Echi di iconografie ovidiane nel repertorio musivo medio e tardo-imperiale PDF

Title Echi di iconografie ovidiane nel repertorio musivo medio e tardo-imperiale
Author Isabella Colpo
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FRANCESCA GHEDINI – ISABELLA COLPO – GIULIA SALVO ECHI DI ICONOGRAFIE OVIDIANE NEL REPERTORIO MUSIVO MEDIO E TARDO IMPERIALE Parola e immagine; immagine e parola; parola che si fa immagine… Non c’è studioso di storia dell’arte, antica o moderna, che non sia rima- sto coinvolto, che non si sia emozio...


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FRANCESCA GHEDINI – ISABELLA COLPO – GIULIA SALVO

ECHI DI ICONOGRAFIE OVIDIANE NEL REPERTORIO MUSIVO MEDIO E TARDO IMPERIALE

Parola e immagine; immagine e parola; parola che si fa immagine… Non c’è studioso di storia dell’arte, antica o moderna, che non sia rimasto coinvolto, che non si sia emozionato, penetrando in quel magico mondo di miti e personaggi, che si dispiegano nel lungo poema dedicato alla metamorfosi, che ha impegnato il poeta di Sulmona negli anni che precedettero il suo inesorabile esilio nella lontana Tomi. I musicali versi risuonano infatti nella mente del lettore e variamente si animano, traducendosi in composizioni che trovano sostanza e concretezza nella cultura figurativa di ciascuno. Si tratta di un fenomeno quasi unico nella tradizione letteraria antica, che pure si è spesso cimentata con la descrizione dell’opera d’arte in quella produzione ecfrastica che da tempo immemorabile è oggetto dell’attenzione di eruditi e studiosi, che hanno cercato di interpretarne il senso e il possibile legame con manufatti di pregio realmente esistenti1. Ma Luciano, i due Filostrati, Callistrato2 e prima di loro Omero3, lo pseudo Esiodo4, Teocrito5, Virgilio6 ecc., appartengono a un orizzonte di1 La bibl. sull’ekphrasis è amplissima; qui ci limitiamo a citare L. FAEDO, s.v. Ekphrasis, in EAA 2 Suppl. (1994), pp. 432-434, con precedente bibl.; ulteriore bibl. in L. ABBONDANZA, Filostrato maggiore. Immagini, Torino 2008, pp. 5-10. 2 Su Luciano, v. S. MAFFEI, Luciano di Samosata. Descrizioni di opere d’arte, Torino 1994; su Filostrato Maggiore, ABBONDANZA (op. cit. nota 1); su Filostrato Minore, F. GHEDINI, I. COLPO, M. NOVELLO (ed.), Le Immagini di Filostrato Minore (Quaderni di Antenor 3), Roma 2004; su Callistrato, B. BAEBLER, H. G. NESSELRATH, Ars et Verba. Die Kunstbeschreibungen des Kallistratos, Leipzig 2006. 3 Il. 17, 478-608 (scudo di Achille). 4 Aspis (scudo di Eracle). 5 Id. 15, 78-86 (tessuti ricamati con le immagini di Adone). 6 Aen. 7, 789-792 (scudo di Turno); Ibidem 8, 625-731 (scudo di Enea); Ibidem 1, 466-493 (porte di Cartagine) ecc.

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verso: le immagini che essi creano con l’arte del loro dire sono presentate come manufatti di pregio realmente esistenti, uscite dalle capaci mani di un cesellatore, di un incisore, di un tessitore, di un pittore, di uno scultore; manufatti di pregio che i narratori intendono ricreare per i loro uditori/ lettori, ingaggiando una sorta di competizione fra l’arte della parola e l’opera d’arte. Ovidio invece, salvo che in pochi passaggi del suo lungo canto7, non si pone come obiettivo la descrizione di un oggetto reale; e tuttavia la sua parola, animandosi di concretezza, si fa immagine mentale ed evoca quel patrimonio figurativo, di cui il poeta era fortemente permeato e che lo studioso moderno deve invece pazientemente ricostruire, interrogando la produzione non solo antecedente o coeva all’estensione delle Metamorfosi ma anche ad esse posteriore. Una conferma dell’indissolubile rapporto che unisce l’immaginario ovidiano alle arti figurative ci viene dalla constatazione che il poema del cambiamento divenne una delle più ricche fonti di ispirazione per la grande pittura rinascimentale8, al punto che proprio tale successo fu all’origine di un fraintendimento circa una sua possibile influenza anche sulle raffigurazioni antiche, influenza che, come ora vedremo, risulta troppo spesso sopravvalutata9. Per cercare di definire e comprendere il legame che unisce le Metamorfosi al mondo delle immagini del suo tempo è nato il progetto MetaMArS (Le Metamorfosi di Ovidio: mito, arte, società), volto ad indagare da un lato le modalità con cui i due repertori (letterario ed iconografico) si intrecciano ed influenzano reciprocamente, e a cercare di definire dall’altro le motivazioni della fortuna di determinati soggetti nell’immaginario antico e dell’oblio che colse invece altri, non meno funzionali, almeno nella prospettiva del lettore moderno, ad essere usati come veicoli di messaggi di autorappresentazione10. Il progetto si è fino ad oggi confrontato con quel grande serbatoio di 7 Rientrano nel genere ecfrastico la descrizione delle porte del palazzo del Sole (met. 2, 1-19), delle splendide tele tessute da Aracne e Minerva (met. 6, 70-128), del cratere sbalzato opera di Alcon (met. 13, 681-701) ecc. 8 Una rassegna di testi sulla fortuna di Ovidio in età post classica è in A. BARCHIESI, Introduzione, in A. BARCHIESI, L. KOCH (ed.), Ovidio. Metamorfosi, I, Milano 2005, pp. CXLIX-CLXXIV; per una rassegna di immagini cfr. ICONOS: http//www.iconos.it, in via di completamento. 9 V. ad esempio M. BETTINI, E. PELLIZER, Il mito di Narciso. Immagini e racconti dalla Grecia a oggi, Torino 2003, p. 95; sul problema F. GHEDINI, MetaMArS. Mito, arte, società nelle Metamorfosi di Ovidio. Un progetto di ricerca, in Eidola. International Journal of Classical Art History 5 (2008), p. 49. 10 Per una più ampia presentazione del progetto v. GHEDINI (op. cit. nota 9), pp. 4764.

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immagini che è la pittura pompeiana11, che per la consistenza della documentazione e la vicinanza cronologica alla edizione del poema era ovvio costituisse la prima fonte della nostra riflessione. I risultati fino ad oggi conseguiti ci sono sembrati stimolanti anche perché decisamente non in linea con la vulgata, in quanto documentano un forte scarto fra immaginario poetico e produzione figurativa12. Abbiamo quindi ritenuto utile ampliare il raggio della nostra indagine e ci siamo volti al repertorio glittico che, per la sintesi imposta dal ridotto spazio a disposizione, costringeva l’incisore nella maggior parte dei casi, a rinunciare all’aspetto narrativo in favore di quello iconico e a selezionare gli elementi semanticamente forti, costituendo pertanto un osservatorio privilegiato per valutare la fortuna di soggetti e schemi13. 11 Ad oggi abbiamo analizzato una decina di miti: Ciparisso (F. GHEDINI, I. COLPO, Schema e schema iconografico: il caso di Ciparisso nel repertorio pompeiano, in Eidola. International Journal of Classical Art History 4 (2007), pp. 49-71); Narciso (I. COLPO, Il mondo degli specchi e delle illusioni: immagini del canto di Narciso, in I. COLPO, G. L. GRASSIGLI, F. MINOTTI (ed.), Le ragioni di una scelta. Discutendo attorno alle immagini di Narciso a Pompei, in Eidola. International Journal of Classical Art History 4 (2007), pp. 73-79); Apollo e Dafne (F. GHEDINI, Ovidio e la cultura figurativa coeva: Apollo e Dafne, in Tracce dei luoghi. Tracce della storia. L’Editore che inseguiva la bellezza. Scritti in onore di Franco Cosimo Panini, Roma 2008, pp. 357-377); Pan e Syrinx (F. GHEDINI, Ninfe braccate: il mito di Syrinx nelle Metamorfosi di Ovidio, in Studi in onore di Loredana Capuis, c.d.s.); Callisto (I. COLPO, Ninfe violate: il mito di Callisto nelle Metamorfosi di Ovidio, in Studi in onore di Loredana Capuis, c.d.s.); Dedalo e Icaro (I. COLPO, Temi ovidiani nel repertorio glittico: Dedalo e le ali di Icaro, in G. SENA CHIESA, E. GAGETTI (ed.), Aquileia e la glittica di età ellenistica e romana, Atti del Convegno, Aquileia, 19-20 giugno 2008, Trieste 2009, pp. 183-194); Apollo e Marsia (G. SALVO, Ovidio come specchio della cultura figurativa di età augustea. Miti di hybris punita: Marsia, in Eidola. International Journal of Classical Art History 5 (2008), pp. 83-112); Niobe (G. SALVO, Ovidio e la cultura figurativa di età augustea: il mito di Niobe tra arte e letteratura, in Eidola. International Journal of Classical Art History 6 (2009) c.d.s.); Io (GHEDINI (op. cit. nota 9), pp. 47-64), a cui si può aggiungere il pionieristico studio di I. BALDASSARRE, Piramo e Thisbe: dal mito all’immagine, in L’art décoratif à Rome à la fin de la République et au début du Principat, Rome 1981, pp. 337-351, dedicato appunto a Piramo e Tisbe. 12 Un esempio illuminante ci è offerto da un campione tematico particolarmente rappresentativo della società coeva al poeta, i miti d’amore: delle circa 35 favole trattate da Ovidio solo una dozzina trovano traduzione figurativa, con una percentuale che si aggira intorno al 30%, percentuale che si riduce a meno della metà se dall’esame dei soggetti si passa a quello per temi e schemi: GHEDINI (op. cit. nota 9), p. 49. 13 Per la recezione di temi ovidiani nel repertorio glittico v. F. GHEDINI, Temi ovidiani nel repertorio glittico: il ruolo di Eros nel mito di Apollo e Dafne, in G. SENA CHIESA, E. GAGETTI (ed.), Aquileia e la glittica di età ellenistica e romana, Atti del Convegno, Aquileia, 19-20 giugno 2008, Trieste 2009, pp. 171-182; COLPO (Temi op. cit. nota 11), pp. 183-194; M. SALVADORI, Il centauro nella glittica: tra razionalità e violenza, in G. SENA

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In questa prospettiva di allargamento dell’orizzonte, anche cronologico, non poteva mancare la produzione musiva, che ci ha preservato, grazie anche alla durevolezza del supporto, un repertorio assai ricco e diversificato, in cui possiamo reperire schemi e composizioni creati spesso in età precedente e per noi perduti a causa del naufragio di tanta parte dell’arte figurativa antica14. La via che intendiamo percorrere è dunque quella dell’analisi a tutto campo, utilizzando come metodo quello testato per la produzione pittorica15; ma è evidente che un assunto così impegnativo non può essere esaurito nel corso di questa breve nota in cui, sperando di fare cosa gradita all’amico Federico Guidobaldi, ci limiteremo a proporre alcuni spunti di riflessione su quei soggetti che ci sono sembrati particolarmente significativi16, rimandando l’analisi a più ampio raggio a futuri approfondimenti, che svilupperemo nel corso del prossimo triennio, che sarà dedicato a questa ricerca, sostenuta da un finanziamento della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. Alla fine della nostra indagine, che comprenderà ovviamente anche il repertorio funerario, che nei sarcofagi conserva una documentazione di scene mitiche ed epiche amplissima e spesso ricercata17, ci auguriamo che il quadro delle tangenze fra il testo di Ovidio e la tradizione figurativa antica possa risultare più organico e definito di quanto sia oggi, e possa divenire modello di riferimento per un più generale approccio alla problematica del rapporto fra testi e immagini. CONSIDERAZIONI

DI METODO

Tenuto conto che il mosaico per le sue caratteristiche di arte bidimensionale narrativa e policroma può più facilmente di altre classi di materiali essere assimilato alla produzione pittorica, dalla quale, in taluni casi, CHIESA, E. GAGETTI (ed.), Aquileia e la glittica di età ellenistica e romana, Atti del Convegno, Aquileia, 19-20 giugno 2008, Trieste 2009, pp. 195-204. 14 Che il repertorio musivo conservi traccia delle composizioni pittoriche perdute è ben illustrato dall’esempio dei Cacciatori di Filostrato Minore, su cui v. F. GHEDINI, Cacciatori, in F. GHEDINI, I. COLPO, M. NOVELLO (ed.), Le Immagini di Filostrato Minore (Quaderni di Antenor 3), Roma 2004, pp. 45-52. 15 Con gli opportuni adattamenti imposti dalla tipologia dei manufatti su cui insiste l’immagine: per quanto riguarda il repertorio glittico v. ad esempio GHEDINI (op. cit. nota 13), pp. 171-182. 16 Abbiamo scelto di approfondire tematiche già trattate in relazione ad altri supporti (affreschi e gemme), perché questo ci consente di non soffermarci sul percorso interpretativo, illustrando invece i risultati raggiunti. 17 Oggetto di una ricerca in corso da parte di Giulia Salvo.

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strettamente dipende, non ci soffermeremo qui a esplicitare il metodo con cui riteniamo debba essere indagato il rapporto tra tradizione letteraria e figurativa, per una più precisa definizione del quale si rimanda senz’altro a un recente contributo, in cui abbiamo cercato di definire una sorta di “protocollo” di azioni tese a estrapolare quegli elementi che possono essere considerati ovidiani18. Il percorso da noi individuato comprende un serrato confronto fra il testo, suddiviso in Atti e Scene, e il repertorio figurato, organizzato per Temi e Schemi; da tale confronto emergono elementi che consentono di stabilire diversi livelli di tangenza fra descrizione e raffigurazione19, i quali possono essere così classificati: – “iconografie ovidiane”, come ad esempio il Polifemo che suona la zampogna seduto in mezzo al suo gregge, o il Perseo che fende il cielo verso la roccia dove è legata la bella Andromeda, oppure il Narciso semireclinato e prono o, ancora, il Piramo morente20; – “situazioni ovidiane”, come nel caso del giovinetto Aci in fuga, o dei pescatori e contadini che assistono impotenti alla caduta di Icaro, o della cavalcata nella pianura dei figli di Niobe21; – “indicatori ovidiani” come ad esempio la syrinx, la cui presenza è non solo funzionale al riconoscimento del mito di Pan e dell’omonima ninfa, ma definisce anche un singolare aspetto della raffigurazione della liberazione della sfortunata Io22. Sulla base del metodo esplicitato ci confronteremo ora con la produzione musiva, nella prospettiva non tanto di comprendere se le raffigurazioni su cui soffermeremo la nostra attenzione siano da ricollegare ad una eventuale ripresa del testo ovidiano per volontà di un committente particolarmente colto, quanto piuttosto di entrare nei meccanismi della recezione e diffusione di un repertorio che, nella maggior parte dei casi, si è formato in età precedente23. GHEDINI (op. cit. nota 9), pp. 59-61. Senza che ciò comporti la definizione dell’anteriorità dell’una sull’altra o viceversa. 20 Per Polifemo, v. F. GHEDINI, Ovidio e la cultura figurativa coeva. Polifemo e Galatea, in Atti del Convegno AIPMA, Napoli 2007, c.d.s.; per Perseo, I. COLPO, M. SALVADORI, Ovidio e la pittura della prima età imperiale, in Atti del Convegno AIPMA, Napoli 2007, c.d.s.; per Narciso, COLPO (Narciso op. cit. nota 11); per Piramo e Tisbe, BALDASSARRE (op. cit. nota 11). 21 Per Aci, v. GHEDINI (op. cit. nota 20); per Dedalo e Icaro, COLPO (Temi op. cit. nota 11); per Niobe, SALVO (Niobe op. cit. nota 11). 22 Per la syrinx nell’omonimo mito v. GHEDINI (Ninfe op. cit. nota 11); per la syrinx nel mito d’Io: GHEDINI (op. cit. nota 9), pp. 50-53. 23 È evidente che attraverso l’analisi delle raffigurazioni musive sarà difficile valutare l’eventuale fortuna del testo del poeta di Sulmona nel corso dell’età imperiale e tardo an18

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Per far ciò, tenuto conto del ridotto spazio a nostra disposizione, ci concentreremo su tre esempi, già oggetto di approfondimento in ricerche pregresse, i quali ci sono sembrati particolarmente significativi in quanto illustrano tre fattispecie diverse: si tratta di due temi mitici, Narciso e Apollo e Dafne, e di un soggetto epico, Achille a Sciro. E iniziamo la nostra analisi proprio da Achille a Sciro, uno degli episodi della vita del figlio di Tetide più amati dal repertorio figurativo medio e tardo imperiale, che lo riprodusse sui più svariati supporti (rilievi di sarcofagi, opere toreutiche, vetri, stoffe e, naturalmente, mosaici). ACHILLE

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Il repertorio musivo predilesse questo episodio della vita di Achille per la sua forte carica emotiva, per i molteplici significati che ad esso potevano essere ascritti, per i solidi legami con la tradizione letteraria, per le innumerevoli possibilità compositive da esso offerte che stimolarono la fantasia creativa di artisti ed artigiani. E proprio quello della varietà iconografica sembra essere uno dei tratti distintivi del soggetto, come credo di aver dimostrato in altra sede24. All’interno di questa molteplicità di soluzioni iconografiche e compositive spicca un piccolo ma compatto gruppo di testimonianze, tutte pompeiane e tutte collocabili nel terzo quarto del I sec. d.C.: si tratta degli affreschi delle Case dei Dioscuri (Pompei, VI 9, 6) e di Achille (Pompei, IX 5, 1-3) e del mosaico della Casa di Apollo (Pompei, VI 7, 23) (fig. 1), che mettono in scena l’episodio dello svelamento in una soluzione iconografica che sembra la traduzione figurativa del passo che Ovidio dedica all’episodio nel libro XIII delle Metamorfosi (vv. 162-170). Ma esaminiamolo nel dettaglio secondo il metodo che abbiamo elaborato. Va detto anzitutto che nel poema è Ulisse a ricordare l’avvenimento in un contesto carico di tensione quale è quello della contesa fra lui ed Aiace per le armi di Achille. La narrazione è infatti per il Laerziade elemento cogente per rivendicare il possesso dell’ambito premio, dal momento che, come egli stesso argomenta con la consueta facondia, la presenza dell’eroe a Troia era unicamente merito suo: solo grazie a lui era statica: al momento risultano rarissimi i casi in cui la ripresa di un mito ovidiano possa essere ascritta con sicurezza alla scelta volontaria di un committente particolarmente dotto che intendeva in tal modo esplicitare la propria cultura (v. infra nota 66); più frequenti sono le attestazioni di riproposizioni di iconografie documentate nel repertorio precedente. 24 F. GHEDINI, Il carro dei Musei Capitolini. Epos e mito nella società tardo antica, Roma 2009, pp. 84-90, con precedente bibl.

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Fig. 1 – Pompei. VI 7, 23. Casa di Apollo. Pannello musivo raffigurante Achille a Sciro (V. SAMPAOLO, VI 7, 23. Casa di Apollo, in PPM 4 (1993), p. 507).

to infatti individuato il nascondiglio del figlio di Tetide, e solo grazie a lui Achille, che deceperat omnes, in quibus Aiacem, sumptae fallacia vestis (vv. 163-4) era stato costretto a rivelarsi; ancora grazie a lui, che con la parola (vv. 168-9: nate dea, tibi se peritura reservant Pergama!) e con il gesto (v. 170: inieci manum, fortemque ad fortia misi) lo aveva spinto sulla via della gloria, il Pelide si era risolto ad abbandonare il sicuro rifugio. E quindi, conclude Ulisse, le armi contese devono necessariamente essere attribuite a colui che ha portato in guerra il riluttante Pelide (vv. 133-4: Quis magno melius succedat Achilli, quam per quem magnus Danais successit Achilles?). Dalla lettura del testo ovidiano si ricostruisce una scena con due personaggi: il protagonista (certamente Ulisse) e il deuteragonista (altrettanto certamente Achille), e con pochi e generici elementi figurativi (i doni per le fanciulle, femineae merces, gli abiti femminili del Pelide, virginei ha-

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bitus, lo scudo, parma, la lancia, hasta); l’unico tratto fortemente caratterizzato è costituito dal gesto forte, di supremazia che Ulisse compie afferrando per il polso Achille25. Gli elementi del racconto ovidiano si ritrovano puntualmente riprodotti proprio nel mosaico che, pur rifacendosi al medesimo archetipo da cui sono fatti dipendere i due affreschi26, dovendo comprimere, per necessità tecniche e di spazio, la complessa composizione, ne estrapola gli elementi semanticamente forti, cioè l’impetuoso Ulisse, effigiato in primo piano sulla destra nell’atto di afferrare per il polso un esitante Achille ancora vestito in abiti femminili, che con la mano sfiora il grande scudo e volge il capo in direzione opposta ad Ulisse, quasi a cercar conforto nella realtà che fino ad allora lo aveva circondato27. Completano la scena una terrorizzata Deidamia raffigurata seminuda e di spalle, mentre a terra, sulla sinistra, sono ben riconoscibili gli ingannevoli doni (uno specchio e una cassetta)28. Il raffronto fra testo e immagini rende palese lo stretto rapporto che li unisce: identico è il contesto e identico il ruolo che i due personaggi svolgono; identico infine il gesto di supremazia, che non ritornerà più nel repertorio successivo (in cui Achille recupererà il suo ruolo di eroe); gesto che potremmo senz’altro definire “indicatore ovidiano”. Credo dunque che, se...


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