Etica del turismo dal bo\' finito PDF

Title Etica del turismo dal bo\' finito
Course Sviluppo Territoriale E Sostenibilità Turistica I
Institution Università Ca' Foscari Venezia
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ETICA DEL TURISMO libro che parla della sostenibilità ambientale, dell'equità sociale e del rispetto verso gli altri. Si tratta di una discussione etico- filosofica sulle questioni morali che il turismo solleva. Gli spostamenti turistici non sono indolori: impatto ambientale (trasferimento persone e merci e creazione strutture), ma anche sociale, culturale ed economico. Inoltre i turisti si ritengono spesso sciolti dalle regole di comportamento della vita quotidiana, come se il tempo di vacanza fosse una bolla esistenziale in cui nulla è vietato. La disciplina dei tourism studies converge in una pluralità di discipline (antropologia, sociologia, psicologia, geografia, ecc) ed è recente, perché la sua storia non va oltre la metà del XX secolo. D'altronde il turismo come fenomeno di massa è databile non più indietro del XX secolo. Inoltre l'interesse per le questioni morali è ancora più recente, cioè agli anni 90 del XX secolo. Esiste una consapevolezza che al turismo vadano dettati dei limiti morali e questo spiega la produzione di molti documenti sul turismo etico, dalla CARTA DI LANZAROTE (1995) AL CODICE MONDIALE DI ETICA DEL TURISMO (99) e la nascita di associazioni per favorire il turismo responsabile come AITR. In generale, non manca la sensibilità ma manca l'analisi teorica (ad eccezion fatta dei testi sopracitati). Questo libro vuole colmare le lacune nella discussione filosofica dei principali problemi etici del turismo. Da notare come il libro non sia esaustivo perché il profilo morale non esaurisce tutti i profili di interesse delle questioni, come il turismo accessibile, che è importante ma su questa questione non esiste grande controversia morale in merito alla sua doverosità. Riassunto struttura del libro. CAP1: mappatura del turismo e filosofia del turismo, cosa significa fare turismo? Differenza tra turista e viaggiatore?; CAP2: delineazione della disciplina dell'etica, che cos' l'etica e quali siano le sue partizioni interne e cos'è l'etica del turismo ed i suoi fondamenti teorici e concettuali; CAP3: approfondimento sulla nozione di responsabilità in relazione al turismo, in che senso il turismo può essere dannoso? In che senso il turismo può essere sbagliato a prescindere dai danni che provoca? È giusto praticare il boicottaggio delle mete turistiche?; CAP4: la sostenibilità, che cosa significa? Perché i beni di interesse turistico dovrebbero essere tutelati? Abbiamo doveri verso le generazioni future?; CAP 5: l'equità, distribuzione equa dei proventi, rapporti di lavoro equi, equità nell'accesso ai bene turistici evitando congestione senza discriminare nessuno; CAP6: differenza culturale e alterità, cosa sbaglia il turista nel suo rapporto con l'alterità culturale? Possiamo accettare forme di turismo etnico? Cosa significa la ricerca dell'autenticità? CAP7: il voyeurismo turistico in relazione al turismo del macabro. Quale distanza temporale e spaziale? La povertà come oggetto di turismo? Il punto di vista morale sulla visita alle tombe e l'uso della macchina fotografica. I. ANALISI FILOSOFICA DEL TURISMO. La filosofia è innanzitutto un'analisi concettuale, ovvero il tentativo di chiarire che cosa davvero significhino le parole di cui ci serviamo, perché per parlare di qualcosa bisogna prima intendersi sul significato delle parole. Fare un'analisi concettuale significa inoltre fare una buona mappa del mondo; quindi chiarire cosa sia il turismo e chi sia il turista, serve sia per intenderci meglio e per poter fare una comunicazione efficace, sia di dare al turismo e al turista una collocazione appropriata nella “costruzione teorica del mondo”. Non ci si limita quindi a catalogare l'uso linguistico, ma ci si muove alla ricerca di quelle proprietà essenziali per circoscrivere l'estensione del termine. Come con Platone che dalla definizione di x parte per sviluppare una teoria su x e sull'ambito di cui x è una parte rilevante. In generale, la filosofia è una disciplina umanistica, vale a dire un'area di indagine all'interno della quale cerchiamo di comprendere il senso che hanno per noi le cose del mondo e le nostre attività intellettuali e in ultima analisi tentiamo di meglio comprendere noi stessi come esseri umani. L'analisi concettuale si integra con l'approccio umanista, quindi essendo il turismo un'attività umana, fare un'analisi filosofica non è altro che il tentativo di restituirci il senso che questa attività ha. TURISMO COME FENOMENO STORICO. Il turismo moderno è praticato dal XX secolo a seguito di evoluzioni economiche, sociali, culturali e tecnologiche. L'etimologia del termine turista è tour-ist, esistenza linguistica attesta al XIX secolo. È un riferimento al Grand Tour, viaggio di formazione che dalla metà del XVI secolo iniziarono a fare i figli maschi della nobiltà inglese, appena l'1%

della popolazione, che aveva i mezzi economici per poter non lavorare per vivere. Tra il XVII e il XVIII secolo questa tradizione si estese ai grandi proprietari terrieri e all'alta borghesia europea. Nel XIX secolo iniziò a riguardare anche rappresentanti del ceto medio (anche americani, che venivano in Europa per riscoprire le radici culturali). Infatti, a metà XIX secolo le industrie inglesi iniziarono a concedere un giorno libero ai propri operai. Il reverendo Thomas Cook, remore della vecchia idea che l'ozio sarebbe il padre dei vizi, iniziò ad organizzare per le famiglie gite fuori città; avviò un'attività che in pochi decenni divenne commerciale e che si diffuse in tutto il mondo. In questo momento storico, stava cambiando il paradigma del viaggio, perché per la prima volta le persone viaggiavano per il gusto di farlo. (avanguardie storiche del turismo di massa della nostra epoca). Vera svolta verso la fine del XIX e l'inizio del XX, quando iniziò un processo che nella seconda metà del XX secolo avrebbe determinato una serie di condizioni (economiche, sociali, tecnologiche e culturali) per cui il turismo poteva essere un'attività alla portata di tutti e di trasformarsi in una vera e propria industria. Disponibilità di mappe più precise in primo luogo e mezzi di trasporto più veloci ed affidabili; inoltre, a cavallo tra le due guerre mondiali, in Europa si diffusero legislazioni che limitavano l'orario di lavoro giornaliero e introducevano un periodo di vacanza annuale retribuito: nacque il tempo libero del leisure, decisivo per lo sviluppo del turismo. Come fu sancito dall'articolo 24 della DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI DELL'UOMO (1948) “ogni individuo ha diritto al riposo e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e di ferie periodiche retribuite”. I tempo sociali e gli aumenti salariali divennero funzionali al turismo, il turismo divenne l'epifania e l'apogeo della società capitalistica del 900: il desiderio nostalgico di liberarsi dalla società andandosene lontano era stato ridisciplinato secondo le regole di quella società da cui si fuggiva e la liberazione dal mondo dell'industria si è stabilita essa stessa come industria. Il turismo è un fenomeno storico che si distingue in quattro epoche: 1. l'epoca del prototurismo, che va dalla Roma antica alla Rivoluzione industriale, in cui fare turismo era appannaggio di élite e non esistevano strutture specializzate; 2. l'epoca del turismo moderno, che inizia verso il 500 e arriva al 900, quando il turismo resta d' élite ma sorgono le prime strutture specializzate; 3. epoca del turismo di massa, essenzialmente nel 900, in cui tutti i ceti sociali hanno accesso al turismo; 4. l'epoca del turismo globale, che si afferma verso la fine del 900 e in cui tutto è già stato scoperto, sicché la differenza tra turisti si gioca su una differenza delle loro esperienze turistiche. Comunque il turismo è nato in una certa fase ma il periodo preciso può essere oggetto di controversia perché non sappiamo individuare il momento storico preciso e perché può essere oggetto di controversia che cosa dobbiamo considerare turismo e quindi su che cosa dobbiamo cercare nella storia; quest'ultima incertezza è filosoficamente interessante perché ci porta alla questione della concettualizzazione del turismo. La questione è una scelta filosofica nel definire i tratti essenziali del fenomeno e quelli meramente accessori o contingenti, ovvero quali distinzioni di natura e quali di grado. La stessa organizzazione mondiale del turismo (OMT) ha fatto una scelta filosofica quando ha elaborato la sua celebre definizione. A pag. 24 del libro si trova la definizione. La definizione indica le 3 condizioni necessarie perché si possa parlare di turismo che sono: la mobilità, il dormire fuori (durata) e uno scopo diverso dall'esercizio di un'attività remunerata. Nessuno di questi requisiti preso singolarmente è condizione sufficiente per individuare il fenomeno. Per quanto riguarda gli scopi, l'OMT ne individua 5 tipi: 1.svago, riposo, vacanza, 2. visita amici e parenti, 3.motivi di affari e professionali, 4.motivi di salute, 5.motivi religiosi. Si potrebbe tuttavia osservare che il turismo degli affetti, d'affari e sanitario si compiono sotto la pressione di un vincolo esterno o di una “costrizione”, laddove il turismo in senso proprio sembra avere a che fare con spostamenti compiuti per diletto. Cosa significa spostarsi per diletto? VUOL DIRE CHE LO SPOSTAMENTO HA VALORE INTRINSECO, ha valore in sé e non strumentale. Si può quindi concludere che fare il turista significa svolgere un esercizio di mobilità motivato da scopi di diletto. Mobilità e diletto, insieme al requisito del pernottamento fuori casa fissano la specificità del fenomeno e lo distinguono. I CASI INCERTI. Il turismo religioso ed il turismo sessuale, sembrano mettere in discussione le conclusioni fin ora raggiunte. Il primo sarebbe turismo e questo è problematico perché farebbe saltare la centralità del diletto, l'altro non lo sarebbe, ma questo imporrebbe di restringere in

maniera arbitraria la categoria del diletto. Si devono adottare due posizioni contrarie. Il turismo religioso, a ben guardare, è una forma di spostamento che contiene elementi di costrittività interna, è quindi una forma di turismo “spuria” perché ci si sposta non per spostarsi ma per rendere onore a Dio. Per quanto riguarda il turismo sessuale in punto della questione è se il diletto che orienta l'attività turistica debba comprendere o meno il sesso. La mobilità motivata dalla ricerca del piacere sessuale è analoga alla mobilità motivata da interessi culturali, artistici, storici, enogastronomici? Secondo l'autore la risposta è affermativa e la nostra resistenza dipende da una valutazione morale negativa. Certo turismo può essere moralmente sbagliato perché persegue il diletto in maniera eticamente biasimevole, ma rimane comunque turismo. La valutazione morale negativa riguarda alcune specifiche modalità di esercizio del turismo sessuale, quelle che, secondo quanto dispone il punto 3 dell'articolo del Codice m. prevedono “lo sfruttamento degli esseri umani in qualsiasi forma, in modo particolare quello sessuale, e specialmente quando si riferisce a bambini”. Illiceità morale ed in certi casi giuridica, che si scontrebbe con gli obiettivi fondamentali del turismo e costringerebbe la negazione dello stesso. Tuttavia così si confondono i piani del discorso. Altre considerazioni concettuali che complicano la definizione canonica, sono ad esempio il fatto che è possibile lavorare mentre si fa turismo (con tablet, smartphone, ecc.), così come è possibile fare turismo mentre si lavora (si pensi a chi è in trasferta); lo scopo dello spostamento inoltre può NON essere turistico, ma durante lo spostamento si può fare i turisti ad intermittenza. LA TURISTOFOBIA E LA DISTINZIONE TRA TURISTA E VIAGGIATORE. La turistofobia ha una duplice accezione: paura dei turisti e paura di esser scambiati per turisti. In entrambi i casi il turista sarebbe il male. C'è uno stigma del turista, che lo vede come l'invasore, l'indiscreto, il corruttore delle vite di forme autoctone, collezionista di ricordi che raccoglie compulsivamente, preferisce i monumenti agli esseri umani, invade e rovina i luoghi che visita, si muove in massa e crede a tutto ciò che gli appare. Tutto questo viene detto da chi si preferisce definire viaggiatore. Se vogliamo azzardare una distinzione di natura tra turista e viaggiatore, possiamo dire che il viaggiatore è quello che non ha un ritorno prestabilito, mentre il turista è quello che fa un percorso circolare (definizione di Cohen). Dal punto di vista empirico, il ritorno è quasi d'obbligo al giorno d'oggi e i viaggiatori sono una sorta di fossili. Quanti si professano viaggiatori cercano casomai di praticare turismo meno standardizzato, ma rimangono turisti perché la loro attività è una parentesi di svago di durata limitata e predefinita. Inoltre, la pervasività dell'industria turistica ha prodotto una crisi d'identità ai pochi viaggiatori rimasti perché questi hanno grazie all'industria sempre più punti in contatto con la carovana dei turisti (per esempio sui voli aerei). Inoltre il viaggiatore genera quel diabolico paradosso per cui per cui egli è colui che facilita l'arrivo della categoria di persone che più di tutti teme, i turisti. II. IL TURISMO COME QUESTIONE ETICA. L'etica ha a che fare con il come dobbiamo agire e dà indicazioni su ciò che va fatto, indipendentemente dal fatto che le azioni o le omissioni possano essere svantaggiose dal punto di sta economico, politico, sociale. L'etica è quindi in primo luogo un ambito dell'agire, ma allo stesso tempo un ambito del discorso filosofico, perché è anche una riflessione teorica finalizzata a individuare, precisare e chiarire quando e perché una condotta possa essere considerata corretta. Esiste una distinzione nell'etica: l'etica pratica risponde a domande del tipo “cosa dobbiamo fare? E come dobbiamo agire?”, mentre la metaetica analizza i concetti che impieghiamo nella riflessione etica, rispondendo a domande del tipo “che cos'è l'etica? Che natura hanno i giudizi morali?”. Nella metaetica si decide sulla base di cosa qualcosa è giusta o sbagliata. Le due aree di riflessione chiamano in causa due tipi di competenze diverse. Nell'ambito dell'etica pratica, appartengono l'etica normativa, e l'etica applicata. La prima è prescrittiva, detta i criteri morali dell'azione, riguarda l'individuazione dei principi dell'agire morale e l'elaborazione di teorie etiche in grado di offrire criteri di comportamento alle persone. La seconda concerne la definizione di procedure e conclusioni normative in questioni morali concrete, tipo la guerra giusta, l'interruzione dei trattamenti medici salvavita, l'esposizione di simboli religiosi negli spazi pubblici. L'etica applicata ha carattere principalmente teorico e dipende dall'etica normativa a cui aderisce. Nella sua

dimensione normativa o applicata, la riflessione etica è innanzitutto una richiesta di giustificazione, ovvero di offerta di ragioni a sostegno di certi criteri di scelta tra diverse linee d'azione. La giustificazione non equivale alla motivazione a compiere l'azione. La prima spiega perché un'azione debba essere compiuta e la seconda spiega perché una motivazione moralmente giusta venga compita e cosa spinge le persone a compierla (vedi esempio biglietto bus). La giustificazione è una tecnica argomentativa e come tale non fornisce lo stesso grado di certezza che assicurano invece le dimostrazioni matematiche o gli esperimenti scientifici. Quindi nella riflessione etica è possibile scivolare nel dilemma, in quanto ci possono essere ragioni pro e contro, nessuna di essere decisive in un senso o nell'altro. L'etica inoltre può riguardare la sfera individuale (criteri dell'azione corretta validi per il comportamento degli individui) e la sfera pubblica (delle istituzioni e della vita associata). Possono essere generali e di ruolo. Alle etiche di ruolo appartengono le morali professionali, che si traducono spesso in codici deontologici, l'insieme delle regole di autodisciplina la cui violazione è giudicata da organi interni alla professione. L'etica è un fenomeno intersoggettivo, le cui coordinate generali sono definite da quello che possiamo chiamare il codice morale di una società, ovvero l'insieme di regole morali comunemente accettate all'interno di un dato contesto e la deviazioni dalle quali è solitamente oggetto di biasimo. I codici morali variano a seconda dei tempi e dei luoghi ma accanto alle differenze ci possono essere elementi di continuità. I codici morali non sono formalizzati nello stesso senso in cui lo sono, per esempio, il codice civile e penale. La differenza che intercorre tra diritto e morale è che non esiste un'autorità morale che possa creare una norma morale o che possa abrogarla. La produzione delle regole morali non segue il percorso che è invece proprio della produzione delle regole giuridiche. Diverso è anche il tipo di sanzione: una sanzione giuridica è una misura afflittiva irrogata dall'apparato coercitivo dello Stato, mentre nella morale il comportamento illecito è invece oggetto di biasimo o di critica. La diversa natura di diritto e morale genera la distinzione tra ciò che è morale e ciò che è legale. Esiste tuttavia un nesso di carattere storico-empirico tra diritto e morale. Prendendo come esempio il dilemma del carrello impazzito, si può dire che le questioni morali non sempre hanno una soluzione ovvia e, anche quando sembra che una soluzione lo sia, possono essere ideati nuovi argomenti che la mettono in discussione. Inoltre, esistono due tipi di teorie etiche, le etiche consequenzialiste e le etiche deontologiche. Le prime affermano che la valutazione morale delle azioni deve avvenire sulla base della bontà delle conseguenze che producono, le seconde invece si riferiscono a principi e quindi ritengono che non sia la natura delle conseguenze di un'azione a definirne la correttezza morale. Variante dell'etica consequenzialista è l'utilitarismo, in base al quale le azioni umane vanno giudicate sulla base dell'utilità che producono. Una variante di etica deontologica/dei principi, pone al centro della valutazione morale l'idea di diritti individuali e così immaginare quale alternativa un'etica dei diritti. Tutto ciò fa capire come i conflitti morali dipendano in ultima analisi dal fatto che esiste una “frammentazione del valore” tale per cui si genera una pluralità di fattori che costituiscono FONTI DEL VALORE: l'agire umano può essere valutato sulla base delle conseguenze, oppure dei diritti, oppure degli obblighi particolari, oppure del carattere, dell'intenzione, oppure degli impegni personali. Dare prevalenza a uno di questi fattore può a volte significare di doverne sacrificare un altro. Al momento in cui c'è disaccordo su quale di essi privilegiare, il disaccordo morale sembra un esito probabile. Si aggiunga poi l'elemento del pluralismo dei valori. Quindi non c'è solo la divergenza sulle fonti del valore, ma anche sullo specifico contenuto di valore che ognuno di noi ritiene di dover privilegiare. L'ETICA DEL TURISMO E IL SUO CODICE. L'etica del turismo è un'etica di ambito: non ha autonomia disciplinare ma questo non significa che non abbia dignità per essere oggetto di una riflessione etica autonoma almeno in parte svincolata dalla riflessione etica più generale. Questa ambivalenza dell'etica del turismo dipende dal fatto che alcuni dei problemi tipici dell'etica del turismo sono declinazioni in ambito turistico di problemi che si ritrovano anche in altri ambiti. Si parla di etica ambientale quando si parla di sostenibilità turistica e si parla di morale legata all'equità degli scambi commerciali quando si parla dell'iniquità dei rapporti economici; in questo caso, si ricade sotto due problemi generali: la giustizia distributiva (relativa alla distribuzione delle risorse) e la giustizia commutativa (relativa allo scambio in sé considerato). L'etica del turismo è

dotata di un codice di riferimento adottato nel 99 dall'Organizzazione mondiale del turismo, il Codice mondiale di etica del turismo. La OMT è un'agenzia specializzata delle Nazioni Unite alla quale dal 2016 partecipano 157 Stati membri e più di 480 membri affiliati in rappresentanza del settore privato, del turismo scolastico ed educativo e le istituzioni locali di promozione turistica. Si tratta di un documento soft law, che non vincola gli Stati membri bensì li raccomanda. L'unico effetto giuridico è “l'effetto liceit...


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