Storia Medievale PDF

Title Storia Medievale
Course Storia medievale i
Institution Sapienza - Università di Roma
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Il MedioevoProfilo di un millennio Il tramonto dell’impero di Roma La deposizione di Romolo Augustolo, ultimo imperatore romano d'Occidente, nel 476 d. segna il passaggio fra l'età antica e il medioevo. La "caduta" però è solo la fine di un lungo processo di crisi che inizia già ne...


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Il Medioevo Profilo di un millennio 1. Il tramonto dell’impero di Roma La deposizione di Romolo Augustolo, ultimo imperatore romano d'Occidente, nel 476 d.C. segna il passaggio fra l'età antica e il medioevo. La "caduta" però è solo la fine di un lungo processo di crisi che inizia già nel III secolo. Agli inizi del 200 l'impero aveva autorità su tutti i territori che si affacciassero sul Mediterraneo; regni sottomessi o spontaneamente arresi a Roma si trovavano a coesistere nell'ambito di un controllo di tipo federativo, che i romani governavano e amministravano valorizzando i preesistenti assetti politici e l'apporto delle aristocrazie locali. Per molto tempo si ebbe una coesione, nonostante popoli culturalmente differenti, ciò si deve all'amministrazione che in tutte le province portava la presenza di Roma, provvedendo a far rispettare le leggi, la riscossione dei tributi e alla realizzazione di opere di pubblico interesse. L'economia in questi secoli fu davvero florida; vi era un mercato amplissimo e un controllo tale che garantiva l'apporto dei beni che mancavano il quel determinato luogo (sia grazie al controllo marittimo che alle strade, che arrivavano capillarmente in ogni luogo all'interno dell'impero). La libertà di culto, a tutti riconosciuta, ebbe un solo limite; quello di non porre in discussione il ruolo dello stato e l'obbedienza alle autorità costitutive e consentì di consolidare ancora di più questa organizzazione "globale". Con i primi decenni del III secolo iniziarono a prefigurasi dei gravi problemi; nel 224 l'ascesa al trono di Persia della dinastia dei sassoni (con nuova capitale Ctesifonte, sul Tigri) rilanciò l'attività militare dei persiani, vi furono infatti attacchi alle province orientali. Durante una guerra per difenderle venne ucciso l'imperatore Valeriano, nel 260. Dalla metà del secolo presero poi a moltiplicarsi anche le incursioni nel limes delle popolazioni germaniche, stanziate in prossimità dello stesso, come i franchi, gli alamanni e i burgundi nella zona del Reno. Nel 251 l'imperatore Dacio cadde in battaglia a Nicopoli (Bulgaria) cercando di fermare anche le nuove incursioni dei goti (penetrati dai Balcani, i quali avevano già saccheggiato Atene, Argo, Corinto e Sparta). I goti vennero poi sconfitti dall'imperatore Claudio II nel 296, questa sconfitta riuscì (almeno per un primo periodo) ad arginare il problema. Questo clima di crescente insicurezza indusse l'imperatore Aureliano a creare una nuova cinta muraria nel 271. da tutto ciò deriva che i militari, con i loro vertici, divennero sempre più potenti: furono gli eserciti in questi anni a proclamare gli imperatori, che nel periodo della così detta "anarchia militare" si avvicendarono, con ritmo incalzante, moltissimi uomini (la maggior parte vittime di congiure e al trono non più di un anno). Questa militarizzazione del potere politico fu una delle cause della crisi del III secolo. Altre cause furono di natura puramente economica: in questo momento si esaurisce la forza propulsiva delle conquiste territoriali, con un incremento della spesa pubblica (dovuto al grande aumento per le spese della difesa e al funzionamento di una macchina statale complessa), aumentò quindi la pressione fiscale, soprattutto sulle province orientali, le campagne si spopolarono (per distruzioni della guerra o per paura di essa), per lo stesso motivo si contrassero i flussi commerciali comportando un

aumento dei prezzi. Non possiamo sottovalutare neanche quegli aspetti, che nel II secolo si crearono, e che peggiorarono la soluzione successivamente. Fra questi troviamo il sistema schiavistico della produzione, legato al latifondo della villa, che a causa della riduzione del numero di schiavi portò ad una produzione minore. Da qui la villa divenne un sistema bipartito (una parte direttamente del proprietario e la seconda veniva affidata ai coloni). Ci fu una crisi della piccola e media proprietà fondiaria che risentiva della pressione fiscale. Questi si trovarono costretti a chiedere aiuto ai senatori, per la protezione, e di conseguenza le grandi famiglie acquisirono sempre più clienti, e più terre. Diocleziano tentò di dare una risposta sul piano politico-economico-sociale alla crisi, anche lui fu proclamato imperatore dall'esercito, nel 284. Egli voleva un completo controllo sull'economia; così legò ciascuno all'esercizio del mestiere paterno, così i contadini erano obbligati a lavorare la terra e a non abbandonarla. Inolte di diede un tetto massimo per i salari che si potevano percepire, editto del 301. Anche se questi espedienti non fermarono il declino dell'economia romana, possiamo dire che lo rallentarono. Diocleziano, dopo essersi occupato delle regioni cultuali, si impegnò per avere un maggiore controllo sui territori, così nacque la tetrarchia (con 2 Augusto e due Cesare, per oriente ed occidente). Fu Diocleziano stesso a dare il via alla tradizione nel 293 cedette la parte occidentale ( Nicomedia era la sua capitale) a Massimiano (con Milano). nel 297 vennero create le prefetture, 12 diocesi dell'impero romano, articolate in 101 province. le diocesi vennero affidate ai vicari, le province invece ai dux i quali avevano anche potere militare. Quando entrambi gli Augusto abdicarono nel 305 scoppiò una guerra per la successione, con Licinio e Costantino. il secondo riuscì a prevalere definitivamente sul primo nel 324. Costantino si impegnò a consolidare e ampliare le riforme di Diocleziano; sul piano economico aggiunse la riforma monetaria (circolazione monete d'oro, argento e bronzo). Spostò al capitale da Roma a Bisanzio nel 330; la scelta derivò dalla posizione più centrale e dalla possibilità di realizzare un sistema difensivo migliore (la città crebbe in pochissimi anni, vennero costruite chiese e si insediò un senato). Inoltre Costantino fede l'editto di Milano nel 313, considerando il cristianesimo come religione tollerata dallo stato e restituendo i beni confiscati precedentemente. la riforma sul lavoro di Diocleziano permise quindi all'aristocrazia germanica di infiltrarsi all'interno della professione militare (alcuni gruppi germanici, non ostili, riuscirono ad installarsi all'interno dell'impero). La politica, tenuta in mano dai due senati, si componeva di uomini aristocratici detentori di vasti latifondi, esponenti militari, alti burocrati (nuova classe egemone variegata per estrazione). La divisione effettiva dell'impero avvenne con Teodiosio I, alla sua morte i suoi figli Arcadio (oriente) e Onorio (occidente) continuarono questa spartizione. Teodosio affidò i suoi figli a due esponenti del mondo germanico; Stilicone per Onorio e Ruffino (goto) per Arcadio. La scelta di questi due personaggi ci fa capire come l'imperatore era aperto all'elemento germanico, favorendone l'insediamento all'interno del limes, consentendo di intraprendere cariche pubbliche e militari. Ciò comportò un malcontento nell'aristocrazia. Dalla metà del Iv secolo troviamo una nuova minaccia, gli Unni, i quali inziarono a spingersi verso ovest, così i popoli germanici fuori dal limes si mossero all'interno (es. i visigoti furono costretti a stanziarsi in Tracia, con concessione dell'imperatore, per proteggersi in cambio dell'impegno per difendere i confini). Per porre un freno

alle devastazioni, l'imperatore Valente fu costretto ad armarsi e affrontarli sulla piana di Adrianopoli nel 378 e persero clamorosamente, anche l’imperatore morì. Solo grazie a Teodorico si potè in parte rimediare alla situazione drammatica, concordando con i visigoti il loro trasferimento nell'Illirico. Dal V secolo abbiamo la spinta finale delle popolazioni germaniche. allora Stilicone guidò gli eserciti imperiali allo scontro contro i visigoti (che erano entrati in Italia, sotto la guida di Radagasio). Molte battaglie si svolsero nell'area padana, i visigoti furono sconfitti (dopo aver minacciato Milano) nel 402 grazie a Stilicone. Dopo la vittoria però la capitale fu spostata a Ravenna dal 402, poiché protetta dalle paludi e dal mare. Stilicone però morì in una congiura dopo aver perso l'appoggio di Onorio nel 406. Lo stesso anno entrarono in massa goti, svevi, vandali e alani all'interno dell'impero, ma non si aveva più nessuna difesa. Così nel 410 i soldati visigoti di Alarico giunsero a Roma e la saccheggiarono, proseguendo poi verso sud e solo alla morte del condottiero essi si ritirarono nelle Gallie. La caduta di Roma segnò un duro colpo alla psicologia dei contemporanei. Alla morte di Onorio nel 423 gli succedette Valentiniano III, ma troppo piccolo, il potere fu affidato a Galla Placida. In questi anni vediamo come il controllo di Roma sia sempre minore sui territori conquistati in precedenza. Già nel 407 le ultime legioni romane avevano lasciato la Britannia, nel 425 inizia il ritiro dalla Pannonia, i vandali riuscirono poi a togliere la provincia d'Africa ai romani. Nel 451 ci fu un'alleanza con le popolazioni germaniche dovuta alla discesa di Attila e degli Unni fino in Gallia; nel 451 Ezio, generale romano sconfisse gli Unni (grazie a visigoti e burgundi), costringendo la popolazione a fuggire. Poco dopo però si ripresentarono al confine nord-est dell'Italia settentrionale, riuscirono ad entrare in Italia fino ad Aquileia e si fermarono solo dopo aver incontrato papa Leone I, inviato da Valentiniano III. Dopo la morte di questo ci fu un vuoto nel potere, negli stessi anni Roma subì un secondo saccheggio ad opera dei vandali di Genserico, nel 455. Si arriva così alla deposizione di Romolo, da parte di Odoacre nel 476. Odoacre non si proclamò imperatore, ma avrebbe governato come "patrizio" in nome dell'imperatore d'oriente, cui furono mandate le insegne dell'impero. Esso governò per 13 anni, ricompensando i suoi sciri e tutti coloro che gli erano stati fedeli. Solo nel 489 Teodorico (ostrogoto) lo spodestò. 2. Il cristianesimo Le tormentate vicende politiche si intrecciano con il sentimento di insicurezza che spinse alla ricerca di nuove religioni. I culti provenienti dall’oriente si diffusero a Roma, favoriti dalla natura multiculturale dell’impero, offrendo una speranza di liberazione dal dolore e dalla morte. È in questo contesto che inizia a diffondersi il cristianesimo, dapprima negli esponenti della diaspora ebraica e successivamente in concorrenza con gli altri culti orientali, nelle città, fra i ceti sociali più disparati. Nello tesso periodo si diffondono altri culti salvifici, anch’essi orientali e successivamente diffusi a Roma. Il potere si dimostrò intollerante verso il cristianesimo; venne visto come forza sovversiva, sia per i suoi legami con il mondo giudaico (perennemente in conflitto con Roma), sia per l’intransigenza del monoteismo, che portava a respingere il culto tributato alla figura dell’imperatore. Le persecuzioni però non lo indebolirono, nel 312 Costantino con l’editto di Milano fu proclamata la libertà del culto cristiano, e nel 380, con l’editto di Tessalonica, divenne religione di Stato, con Teodosio.

Esso si diffuse molto nel ceto umile, voglioso di riscatto, ma è grazie all’appoggio aristocratico cittadino che ne vediamo lo sviluppo. L’assetto dottrinale, inizialmente ancora indefinito per il sovrapporsi di interpretazioni diverse della predicazione evangelica, non avrà una vera e propria organizzazione interna nel suo primo periodo. In questo frangente due “anime” si delinearono fin dai primi albori del cristianesimo; la prima è definita rigorista condizionata cioè dalle dottrine gnostiche iraniche e dalla loro visione di contrasto fra bene e male, spirito e materia (chiamato dualismo), la quale fu emarginata, ma tornò periodicamente e influenzò le eresie medievali. Abbiamo poi l’altra, più moderata, espressione della cultura dei ceti dirigenti urbani e promotrice di un’organizzazione interna. Essa prevalse e determinò, fin dal I secolo, l’inquadramento delle comunità di fedeli, sotto la guida di una gerarchia sacerdotale diretta da sorveglianti (vescovi), esponenti delle famiglie aristocratiche (che per la loro cultura vennero chiamate come guida) e da anziani (preti) come assistenti ai primi. L’evoluzione organizzativa delle comunità cristiane, fini col tempo nel favorire l’integrazione nel sistema sociale romano del cristianesimo. Questo culto, radicato nelle città sedi delle curie municipali, godeva dell’appoggio dei ceti “medi” i quali fornivano i quadri amministrativi dell’impero, e dando speranza di una salvezza futura, mantenne una pacificazione sociale nel regno. La svolta si ebbe con Costantino nel 313 con l’editto di Milano, il quale concesse la libertà di culto ai cristiani e restituì i beni precedentemente sottratti in epoca delle persecuzioni. Inoltre dotò le chiese di ingenti patrimoni destinati alle attività di abbellimento degli edifici di culto attribuì ai vescovi funzioni giudiziarie in concorrenza ai magistrati civili, istituzionalizzando la collaborazione far episcopato ed impero. Nel corso del IV secolo le sedi vescovili si moltiplicarono localizzandosi spesso nelle città. Al di sopra dei vescovi fino al V secolo non vi era una. Struttura organizzata, da questo momento invece le sedi Patriarcali coordinavano i vescovi. Le prime 4 sono Romana Alessandria, Gerusalemme e Antiochia. Nella metà dello stesso secolo lo diventano anche Costantinopoli e Aquileia. La circoscrizione su cui i vescovi esercitavano loro ministero è la diocesi, il vescovo aveva anche il compito di organizzare le zone rurali. Fra V e VI secolo nascono le Pievi, cioè chiese rurali che assicurano il battesimo, essendo così importanti (ma sorgendo in zone rurali) esse erano collegate alla città tramite apposite strade. Con il moltiplicarsi di queste sedi si sentì al necessità di un coordinamento e furono istituite province comprendenti più episcopati, riprendendo il modello dei distretti imperiali. Ai vescovi spettavano poteri di controllo dei sottoposti e di organizzazione. Le prime chiese metropolitane furono, in Occidente, Aquileia, Milano, Ravenna e roma, in oriente Alessandria, Antiochia, Gerusalemme e Costantinopoli. A Roma, capitale dell’impero e sede del martirio di Pietro, venne riconosciuto il primato ideale, destinato poi a creare sconti con le altre (ma solo fra XII e XIII secolo si da una vera e propria supremazia di Roma rispetto alle atre, con la riforma della Chiesa). La diffusione del cristianesimo comportò dispute dottrinali che coinvolsero i vari episcopati. Il problema centrale fu l’incarnazione di Cristo, così si iniziò a cercare una risposta razionale sulla coesistenza nella sua persona della duplice natura, cioè umana a divina. Il confronto portò alla speculazione filosofica di tradizione ellenistica propria del ceto sociale da cui i vescovi provenivano. L’assenza di un’organo

gerarchicamente superiore, in grado di decidere sulle questione cristologiche, portò divergenze di vedute fra i vari patriarchi, che per affermare il loro primato teologico, arrivarono a scomunicare e ad accusarsi reciprocamente di eresia. Queste polemiche coinvolsero anche i fedeli, al punto che Costantino decise di convocare nel 325 il concilio di Nicea, in Bitinia, convocando quindi un’assemblea generale dei vescovi per porre fine alla controversia relativa al dogma trinitario. Il concilio, con la pressione dell’imperatore, condannò la dottrina di Ario (prete di Alessandria, che attribuiva al padre una natura superiore a quella del figlio). La deliberazione di Nicea furono imposte a tutta la cristianità grazie all’intervento del potere politico, non posero però fine alle dispute (i seguaci di Ario erano molti, sopratutto in Oriente, non accettarono la decisione del concilio e continuarono a diffondere le loro dottrine). Dopo questa condanna Costantino invece appoggiò questa dottrina, che fu portata avanti anche da suo figlio Costanzo II. La posizione di Nicea venne ribadita nel concilio di Costantinopoli nel 381, con Teodosio I, ma le dottrine ariane si erano già molto diffuse nei popoli germanici: l’arianesimo divenne per questi popoli un elemento di identità etnica, e si rivelò fonte di ulteriori contrasti quando i germani entrarono in contatto con i latini e le loro tradizioni cultuali. Un’altra eresia che si diffuse fra IV e V secolo fu il donatismo, dal vescovo Donato di Cartagine. Essi sostenevano una posizione rigorista che negava la validità dei sacramenti amministrati da persone indegne, mettendo così in discussione tutta la struttura ecclesiastica che garantiva la stabilità politica e sociale: così facendo divennero nemici degli imperatori, che non poterono impedirne la diffusione (sopratutto nelle campagne) dove si aprirono dei conflitti con l’impero. La decisione di Teodosio venne poco dopo il riconoscimento del cristianesimo come religione ufficiale e fu seguita da una serie di provvedimenti repressivi nei confronti degli altri culti, dichiarati fuorilegge nel 391. Al centro dei dibattiti rimaneva le questione Cristologica, la riflessione sulla sua persona e sul suo rapporto umano e divino. Sul tema intervenne Nestorio, il quale sostenne che cristo aveva due persone distinte; la sua dottrina fu condannata al concilio di Efeso del 431 (il quale dichiarò che le due nature coesistevano in una sola persona). Sempre ad Alessandria compare poi il Monofisismo, cioè il credere che Cristo avesse una sola natura, quella divina, e che al momento dell’incarnazione aveva assorbito quella umana, appoggiata da Teodosio II. Il concilio di Caledonia, tenutosi nel 451 diede l’idea di diofisita (due nature dentro una sola persona) e riconobbe in Roma e Costantinopoli due sedi indiscutibilmente importanti. Queste dovevano comunicare in materia teologica e disciplinare e questo portò in occidente il riconoscimento del primato della chiesa di Roma, e del papa. Questo rimato ebbe un atto ufficiale nel 445 con Valentiniano III (riconosciuta solo in occidente, in oriente era solo un vescovo molto importante). Parallelamente alla definizione di un apparato ecclesiastico nell’ambito del cristianesimo prese vita il monachesimo. Questo fenomeno era già largamente presente in Asia, espressione del desiderio di realizzare un diretto contatto con l’Essere supremo attraverso il distacco dalla società umana e la purificazione dalle cose del mondo esteriore. Il monachesimo nacque fra III e IV secolo nei deserti egiziani, per iniziativa di singoli individui di varia provenienza sociale, che scelsero di condurre una vita di ascesi e penitenza nella forma eremitica, cioè con isolamento individuale. Si organizzarono dei gruppi di asceti, i conditi, organizzati in comunità sotto la guida di

un abate e secondo norme, o regole, monastiche. Dal IV secolo si diffonde anche in Occidente (in concomitanza con la crisi morale determinata dalla normalizzazione delle comunità cristiane). Le istanze di quanti desideravano vivere l’ideale evangelico di perfezione e penitenza trovarono una risposta nelle nuove forme di “martirio” rappresentante la vita ascetica e contemplativa degli eremiti e delle comunità monastiche. I primi monasteri si svilupparono in Gallia, grazie al vescovo di Tours Martino e in Provenza. figura di spicco fu quella di Colombano, che fondò monasteri in Gallia, e in Italia, il più celebre è quello di Bobbio in Italia settentrionale e completò nel VII secolo l’evangelizzazione della Britannia, già iniziata nel VI Da Agostino, inviato da papa Gregorio Magno. Dalla Gallia il monachesimo passò alla Britannia sud-ovest, spesso le popolazioni celtiche, e della Britannia romanizzata, con S. Patrizio e i suoi seguaci. Il monachesimo irlandese fu caratterizzato da un forte rigore spirituale annoverò monaci missionari che dall’isola si trasferirono sul continente per creare nuovi centri di vita monastica e per evangelizzare i popoli. In Italia i primi gruppi di asceti si formarono alla fine del IV secolo a Roma, in ambente prevalentemente femminile, intorno alla figura di Girolamo, della Dalmazia. Dal secolo successivo si moltiplicarono in tutta la penisola forme di sperimentazione di di vita monastica ispira a diversi modelli. Fra questi nei primi decenni del VI secolo si colloca l’esperienza di Benedetto da Norcia, il quale dopo un periodo come eremita, fondò in monastero di Montecassino (Oltre Montecassino forse anche il monastero di Subiaco venne direttamente fondato dal santo. Montecassino fu distrutto dai Longobardi e ricostruito dopo il 905) ed elaborò per i sui segaci attori...


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