Donna hecyra PDF

Title Donna hecyra
Course Letteratura latina (Liceo classico)
Institution Liceo (Italia)
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Summary

Confronto tra Asinaria di Plauto e Hecyra di Terenzio...


Description

CONFRONTO ASINARIA-HECYRA L'Asinaria, scritta da Plauto nei primi anni del 200 a.C., è una commedia che ha per protagonista il giovane Argirippo, figlio di Demeneto, che si innamora di Filènia, una giovane cortigiana. La fanciulla è controllata dalla madre Cleereta, che la promette a Diàvolo per un anno, se questo le avesse pagato venti mine d'argento entro la sera stessa. Demeneto, poiché è stato cacciato di casa dalla moglie Artemona, che non vuole spartire con lui il patrimonio familiare, ordina ai suoi due servitori Leonida e Libano di rubare il suo stesso patrimonio, per poter pagare a Cleereta il compenso per consentire al figlio di sposare la sua amata. I due servi, spacciandosi per i servitori di Artemona, riescono ad ottenere il denaro da un mercante che doveva venti mine d'argento alla padrona per l'acquisto di alcuni asini (da qui il nome dell'opera). Mentre i due servi stanno portando il denaro rubato ad Argirippo, il giovane scopre il patto tra Cleereta e Diàvolo e, per la disperazione, decide di suicidarsi insieme alla sua amata. Poco prima che potesse togliersi la vita, Leonida e Libano gli consegnano il denaro rubato. Argirippo riesce così ad ottenere la mano di Filènia, ma Demeneto pretende una ricompensa per il suo aiuto nella vicenda, e domanda una notte d'amore con l’amante del figlio. Argirippo accetta a malincuore, ma il padre viene fermato dalla moglie Artemona che, venuta a sapere delle intenzioni adultere del marito, accorre nella casa di Cleereta, dove si stava tenendo un banchetto, e porta via Demeneto. La commedia si conclude con l'uscita di scena di Filènia e Argirippo che, finalmente insieme, si tengono per mano. L'Hecyra è una commedia di Terenzio, che trae spunto dall'omonima opera di Apollodoro di Caristo e un'opera di Menandro. Panfilo, nonostante il suo amore per Bacchide, una cortigiana, sposa Filumena, sollecitato dal padre Lachete. Successivamente alle nozze il giovane parte per un viaggio, e al suo ritorno scopre che la moglie se ne è andata di casa per tornare da sua madre. Inizialmente si suppone che la scelta sia dovuta al brutto carattere della madre di Panfilo, Sostrata, ma in realtà la ragazza è incinta a causa di una violenza avvenuta prima delle nozze. Panfilo, disonorato dalla vicenda, non vuole più accettare la moglie in casa sua. Tuttavia se il vero motivo dell'allontanamento di Filumena fosse emerso, l'onta sui novelli sposi sarebbe stata inguaribile, dunque Panfilo fa in modo che il motivo ufficiale sia la suocera. Sostrata, mortificata per il danno che pensa di aver apportato alla coppia, dichiara di essere pronta a ritirarsi in campagna. Lachete invece pensa che la decisione del figlio sia dovuta al suo amore per Bacchide, la cortigiana, a cui si rivolge per risolvere la situazione. Bacchide si reca da Filumena, assicurandole che non deve temere, perché tra lei e Panfilo non c'è più alcuna relazione. Ma la madre di Filumena riconosce l'anello che era stato strappato alla figlia durante lo stupro al

dito di Bacchide, che dice che si tratta di un regalo di Panfilo. Si capisce così che l'autore della violenza era il suddetto, e quindi padre legittimo del figlio. Dunque Panfilo riprende in casa la moglie. Confronto tra vecchi “Lupus est homo homini”, proverbio pessimistico, la cui importanza è evidenziata da Plauto nell’Asinaria, allude al comportamento degli uomini che, soggiogati dall’egoismo, si combattono l’un l’altro per sopravvivere. Tale istinto di sopraffazione si riscontra nel personaggio di Demeneto, padre di Argirippo, il quale, desideroso di possedere per una notte la cortigiana Filenia, amante del figlio, scavalca i sentimenti del ragazzo per appagare un suo capriccio. Questi subdolamente si propone come aiutante del figlio, nell’intento di racimolare venti mine, richieste da Cleareta, disposta ad affidare la figlia all’uomo che per primo gliele avesse portate. Demeneto, nel raggiungere il suo obbiettivo, organizza con due servi una truffa a danno della moglie Artemona. Essa è difatti disprezzata dall’uomo, il quale la insulta e la oltraggia, schernendola agli occhi del figlio e dell’amante. La mente viscida e frivola del vecchio ne sottolinea l’atteggiamento poco onesto, capace di valicare la dignità di persona sia del figlio che della moglie; egli tuttavia si rivelerà succube di Artemona, sulla quale non riesce a imporsi. Nell’Hecyra di Terenzio, il vecchio Lachete spinge il figlio Panfilo a sposare la bella Filumena, portandolo alla rinuncia dell’amore per la meretrice Bacchide. Dove in Plauto emerge un rapporto conflittuale tra padre e figlio, volto solo ed esclusivamente al raggiungimento di un profitto, in Terenzio viene invece approfondito l’aspetto psicologico dei due personaggi, uniti da un legame più sereno e privo di avide competizioni. Presente in entrambi gli autori è il rispetto filiale, che spinge i due giovani a sottoporsi al volere paterno. D’altra parte il rapporto mogliemarito delinea una mentalità conformistica e gretta che caratterizza gli uomini, basata su pregiudizi e accuse nei confronti delle donne. Così Lachete rimprovera la povera Sostrata dell’allontanamento della nuora Filumena e attribuisce nella conclusione della vicenda la colpa alla madre della ragazza che aveva celato la gravidanza, senza rimproverare il figlio di aver commesso una violenza. L’ottusità e la supponenza di Lachte, che ama ascoltarsi più che essere ascoltato, si evince inoltre, dai dialoghi con la moglie, le cui parole di difesa sono da lui interpretate come ammissioni colpa, in linea con il suo pensiero. L’autorità di Lachete nei confronti della coniuge contrasta il timore sfrontato di Demeneto verso Artemona. Ciò risalta anche nel linguaggio, in Lachete incisivo, decoroso e solenne; in Demeneto popolare, spavaldo e non di rado volgare

Confronto tra cortigiane La figura della cortigiana è molto presente in entrambe le opere: nel caso di Filènia come oggetto del desiderio del protagonista, nel caso di Bacchide come colei che risolve la questione. Entrambe si rivelano donne dal carattere forte, come si può notare dall'acceso litigio di Filènia con la madre nel terzo atto dell' Asinaria, in cui la giovane si impone fervidamente alle imposizioni di Cleereta. Bacchide mostra un coraggio diverso, seppur equamente degno di nota, nel mettersi da parte quando Panfilo decide di sposarsi con Filumena, e una certa maturità nell'intervenire personalmente per aiutare il matrimonio del suo ex amante. Su questo punto di vista, Bacchide sembra più "adulta" di Filènia, anche se è un personaggio più marginale. Inoltre, l'intensità del sentimento che intercorre tra i protagonisti e le cortigiane è molto diverso nelle due opere: mentre Filènia lotta per poter sposare al fine il suo amato, Bacchide non si adira con Panfilo per aver sposato un'altra, anzi sembra comprendere le ragioni di lui. Dettaglio degno di nota è il fatto che Bacchide indossi ancora l'anello donatole da Panfilo nonostante questi l'abbia lasciata: probabilmente Bacchide ha accettato la decisione dell'amato, serbandone un ricordo solo in quel regalo. Anche il fatto che Panfilo abbia fatto dono a Bacchide di un anello rubato evidenzia la scarsa profondità del rapporto tra i due. Nel caso di Filènia e Argirippo invece, entrambi si sacrificano per riuscire ad ottenere la loro felicità insieme, e quando questa speranza sembra svanire, arrivano a progettare di suicidarsi per essere insieme nella morte. La cortigiana, in questo caso, ha una forte decisione riguardo a ciò che desidera, arrivando persino al conflitto con la madre per ottenerlo. Confronto tra giovani Diavolo e Panfilo, rispettivamente personaggi delle commedie “Asinaria” di Plauto e “Hecyra” di Terenzio, sono due giovani frequentatori quasi abituali di case chiuse. Entrambi hanno un profondo legame con una cortigiana, senza la quale quasi non potrebbero vivere, ma a causa di alcune peripezie non sono destinati a stare con loro. Diavolo è l’antagonista della commedia plautina, vuole la cortigiana Filenia tutta per lui, il suo non può definirsi vero e proprio amore è più una forma di possessione nei confronti della ragazza. E’ un uomo disposto a tutto, senza scrupoli: per ottenere il suo scopo minaccia la mezzana e addirittura si rivolge ad un truffatore. Panfilo invece ama la sua Bacchide, si era ripromesso di non sposarsi per potersi dedicare a lei con tutto se stesso, ma a causa delle pressioni del padre ha dovuto cedere e prendere in moglie Filumena della quale in seguito si innamora e alla quale

si lega più che mai proprio grazie all’aiuto della sua cortigiana. E’ quindi presentato come un ragazzo romantico, dalle buone intenzioni. Questi due personaggi appaiono in antitesi tra loro, proprio come gli stili dei due commediografi che gli hanno dato vita. Plauto ci fa vedere del suo Diavolo solamente il lato cattivo, l’evoluzione del modo di pensare e agire è assente. D’altra parte Terenzio di Panfilo ci offre tante sfaccettature: il ragazzo, al contrario di Diavolo che all’interno della storia invece ha un pensiero fisso, è sempre tormentato da dubbi e indecisioni, i suoi legami con gli altri personaggi sono sempre diversi a seconda di chi ha davanti, è particolarmente suggestivo e ben delineato il rapporto con i genitori. Mentre Diavolo è perfettamente inquadrato nel suo ruolo di antagonista, Panfilo esce fuori dagli schemi del “giovane” della commedia romana, di lui si analizzano più le sfaccettature psicologiche che non l’ironia dei discorsi. Due personaggi e due modi differenti di scrivere e pensare la commedia, Plauto e Terenzio si distinguono in questo e anche sta volta non hanno mancato di darcene dimostrazione Confronto tra uxores La donna nelle opere di Terenzio, riveste un ruolo fondamentale e soprattutto differente dalla figura stereotipata della madre gelosa del figlio e ostile alla nuora, tipica della tradizione precedente. Il personaggio di Sostrata, madre di Panfilo e suocera di Filumena è difatti accuratamente analizzato dall’autore che ne evidenzia la caratterizzazione psicologica, sottolineandone l’assoluta umanità, capace di mettere in risalto e marcare la distanza con il tipico modello di “uxor morosa” (moglie bisbetica). Il valore dell’humanitas a essa attribuito si collega al sistema di ideali al cui vertice è posta la philantropia, concetto estremamente familiare nelle commedie terenziane che sottintende un’implicita solidarietà verso il prossimo, che evidenzia più l’aspetto etico della vicenda, rispetto a quello comico. Sostrata non deflette dalla sua linea di comportamento dignitoso e amorevole verso tutti i familiari e arriva al punto di sacrificarsi per il figlio. Infatti, anche se esente da colpe, essa è disposta a ritirarsi in campagna con il marito per favorire il ritorno di Filumena. Tuttavia tale indole la porta ad essere umile e docile negli accesi dibattiti con il marito Lachete. Vittima anziché artefice di malignità, la suocera resterà passiva e incapace di reagire all’incomprensione del marito e alle accuse dei familiari; soltanto nel monologo finale potrà dare libero sfogo alla sua pena (“Non è facile difendersi tanto sono convinti loro che ogni suocera sia un mostro”).

Nella commedia plautina, emerge invece un esempio di “uxor dotata”(moglie autoritaria), donna dal carattere forte e abile nel ricoprire le funzioni paterne e nel regolare l’amministrazione e l’economia della casa. Assente nell’opera è il rapporto madre-figlio, tra i quali non sono presenti neanche scambi di battute. Artemona, descritta indirettamente dal marito con insulti, appare solo nell’ultimo atto, durante il quale mostra tutta la sua determinazione. La scena nel suo complesso risulta dotata di vis comica, motivo per cui l’Asinaria (come le altre commedie plautine) riscosse maggior successo rispetto all’Hecyra (e alle altre commedie terenziane).

Laura Girometti Francesca Sofia Capozziello Giorgia Paglialunga Valentina Di Stefano...


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