Geografia del turismo 2019 PDF

Title Geografia del turismo 2019
Author karolina stoyanova
Course GEOGRAFIA DEL TURISMO
Institution Università degli Studi di Cagliari
Pages 33
File Size 1.1 MB
File Type PDF
Total Downloads 70
Total Views 149

Summary

Download Geografia del turismo 2019 PDF


Description

Capitolo 2: Turismo e Territorio (Teresa Amodio) Il capitolo ha lo scopo di introdurre il lettore allo studio delle relazioni che legano il fenomeno turistico, nelle sue più complesse manifestazioni, al territorio che ne rappresenta la risorsa di base e l’ambito di destinazione delle attività. Per meglio chiarire la centralità del territorio rispetto allo sviluppo del turismo il testo fa riferimento ai modelli teorici elaborati dai geografi al fine di tracciare assiomi generalizzanti relativi alle modalità con cui il fenomeno stesso si localizza a si distribuisce alle diverse scale. Seguono alcune riflessioni che intendono sottolineare i cambiamenti funzionali ed organizzativi avvenuti più recentemente, nella gestione del turismo, con conseguenti ripercussioni, evidentemente, anche sull’assetto spaziale che ne deriva, determinando una nuova e più articolata dimensione geografica dello sviluppo turistico. L fenomeno, nelle sue espressioni più recenti, ha generato una variegata gamma di fruizioni turistiche e, quindi, una differenziazione dell’utilizzo del territorio e la identificazione di nuovi spazi turistici. Con l’evolversi degli assetti organizzativi devono confrontarsi quindi i nuovi modelli interpretativi. Infine il rapporto turismo-territorio è affrontato sottolineando l’esigenza di una forte sensibilità verso i principi della sostenibilità che oltre ad essere valori imprescindibili per le più varie attività umane, sono anche sanciti in molti “documenti” ufficiali europei e internazionali. 2.1 Gli spazi del turismo: modelli1 organizzativo-territoriali Lo sviluppo del settore turistico su scala globale e la rilevanza delle implicazioni di carattere territoriale che, tra le altre, ne derivano hanno reso il turismo una tematica di studio ormai consolidata nelle ricerche e nella letteratura geografica. Tuttavia, guardando alla produzione scientifica bisogna attendere gli anni ’60 per trovare nella pubblicistica geografica una presenza significativa di contributi su temi turistici. Il carattere frammentario e quasi episodico sull’argomento ha portato, per il passato, al prevalere di impostazioni descrittive nonché ideografiche che hanno prodotto numerose monografie, approfondimenti tipologici, studi su destinazioni o regioni particolari, sui movimenti turistici. Solo più tardi si è assistito ad un allargamento delle attenzioni alle ricadute territoriali del fenomeno con lavori sull’impatto ambientale e socio-culturale. Per alcuni anni, gli studi geografici sul turismo sono stati fortemente influenzati dalle differenti scuole di pensiero della geografia tradizionale. Durante il periodo del determinismo ambientale (XVIII secolo), era più difficile parlare di geografia del turismo perché la concezione di un uomo fortemente condizionato dall’ambiente non lasciava spazio ad analisi geografiche sull’attività umana. Mentre con il possibilismo geografico (XIX secolo) si apre qualche riflessione sul tema anche se, nonostante l’uomo abbia acquisito capacità di reazione rispetto all’ambiente, e le attività umane incominciano ad interessare i geografi del tempo, il fenomeno è analizzato prevalentemente come circolazione delle merci (geografia commerciale), e quindi come rapporto tra luoghi di origine dei prodotti e mercati di consumo. Ma è a partire gli anni ’30 grazie al contributo del Toschi che si determina in Italia, la nascita di una Geografia del Turismo. Dagli anni ’60, inoltre, i geografi promuovono la diffusione di un certo numero di modelli spaziali del turismo, la maggior parte dei quali basati sulla sequenza origine-destinazione (origin-linkagedestination system).

1

Un modello è una strutturazione semplificata e formalizzata (non necessariamente in termini matematici) di alcuni o di tutti gli elementi e le relazioni contenute in una teoria (insieme degli assiomi, dei teoremi e dei termini impiegati per rappresentare un insieme di fenomeni relazioni verticali, relazioni orizzontali e organizzazione territoriale).

1

In Italia, si deve, sempre al Toschi (1948), uno dei primi a proporre uno schema interpretativo del fenomeno turistico, un modello sulla configurazione spaziale del turismo che opera un distinguo tra regioni di partenza (attive), di arrivo (passive) e di transito (fig1). Secondo Spinelli (2001), il Toschi2 ricondusse il turismo ad una articolata fenomenologia della circolazione di persone, beni, capitali ed informazioni che coinvolgono la “stazione” turistica (fig.1). Preferì quindi, nella sua elaborazione nomotetica3 , far riferimento al luogo anziché alla regione, ma questa scelta appare irrilevante rispetto ai risultati ottenuti nella sua sistematizzazione. La costruzione teorica elaborata, condotta per una necessaria generalizzazione della miriade di singoli casi indagati dai geografi, aveva il proprio retroterra in una stratificazione di conoscenze e riflessioni pregresse che lo avevano condotto a proporre una regionalizzazione turistica dell’Italia, già in occasione del XVII Congresso Geografico Italiano (Toschi, 1957). Fig.1 - Schema dei movimenti di un centro turistico

Fonte: U. Toschi, 1959, p. 373

Qualche anno più tardi si arriva ad una produzione di modelli, soprattutto di matrice anglosassone, che tentano una lettura formalizzata di alcuni aspetti della spazialità turistica. Nel 1967, Campbell propone un modello (fig.2) che si riferisce ai viaggi per ricreazione e vacanze e distingue gli spostamenti di chi abita in città in 3 tipi: 1. quelli per motivi di ricreazione, per cui intorno alla città si identificano varie località ricreative disperse; 2. quelli per motivi di vacanza/ricreazione, per cui la meta dei cittadini è rappresentata da un centro di ricreazione dal quale essi possono recarsi in luoghi di ricreazioni minori situati nell’intorno e fra loro integrati tanto formare un complesso regionale di ricreazione-vacanza; 3. quelli per motivo di vacanza, che interessano vari tipi di mete, fra cui centri isolati o allineati, talvolta ubicati su strade veloci (in questo caso, parliamo di regioni con servizi per le vacanze). 2

Tratto La nomotetica si riferisce allo studio delle regolarità, mentre l’impostazione idiografica attiene allo studio della specificità.

3

2

Fig.2 – Modello di Campbell

Fonte: C.K. Campbell, 1967

Il modello di Lundgren, degli anni’80, indica 4 tipi di mete raggiungibili dai turisti e distinte in base alla loro posizione geografica e politico-economica (fig.3): 1. le aree metropolitane, integrate nelle reti di trasporto internazionali, che si scambiano considerevoli flussi di turisti; 2. le periferie delle aree metropolitane (suburbi), che pure sono interessate da scambi di turisti (in parte provenienti dalle stesse aree metropolitane) e che, per la loro limitata popolosità, vedono prevalere gli afflussi sui deflussi; 3. le aree rurali, visitate dai turisti dopo aver visitato le aree metropolitane ed i suburbi, oppure direttamente; 4. gli ambienti naturali, lontani rispetto ai centri di irradiazione del turismo. Ne costituiscono un esempio i parchi naturali raggiungibili mediante trasporti di superficie, ma anche le regioni esotiche accessibili per via aerea. Fig.3 - Modelo di Lundgren

3

Fonte: J.O.J Lundgren, 1984

Il modello di Thurot, 1973, descrive i rapporti tra domanda e offerta turistica e fra turismo interno e turismo internazionale. La maggior parte della domanda generata dal Paese A è soddisfatta in parte al suo interno e in parte dai Paesi B e C (quest’ultimo è un PVS). Allo stesso modo, la parte della domanda generata dal Paese B e non soddisfatta internamente, si rivolge agli altri due Paesi. Solo il Paese C, per il modesto livello della sua economia, soddisfa tutta la sua domanda internamente (fig.4). Fig.4 - Rappresentazione schematica dell’offerta e della domanda per turismo interno (nastro nero) e turismo internazionale (nastro bianco e nastro tratteggiato)

Fonte: J.NI Thurot, 1980

Ma i modelli che forse hanno conosciuto in questi ultimi decenni un maggiore riconoscimento dalla letteratura turistica, nel senso che sono stati i più utilizzati come riferimento teorico anche da altri autori sono quelli di Plug, Miossec e Butler. Il modello psicografico di Plog del 1974 (Cfr. Minca, 1996), basato sull’analisi dei parametri della tipologia dei turisti che popolano una destinazione in una determinata epoca, analizza la personalità del turista, individuandone tre maggiori tipologie. Secondo Plog, infatti, la popolazione turistica si può distribuire statisticamente lungo una curva gaussiana a seconda delle aree di destinazione. Ad un estremo si situano i turisti “psicocentrici” (inibiti, privi di senso dell’avventura, che prediligono luoghi vicini e familiari, amanti delle guide e dei pacchetti turistici); all’estremo opposto gli “allocentrici” (amanti delle destinazioni poco turistiche, viaggi indipendenti e avventurosi). La maggior parte dei turisti si colloca nel mezzo: i “mediocentrici”, che si spostano gradatamente verso le zone già esplorate dagli allocentrici, ma non danno mai inizio per primi a viaggi inusuali (fig.5). Secondo questa interpretazione, dunque, lo sviluppo e la maturità di una destinazione sono valutabili sulla base della popolazione turistica che ospita. La presenza di allocentrici, è sintomo di scarso sviluppo e corrisponde approssimativamente alla fase della scoperta o al più del coinvolgimento. Man mano che aumenta la quota dei mediocentrici si assiste invece all’apertura e all’invasione del turismo di massa, mentre la comparsa dei primi psicocentrici potrebbe segnalare una certa stanchezza in termini di immagine e il consolidamento dell’offerta di una destinazione sul mercato turistico. Infine, quando i mediocentrici sostituiscono quote fortemente psicocentriche, è prevedibile un prossimo declino o, come si assiste nella realtà, una caduta in termini qualitativi con il relativo declassamento della destinazione. 4

Fig.5 – Modello psicografico

Fonte: S.C Plog., 1973

Il modello dinamico di Miossec (1977) spiega l’evoluzione strutturale di una regione turistica attraverso il tempo e lo spazio, includendovi l’analisi dell’impatto sul territorio. In particolare, il contributo di Miossec propone una regionalizzazione turistica, per stadi di sviluppo4, avvalendosi di una eccellente sintesi corografica. Il processo di regionalizzazione turistica, per stadi sviluppo, è orientato dall’interazione dei comportamenti dei turisti e dei residenti, nelle loro proiezioni territoriali, cui sottendono i gestori dell’offerta turistica e gli enti pubblici o privati preposti (Comuni, Province, Regioni, Consorzi, Associazioni di categoria ecc.) in un classico intreccio tra marketing privato e marketing pubblico. Il suo ragionamento analizza i meccanismi di progressiva conquista del territorio da parte del turismo e la strutturazione che ne deriva, nonché l’evoluzione delle percezioni che se ne ha. In particolare, le stazioni turistiche, in base alla provenienza dei turisti, sono divise in stazioni internazionali e stazioni locali. Ciascuna attraversa diverse fasi (fig.6): - nella fase 0, preturistica, non si rivela la presenza di alcuna stazione turistica: la domanda turistica non conosce questo territorio e non se ne interessa; - nella fase 1, tipica della stazione pioniera, il territorio esce lentamente dall’isolamento grazie alla formazione di una prima stazione; - nella fase 2, in cui le iniziative si moltiplicano, i collegamenti tra le stazioni sorte si intensificano e la popolazione e le amministrazioni locali cominciano a rendersi conto dell’importanza del turismo; - nella fase3, caratterizzata dalla organizzazione degli spazi, cominciano a delinearsi fenomeni di gerarchizzazione e specializzazione degli spazi; - nella fase 4, di specializzazione, le stazioni si specializzano e tendono al turismo totale, controllato in alcuni casi dagli aménagement (piani di tutela ecologica). Al culmine dell’evoluzione della regione turistica segue, anche secondo Miossec, una saturazione: la congestione delle comunicazioni e delle infrastrutture portano al preludio di una crisi con fenomeni di rigetto da parte della comunità locale e di alcune categorie di turisti destinati ad emigrare verso nuovi spazi. È prevista anche una fase in cui una destinazione, di fronte ai primi sintomi di una crisi, decida di intraprendere una politica volta al recupero della regione attraverso una riqualificazione ambientale o con altri interventi di geografia volontaria che introducano 4

In tal senso, suggestiva ed appropriata è l’analisi stadiale-funzionale che il Biagini (1990, pp. 127-136) ha proposto per la Riviera romagnola.

5

modelli sostitutivi, cioè la creazione di nuove forme di turismo. Spicca un certo parallelismo con le politiche di ringiovanimento menzionate da Butler anche se nel Miossec si evidenzia una specificità di conversione che comprende le risorse tradizionali, quali il mare, la spiaggia, lo sport, al recupero dei valori culturali e autentici del territorio. Fondamentale in questo modello è la componente percettiva che finisce per giocare un ruolo sempre maggiore nel destino di una stazione o di un’area turistica. In questo periodo, infatti, si affermano le ipotesi dei geografi della percezione secondo i quali rispetto al concetto di regione come realtà tangibile, oggettivamente riscontrabile nella realtà geografica, si afferma l’idea di regione come “entità geografica percepita”, che dipende dalla percezione che gli individui hanno della stessa. Nel lungo periodo, la percezione del territorio e la relativa immagine (Miossec 1977), finiscono, quindi, per influenzare l’organizzazione spaziale della regione e la sua delimitazione territoriale, nel senso che gli interventi di pianificazione degli spazi regionali devono necessariamente collegarsi all’immagine collettiva del contesto stesso. Fig.6 - La regionalizzazione turistica secondo un modello dinamico dello spazio turistico

Fonte: J.M Miossec., 1977, p. 47, traduz. Muscarà, 1983, p. 29

Il modello de ciclo di vita di una destinazione turistica (“life cycle model”) di Butler(1980) prevede diverse fasi evolutive, ciascuna caratterizzata da un diverso andamento della domanda,

6

specifiche configurazioni dell’offerta, diversi assetti territoriali e specifiche problematiche di sviluppo (fig.7). Le fasi riguardano: 1) l’esplorazione (della futura località turistica, caratterizzata dalla presenza di pochi turisti a causa della difficile accessibilità e della scarsa ricettività), caratterizzata dall’arrivo di un modesto numero di turisti, definibili “pionieri” che entrano in contatto con la comunità locale; non si può ancora parlare di turismo per via della mancanza di ogni forma di organizzazione dell’offerta; 2) il coinvolgimento (inizio dell’insediamento, durante il quale comincia a delinearsi un’area di mercato e gli enti pubblici iniziano a realizzare infrastrutture), in cui la popolazione autoctona inizia a intravedere le potenzialità economiche del turismo e sviluppa così le prime forme di organizzazione dell’offerta, seppure rudimentali; 3) lo sviluppo in cui allo sfruttamento massimo delle risorse originarie si affianca il sempre più pesante impatto territoriale: inizia il turismo di massa. In questa fase il paesaggio storico-naturale viene sostituito dal moderno paesaggio urbano e diventa notevole anche l’afflusso di capitali stranieri; 4) il consolidamento (caratterizzato dall’entrata nella zona critica per la carrying capacity), fase durante la quale il numero degli arrivi continua ad aumentare ma ad un tasso inferiore rispetto al passato e il turismo tende ad affermarsi come attività economica principale della destinazione, se non addirittura esclusiva. È frequente il divorzio tra il turismo, la sua organizzazione e l’ambiente circostante, soprattutto nelle sue manifestazioni pre-turistiche. Compaiono i primi sintomi degenerativi e l’eccessiva pressione sull’ambiente viene sempre più avvertita, mentre la riduzione del tasso di crescita stimola l’adozione di incentivi per il prolungamento della stagione turistica. Si manifestano così le prime forme di opposizione nei confronti del turismo e delle sue ricadute da parte della popolazione locale e, al contempo la congestione e il degrado ambientale tendono ad allontanare i segmenti più pregiati della domanda. Si crea una gerarchizzazione degli spazi turistici con dei veri e propri distretti turistici (recreational business district). Fig.7 - Il ciclo di vita di una destinazione turistica

Fonte: riadattato da R.W. Butler, 1980

A questo punto si può assistere a diverse evoluzioni. Con la fase della stagnazione il numero degli arrivi tocca il suo massimo e comincia una lenta diminuzione; la composizione della domanda registra una diminuzione qualitativa a fronte di un 7

progressivo incremento del turismo di massa organizzato. È il momento in cui l’eccessiva pressione turistica conduce al superamento delle varie soglie imposte dalla capacità di carico di una località turistica. S’insinua così la fase del declino che sancisce la perdita di competitività della destinazione rispetto alle nuove aree di attrazione turistica; il numero degli arrivi decresce continuamente e il tenore qualitativo dell’offerta si abbassa drasticamente. Questo declino potrebbe proseguire fino all’uscita definitiva della destinazione dal mercato turistico, anche se è probabile che le autorità locali in vista di questo grigio panorama cerchino di rivitalizzare l’offerta e l’immagine della destinazione con una serie di interventi volti al ringiovanimento. Può verificarsi un eventuale recupero, a carattere temporaneo o permanente, generalmente perseguito attraverso la creazione di attrattive complementari di natura artificiale come casinò, parchi acquatici, strutture sportive, oppure con la valorizzazione di risorse fino al quel momento trascurate. Qualche anno più tardi, Lozato Giotard (1988) propone una classificazione tipologica delle forme spaziali, sulla base di due criteri di fondo: 1. la distribuzione territoriale delle risorse turistiche (caratterizzata da due estremi che coincidono, da un lato, con la forte polarizzazione con funzioni concentrate in una località centrale e, dall’altro, con la elevata diffusione in cui le funzioni turistiche risultano disperse); 2. l’orientamento strategico del sistema dell’offerta in cui vi è una classificazione delle regioni turistiche in funzione della caratterizzazione tipologica dell’offerta, del livello di specializzazione dello spazio locale (forte specializzazione o diversificazione dei fattori di attrazione). Inoltre, lo schema individua diverse tipologie di spazi turistici partendo proprio da alcuni criteri di natura squisitamente geografica come l’intensità dei flussi turistici, la localizzazione delle attività turistiche e la condivisione dello spazio con le altre attività economiche, le forme spaziali dei diversi insediamenti turistici e il loro impatto sull'ambiente locale . Valutando i diversi elementi si possono distinguere almeno tre diversi tipi di spazi turistici: 1. specializzati o polivalenti, in base al numero delle attività che si svolgono e quindi all'importanza del turismo nella realtà locale; 2. mononucleari o polinucleari, in base al numero degli insediamenti o delle localizzazioni turistiche; 3. polarizzati o multipolari se nella località esistono una o più attrazioni di tipo diverso (fig.8). Se negli spazi polivalenti si ritrovano varie attività, turistiche e non turistiche, ciò avviene molto raramente negli spazi turistici specializzati, dove tutto è strutturato e organizzato da e per il turismo. Quando in una località turistica mancano altre attività complementari, si parla di monocultura. La consistenza dell'attività turistica con altre funzioni per gli effetti indotti che ne derivano torna a vantaggio sia del settore turistico che dell'intera economia locale. Località del tipo specializzato mononucleari e unipolari sono molte delle piccole stazioni balneari che si incontrano lungo le coste del Mediterraneo. Tra i centri specializzati con una struttura polinucleare e multipolare troviamo alcune delle più f...


Similar Free PDFs