è tutta un\'altra storia... Lando Landi Finito PDF

Title è tutta un\'altra storia... Lando Landi Finito
Course Storia e didattica della storia
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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L. LANDI (A CURA DI), E' TUTTA UN'ALTRA STORIA...PROPOSTE DI LABORATORIO PER LA PRIMARIA CAPITOLO 1: VECCHI OBIETTIVI E NUOVE FINALITÀ (Di Lando Landi) 1.1 Un mondo diverso è possibile? Stiamo vivendo in un mondo di grandi trasformazioni: negli ultimi 100 anni la scienza grazie alla specializzazione, ha fatto notevoli progressi nel campo della medicina, della genetica, della fisica… La vita umana si è notevolmente prolungata, molte malattie sono state definitivamente debellate e la mortalità infantile si è ridotta a livelli bassissimi. Però, come affermano Luca e Francesco Cavalli Sforza il progresso tecnologico che è stato enorme, ha numerosi effetti collaterali dannosissimi di cui, per ignoranza, pigrizia o ingordigia, non si tiene mai conto in tempo per prevenirli. Basta pensare all'accumulo di quantità colossali di immondizia, la contaminazione dei mari e dell'aria, alla distruzione delle foreste. A tutto ciò si aggiunge la preoccupazione per gli squilibri ecologici che possono derivare dall'impressionante aumento della popolazione umana: il problema demografico è reso più drammatico dal fatto che la ricchezza non è equamente distribuita poiché europei e nordamericani consumano quantità immense di energia per produrre tutti i beni di cui hanno bisogno e non possono fare altrimenti se vogliono proseguire nella qualità e nello stile di vita a cui sono abituati. Nonostante la nostra ricchezza, noi occidentali siamo sempre più stressati e insoddisfatti e lo stile di vita delle persone occidentali oltre a essere caratterizzato da un superficiale benessere, è anche caratterizzato da un profondo disagio sociale che si manifesta soprattutto fra i giovani attraverso la perdita del gusto della conquista poiché si può avere tutto subito facilmente, un profondo senso di solitudine e fragilità, un individualismo che allontana da un reale impegno per un futuro sociale, l'abbandono scolastico, l'aumento della delinquenza, un dilagare di nevrosi, aumento dei suicidi. Piero Bevilacqua (1997) afferma che le principali ragioni di tutto ciò siano dovute al fatto che agli inizi del 20º secolo per la prima volta nella loro storia, gli imprenditori degli USA si trovarono di fronte a un imprevisto problema: le capacità produttive delle loro fabbriche erano di gran lunga superiori alla domanda dei potenti consumatori e mentre da un lato c'era un forte avanzo tecnologico da parte dei produttori, dall'altro un forte ritardo culturale da parte dei consumatori. A quel tempo Uomini e donne di religione protestante, avvezzi a uno stile di vita sobrio costituivano un impaccio alla crescita economica e bisognava dunque trasformarne la spiritualità, il modo di pensare, lo stile di vita: entrare nella loro anima e orientarla in maniera diversa tormentandola con sempre nuovi bisogni.  imporre un nuovo dio: il consumo continuo di merci. Un dirigente della General Motors disse: "La chiave della prosperità economica è la creazione organizzata dell'insoddisfazione": il nuovo compito dell'imprenditore non era dunque solo quello di produrre merci ma anche quello di creare il consumatore insoddisfatto. → Nacque così il sistema economico noto con il nome di CONSUMISMO che con la seconda guerra mondiale fu esportato dagli USA al mondo occidentale e all'intero pianeta. È il consumismo oggi che fa girare l'economia dei paesi più ricchi governando il mondo e dettando le leggi del mercato: non si produce più per consumare come è sempre stato ma siamo costretti a consumare per produrre! Accanto a quella economica esistono altre concause che hanno contribuito a generale il disagio attuale, ad esempio la fine delle grandi ideologie e la secolarizzazione dell’Occidente. Malgrado ciò, il mito del benessere occidentale, che va affermandosi in tutto il pianeta grazie alla globalizzazione, da un lato stimola gli stati emergenti ad allinearsi al nostro modello economico, dall’altro alimenta incessanti flussi migratori e commerci di esseri umani. Dobbiamo riconoscere, come afferma Barber, che nessuna nazione avrà una prosperità sicura finché le altre non godranno delle stesse opportunità. Nel momento in cui l'umanità comincia a preoccuparsi del proprio FUTURO, l'INSEGNAMENTO DELLA STORIA appare urgentemente attuale; infatti è la storia che ci svela i legami profondi tra passato, presente e futuro e che ci fa capire che i problemi di oggi provengono dal passato e che le scelte che faremo nel presente determineranno la società futura. È la storia che, facendoci riscoprire le nostre radici culturali, permette il confronto critico con la nostra tradizione indispensabile alla formazione dell'identità personale e alla ricostruzione del tessuto dei valori sociali. 1.2 La storia è cambiata

Parlando di storia non ci si riferisce agli insegnamenti di personaggi e avvenimenti studiati sui banchi di scuola il cui obiettivo è da sempre la trasmissione dei valori ideologici come l'amore per la patria, il senso del dovere… ma la storia alla quale bisogna fare riferimento è una storia che spiega il nostro presente e che non cerca di legittimarlo e determinarlo: una storia cioè che ponendo in secondo piano re e fatti generali, si occupa in primo luogo dei molteplici fattori che costituiscono il quotidiano degli uomini che ci hanno preceduto ovvero l'economia, il sistema dei valori, i gusti, le speranze e le aspirazioni. Questa nuova storia è operante sul piano scientifico: se dovessimo indicarne la data di nascita sarebbe il 1929, anno in cui Febvre e Marc Bloch fondarono la rivista delle "Annales d'histoire economique e sociale" che prese subito posizione contro la dimensione della storia tradizionale sostenendo che i singoli avvenimenti come la battaglia, il trattato, la scoperta geografica possono essere realmente compresi solamente se si prende in considerazione il quadro generale all'interno del quale essi acquistano significato. Bisogna dunque studiare ciò che cambia lentamente e cioè quelle che da alcuni decenni si usano chiamare le STRUTTURE: si tratta di categorie che permettono di classificare fenomeni geografici, ecologici, tecnici, economici, politici culturali e psicologici che restano costanti per tempi lunghissimi e caratterizzano ogni singola società distinguendola dalle altre. La vita di una società può essere vista come un insieme di strutture strettamente interconnesse da reciproci condizionamenti e i fenomeni strutturali conferiscono alla vita quotidiana il suo carattere stabile, regolare, ripetitivo e dunque si configurano come ostacolo al cambiamento. Il tempo delle strutture è lentissimo, quasi immobile, ma quando si confrontano strutture che si susseguono ci si rende conto che è a questo livello che si pongono le trasformazioni irreversibili: le mutazioni che segnano il passaggio da un tipo di struttura a un altro. Questo cambiamento di strutture è ciò che gli storici chiamano rivoluzione, ovvero non più concepita come una rottura traumatica bensì una mutazione silenziosa impercettibile per coloro stessi che ne sono gli autori come ad esempio la rivoluzione agricola o la rivoluzione demografica. Non è neppure un fenomeno rapido in quanto può prolungarsi per diversi secoli. Per comprendere la relazione esistente tra i concetti di struttura e di rivoluzione è necessario considerare uno degli aspetti fondamentali delle strutture: la connessione profonda che lega e rende coerente ciascuna struttura e tutte le altre che costituiscono il tessuto sociale. Quando si verifica un cambiamento irreversibile di una certa entità in una struttura, i suoi effetti non possono non coinvolgere le altre strutture originando un nuovo ordine: ad esempio si pensi alle trasformazioni sociali conseguenti alla nascita dei primi centri urbani, all'impulso dato ai commerci dalla diffusione della moneta, allo sviluppo della cultura del pensiero determinato dal diffondersi della scrittura e mutamenti nella nostra stessa vita quotidiana causate dallo sviluppo tecnologico. Si tratta dunque di una costruzione di una storia a " N dimensioni " secondo la definizione di Braudel secondo cui la ricerca storica deve stabilire collegamenti sempre più stretti con le altre scienze dell'uomo ovvero l'economia, la statistica, la psicologia, sociologia, in un interscambio fecondo di metodi e contenuti. Ben presto le posizioni delle Annales assunsero un ruolo egemone in campo storiografico tanto da far parlare di una NUOVA STORIA. Si tratta di focalizzare lo studio della storia sulle caratteristiche strutturali ovvero sugli aspetti della vita quotidiana delle civiltà del passato poiché ciò permette di costruire una rete concettuale nella quale si andrà a inserire nei successivi anni scolastici la storia degli avvenimenti economici, politici e militari. A tale proposito è importante iniziare orientando l'attenzione degli studenti su strutture elementari quali ad esempio l'ambiente naturale, l'economia, la tecnologia, l'arte, l'abbigliamento, la religione, le comunicazioni. A questo scopo può essere utile realizzare grandi disegni che dimostrano le caratteristiche strutturali delle civiltà studiate disponendoli in successione e creando in questo modo una linea del tempo che metterà in risalto la trama strutturale di ogni epoca favorendo il confronto tra le varie società. In tal modo gli studenti potranno facilmente notare somiglianze e differenze e capire che le società umane cambiano continuamente sia pure con ritmi diversi, a volte lentissimi a volte veloci e pertanto cogliere anche il presente nel suo spessore storico di realtà in mutamento, frutto di una lunghissima catena di mutazioni profonde. Fondamentale è quindi lo studio delle connessioni strutturali che permetterà di individuare ciò che ostacola o favorisce il cambiamento e di capire come un mutamento di una struttura riesca a modificare a lungo andare l'intera società. → Fondamentale quindi è avviare la riflessione dei ragazzi sui grandi cambiamenti che segnano il

cammino della storia umana. 1.3 La testa ben fatta La conoscenza del modo in cui si sono originati i problemi che affliggono il presente è indispensabile per comprendere che essi non sono un male inevitabile, ma non è sufficiente per risolverli. In questo drammatico momento, una speranza di salvezza può venire solo da un mutamento delle coscienze, una sorta di rivoluzione culturale su scala mondiale che trasforma il comportamento degli individui. Ovviamente non si vuole né si deve rinunciare ai benefici delle conquiste della scienza, della tecnica e della medicina ma ciò che si deve imparare è a muoversi in questo mondo in trasformazione con maggior consapevolezza e responsabilità per evitare che le risorse del pianeta vengano disperse in modo superfluo e in bisogni indotti che lasciano la bocca amara e il cuore insoddisfatto. La scuola dunque non deve limitarsi a istruire ma deve educare, dove educare non significa solo fare apprendere l'uso di strumenti cognitivi elementari come leggere e scrivere ma deve riuscire a liberare il pensiero autonomo in modo che il ragazzo di oggi e l'uomo di domani sappia fare anche nella semplicità del quotidiano scelte consapevoli e responsabili nell'utilizzare i poteri che la tecnologia mette a sua disposizione. Per muoversi in tale direzione è necessario: ~ Fornire ai ragazzi corrette, chiare e sufficienti informazioni sugli squilibri del pianeta ~ Guidarli ad analizzare l'origine dei problemi in modo da far loro capire che le decisioni che gli uomini prendono nel loro presente determinano le società del futuro ~ Abituarli a pensare e a decidere trasformando il tradizionale travaso di nozioni in momenti di discussione e ricerca ~ Sviluppare la consapevolezza che la soluzione degli attuali problemi implica un ridimensionamento del nostro stile di vita. Fondamentale è suscitare l'entusiasmo dei giovani rendendoli consapevoli fin dall'inizio delle rinunce che un cambiamento così radicale richiede. Questa autonomia di pensiero necessaria per fare scelte consapevoli e responsabili è quella che Edgar Morin (2000) chiama una " testa ben fatta " cioè una mente che disponga di un'attitudine generale a porre e trattare problemi; principi organizzatori che permettano di collegare i saperi e di dare solo un senso. In una scuola di questo tipo l’insegnante non potrà più essere il trasmettitore di una conoscenza codificata, ma sarà colui che guida i ragazzi alla scoperta della realtà in cui vivono e alla costruzione del loro sapere. Per fare ciò deve: - prepararsi in maniera adeguata documentandosi sul piano disciplinare e cercando di sviluppare un atteggiamento di curiosità, ascolto e riflessione - dare informazioni indispensabili per avviare la problematizzazione - guidare la discussione favorendo l’interazione tra pari - stimolare la riflessione critica sul percorso di apprendimento per favorire processi metacognitivi. Una volta suscitato l'interesse sarà possibile visionare documentari, effettuare interviste, svolgere ricerche su buoni testi per conoscere l'origine del problema, e quindi studiare possibili soluzioni future in un'ottica pluriprospettica.

CAPITOLO 2: PERCHÉ IL LABORATORIO (di Lando Landi) Poiché l'obiettivo dell'insegnamento della storia non è più solo quello di trasmettere informazioni sul passato, lo studio del manuale non è più sufficiente e deve essere affiancato a altre scelte metodologiche più impegnative e capaci di suscitare l'interesse dei ragazzi e coinvolgerli in attività che, ponendoli di fronte a problemi, stimolino la capacità di ragionare e la loro creatività: in questa prospettiva assume un grande valore il LABORATORIO. Il laboratorio didattico con finalità formative nasce dal pensiero pedagogico di John Dewey e si sviluppa con la scuola attiva successivamente arricchito da Bruner e Gardner. 2.1 La pedagogia di Dewey e l’attivismo La scuola secondo Dewey (1859-1952) deve mettere gli allievi in grado di inserirsi attivamente nei cambiamenti che potranno verificarsi in futuro. A tale proposito la scuola non può limitarsi a informare ma deve educare i ragazzi a pensare: se è vero che il pensiero ha origine da situazioni problematiche, per educare gli alunni a pensare, la scuola deve divenire una scuolalaboratorio, ovvero un luogo dove gli allievi svolgono esperienze reali che li impegnano nella soluzione di problemi. Ciò che rende reale, e quindi formativa, l’esperienza è il coinvolgimento del soggetto. Nella pedagogia di Dewey assume un valore fondamentale il concetto di interesse che motiva il soggetto, in contrapposizione con quello di sforzo che nasce dall'interesse in quanto proprio per raggiungere un fine al quale attribuiamo valore, siamo disposti a uno sforzo anche intenso.

L'obiettivo del laboratorio scolastico non è una preparazione professionale bensì lo "sviluppo delle capacità cognitive e dell'intelligenza sociale". Secondo Dewey infatti il laboratorio diviene una comunità in quanto l'attività tesa al raggiungimento di un fine implica collaborazione e aiuto reciproco; i ragazzi così non acquistano solo conoscenze ma si assumono la responsabilità di fronte al gruppo sviluppando anche quei valori etici indispensabili per vivere in una società democratica. La formazione morale non è dunque concepita come un'imposizione esterna di valori ma come una graduale conquista e continuo sviluppo delle capacità di collaborazione. Dewey riuscì a realizzare questi principi nella scuola sperimentale da lui fondato nel 1896 presso l'Università di Chicago in cui mise in atto i principi dell'attivismo, termine con il quale viene definito l'insieme dei movimenti, delle teorie, dei metodi e delle esperienze di rinnovamento educativo sviluppatisi sia all'interno che all'esterno della scuola tra la fine dell'800-900 con l'intento di promuovere la partecipazione attiva dei giovani al processo educativo, valorizzando e sviluppando anche gli aspetti non strettamente intellettuali della personalità. Il ruolo dell'educatore sarà così quello di suscitare l'interesse e di aiutare gli allievi a scoprire e sviluppare le loro capacità personali nello svolgere il lavoro → learning by doing 2.2 La psicologia culturale di Bruner L'attivismo venne messo in crisi nel corso degli anni 50 da orientamenti diversi come il comportamentismo Skinneriano e gli studi sullo sviluppo cognitivo. Il fattore scatenante fu il lancio, nel 1957, dello Sputnik da parte dell'unione sovietica. Gli USA, vedendosi sorpassati sul piano tecnologico nella competizione tra le grandi potenze, ritennero che fosse il momento di rinnovare il loro sistema educativo (fino a quel momento ispirato alle idee di Dewey) accusato di dare troppo spazio alla formazione della persona a discapito della sistematicità del sapere. Nel 1959, a Woods Hole, venne promosso un congresso avente lo scopo di studiare una nuova linea di insegnamento. Presiedeva i lavori lo psicologo cognitivista Bruner. Occorreva mettere a punto una teoria dell'istruzione che studiasse il modo in cui si apprende meglio ciò che si vuole insegnare. Secondo Bruner ogni sistema di conoscenze è organizzato in base a principi e idee fondamentali che ne costituiscono le strutture. Sono queste strutture che conferiscono alla disciplina la sua fondamentale semplicità. Bruner a tale proposito formula l'ipotesi che qualunque materia possa essere oggetto di insegnamento efficace e concreto in qualsiasi momento dell'età scolare quando ci si proponga di condurre gli allievi a padroneggiare strutture generali anziché ad apprendere nozioni specifiche. Il compito che si pone per l'insegnamento di una disciplina al fanciullo di una determinata età consiste nel rappresentare la struttura di quella disciplina nei termini del modo infantile di vedere la realtà. I criteri di quello che verrà chiamato l'approccio curricolare cognitivista sono: - Definire operativamente l'obiettivo da conseguire - Valutare le conoscenze in ingresso - Scomporre analiticamente l'obiettivo in sotto-obiettivi elementari - Fornire feedback orientativi durante il processo. Bruner attribuisce il fallimento della sua riforma al non aver dato sufficiente importanza al disagio culturale causato dall'influenza della povertà, del razzismo, dell'emarginazione sulla vita mentale e sullo sviluppo di bambini che soffrono questi mali. Infatti la cultura plasma la mente e ci fornisce un insieme di strumenti medianti i quali costruiamo non solo il nostro mondo, ma la concezione di noi stessi e delle nostre capacità. Ne consegue una stretta interrelazione tra dimensioni di sviluppo e fattori educativi, e infatti lo sviluppo avviene sempre nel contesto di una cultura attraverso la comunicazione e lo scambio con gli altri. L'obiettivo che gli allievi acquisiscano una buona capacità di giudizio, fiducia in se stessi e che lavorino bene gli uni con gli altri sono capacità che non si sviluppano in regime di trasmissione a senso unico: in base a queste riflessioni Bruner dà origine alla psicologia culturale. In quest'ottica la scuola deve creare le occasioni per sviluppare ragionamenti e la riflessione, valorizzando anche un'ampia gamma di attività che permettono di cogliere la dimensione applicativa, oltre a quella teorica della conoscenza. 2.3 Gardner e la teoria delle intelligenze multiple Lo psicopedagogista Gardner ha elaborato una teoria che contrappone alle tradizionali definizioni dell'intelligenza l'ipotesi di una pluralità di intelligenze: secondo questo autore l'intelligenza non si manifesta unicamente nelle

operazioni logico-matematiche privilegiate dalla cultura occidentale, ma con un'ampia varietà di comportamenti caratterizzati da strategie, competenze e prestazioni diverse. A tale proposito l'autore analizza 7 forme di intelligenza (linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeocinestetica, personale e interpersonale) ma avanza l'ipotesi che potrebbero essere molte di più. La diversa combinazione di queste intelligenze determina il profilo intellettuale che rende ognuno di noi diverso dagli altri. Se l'educazione ha come obiettivo primario la crescita armonica della persona, essa dovrebbe promuovere lo sviluppo di questa pluralità di intelligenze senza stabilire tra queste una gerarchia di valore poiché molti sarebbero i vantaggi che ne deriverebbero anche sul piano sociale dall'assecondare lo sviluppo di questa pluralità di intelligenze. La teoria delle intelligenze multiple mette in luce la diversa abilità dei singoli bambini e il bisogno d'opportunità di scoprir...


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