifestavano: Il primo di questi ambiti era il mondo delle relazioni interfamiliari, regolato dallo scambio dei doni ospitali; nel mondo

greco precittadino i rapporti tra stranieri erano regolati dalla legge dell’ospitalità in forza della quale chi accoglieva nel suo gruppo familiare uno straniero gli offriva doni ospitali, e chi li riceveva era obbligato, in futuro, a restituire ospitalità e doni a tutti i membri del gruppo che lo aveva ospitato. Un altro ambito in cui si manifestavano le forze del prediritto, erano il mondo del pensiero magico-religioso. Secondo Gernet sarebbe possibile stabilire una relazione tra la pratica giuridica e la credenza negli effetti magici di determinate parole, oggetti, comportamenti; i romani credevano nell’efficacia magica delle parole e dei gesti. Di questa credenza rimase traccia, nelle XII Tavole, là dove, ad esempio, queste prevedevano il ricorso a una pratica detta obvagulatio, consistente nel canto di formule magiche dinanzi alla porta del testimone che rifiutava di recarsi in giudizio; vi erano numerosi esempi di queste formule e riti magici nelle XII Tavole oltre all’esempio sopra descritto; a volte invece venivano previste sanzioni per pratiche magiche utilizzate ad esempio per danneggiare le messi del campo del vicino; il rapporto tra le tecniche magiche e le pratiche giuridiche, a volte era quindi di continuità, mentre altre volte era in antitesi, cioè quando la pratica magica veniva criminalizzata. Un altro campo d’azione privilegiato di passaggio dal prediritto al diritto era rappresentato dai giochi. Gernet ha individuato nella vittoria atletica il fatto che determinava il sorgere di un potere individuale sul premio, che a suo giudizio era assolutamente equivalente al diritto di proprietà, individuando i due elementi che ne determinavano la nascita, ossia, la presa di possesso e la ratifica del gruppo dinanzi al quale la procedura doveva aver luogo così come doveva aver luogo il sorgere di un potere individuale sulla cosa, cioè la spartizione del bottino di guerra.

2. La vendetta privata Nelle società preletterate, vendicare i torti subiti non significava solamente soddisfare un bisogno privato di reagire a un torto, ma un dovere sociale, un atto non solo lodevole ma inevitabile; alla vendetta privata veniva affidata la funzione di mantenere l’assetto sociale. In età omerica il peso sociale di un individuo e di un gruppo erano legati all’onore e chi subiva un torto senza reagire perdeva l’onore; questa era la ragione per cui la vendetta era un dovere. In considerazione del fatto che alla vendetta partecipavano, accanto all’offeso e all’offensore, i rispettivi gruppi familiari, il sistema della vendetta rischiava di portare con sé una lunga catena di guerre; per ovviare a ciò, la società omerica aveva già sviluppato alcune regole fondamentali, considerate tra le prime regole giuridiche greche. Era entrata nell’uso la prassi di offrire all’offeso una compensazione in natura o in denaro detta poiné (derivata nel latino poena e in italiano pena), che, se accettata, veniva solennemente consegnata dall’offensore all’offeso alla presenza del

popolo, e che consentiva all’offeso di rinunziare onorevolmente alla vendetta. Si affermò quindi la regola che l’accettazione della poiné fosse alternativa alla vendetta, nel senso che chi aveva accettato una poiné non poteva vendicarsi per lo stesso torto. Se chi aveva pagato una poiné veniva minacciato o inseguito dall’offeso, che pretendeva ancora di vendicarsi, la collettività interveniva attraverso il consiglio degli anziani per accertare i fatti; se la poiné era stata effettivamente pagata, chi rischiava di subire una vendetta illegittima, poteva fare uso della forza fisica per respingere l’ingiusto attacco; se non era stata pagata allora il gruppo dell’offeso poteva portare a compimento la vendetta. Grazie a questa sentenza degli anziani, chi usava la forza non agiva come vendicatore privato, ma come agente socialmente autorizzato. Questo venne traslato anche nel diritto romano, dove nelle XII Tavole esisteva una norma che prevedeva la legge del taglione come risposta a determinati torti.

C.Premessa istituzionale. I gruppi sociali precittadini 1. La divisione in classi di età: i riti di passaggio Una serie di indizi consente di cogliere le tracce di una società organizzata sulla base delle divisione della popolazione in classi di età, di una popolazione in cui la popolazione, a seconda che fosse maschile o femminile, apparteneva a diversi gruppi di età e, passava dal gruppo inferiore al gruppo superiore attraverso la celebrazione di solenni riti cittadini, detti riti di passaggio; l’individuo doveva trascorrere un periodo di segregazione in cui apprendeva da una o più persone delle classe superiore le competenze e le virtù necessarie a far parte del nuovo gruppo. In caso di maschio, nel passaggio del’età impubere a quella pubere, il ragazzo doveva apprendere a cacciare e combattere; per la ragazza ad esempio doveva imparare i compiti domestici.

A.Il quadro storico 1. Leggenda e realtà sulle origini Roma, come altre città del Lazio, nacque a seguito di una lunga e lenta evoluzione, che trasformò in città un insediamento, presente ai margini della pianura laziale già nell’età del bronzo. Nel secolo X a.C. erano sorte le prime capanne sul Palatino e alla fine del secolo VII a.C. questo primo insediamento si era già trasformato in un borgo di agricoltori e di pastori con i caratteri di una primitiva città. Il luogo dove poi sorse Roma era da tempo il punto d’incontro tra due correnti di traffico, una che si svolgeva tra le regioni a Nord e a Sud del Tevere e un’altra che si svolgeva dalle montagne al mare. Esposti agli attacchi di altre popolazioni, e in particolare degli etruschi, durante i secoli VIII-VII i villaggi di pastori si unirono, a scopi di difesa, in una lega definita settimonzio, in un nuovo spazio

urbano delimitato da mura, il cui nome deriva da saepti montes, ossia monti cintati. Il septimontium si diede quindi un capo unico, detto rex. Da questo momento Roma può essere considerata una vera e propria città, alla cui originaria popolazione latina si aggiunsero sin dall’inizio gruppi di popoli diversi, da cui la nota leggenda del ratto delle sabine; per aumentare il numero di cittadini Romolo aprì un asilum dove dare rifugio a tutti i fuoriusciti dalla regione, facendo aumentare il numero delle componenti etniche trasformandola in una città aperta.

2. La crisi della Repubblica: quadro generale Sul finire del II a.C. Roma dominava il Mediterraneo, ma le guerre avevano creato molti squilibri economici, arricchendo alcuni ceti e riducendo alla miseria altri.

3. L’Impero bizantino Costantinopoli, circondata di mura possenti e difesa da un esercito organizzatissimo, rimase per altri mille anni la capitale dell’Impero d’Oriente, detto anche bizantino, e fu sede di una ricca e raffinata civiltà; il commercio era fiorente, l’istruzione era diffusa e la cultura fondeva felicemente elementi della tradizione greca, di quella romana e di quella cristiana.

4. Giustiniano (527-565 d.C.) Giustiniano era nato nel 482 a Tauresio, in Macedonia da una famiglia di umilissime origini. Il suo nome originario era Pietro Sabbazio. Il nome con cui è conosciuto deriva da quello dello zio materno Giustino, che lo aveva adottato. a) La riorganizzazione dello Stato e della giustizia La prima preoccupazione di Giustiniano fu quella di riorganizzare l’amministrazione dello Stato, decidendo di mettere ordine al sistema delle norme giuridiche. Giustiniano selezionò i più esperti giuristi dell’epoca, e li incaricò di raccogliere tutte le regole di diritto in vigore in una compilazione poi chiamata Corpus Iuris Civilis.

B.Il quadro sociale e costituzionale Nei primi secoli della sua vita Roma sperimentò due forme costituzionali, la monarchia (753-509 a.C.) e poi la repubblica.

1. L’età regia La prima forma costituzionale assunta da Roma fu quella dello Stato-città governato da un re (rex); lo stato-città era una città libera e autonoma, che si governava da sola, nella quale la sovranità non spettava ad una sola persona, e nella quale non esistevano dei sudditi, ma dei cittadini (cives) che delegavano a dei magistrati l’esercizio del potere sovrano. Nella prima fase il potere era esercitato da un solo magistrato (il rex) e quindi in questa fase Roma era una città-Stato monarchica.

2. La crisi della Repubblica Quando alla metà del III secolo a.C. le istituzioni repubblicane entrarono in crisi, questo portò alla nascita di un nuovo sistema, caratterizzato dalla concentrazione del potere nelle mani di un solo personaggio, princeps, a cui si deve il nome del sistema come principato; questo sistema si diffuse rapidamente dandosi l’organizzazione interna sempre più burocratica di un vero e proprio impero. a) Le ragioni economiche e sociali della crisi delle istituzioni Le continue conquiste avevano creato molti squilibri economici, facendo arricchire alcuni ceti di persone e riducendone altre nella miseria più disperata. I motivi più importanti sono:  La scomparsa della piccola proprietà e la nascita del latifondo. Non essendo in grado di competere con i prodotti provenienti dai territori conquistati, i piccoli contadini erano andati in rovina, e le loro terre erano state acquistate da coloro che si erano arricchiti durante le guerre, i cavalieri; questo fece nascere il latifondo.  L’aumento del numero degli schiavi, il mutamento nel rapporto servopadrone e lo sfruttamento della manodopera servile Sempre a causa delle guerre si verificò un radicale mutamento nella condizione servile, che fu causa di problemi e tensioni gravissime. In principio gli schiavi, anche se erano oggetti di diritto (e non soggetti), erano considerati persone di famiglia e trattati con umanità; ma sul finire del II secolo a.C. cambiari i rapporti schiavo/padrone, anche in considerazione dei circa 2 milioni di schiavi portati da Pompeo e utilizzati come strumenti di produzioni e oggetti di sfruttamento disumano.  La nascita delle clientele politiche Legata alla guerra vi fu l’inurbamento di enormi masse di contadini ridotti in miseria; questi nelle città riuscivano a sopravvivere solo grazie alla protezione delle grandi famiglie, di cui divenivano clientes; questi ovviamente, alle assemblee votavano secondo i desideri dei loro protettori, facendo, tra l’altro, degenerare la vita politica.  La corruzione delle magistrature Altro aspetto delle degenerazione della vita politica è rappresentato dalla corruzione delle magistrature, che non venivano più considerate come un onore, ma fatte per il solo scopo di trarne indebiti profitti economici, immediati o futuri di carriera. b) I problemi istituzionali  L’organizzazione dei territori conquistati: le province Dopo l’annessione della Sicilia con la nuova formula giuridica della provincia, anche la Sardegna e la Corsica e un numero sempre maggiore di territori fu annesso con tale formula, il cui sfruttamento contribuì al benessere economico dei romani; lo sfruttamento era legato al loro statuto

giuridico; erano infatti governate da un proconsole o propretore che tramite dei privati, i publicani, riscuotevano i tributi per Roma. Le province oltre a fornire tributi, risolsero anche il problema politico rappresentato dalla continua richiesta di terre da parte dei cittadini, assegnandole ai romani.  Una nuova figura: il suddito di Roma La nascita delle province portò, come conseguenza, alla nuova figura, il suddito di Roma, il cui rapporto con il più simile alle popolazioni orientali con i loro sovrani; pochi problemi in quanto nel territorio coesistevano repubblicano e ordinamenti di fatto monarchici.

nascita di una governatore era questo creò non un ordinamento

c) Le fasi della crisi  La ricerca di soluzione all’interno delle istituzioni In un primo momento, e in qualche misura i tentativi di risolvere la crisi furono compiuti utilizzando le istituzioni, in modo peraltro assai spregiudicato; basti pensare l’iterazione del tribunato di Caio Gracco, la rielezione per ben sette volte di Mario al consolato, gli imperia proconsularia conferiti per anni e anni a Cesare oppure gli strumenti cui Silla ricorse per attuare le sue riforme istituzionali.  Le riforme costituzionali di Silla Caratteristica dell’azione politica di Silla fu il tentativo di collegare gli ordinamenti provinciali con quello cittadino, valorizzando e rafforzando il potere del Senato; egli aveva legalizzato il suo potere facendosi nominare dai comizi dictator legibus scribundis et republicae costituendae. Regolamentò il certus ordo magistratuum, con introduzione del limite minimo di età per ogni carica; diede organizzazione alle province con la lex de provinciis ordinandis e attuò la riforma sillana del processo criminale  Il nuovo processo criminale: le quaestiones perpetuae Il processo criminale in uso all’inizio della Repubblica era il processo comiziale, davanti ai comizi centuriati; questi giudicavano solo i colpevoli dei crimini più gravi, e quindi la repressione della maggior parte dei crimini restava sottoposta all’esercizio del potere di polizia magistratuale (coercitio); l’enorme numero di giudici si prestava con grande facilità ad essere manipolato da chi tentava e spesso riusciva a orientare secondo le sue esigenze lo svolgimento del processo. Inoltre l’enormità dei territori, a seguito delle vittorie militari, determinò una crisi di fondo del sistema che non era più in grado di svolgere le sue funzioni. Dopo la fine della seconda guerra punica (201 a.C.), i governatori delle province iniziarono ad approfittare in maniera notevole delle popolazioni locali e queste inviarono dei rappresentanti presso il Senato, incaricati di denunciare i torti subiti e chiedere la nomina di una commissione d’inchiesta (quaestio), per ottenere il denaro sottratto (pecuniarum repetitio). Le quaestiones erano commissioni d’inchiesta

nominate extra ordinem, ossia in occasioni specifiche. Nel 149 a.C., però, una lex Calpurnia de pecuniis repetundis, introdusse la prima quaestio perpetua, che sedeva in permanenza e agiva come una vera e propria corte criminale. Silla introdusse man mano poi una serie di commissioni in modo da coprire la maggior parte dei crimini più gravi e organizzò in modo definitivo il sistema penale. I comizi centuriati rimasero, sulla carta, per i crimini con giudicati da quaestio, ma nella pratica la repressione si perpetrò attraverso l’esercizio della coercitio magistratuale, in forma pubblica dinanzi a contiones assembleari. Le quaestiones iniziavano i loro lavori a seguito di un’accusa (quaestio) che poteva essere mossa da qualunque cittadino, composte da 30 o più giudici senatoriali e presieduti da un pretore; ogni quaestio risolveva un solo crimine o un gruppo di crimini, che veniva giudicato in prima e ultima istanza. I giudici accertavano che il crimine fosse di loro competenza e se lo riscontravano applicavano la pena, di solito la aqua et igni interdictio, ossia l’esilio. Le questioni gravissime erano il de repetundis (estorsioni commesse dai governatori delle province), de maiestate (tradimento), de sica...


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