Domande e risposte esame psicologia sociale MIO PDF

Title Domande e risposte esame psicologia sociale MIO
Course Teorie e metodi della psicologia sociale
Institution Università Telematica Internazionale UniNettuno
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RISPOSTE ESAME...


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Domande e risposte esame psicologia socia sociale le

Funzioni degli stereotipi e le rradici adici teoriche Il termine stereotipo è stato utilizzato per la prima volta (1922) da Walter Lippman. Lo designò come “picture in the mind”: un’immagine semplificata dell’aspetto e del comportamento altrui. Gli stereotipi sono strutture cognitive e cioè insiemi organizzati di conoscenze, credenze e aspettative riferite a gruppi sociali. Essi hanno una funzione cognitiva e una sociale. La funzione cognitiva: si parte dal presupposto che ciascuno di noi ha una quantità variabile di risorse che servono per elaborare i dati che arrivano dall’esterno e che a loro volta, ci servono per poter eseguire determinati compiti. Le risorse, dovendo eseguire compiti multipli, se vengono orientate in un senso, non possono essere orientate in un altro. Gli stereotipi aiutano in quanto, attraverso una semplice immagine, il soggetto riesce a codificare chi ha di fronte a sé e a stabilire quale comportamento adottare. La funzione sociale: Sono strumenti di comunicazione molto potenti che veicolano sinteticamente giudizi, valutazioni e impressioni. Attraverso gli stereotipi siamo in grado di anticipare ciò che faranno le persone che ci stanno di fronte, una volta che le attribuiamo ad una categoria sociale di appartenenza che, a sua volta, è connotata da uno stereotipo che ne fornisce i contenuti. Possiamo riferirci ad un vero e proprio paradosso quando sosteniamo che lo stereotipo può essere sanzionato socialmente e, nello stesso tempo, essere utile. Il tono e il contenuto di una frase (per esempio il giudizio su una persona del tipo: è uno zingaro) può suscitare due tipi di atteggiamento in chi ascolta: la disapprovazione e la fiducia. Per quel che riguarda la disapprovazione possiamo dire che la frase potrebbe essere oggetto di critica perché intesa come una sorta di etichetta dispregiativa, quindi sanzionabile socialmente. D’altro canto la definizione “è uno zingaro” può servire a chi riceve l’informazione, perché scatta la fase della categorizzazione che ci permette di valutare in modo veloce la persona che in quel momento è oggetto di giudizio. Milgram e il cont contributo ributo sullo studio della obbedienza alla autorità Milgram con i suoi esperimenti, nel 1963, presso l’università di Yale, volle approfondire in modo scientifico lal domanda alla quale in molti non riuscivano a dare risposta, dopo aver assistito allo sterminio sistematico di circa 6 milioni persone tra ebrei, omosessuali, oppositori politici. Come si poteva che poche persone potessero, attraverso l’obbedienza (fondata su principi che stridevano con le più nobili teorie della solidarietà umana) diventare meri esecutori ed assassini spietati? Milgram condusse 21 versioni del suo paradigma sperimentale e sviluppò un lavoro che suscitò un’enorme attenzione e un dibattito politico senza pari. Il suo esperimento era semplice, vi partecipava uno sperimentatore e due soggetti, veniva sorteggiato chi avrebbe fatto l’insegnante (che tramite un trucchetto era sempre il soggetto sperimentale) e chi l’allievo (un attore). Il soggetto/insegnante aveva il controllo di un generatore di corrente i cui pulsanti andavano da 15 a 450 volts, a scatti di 15 volts sotto i quali erano presenti scritte tipo scossa leggera, scossa forte,molto forte, pericolosa. Ogni volta che l’allievo / attore commetteva un errore nell’eseguire il compito (memorizzazione liste di parole), il soggetto doveva infliggere una punizione, ovvero una scossa elettrica, aumentandone l’intensità ad ogni nuovo sbaglio. L’allievo simulava il dolore, legato ad una specie di sedia elettrica, cercava di impietosire l’insegnante che, accanto allo sperimentatore che rivestiva il ruolo della autorità era invitato a continuare l’esperimento. La percentuale dei soggetti che arrivò a premere il pulsante scaricando 450 volts fu del 65%, questo nella prima versione dell’esperimento. In altre versioni si osservò come alcuni fattori influenzassero questa percentuale: l’allievo nella stanza a fianco faceva calare la percentuale; la percentuale si alzava sopra il 95% se il soggetto sperimentatore doveva solo schiacciare il bottone. Le situazioni sperimentali che Milgram crea sono 4: - vittima remota: la vittima si trova in un’altra stanza e inizia ad avere la prima reazione a 300 volts; - vittima sempre in un’altra stanza ma emette reazioni vocali sempre più intense a partire da scariche di 75 volts in poi; - vittima e insegnante a pochi metri di distanza l’uno dall’altro; - situazione a contatto: la vittima, per essere punita, deve mettere la propria mano su una piastra metallica. Al suo rifiuto, attorno ai 150 volts, il soggetto sperimentale doveva insistere. Milgram sostiene che per spiegare l’obbedienza dei partecipanti è necessario tenere presenti alcune caratteristiche della situazione sperimentale nella quale essi sono stati posti: - esperimento con finalità rispettabili che si svolge in una prestigiosa università - i soggetti sono consapevoli di avere accettato di partecipare liberamente, il ruolo e casuale - i soggetti devono tenere fede all’impegno

- i soggetti si trovano in una situazione ambigua Modello tripartito degli atteggiamenti Gli atteggiamenti sono delle nostre valutazioni nei confronti dei diversi elementi del mondo sociale e ci interessano perché, attraverso di loro, riteniamo di poter prevedere la condotta delle persone che ci stanno attorno. Gli atteggiamenti esercitano un’influenza sui processi cognitivi e quindi il modo in cui noi percepiamo la realtà esterna e il modo in cui noi prendiamo decisioni importanti. Gli atteggiamenti intervengono in scelte riguardanti la salute, i consumi, la politica, le relazioni tra gruppi e nazioni. La concezione tripartita dell’atteggiamento, è un modo di considerare l’atteggiamento come composto da tre componenti: 1.

la componente cognitiva: comprende tutte le informazioni, convinzioni, credenze che noi abbiamo nei confronti di un determinato oggetto 2. la componente affettiva: sono le reazioni positive o negative verso un determinato oggetto ( un bambino può provare simpatia o antipatia nei confronti di un giocattolo 3. la componente comportamentale: riguarda sia le reazioni comportamentali esplicite (il bambino che trascina i genitori nel negozio per l’acquisto del giocattolo) sia le intenzioni di comportamento (il programma di andare a casa di un amico che ha già l’oggetto). La struttura delle tre componenti la si può immaginare come delle reazioni valutative che si legano, nella mente della persona, all’oggetto dell’atteggiamento, formando dei legami relativamente stabili. Esempio del mare: atteggiamento affettivo (il sentirsi liberi, l’allegria), atteggiamento comportamentale (mangiare pesce, nuotare) atteggiamento cognitivo (costo di una vacanza). Non e’ empiricamente provato che ogni atteggiamento sia sempre composto da tutte e tre le componenti , anzi molto spesso quella che prevale massicciamente e’ la componente cognitiva . Resta comunque il fatto che la struttura tripartita sia un modello utile per parlare di atteggiamenti e viene usato come modello per ricordare . Modello sequenziale di Gilbert La vita sociale è fatta di interazioni. Nel momento in cui incontriamo una persona si mettono in atto dei processi psicologici tesi a costruire un’immagine rappresentativa della persona. L’insieme di questi processi si chiama percezione sociale ed ha la funzione di regolare il nostro comportamento oltre a farci comprendere chi abbiamo di fronte. Gilbert propone un modello sequenziale composto da tre diversi stadi di elaborazione delle informazioni: A) categorizzazione dello stimolo: diamo una prima interpretazione a ciò che vediamo, conferendo un significato. .Utilizziamo modelli come: quello algebrico di Anderson, quello configurazionale di Asch, quello del continuum di Neuberg Fiske o modello di giudizio sociale basato su esemplari Smith e Zàrate B) Caratterizzazione dello stimolo: vengono inferite le caratteristiche disposizionali capaci di elicitare il comportamento osservato (troviamo la giustificazione al comportamento) C) Correzione della prima impressione: è lo stadio in cui, eventualmente, si modificano le impressioni delle prime due fasi. L’ultimo stadio, quello della correzione, è meno automatico dei primi due, quindi per poter dar via al processo di correzione, si ha la necessità di avere a disposizione una grande quantità di risorse cognitive. Il processo di correzione può non portato a termine senon si e’ sviluppata la fase del pensiero logico – formale (Piaget) se non si hanno le motivazioni per farlo, o in mancanza di informazioni sufficienti per l’elaborazione, o perché le nostre risorse cognitive in quel dato momento sono ridotte (impegnate in altro).

Teoria ELM di P Pe etty e Cacioppo La Teoria ELM della probabilità di elaborazione è stata sviluppata da Petty e Cacioppo tra il 1981 e il 1986. Essi sostengono che questa teoria consente di sistematizzare tutta la letteratura precedente in materia di persuasione. Se consideriamo più in dettaglio la teoria possiamo che il messaggio raggiunge la persona bersaglio e questa persona si può trovare in condizioni diverse: può avere uno stato di forte motivazione e anche di forte capacita di elaborazione del messaggio. Quindi ci sono persone che hanno una maggior capacità o una

minore capacita o si possono trovare in uno stato di motivazione alto o basso. Se motivazione e capacità sono alte c’è una forte probabilità che venga seguita quella che Petty e Cacioppo chiamano “la via centrale”, elaborazione sistematica che si associa ad un elevato numero di pensieri evocati. Se viceversa la motivazione e la capacità sono basse, la persona segue un processo di elaborazione periferica del messaggio. La distinzione tra le due vie è importante perché gli effetti persuasivi che si ottengono per la via centrale sono differenti rispetto a quelli ottenuti per la via periferica. Se noi riusciamo a cambiare un atteggiamento per la via centrale, possiamo essere sicuri che questo è più resistente al cambiamento e più stabile nel tempo. Sempre secondo questo modello vi sono delle variabili che influenzano la persuasione: il coinvolgimento della persona, l’argomento del messaggio o la pressione temporale. Confronto Asch e Anderson Quelli di Asch e Anderson sono i modelli che maggiormente descrivono i meccanismi di pensiero dell’impressione di persona e del giudizio sociale. Il modello configurazionale di Asch (1946) studia la percezione sociale attraverso un approccio (impostazione) gestaltista. I singoli componenti si integrano fra di loro in base ad un principio di buona forma. Ogni persona viene vista come un insieme di caratteristiche che interagendo danno luogo ad un percetto complesso: pochi tratti riferiti ad una personalità diventano un nucleo organico e a questo nucleo viene agganciata ogni altra informazione. Il risultato di questo processo è un percetto unitario in cui non è possibile riconoscere gli elementi frammentari che hanno contribuito alla sua costituzione. Il modello algebrico di Anderson (1981) parte da una prospettiva (impostazione) psicofisica. Il modello è conosciuto come Information Integration Theory e definisce la percezione sociale come l’integrazione algebrica dei singoli elementi di informazione. L’impressione di personalità che una persona ci offre è la somma del valore associato ai tratti che riconosciamo in lei, in questo caso non c’è fusione ma addizione. Le caratteristiche principali del modello di Anderson sono: la prospettiva funzionale (che è rappresentativa del valore dei tratti) e l’algebra cognitiva (che è l’analisi dei tratti). Il modello assume che questi tratti possano essere rappresentati lungo un continuum approccio - evitamento. I modelli di Asch e Anderson non sono confrontabili: la mente può lavorare in modo olistico, nel caso di Asch e in modo analitico, nel caso di Anderson. Modelli piu’ recenti come quello di Fiske e Neuberg stabiliscono che la mente puo’ funzionare in entrambe i modi a seconda di alcuni parametri come l’attenzione disponibile , la motivazione all’accuratezza o la quantita’ di informazioni rivelata . Funzione del Sé: Il sé è l’insieme di pensieri e sentimenti che ognuno di noi ritiene di essere. Possiamo considerare il Sé in duplice modo: il Sé conoscitore (io) e il Sé oggetto di conoscenza (me). Nel primo caso ci si riferisce a quella parte dell’individuo capace di elaborare informazioni a proposito di se stesso, è l’attore che agisce, consapevole delle proprie percezioni esterne o interne. Nel secondo caso il Sé rappresenta la componente del me come oggetto di consapevolezza. Il sé è fondamentalmente la nostra carta di identità, in tal senso svolge le seguenti due funzioni principali: la prima orientata verso l'esterno, quindi verso il mondo sociale(gli altri), la seconda funzione è quella introspettiva, rivolta verso il nostro mondo interiore, fatto di domande intime; la prima quindi ci permette di presentarci agli altri (funzione di interfaccia tra noi e il mondo esterno), cosa abbiamo (sé materiale), cosa siamo (sé sociale), i nostri valori (sé spirituale); la seconda, ci permette di ricordarci chi siamo (sé reale) e questo ci permette di immaginare anche cosa vorremmo invece essere (sé ideale). La possibilità di avere molteplici sé ci preserva dagli eventuali insuccessi , infatti ogni volta che nella vita si verificherà un insuccesso questo provocherà una perdita di autostima che è inversamente proporzionale alla molteplicità dei sé che un individuo ha . Il sé ci permette anche di prevedere che cosa potremo essere in futuro o peer lo meno che cosa desideriamo essere ma allo stesso modo ci permette di fare un confronto con quello che siamo stati , dando cosi’ origine ad una serie di meccanismi che prendono il nome di teorie della stabilità e del cambiamento Negli studi effettuati da Higgins nel 1989 il confronto tra il sé effettivo ( reale per James ) ed il sé ideale (ideale anche per James ) se origina una discrepanza puo’ essere fonte di una serie di effetti negativi come il disappunto , l’insoddisfazione e la tristezza e nei casi piu’ gravi depressione . Mentre se questa discrepanza si verifica tra il sé effettivo ed il sé imperativo puo’ generare sentimenti di ansia , agitazione , inquietudine Queste relazioni hanno ovviamente un impatto anche sul futuro dell’individuo . Strategie d dii autodifesa nei singoli all’interno dei gruppi discriminat discriminatii

La percezione di far parte di un gruppo discriminato genera un senso di allontanamento da coloro che vengono visti (e ci vedono) come diversi. Lo stato negativo che ha indotto a questa percezione produce una serie di strategie difensive: - confronto con i membri dell’ingroup (produce autostima). È l’esempio , in America, delle classi composte solo da bambini neri, l’autostima risulta essere maggiore. Se la classe è mista i bambini neri tendono a confrontarsi con l’ingroup, se nella classe la maggioranza è bianca, i neri avranno una autostima più bassa e percepiranno maggiormente la discriminazione. - Disentificazione: dagli esperimenti di Snayder del 1986 se si fa parte di un gruppo perdente, c’è la tendenza di un buon 50% dei soggetti a non voler appartenere al gruppo - Considerarsi una eccezione - Passaggio all’outgroup: è la situazione più bieca in cui c’è un cambiamento da un gruppo perdente ad un gruppo vincente: per la discriminazione razziale questo non è possibile - Occulamento: nascondersi sotto falsa identità - Spostamento della dimensione del confronto: (… si ma noi meridionali siamo più calorosi), avviene quando non è possibile fare un salto di categoria. Il par paradigma adigma di Mc Guire Uno dei modelli più recenti che si sono concentrati sui processi cognitivi che mediano il cambiamento è quello di McGuire ignorando i fattori affettivi e motivazionali. McGuire considera il processo di cambiamento come un processo di elaborazione delle informazioni, dove l’informazione è il messaggio persuasivo , questo processo si sviluppa in sei 6 fasi: 1)esposizione: la persona deve essere esposta al messaggio. Può essere utile l’esempio di cartelloni pubblicitari che vengono esposti in determinati luoghi di passaggio; 2) attenzione: il messaggio deve essere in grado di catturare la nostra attenzione 3) comprensione: fase in cui la persona recepisce il messaggio e il suo significato 4) accettazione: mandiamo in memoria il messaggio 5) ritenzione: fase in cui memorizziamo il messaggio e lo rendiamo accessibile nel momento in cui dovessimo averne bisogno 6) comportamento: è la fase finale, il comportamento viene messo in atto (per esempio attraverso un acquisto). È la fase in cui si può rilevare il successo di passaggi precedenti. Questo modello è stato analizzato anche in termini probabilistici e si è arrivati a sostenere che la probabilità che si verifichi il comportamento è pari alla probabilità combinata che si verifichino tutte le fasi precedenti. Per esempio se ogni fase avrà la possibilità di verificarsi all 80% la formula espressa da Pcomp. = P(e)xP(at)xP©xP(acc)xP(rit)xP(comp) dara’ un risultato pari a 0.33 ovvero al 33% in forma altamente probabilistica , nella realtà il risultato sarebbe molto piu’ basso Negli studi di laboratorio viene applicata la sequenza a due fasi;: la fase di esposizione non viene giudicata importante (tutti i soggetti sono esposti) così come non vengono considerate importanti le fasi di ritenzione e comportamento (si misura l’atteggiamento subito dopo l’esposizione al msg). Il modello a due fasi è dunque un modello di ricezione – accettazione: persuasione = probabilità (ricezione) x probabilità (accettazione) .Gli esami di laboratorio hanno evidenziato che ci sono della variabili indipendenti nella comunicazione persuasiva da prendere assolutamente in cosiderazione , e queste sono l’eserienza della fonte e l’intelligenza dei riceventi Modello della azione rragionata agionata L’ipotesi di una relazione causale tra atteggiamento e comportamento prevede due linee di ricerca: 1) atteggiamento verso uno specifico comportamento 2) atteggiamento verso un oggetto E’ proprio questa distinzione che è alla base di due studi contemporanei sulle relazioni tra atteggiamento e comportamento. Da un lato abbiamo la famiglia dei modelli di previsione di comportamento aspettativa – valore che considerano gli atteggiamenti verso i comportamenti e dall’altro considerano gli atteggiamenti verso gli oggetti bersaglio. La teoria dell’azione ragionata di Fishbein e Ajzen (1975) è il prototipo dei modelli aspettativa valore

Questa teoria studia il modo in cui gli atteggiamenti predicono i comportamenti volontari. È centrale il ruolo dell’intenzione di mettere in atto il comportamento rispetto alla probabilità che il soggetto lo attui. I fattori che stanno alla base dell’intenzione sono: 1) l’atteggiamento verso il comportamento, vale a dire le credenze che il soggetto nutre nei confronti delle sue conseguenze (conseguenze utilitaristiche) 2) la norma soggettiva intesa sia come percezione da parte del soggetto delle valutazioni altrui riferite a quel comportamento sia come orientamento a soddisfare o a deludere tali aspettative. In sostanza l’atteggiamento e le norme soggettive incidono sulla intenzione che a sua volta determina il comportamento. Si tratta di una teoria che fornisce in modo elegante la spiegazione della condotta intenzionale, basata su un calcolo razionale di costi e benefici da applicare alle situazioni. Secondo Fazio un limite della teoria è che può essere applicata solo laddove la relazione tra oggetto e valutazione è debole. Quando questa relazione è forte si attiva automaticamente il comportamento. La teoria è applicabile a comportamenti cosiddetti intenzionali e solo nei contesti di uomo economico . Modello del comportamento pianificato La teoria del comportamento pianificato nasce per ovviare ai limiti della Teoria dell’azione ragionata , come innovazione contiene una nuova variabile ovvero il controllo del comportamento percepito . Secondo Ajzen il comportamento non dipende solo dall’intezione ma dalla percezione che tale intenzione sara’ messa in atto . Questo modello ha indotto molte riflessione che hanno portato ad una significativa modificazione in quanto la predizione di un comportamento è influenzata da abitudini e da comportamenti passati . Signifi...


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