Docsity-riassunto-di-il-dominio-maschile-di-pierre-bourdieu-1 2 PDF

Title Docsity-riassunto-di-il-dominio-maschile-di-pierre-bourdieu-1 2
Author Martina Menchini
Course Principi e fondamenti del servizio sociale
Institution Università di Pisa
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IL DOMINIO MASCHILE Cap. 1 Tutti noi, uomini e donne, abbiamo assimilato sotto forma di schemi inconsci che guidano la percezione e la valutazione, le strutture storiche dell'ordine maschile. Pensando ad esso, dunque, finiamo per utilizzare modi di pensiero che derivano essi stessi da tale dominio. E' necessaria quindi una riflessione trascendentale che consenta di esplorare le “forme di classificazione” (Durkheim) che se da una parte appartengono al mondo, dall'altro sono utilizzate per costruirlo. Come strumento di socioanalisi dell'inconscio androcentrico in grado di oggettivare le categorie dell'inconscio, Bourdieu compie l'analisi etnografica delle strutture oggettive e delle forme cognitive della società Cabilia, in quanto paradigmatica della visione “fallonarcisistica” propria di tutte le società mediterranee. Nella società cabilia l'ordine sessuale non è costituto in quanto tale ma è investito di una significazione sociale; così le differenze sessuali (maschile e femminile) fanno parte di una tutta una serie di altre opposizioni omologhe che organizzano tutto il cosmo: alto/basso, sopra/sotto, davanti/dietro ecc. Questi schemi di pensiero vengono percepiti come differenze di natura e i tratti distintivi che comportano vengono “naturalizzati”, cioè visti come oggettivamente parte della natura e quindi già di per sé legittimate. Tale divisione rientra “nell'ordine delle cose” ed è presente negli “habitus” funzionando come un sistema di schemi di percezione, di pensiero e di azione. Ciò comporta una concordanza tra le strutture oggettive e quelle cognitive così da rendere possibile quel rapporto col mondo che Husserl descriveva in termini di “attitudine naturale”. In questo modo, quindi, la forza dell'ordine maschile non ha bisogno di giustificarsi: la visione androcentrica è già di per sé legittimata in quanto neutra. (tendenza a porre il genere maschile alla guida della società) Questo programma sociale di percezione incorporato si applica a tutte le cose del mondo a partire dal corpo stesso in quanto realtà biologica: sono le differenze anatomiche degli organi sessuali che fungono da giustificazione naturale delle differenze socialmente costruite tra i generi (in particolare per quando riguarda la divisione del lavoro). Questo si configura come una causalità circolare (possiamo dire di causa-effetto) poiché, se da una parte la visione sociale determina gli schemi cognitivi soggettivi, questi ultimi, a loro volta determinano la divisione sociale oggettiva: in questo senso soggettività (schemi cognitivi) e oggettività (visione sociale) si influenzano reciprocamente ed indissolubilmente. Associando l'erezione fallica al “gonfiamento” del ventre femminile, e quindi al processo di riproduzione naturale, la costruzione sociale degli organi sessuali registra e convalida simbolicamente alcune proprietà naturali indiscutibili, trasformando quello che è un ordine sociale arbitrario, in un ordine naturale. E' ovvio quindi che, essendo gli schemi di pensiero e percezione dei dominati prodotti del dominio e quindi conformi alle strutture di dominio stesse, più che di atti di vera e propria conoscenza, si tratta di atti di riconoscenza (riconferma), cioè di avallo della sottomissione. La differenza tra uomo e donna viene costruita socialmente tramite un'accentuazione delle loro diversità e un annullamento delle loro similitudini: sin dal Rinascimento, infatti, l'uomo e la donna sono visti come due varianti, rispettivamente superiore e inferiore, della stessa fisiologia. Il sesso femminile è composto dagli stessi organi sessuali di quello maschile, solo diversamente organizzati., poiché interni. Questa differenza interno-esterno riconduce anche ad altre differenze sessuali che hanno contribuito a giustificare lo status di inferiorità della donna, come sensibilitàragione, passività-attività. Gli schemi che strutturano la percezione degli organi sessuali e dell'attività sessuale, si applicano così al corpo stesso, maschile e femminile, che viene ad avere il suo alto e basso rispetto la cintura. Quest'ultima rappresenta un segno di chiusura e di limite simbolico, in particolar modo nella donna che sancisce il passaggio dal puro all'impuro. Il corpo è inoltre costituito da un davanti (luogo della differenza sessuale) e un dietro, potenzialmente indifferenziato ma per lo più associato alla donna, in quanto passivo e sottomesso

(basti pensare agli insulti mediterranei contro l'omosessualità). Vi è inoltre una differenziazione tra le parti pubbliche relative agli organi nobili di presentazione del sé, e le parti private, che devono essere nascoste in quanto vergognose. Nella società Cabilia, tale differenziazione tra pubblico e privato è rinvenibile nella modalità di esposizione sociale: mentre l'uomo prende la parola pubblicamente guardando e lasciandosi guardare in faccia, la donna si tiene lontana dai luoghi pubblici rinunciando ad un uso pubblico del suo sguardo e della sua parola. Rapporto sessuale e rapporto sociale diventano in qualche modo assimilabili riproponendo la divisione tra il maschile (attivo) e il femminile (passivo), e tale principio si ripercuote sulla natura del desiderio alla base dell'atto sessuale: di possesso per l'uomo, come dominazione erotizzata, e come desiderio di essere posseduta e dominata per la donna, come subordinazione erotizzata. Attraverso questo legame tra sessualità e potere, risulta evidente come per un uomo diventi terribilmente umiliante essere femminilizzato, cioè trasformato in donna. Il fondamento apparentemente naturale della visione androcentrica si può ritrovare in una costruzione arbitraria del biologico: in questo senso, quindi, non è la presenza o l'assenza del fallo il perno di questa visione del mondo, al contrario è quest'ultima che essendo organizzata secondo generi relazionali determina questa gerarchia sessualizzata. La visione di forza legata al dominio maschile compie due operazioni: legittima un rapporto di dominio iscrivendolo in una natura biologica che altro non è che una costruzione sociale naturalizzata. Questa compie una trasformazione durevole dei corpi e dei cervelli per cui impone una definizione differenziata degli usi legittimi del corpo e della sessualità (attraverso ingiunzioni tacite che inculcano disposizioni e sanciscono cosa è conveniente o sconveniente per l'uno o l'altro sesso), provocando una somatizzazione dei rapporti sociali di dominio. Vengono incoraggiate le pratiche che si addicono ai due sessi, in particolar modo per quanto riguarda nei rapporti con l'altro, come ad esempio i riti di “separazione” del ragazzo dalla madre per fargli intraprendere il processo di mascolinizzazione, negando la sua parte femminile (il taglio dei capelli, la circoncisione) o, nel caso delle femmine, l'imposizione di una disciplina di tutte le parti del corpo che si manifesta attraverso l'abbigliamento, le maniere e l'atteggiamento richiamati continuamente all'ordine tramite un confinamento simbolico (tali prescrizioni sono associate ad un contegno e ritegno morale). Così le stesse strategie simboliche messe in atto dalle donne (dominate) contro gli uomini (dominanti) hanno origine dalla stessa visione androcentrica che viene in questo modo continuamente legittimata dalle stesse pratiche che essa determina. Il dominio maschile trova così tutte le condizioni che gli consentono il suo pieno esercizio. Si parla di violenza simbolica non per designare una violenza non reale e priva di effetti, ma per indicare il suo carattere sottile e invisibile in quanto avviene tramite la condiscendenza del dominato che per pensare ad essa dispone solo di strumenti che ha in comune con il dominante, facendo apparire questo rapporto di dominio come naturale e oggettivato dal senso comune. Non è un caso che la gran parte delle donne (Bourdieu porta l'esempio di quelle francesi) rifiutano esplicitamente di avere accanto un uomo meno alto poiché questo significherebbe lasciar pensare che sia la donna a dominare, cosa che sarebbe screditante per la donna stessa poiché si ritroverebbe con un uomo sminuito. Tale dominio simbolico opera attraverso schemi di percezione, valutazione ed azione che costituiscono gli habitus, per cui esula dal livello cosciente e non è controllabile con un puro atto di volontà: la sottomissione delle donne è spontanea ed estorta tramite gli effetti durevoli che l'ordine sociale esercita su di loro. E' una forza simbolica in quanto non si serve di costrizioni fisiche, ma si limita ad attivare le disposizioni frutto del lavoro di inculcazione nei confronti delle donne, disposizioni che si manifestano spesso sotto forma di emozioni corporee (umiliazione, vergogna, timidezza, passioni e sentimenti, rispetto ecc.). Questo non significa assegnare alle donne la responsabilità della loro

stessa oppressione, ma il potere simbolico non potrebbe esercitarsi senza la complicità di chi lo subisce e lo subisce solo perchè lo costruisce come tale. Solo una trasformazione delle condizioni sociali di produzione delle disposizioni che portano i dominati a percepirsi come tali può provocare una rottura di questo rapporto di complicità: un semplice atto di coscienza e di volontà non è sufficiente poiché, se questo rapporto di dominio viene continuamente perpetutato, cio è dato dalla perpetuazione delle strutture che producono tali disposizioni. In questo senso, dunque, appare chiaro come gli habitus siano strettamente legati alle strutture che li (ri)producono, cosa particolarmente evidente se si pensa alla struttura del mercato dei beni simbolici. Alla radice di tutto l'ordine sociale c'è, quindi, la dissimmetria fondamentale tra soggetto e oggetto, agente e strumento che caratterizza il rapporto tra uomo e donna e trova la sua massima esplicazione nel matrimonio. La donna, essendo votata a circolare come segno fiduciario e a istituire così rapporti tra gli uomini, diventa l'oggetto per eccellenza degli scambi simbolici e contribuisce a riprodurre il capitale simbolico dell'uomo (l'onore). Le donne sono ridotte così a strumenti simbolici della politica maschile. Il peso dei beni simbolici si applica, inoltre, non soltanto all'economia della produzione economica, ma anche all'economia della riproduzione biologica (l'onore dell'uomo è legato alla produzione di natura economica quanto di quella biologica). Negli scambi simbolici, avendo come oggetti dei beni simbolici, diventa determinante la capacità produttiva: per questo in molte società, come ad esempio in Cabilia, importanza maggiore è attribuita all'atto di fecondazione dell'uomo piuttosto che alla gestazione della donna. Questo ordinamento sociale viene continuamente consolidato attraverso il concetto di onore trasmesso alle generazioni successive: strategie di fecondità, strategie matrimoniali, strategie educative, economiche e successorie sono tutte orientate alla perpetuazione di questo ordine simbolico fatto virtù. Analogamente alle disposizioni di sottomissione, anche quelle che portano ad esercitare il dominio vengono costruite attraverso un lungo lavoro di socializzazione e non sono perciò iscritte nella natura. L'uomo è governato dall'onore senza alcuna costrizione esterna, nel senso che questo dirige e orienta i suoi pensieri e le sue azioni come una necessità logica, ma senza imporsi in lui come una regola. La nobiltà e l'onore sono cioè disposizioni riconosciute da tutti, che il mondo sociale ha tracciato e inculcato inscrivendole in una natura biologica e diventate habitus, legge sociale incorporata. Il dominio maschile costituisce infatti un'arma a doppio taglio, se da una parte dà il privilegio proprio del dominante, dall'altra lo costringe ad affermare in qualsiasi circostanza la sua virilità. La virilità è intesa infatti come capacità riproduttiva, sessuale e sociale, ma anche come attitudine alla lotta e all'esercizio della violenza: in questo senso, dunque, la virilità è un carico. L'esaltazione dei valori maschili comporta, d'altro canto, una certa paura e angoscia per la femminilità: all'uomo “veramente uomo” non è concessa la possibilità della debolezza per cui, l'ideale impossibile della virilità rappresenta il principio di un'immensa vulnerabilità (tanto più che la virilità deve essere affermata e provata davanti gli altri e da questi deve essere convalidata). La virilità è evidentemente una nozione relazionale nata in opposizione alla femminilità, in una sorte di paura del femminile, e innanzi tutto in se stessi.

Cap. 2 Abbiamo visto come il dominio maschile sia frutto di una costruzione storica e non legato ad una natura biologica o psicologica e a proprietà iscritte nella natura; per questo è suscettibile di modifica per mezzo della trasformazione delle condizioni storiche che lo producono. Il dominio maschile affonda le sue radici nell'inconscio storico, e risulta modificabile soltanto attraverso una riappropriazione di questa conoscenza un tempo avuta e poi persa, cioè quella che

Freud, seguendo Platone, chiamava anamnesi. L'anamnesi, quindi, risiede nell'inconscio collettivo e individuale che si è sviluppato nel corso della storia e che ha imposto a uomini e donne il suo sistema di disposizioni imperative. Il lavoro di trasformazione dei corpi sessualmente differenziato e differenziante, ha prodotto habitus ugualmente differenziati e differenzianti (la mascolinizzazione del corpo maschile e la femminilizzazione del corpo femminile), dando luogo ad un dominio naturalizzato. Il mondo sessualmente gerarchizzato ha rivolto a uomini e donne continue e silenziose ingiunzioni che li hanno preparate ad accettare come naturale e scontato l'ordine delle cose, prescrivendo le cose possibili o impossibili da fare per l'una o l'altra categoria. Ruolo cruciale è giocato dalle “attese collettive” inculcate dalla famiglia e da tutto l'ordine sociale, che contribuiscono a rafforzare la dicotomia sessuale fondamentale facendo sì che chi è preposto alla sottomissione si identifichi effettivamente nella posizione di sottomesso, così da poter portare “felicemente” a termine i compiti subalterni conferiti alle sue virtù. Queste “vocazioni” riguardano non soltanto la divisione del lavoro, ma anche tutte le altre manifestazioni visibili delle differenze tra i sessi. Queste manifestazioni, spesso, non fanno altro che rafforzare gli stereotipi giacché essi, esercitando la loro influenza all'insorgere di qualunque relazione sociale, ne determinano anche lo sviluppo (si pensi ad una donna che prende la parola in un dibattito pubblico: ella verrà interrotta con molta più facilità rispetto ad un uomo, cosicché si sentirà costretta ad usare le “armi” più consone alla sua debolezza come la seduzione o l'intervento clamoroso, consolidando in tal modo il suo stereotipo). Anche nell'ambito della stessa attività lavorativa la considerazione è diversa qualora a svolgerla sia un uomo oppure una donna. In generale, comunque, i mestieri qualificati sono prerogativa degli uomini, quelli meno qualificati sono lasciati alle donne (ad es. medico/infermiera). Tutto questo provoca una sorta di effetto Pigmalione per cui qualsiasi inclinazione a compiere atti che non ci si attende dalle donne viene implicitamente scoraggiata e sostituita da un vissuto di impotenza. Si parla di essere femminile come essere-percepito facendo riferimento al corpo della donna divenuto corpo-per-gli-altri in quanto perennemente esposto allo sguardo e al discorso altrui. In questi termini il rapporto con il proprio corpo non è ridotto ad un'esperienza soggettiva, ma si costituisce a partire dalla sua rappresentazione oggettiva, cioè dalla serie di reazioni e feedback che quel corpo suscita negli altri. Al tempo stesso, queste reazioni, sono frutto degli schemi di percezione e valutazione soggiacenti. Il corpo percepito è doppiamente determinato socialmente: da una parte la sua apparenza più naturale (il peso, le dimensioni ecc.) dipende da condizioni sociali come le condizioni di lavoro, le abitudini alimentari ecc., e queste caratteristiche fisiche vengono associate a corrispondenti caratteristiche psicologiche (per cui un portamento e un atteggiamento rivelano l'”essere profondo” della persona); dall'altra, tutte queste proprietà corporee sono colte attraverso schemi percettivi dipendenti dalla posizione sociale. Questo fa sì che spesso si viva il proprio corpo con disagio e imbarazzo, quanto più è lo scarto tra il corpo socialmente richiesto e l'immagine del proprio corpo derivante dalle reazioni degli altri. In questo senso, dunque, le donne vivono per e attraverso lo sguardo degli altri da cui, per questo, sono irrimediabilmente dipendenti. Al tempo stesso, come detto precedentemente, la struttura impone vincoli anche all'altro estremo dei rapporti di dominio: i dominanti, gli uomini. Virginia Woolf mette in luce lo sguardo femminile rivolto al patetico sforzo degli uomini per essere conformi alla loro idea infantile di uomo. Il punto di vista dell'uomo su stesso non ha nulla di personale, ma si rifà fortemente all'idea del dover-essere che il mondo sociale gli assegna, egli deve rispecchiare l'ideale dell'uomo (e del padre)

che egli ha il dovere di realizzare. Tratto da un romanzo dell'autrice (pag. 84) viene riportato l'esempio del Signor Ramsay, nella sua durezza e poca indulgenza nei confronti del figlio. Nei suoi confronti egli non fa altro che forgiare la personalità di quest'ultimo non in base al suo essere, ma in vista di ciò che egli dovrà essere davvero, ovvero in prospettiva di ciò che la società si aspetta da lui per riconoscerne l'onore e le virtù; tutto ciò non nasce quindi dal piacere della disillusione, ma in contrapposizione alla figura materna, per antonomasia più sensibile, comprensiva e indulgente. La signora Ramsay, d'altra parte, deve proprio alla sua condizione di donna la sua perspicacia che gli consente di vedere con tanta lucidità il disperato tentativo del marito di non venire meno ai suoi “doveri di maschio”. Sin da bambino il maschio è socialmente istruito ad occuparsi di giochi di guerra in quanto giochi sociali che hanno posta una forma di dominio e in cui egli è designato ad occupare la posizione di dominante. Le donne, d'altro canto, ricevono un'educazione che le prepara ad una sorta di commiserazione condiscendente per l'illusio maschile: rimangono in una posizione esterna e subordinata rispetto i giochi di potere degli uomini e vi partecipano solo tramite essi, accordandogli una cura e un'attenzione intenerita che infonde loro anche un senso di profonda sicurezza. Queste differenti disposizioni affettive derivano dalla socializzazione differenziale, per cui gli uomini ameranno i giochi di potere, e le donne gli uomini che li giocano.

Cap. 3 Il dominio maschile è inscritto in tutto l'ordine sociale e opera nell'oscurità dei corpi: è possibile ravvederlo nelle pratiche rituali, compiute pubblicamente o collettivamente e perfettamente integrate nel sistema simbolico della società. Il carattere di perennità del dominio maschile conferisce a questa costruzione storica i tratti di un'essenza naturale. E' ovvio come questo sia stato frutto di un lavoro storico di eternizzazione. E' necessario, quindi, ricostruire la storia del lavoro storico di destoricizzazione o, in altre parole, ricostruire la storia della (ri)creazione protratta delle strutture oggettive e soggettive del dominio maschile che, da quando esistono uomini e donne, si è sviluppata ininterrottamente conferendo all'ordine maschile la possibilità di perpetuarsi. E' fondamentale, dunque, considerare la storia, il peso e i mezzi in differenti momenti degli agenti e delle istituzione che hanno concorso, e tutt'ora concorrono, ad assicurare tale permanenza: famiglia, chiesa, stato, scuola ecc.. Non è sufficiente che la ricerca storica descrivi le trasformazioni della condizione delle donne nel corso del tempo e neppure il rapporto tra i generi nelle diverse epoche. Limitandosi a far emergere le invarianti trans-storiche del rapporto tra i generi, la storia contribuisce al lavoro di destoricizzazione che, attraverso il costante lavoro di differenziazione, non ha fatto altro che perpetuare l'ordine sessuale. Sino ad un'epoca recente, il lavoro di riproduzione era assicurato sostanzialmente da:  la famiglia: luogo in cuisi impone la presenza precoce della divisione sessuale.  la chiesa: pervasa dall'antifemminismo, ha sempre inculcato una morale completamente domina...


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