El buscòn primo e secondo libro riassunti per capitolo PDF

Title El buscòn primo e secondo libro riassunti per capitolo
Author VALENTINA PARMA
Course Letteratura Spagnola Iii
Institution Università degli Studi della Tuscia
Pages 7
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Summary

riassunto dettagliato sui primi due libri del buscòn di quevedo ...


Description

FRANCISCO DE QUEVEDO El Buscòn El buscòn è diviso in tre libri, questo perché vanno a designare 3 parti importanti della sua vita. Nel primo libro viene descritto chi è, da che famiglia viene, e si parlerà molto della sua adolescenza. Nel secondo libro si tratteranno temi anche molto importanti che circondano la vita del buscòn, il quale attraverso tutte le burle e ingiustizie sociali che ha subito cercherà di innalzarsi nella classe sociale. Il terzo ed ultimo libro racconta il finale della vita del buscòn, di come, attraverso la sua astuzia sia riuscito a risalire nella scala sociale. LETTERA DEDICATORIA Inizia così la stesura della novela, dove si rivolge a Vuestra Merced, è molto difficile capire chi possa essere costui a cui è rivolta la lettera, ma sappiamo bene che possa essere qualcuno a lui caro o che lo conosce molto bene e premtte che scrive queste pagine per far si che nessuno possa raccontare cose erronee riguardanti is uoi casi e la sua vita ed è proprio per questo motivo che sarà molto breve nella dedicatoria. AL LETTORE Si passa poi alla dedica al lettore a cui si rivolge ci informa del nome del buscòn, un certo Don Pablos, di cui tutti noi lettori abbiamo curiosità nel conoscere le sue peripezie. LIBRO PRIMO CAPITOLO 1 “In cui racconta chi è e di che Paese” Ha origini di Segovia, figlio di CLEMENTE, umile barbiere (ormai defunto), e di ALDONZA DI SAN PIETRO, considerata non vecchia cristiana ( si consideravano vecchi cristiani coloro che discendessero da almeno tre generazioni di famiglia cristiana) nonostante lei si ostinasse a sostenere che discendeva da queste generazioni. Fin da sposati i suoi genitori non ebbero una buona fama perché il padre veniva considerato un ladro, questo perché tutti coloro che andavano da lui a sbarbarsi perdevano sempre qualcosa, complice un suo fratellino di 7 anni. Poverino in prigione morì di frustrate e il padre se ne dolette molto essendo molto amato da tutti quell’angioletto. Si dice che per queste burle e per altre entrò in prigione e riuscì ad uscire con 200 lividi per la precisione, che gli permisero di essere ammirato ancora di più dalle donne del paese che uscivano fuori dalle finestre per ammirarlo quando passava a piedi oppure a cavallo. Ovviamente anche sua madre non ebbe una buona fama all’interno della società del suo paese, infatti era considerata una fattucchiera (CAPRONE leggenda con la quale si dice che le streghe avessero contatti carnali le veglie del Sabba). Diciamo che veniva considerata in un certo senso la fotocopia o quasi della Celestina, colei che riusciva a risolvere i problemi di ogni pulzella. Per alcuni era una mezzana per altri primiera. Ci spiega quello che vedeva dentro casa sua , ed erano oggetti che avevano l’aria di essere proprio proprietà di una strega. Suo padre gli diceva che l’arte della truffa era essenziale, perché chi non rubava non avrebbe vissuto a lungo in quel mondo. (L’astuzia ci libera da ogni male). Riuscì a fargli fare pace e gli disse che avrebbe voluto imparare a leggere e a scrivere, quindi iniziare la scuola, e dopo svariato borbottamenti decisero che sarebbe stata la scelta più giusta. CAPITOLO 2 “COME ANDAI ALLA SCUOLA: E QUEL CHE LA MI ACCADDE” Il giorno dopo andò a comprare il sillabario e già avevano parlato con il maestro. Il maestro lo prese subito a cuore tant’è che lo fece sedere accanto a lui. Ogni giorno riceveva un premio per essere arrivato prima degli altri e se ne andava per ultimo per dare una mano alla moglie del maestro. Ma finirono per trattarlo talmente bene da considerarlo come proprio figlio (loro non ne avevano uno). Il problema è che ciò permetteva agli altri ragazzini di vederlo con occhi maligni e ad esserne invidiosi. Cercava sempre di dilettarsi con i figli di gentiluomini e se la faceva soprattutto con il figlio di un certo Don Alonso Coronel de Zuniga con il quale divideva la merenda. Ma le malelingue continuavano e anche a lui iniziarono ad insultarlo, inizialmente dandogli nomignoli che riguardavano il mestiere del padre “Sor Rasoio” e “ Mignatta” , altri addirittura andavano sul pesante, chiamandolo “gatto” che è sinonimo di ladro, e chi addirittura utilizzava termini inopportuni nei confronti della sua madre chiamandolo figlio di puttana e strega.

A quel punto agguantò un sasso e gli ruppe la testa. Sconvolto da quello che era successo una volta tornato a casa chiese alla madre se fosse giusto ciò che aveva fatto e se fosse stato suo diritto replicare alle accuse che gli erano state fatte, e li la madre gli disse che se anche fossero state vero nessuno ha il diritto o il permesso di dire determinate cose. A sentire quelle parole si sentì morire e decise che dalla vergogna sarebbe voluto scappare via da quella casa. In compenso però aveva acquistato l’amicizia del figlio di Don Alonso, DON DIEGO, gli voleva bene spontaneamente. Un giorno tornando da scuola per le feste di Natale passeggiando vedono un uomo ebreo convertito e Don Diego gli disse di chiamarlo Ponzio Pilato e lui lo fece, e quell’uomo si imbestialì che lo rincorse con un coltello in mano. Riuscì a raggiungere Pablos e lo frustò per 20 volti fino a quando non smise. Questa storia le venne raccontata al maestro che ci rise a crepapelle. Venne il tempo di carnevale, e volendo far divertire i suoi collegiali decise di eleggere il re dei galli. Tirarono a sorte in dodici e toccò a lui. Chiese ai suoi genitori di comprargli un bel vestito e arrivato il giorno della sfilata anche qui un altro incubo incombe. Mentre era sul cavallo, di aspetto risico e privo di forze, con tutti gli altri ragazzi mascherati per la città, vede che azzanna una verza e se la mettein bocca, la verzaiola infuriata cerca di fargli del male, e così lo fece cadere come appunto era caduto anche lui prendendo una forte botta. Arrivati i generali chiesero a tutti dove fossero le loro armi per toglierle via e lui non ne aveva essendo che lo avevano svestito per far asciugare i panni e alla domanda rispose di non averne. Al suo cappello erano attaccate delle piume e fu li che ebbe l’incubo di essere scambiato per sua madre. Si giustificò dicendo che non era sua madre e la guardia non lo mise in carcere solo perché era sporco da tutti i lati. Tornato a casa racconta l’accaduto ai suoi genitori i quali vedendolo in quello stato si arrabbiarono e gliene avrebbero date tante di botte. Vedendo che non si calmavano decise di andare via dal suo amico Don Diego, che lo trovò con la testa rotta, ed è per questo che i genitori non lo mandarono a scuola. Decise dunque di non tornare più in quella casa, scrisse una lettera ai suoi genitori dove diceva che anche se non sapeva scrivere bene aveva deciso di prestare servizio al suo amico (cosa ben accettata dalla famiglia avendo visto la fedeltà che portava nei suoi confronti) e che non gli sarebbe più servito andare a scuola perché un buon gentiluomo non ha bisogno di scrivere bene, sarebbe ritornato a casa a fare visita solo dopo la loro licenza. CAPITOLO 3 “Come andai a un pensionato di studenti, in qualità di domestico di Don Diego Coronel” Don Alonso decise di mandare suo figlio ad un pensionato di studenti dove c’era un certo dottor Cabra che allevava i figli dei gentiluomini, e vi mandò il suo con Pablos compreso così da potergli fare compagnia e servirlo. (Segovia). È proprio la prima domenica dopo la Quaresima che cadettero in potere della fame fatta a persona, quest’ultimo offriva ai suoi studenti molto poco per cui nutrirsi e ricordava loro che il cibo in abbondanza era un peccato sacramentale. Era generoso solo in altezza, il suo aspetto non era dei migliori ed indossava una sottana che a parer degli altri era così rovinata perché fatta di pelle di rana, ma chi più arguto non credeva affatto a questa storia, ma solo che fosse un poveretto con dei vecchi stracci. In casa non c’era niente,basti pensare che nella camera del dottore non ci stavano nemmeno i ragni. Esorcizzava i topi per paura che gli rubassero pezzetti di pane per non parlare delle condizioni del letto. Arrivarono li con don Diego e rimasero per alcune settimane mesi sotto le sue grinfie, fece una breve predica per risparmiare anche il tempo e si sedettero per il pranzo molto misera. Era servito il brodino di cui non si sapeva di carne fosse. (C’è una metafora con Narciso per la scodella troppo limpida). Prima di andare a dormire si mangiò i due tozzetti di pane che erano rimasti e quel po' di pelle rosicchiata e si mise a letto. Pensò all’inizio che per qualche settimana sarebbe potuto sopravvivere, ma a vedere quei poveretti messi molto peggio di lui si scoraggiò. Non c’era nemmeno un bagno per poter andare a fare i propri bisogni e parlando con gli altri gli dissero che non ce ne sarebbe stato bisogno essendo che non mangiando nulla non avevano nulla da togliere dal proprio stomaco, forse solo le budella. “MANGIARE POCO A CENA PER TENERSI LO STOMACO LEGGERO”. Le cose non cambiarono per un mese intero l’unica cosa era che si metteva del lardo dentro al brodino così da sembrare più sostanzioso. Non riuscendo più a stare in piedi e non sapendo come fare decisero di escogitare un piano, la mattina per non alzarsi dal letto

dicevano di essere indisposti, o con febbre o mal di pancia, e si stava ancora più male perché non si riusciva ad andare di corpo per giorni. Il maledetto per non sprecare ulteriori soldi aveva deciso di attuare il metodo di suo padre che era stato farmacista, vale a dire il clistere. Don Diego gridò dal dolore, lui sperava di non farlo entrare ma una volta fatto le restituì il favore. Cabra si arrabbiò tanto e sperava in ciò per poter scappare via, ma le stelle dalla sua parte non vollero così. Don Diego e don Pablos si lamentavano con don Alonso, ma Cabra in qualche modo gli fece credere che erano loro solo che non volevano studiare e quindi tornare a casa. Un giorno mangiando a tavola si diceva che la vecchia ci avesse messo dei ceci neri, non era difficile da capire che era solo una burla e che quei capelli che aveva con indosso un rosario fatto a mano ci sarebbe potuto cadere di tutto in quella minestra. Patirono questi travagli fino alla Quaresima quando un loro compagno si sentì male e Cabra pur di non spendere soldi non chiamò il dottore, e il poveretto fu costretto a chiedere di confessarsi prima di morire. Gli si fece un funerale molto povero perché era forestiero e tutti loro ne rimasero esterrefatti. L’atroce notizia venne alla voce di don Alonso che a questo punto decise di andarli a prendere e vedere com’era la situazione. Li aveva davanti ma non si rese conto che erano loro stessi quando chiedeva di loro. Quando li riconobbe trattò in malo modo il Dottor Digiuno, e li fece portare a casa in portantina. Presero congedo dai loro compagni che li guardavano con occhi di disperazione e speranza di scappare via da quelle condizioni. CAPITOLO 4 “Della convalescenza e dell’andata agli studi di Alcalà de Henares” Come entrarono nella casa di Don Alonso li coricarono in due letti con molta delicatezza, per paura che gli si rompessero le ossa. Chiamarono dei medici affinché gli pulissero il volto e la bocca ridotta a stati estremi. E poi fecero in modo che gli somministrassero cibi sostanziosi e carne di pollo. In capo a quaranta giorni si alzarono per fare i primi passettini e sembravano ancora ombra di altri uomini e tanto gialli e magri da parere discendenti di padri eremiti. L’intera giornata la passavano ringraziando Dio che li aveva liberati da Cabra. Raccontarono tutto quello che succedeva intorno la tavola di Cabra e non solo. Dopo tre mesi , Don Alonso decise che suo figlio dovesse andare ad Alcalà per gli studi di grammatica e chiese a Pablos di seguire suo figlio li, e decise di andare questo perché non voleva più sentire il nome di Cabra in vita sua. Caricarono i bagagli e partirono verso Alcalà insieme al suo maggiordomo. Partirono di pomeriggio e arrivarono verso le 12 della notte all’osteria di Viveros. Maledetta sia quell’osteria. L’oste era moro e per giunta convertito. Tutti coloro che facevano parte integrante dell’osteria nel vedere due buoni signori arrivare gli permisero di pensare al proprio guadagno. Don Diego chiese tutto ciò che poteva essere servito e in men che non si dica la tavola era apparecchiata e imbandita e pensate un po' chi finì tutto il cibo? La gente, e in particolar modo il prete che era lì presente così da doversi accontentare delle briciole. Prima di andare a dormire fecero uno scherzo al vecchietto che dentro al suo baule teneva pasta da zucchero, rubarono i dolcetti e ci misero dentro delle pietre. all’indomani nel chiedere quanto fosse il prezzo per la cena della sera passata capirono che forse era una truffa , ma senza dire niente pagarono e andarono via. Arrivarono in città e per tutta la giornata pensarono come fosse possibile aver pagato quel prezzo, quasi sentendosi stupidi. CAPITOLO 5 “Dell’entrata in Alcalà, della mia matricola e delle beffe che mi fecero” Prima che si facesse buio lasciarono la locanda per andare nella casa che avevano preso in affitto. Era fuori porta de Santiago, in appartamenti da studenti. Come fece giorno tutti gli studenti in camicia erano pronti a chiedere la matricola al suo padrone. Tutti erano felici del nuovo arrivato e alcuni amici di suo padre collegiali gli fecero da padrini affinché conoscesse tutto della scuola. Quando però Pablos mise piede nel cortile della scuola iniziarono a gridargli “Novizio, Novizio”, provò a mostrare indifferenza ridendo ma un tale che gli stava vicino spingendosi le mani al naso lo spinse e gli disse da parte che puzzava talmente tanto queL Lazzaro che poteva essere al punto di resuscitare. E tutti gli si allontanarono tappandosi il naso. Ma questo fu solo una delle burle che il nostro protagonista dovette subire. Altri farabutti decisero di deriderlo sputandogli in faccia. Provò a parlare con il padrone ma anch’essi arrabbiato gli diede due scapocciate e poi andò via , si tolse quei vestiti di dosso e si appoggiò al letto, ma non fece in tempo a farlo che il Don Diego se la prese con lui perché non lo stava servendo a dovere. Capì subito che la vita che gli stava prospettando non era proprio quella che aveva da sempre desiderato. L’ultimo degli scherzi che gli fecero fu quella

stessa notte, all’incirca era mezzanotte quando uno dei collegiali inizia ad urlargli che c’erano i ladri etc.. si spaventò e nello spavento si fece la pipì addosso. Il giorno dopo cerco di non farlo scoprire a nessuno dicendo di stare male, ma don Diego per smascherarlo gli tirò così forte il dito quasi da slogarglielo, fino a che tutti risero di lui, lo lavarono e si rimise a letto. Raccontò tutto agli altri servitori, ma se all’inizio ci risero alla fine si allearono e vissero come fratelli, ed infatti da quel giorno nessuno più lo molestò. CAPITOLO 6 “Delle malvagità della governante e delle bricconate che feci” “FA QUEL CHE VEDI FARE” inizia con questo proverbio il sesto capitolo del primo libro. Alla fine decise anche lui di essere un mascalzone e di non seguire più le buone maniere che fino a quel momento lo avevo portato solo ad essere deriso e alle disgrazie. Pablos inizia ad essere molto più furbo e a stare attento a ciò che gli era intorno, inizò a rubare i porchetti e i polletti insieme ad una governante, per far si che mangiassero ancora di più, don Diego se per un momento sembrasse preoccupato si rese conto che il realtà il giovane Pablos si era fatto furbo e che poi tanto questo suo atteggiamento gli andava bene. Ovviamente è solo grazie all’inganno che per un certo periodo riesce a reggere questo gioco/burla. Gli si vendeva la metà che avevano messo da parte e un’altra metà de quel che si comprava si metteva da parte, e così facevano con tutto. E se per caso qualche volta capitava di comprare la roba al prezzo giusto c’erano un sacco di litigate con la governante. Questo perché quest’ultima non gli credeva, mandava un servitore a chiedere e le veniva detto che era la verità (una parte rimaneva a Pablos) e fu così che riuscì per un po' a rubare del denare al suo padrone. Un giorno sente la governante fare “Pio Pio” verso un galletto e avendo capito che voleva ucciderlo per mangiarlo la minacciò di chiamare l’inquisizione e quando sentì ciò la vecchia decise di non farlo mai più e di non dire niente altrimenti sarebbe finita nei guai. Per farsi perdonare avrebbe dovuto dare un gallo a Cipriana, ma sapeva che lei stessa non poteva andare, allora fu chiesto a Pablos di portarlo (qui parte l’inganno perché così il polletto sarebbe rimasto a lui). Venuti pero in casa a conoscenza delle loro malefatte sapevano che non potevano parlare a vicenda quindi Pablos cercò di accaparrarsi nuovamente il benvolere del suo padrone. Siccome questi giochetti non poteva più farlicon la governante se n’è inventò uno nuovo. Mentre stava passeggiando rubò un cesto di uva passa ad un confettiere e nell’accorgersi dell’accaduto lo seguirono, ma appena potette iniziò a recitare delle rime che dicono i menticanti così da non farsi sorprendere. La sera stessa fece passare il suo bastone per una spada e diede un colpo davanti la porta del confettiere che si buttò per terra e permise di prendergli i dolci. Quando raccontò questi episodi ai suoi amici all’inizio non gli credettero, ma poi si resero conto che erano veri e rimasero stupefatti dall’ingegno di Pablos che aveva trovato un altro modo per sopravvivere rubando ciò che in realtà gli sarebbe spettato se avesse fatto parte di una classe sociale più alta. Siccome era giovane e gli piaceva essere lodato dai suoi amici promise loro e a Don Diego che sarebbe riuscito a rubare alle Ronda le loro spade. E così fece, si spaccio per un mendicante e disse che c’erano sei uomini, tra cui uno facente parte della frazione francese che erano armati e volevano fargli del male (tra cui un certo Antonio Peréz) e li ascoltandolo lasciarono le loro spade dietro un cespuglio, ma nel vedere che nella locanda non c’era niente di particolare se non dei furfanti e degli studenti capirono la burla perché le spade non c’erano più, e da lì non si fece beccare perché si nascose sotto le coperte facendosi passare per un uomo in fin di vita. Dopo quella burla così grossa e piena di ingegno e inganno capì che era quella la strada che avrebbe seguito per migliorare la sua vita. Non aveva nemmeno più il tempo di servire come voleva don Diego, per il quale è sempre rimasta tanta stima ed affetto, ma tutti i migliori lo seguivano le sue orme e lo rispettavano e cercavano. CAPITOLO 7 “Della partenza di Don Diego e notizie della morte dei miei genitori;risoluzione che presi per le cose mie da quel giorno in poi. All’epoca giunse a don Diego una lettera da suo padre la quale conteneva un’altra d’un suo zio, un certo Alonso Ramplòn, era un nuovo attaccato a ogni virtù, conosciutissimo a Segovia per il grande zelo che lo legava alla giustuzua, era un boia. Vederlo lavorare ti faceva venir voglia di farti impiccare. È molto corto come capitolo, ma ci spiega come lo zio lo considerasse vero e proprio nipote, erede buono e saggio della famiglia. Gli comunciò che otto giorni prima il padre venne a mancare e che fu proprio lui stesso a tirarlo su (impiccato), mentre della madre può dire quasi la

stessa cosa essendo che è incarcerata nel carcere di dell’inquisizione di Toledo, perché tirava in ballo i morti e non le parole. Si diceva che ogni notte baciasse l’occhio di un caprone che non aveva più e che in casa sua si trovarono più resti corpi ed ossa che in qualsiasi altro posto. Lo informa che gli erano pervenuti diversi quattrini che avrebbe potuto riscuotere quando voleva e che la sua presenza a Segovia era ben accetta dallo zio che non aspettava altro che incontrarlo. Raccontò tutto a don Diego il quale con malincuore il giorno dopo solo partì alla volta di Segovia, stessa cosa che farà qualche tempo dopo per andare a riscuotere il suo denaro, che gli avrebbe permesso di avere anche lui un certo tipo di importanza e stato sociale e decise anche di bruciare quella lettera nella paura che qualcuno la potesse leggere se mai la smarrisse. Riscuotere il denaro significa non solo arricchirsi ma allontanarsi finalmente e del tutto dalla sua famiglia. LIBRO SECONDO CAPITOLO 1 “Del viaggio da Alcalà a Segovia, e di quel che mi accadde nel tragitto fino a Rejas dove dormii quella notte” La partenza di Pablos fu sentita in maniera malinconica e triste dai suoi s...


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