Elementi DI Critica Testuale - Paolo Chiesa PDF

Title Elementi DI Critica Testuale - Paolo Chiesa
Course Filologia classica
Institution Università degli Studi Guglielmo Marconi
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RIASSUNTO TESTO...


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PAOLO CHIESA ELEMENTI DI CRITICA TESTUALE 1 – La critica testuale Il problema: La critica testuale studia la nascita e l’evoluzione di un’opera letteraria: il suo obiettivo è quello di pubblicare un testo il più affidabile possibile. Sinonimo di critica testuale è il termine ecdotica. Il testo non è sempre uguale: prima dell’invenzione della stampa ogni copia di un’opera scritta a mano era diversa dall’altra. Ciò poteva riguardare elementi esteriori (tipo di carta o pergamena, scrittura del copista) o il testo vero e proprio (errori di scrittura, correzioni). Con il susseguirsi delle copiature il testo poteva cambiare molto rispetto all’originale. L’originale è l’opera così come viene concepita e scritta dall’autore. Se l’opera è conservata solo in copie, per arrivare all’originale bisogna effettuare una ricostruzione. Bisogna registrare le forme presenti nei testimoni ( lezioni), confrontare le differenze (varianti) e scegliere quelle che hanno maggiori possibilità di essere originarie. Con l’introduzione della stampa nel XV secolo, le copie, in linea di principio, sono identiche, sia nell’aspetto esteriore sia per quanto riguarda il testo. In realtà ci possono essere delle differenze, soprattutto per i primi testi a stampa (incunaboli) quando succedeva che le matrici potessero essere modificate in corso d’opera, per ragioni accidentali o volontarie. In ogni caso, con la stampa, si è raggiunto una maggiore sicurezza di avere delle copie che fossero curate e controllate dall’autore stesso. Alcune varianti possono essere introdotte anche dall’autore in corso di stampa. Un problema maggiore riguarda le opere che non sono state pubblicate a stampa ma abbiamo solo i manoscritti e le opere che sono uscite postume. Nei tempi più recenti, la pubblicazione postuma di opere incompiute pone problemi di carattere etico e legale. Di autori moderni e contemporanei, possediamo molto spesso vari stadi di composizione dell’opera o diverse edizioni a stampa tutte controllate dall’autore (alcuni casi li ritroviamo anche in opere medioevali e classiche). Bisogna allora ricostruire il processo creativo dell’opera e fornirne una descrizione chiara.

Uno studio di critica testuale è necessario per: 

Opere di cui non si conserva più l’originale,



Opere di cui esistevano o esistono più originali;



Opere di cui esiste l’originale ma l’autore non ne ha controllato la pubblicazione.

In questi campi rientrano: 

Opere prima della stampa;



Opere dopo la stampa, ma di cui l’autore non curò l’edizione;



Opere di cui l’autore curò più edizioni a stampa;



Opere in più copie che presentano delle differenze.

L’edizione critica: L’edizione critica è un edizione “scientifica” dell’opera, che mira a proporre un testo affidabile. I problemi riguardano la conservazione del testo e la sua ricostruzione. Quest’ultima può consistere nella riproduzione dell’originale, se conservato; nell’ipotesi di ricostruzione dell’originale; pubblicazione comparativa di testi diversi. Editore critico o editore: studioso che prepara l’edizione critica; Casa editrice: l’ente o l’imprenditore che pubblica e diffonde il libro materialmente; Curatore: chi predispone un’edizione di un’opera che non ha motivi critici o genericamente chi segue la pubblicazione di un volume non direttamente scritto da lui. Un’ edizione critica è rivolta principalmente agli studiosi. Delle opere più importanti esistono diverse edizioni critiche; ognuna cerca di migliorare la precedente. Per i testi che devono essere ricostruiti non esistono edizioni definitive, ma soltanto ipotesi.

La critica testuale e le altre discipline: La critica testuale è uno dei campi di studio della filologia. La filologia mira a un’esatta comprensione dei testi letterari prodotti in una determinata epoca e cultura. 

Filologia romanza: studia l’evolversi della lingua latina nelle lingue romanze;



Filologia italiana: studia i testi più antichi in italiano;



Filologia umanistica: studia l’attività letteraria dell’umanesimo;



Filologia classica: ricostruisce i testi classici latini e greci;



Filologia moderna: studia le letterature moderne.

Centrali restano il problema dell’affidabilità dei testi e del loro corretto inquadramento nel periodo in cui vennero scritti. Una corretta analisi testuale è possibile solo quando si conosce il contesto in cui l’opera è stata scritta. Per uno studio migliore ci si avvale a altre discipline, chiamate ausiliarie: paleografia, papirologia, codicologia, storia del libro e della stampa, storia delle biblioteche.

La formazione del metodo filologico: Fra ‘300 e ‘400, con l’Umanesimo, vengono riscoperti gli autori classici e diventa fondamentale recuperare l’esattezza delle loro opere. Non è ancora stato elaborato un vero e proprio metodo filologico. Si fa il confronto fra le diverse copie di un’opera e si sceglie quella che sembra migliore. Il manoscritto può essere corretto con l’aiuto di altri codici (emendatio ope codicum ) o secondo le congetture dello studioso ( emendatio ope ingenii)  questa via fu seguita in particolare dal Poliziano. La stampa favorì la diffusione della cultura. C’era una produzione più rapida e uniforme dei libri, con un grande risparmio economico. L’editio princeps è la prima copia a stampa di un’opera e tende ad assumere autorevolezza, indipendentemente dal testo che presenta. Anche quando ne seguiva una

seconda edizione, gli editori non ripartivano dai manoscritti, ma dall’edizione precedente. Per ogni edizione critica, il testo base era la forma comune ( textus receptus o vulgata): era considerata di maggiore autorevolezza e quindi superiore. Gli studiosi più accorti utilizzavano il metodo del codex optimum: i manoscritti venivano esaminati e veniva scelto quello che appariva il migliore. Emendamenti erano sempre permessi, ma solo se il codex osptimus appariva palesemente scorretto. Fra ‘700 e primo ‘800 alcuni filologi si resero conto che il problema non era quello di confrontare le singole varianti, ma quello di capire quale fosse il valore e l’affidabilità dei testimoni che le riportavano. Viene elaborato un metodo scientifico, il metodo del Lachmann, dal nome del filologo tedesco Karl Lachmann, chiamato anche metodo stemmatico: grazie a questo metodo la critica testuale divenne una disciplina scientifica a tutti gli effetti. Fino ai primi anni del ‘900 se esisteva un documento che aveva valore di originale, il compito del filologo si limitava alla migliore resa del documento. La critica del ‘900 ha messo in discussione i metodi di pubblicazione dei manoscritti d’autore e le tecniche da utilizzare quando sono conservato diverse versioni della stessa opera. Si è passati a una linea più conservativa.

2 – L’originale non conservato Tradizione e trasmissione: Per tradizione di un’opera si intende l’insieme dei documenti che la riportano, interamente o in parte. I manoscritti e le edizioni a stampa rappresentano la tradizione diretta, mentre riassunti, citazioni, traduzioni rappresentano la tradizione indiretta. La trasmissione è il processo attraverso il quale un’opera è arrivata fino a noi. Di opere classiche, soprattutto greche, è andato perduto quasi tutto il materiale, a causa di programmi scolastici e concezioni ideologiche nuove con l’avvento del cristianesimo. Ci fu anche la modifica dei sistemi di scrittura, il passaggio dal rotolo di papiro al codice di pergamena e periodi di oscuramento culturale. Nell’antichità si scriveva prevalentemente su rotoli di papiro. Progressivamente si sviluppò l’uso della pergamena e il rotolo venne sostituito dal codice, prototipo del libro moderno. la pergamena era però un materiale costoso e scrivere un codice era un’impresa molto dispendiosa. Molte opere che non venivano più lette o erano considerate di scarso interesse non vennero perciò trascritte dal papiro sulla pergamena e andarono perdute. All’inizio del Medioevo si assiste alla nascita dei palinsesti: molti testi che non venivano più considerati importanti venivano cancellati e sulla pergamena vennero scritte altre opere. Il raschiamento della pergamena è però un’azione solo superficiale (si rischia di romperla) e così oggi possiamo vedere quello che c’era scritto sotto, perché l’inchiostro era penetrato nei fogli. Dei testi antichi, oggi possiamo trovare testimoni relativamente recenti e comunque di molti secoli successivi all’opera scritta dall’autore. Per tutta l’antichità e il primo Medioevo i testi venivano trasmessi a voce (tradizione orale) ed è più difficile cercare di ricostruirli, poiché non si posseggono documenti scritti (come per le saghe germaniche).

METODO del LACHMANN: La ricognizione dei testimoni: Per un’edizione critica è importante censire tutti i manoscritti esistenti ed anche le edizioni a stampa tramite ricerca bibliografica. Per molte opere importanti la tradizione manoscritta è già stata censita ma un aggiornamento dei dati è sempre da prevedere perché si possono scoprire nuovi codici dell’opera in questione. Catalogare un manoscritto è un’operazione molto complessa e molto lunga. Sono infatti auspicabili indagini sui manoscritti in due modalità: una descrizione più sommaria accessibile rapidamente agli studiosi e una descrizione più completa ed accurata, da compiersi più lentamente. La ricognizione dei testimoni è molto faticosa, soprattutto nei casi di trasmissione di un’opera medio – alta: l’indagine porta spesso a individuare dei manoscritti oggi scomparsi, ma di cui si hanno notizie in determinati luoghi e epoche. Ritrovamenti di opere medioevali sono relativamente frequenti mentre quasi nulle per quanto riguarda le opere classiche.

La collazione: Dopo aver recensito i testimoni, la seconda operazione è la collazione, cioè il confronto fra testimoni per rilevare le differenze. Si prende come modello un testo base (esemplare di collazione: edizione critica precedente, edizione a stampa, editio princeps, manoscritto più antico), gli altri testimoni vengono confrontati con esso e si registrano tutte le lezioni nelle quali il testimone diverge dal testo base. Da evitare come esemplare di collazione, i testimoni parziali dell’opera. È possibile procedere a collazioni automatiche con il supporto di materiale informatico, ma è impossibile codificare tutte le differenze che possono esserci tra un testimone e l’altro e l’intervento umano è sempre necessario. Una collazione automatica su base ottica esiste solo per i testi a stampa.

Recensio e constitutio textus: L’obiettivo del metodo stemmatico è quello di ridurre al minimo interventi soggettivi dell’editore nella ricostruzione del testo. La critica testuale è divisa in due fasi: la recensio (valutazione dei testimoni) e la constitutio textus (formulazione di un’ipotesi sull’originale basandosi sui dati della recensio). Quest’ultima fase è a sua volta divisa in selectio e emendatio. Il valore del singolo testimone e l’affidabilità della sua testimonianza si determinano in base ai rapporti che il testimone ha con gli altri testimoni dell’opera. Si viene a creare così una figura schematica, chiamata stemma codicum, un “albero genealogico” dei manoscritti. Una volta elaborato lo stemma codicum di passa alla ricostruzione del testo originario, che non sempre comporta scelte automatiche. Paul Maas chiama selectio la scelta fra due o più lezioni alternative. Quando due o più codici occupano lo stesso ramo dello stemma, il filologo dovrà procedere a ripristinare il testo soltanto con il proprio ingegno, basandosi su quello che conosce della lingua e dell’autore  questa operazione viene chiamata emendatio.

La recensio: Stemma storico e stemma ricostruibile: Lo stemma storico o reale di un’opera rappresenta la trasmissione dell’opera così come è veramente avvenuta. È molto importante conoscerlo perché permette di lavorare sui soli testimoni davvero importanti e escludere gli altri. In genere, però, oggi si conserva solo una parte dei testimoni che sono esistiti e le relazioni fra testimoni non sono dichiarate nei testimoni stessi e vanno ricostruite. In realtà, lo stemma storico di un’opera è inconoscibile. Non è mai possibile sapere con sicurezza quanti testimoni siano esistiti di una determinata opera.

La ricostruzione dello stemma: gli errori-guida: Il metodo più efficace per la ricostruzione dello stemma codicum è quello degli erroriguida. La parentela tra due o più testimoni è data dalla loro coincidenza in lezioni erronee. Se nel trascrivere un testo un copista commette un errore, tutti i copisti che in seguito utilizzeranno quella copia come modello riporteranno necessariamente lo stesso errore. Non è detto che le modifiche siano dei veri e propri errori, spesso sono cambiamenti volontari  si tende quindi ad utilizzare il termine di innovazione.

Per ricostruire lo stemma sono necessari i seguenti passaggi: 

Bisogna reperire i testimoni e effettuare la loro collazione;



Bisogna capire quale sia la forma originaria e quale l’innovazione. Le varianti adiafore sono le lezioni concorrenti sulle quali non è possibile effettuare un giudizio. Vengono prese in considerazione solo le varianti che sono senza dubbio innovazioni;



I testimoni con la stessa innovazione vengono raggruppati nella stessa famiglia, che rappresenta un ramo dello stemma.



Eventuali testimoni scomparsi verranno ipotizzati solo quando la loro esistenza può essere provata dai risultati della recensio.

Le innovazioni distintive: Per poter essere utile nella ricostruzione dello stemma, l’innovazione deve soddisfare due requisiti:

1. Errori congiuntivi: deve essere tale da poter essere prodotta una sola volta. Non hanno valore le innovazioni poligenetiche, cioè quelle che possono essersi prodotte in modo uguale in diversi testimoni ( salto da pari a pari: quando in un testo ricorrono a distanza di poche righe due espressioni uguali, un copista distratto può ripartire dalla seconda espressione, creando una lacuna);

2. Errori separativi: deve essere tale da non poter essere stata successivamente eliminata da un copista o redattore. Non hanno valore le innovazioni troppo facili da

individuare (errori grammaticali evidenti, introduzione di glosse: se queste ricorrono in più testimone si può supporre che siano state introdotte in un manoscritto da cui poi sono state tratte le altre copie che possediamo). Soltanto le innovazioni che rispondono a entrambi i requisiti possono essere considerate utili nella costruzione dello stemma codicum. Il caso più classico è la presenza di una lacuna consistente, tale da guastare in modo irreparabile il testo.

Il procedimento di copiatura e la tipologia delle innovazioni: Quando un testimone viene utilizzato come esemplare per ricavarne una copia viene chiamato antigrafo. Il testo copiato è detto apografo. Per analizzare il procedimento di copiatura si sono studiate le condizioni degli scriptoria medioevali e le tecniche di copiatura. La copiatura avveniva spesso sotto dettatura e ciò causava un determinato numero di errori a causa di una non perfetta comprensione dei suoni da parte dell’ascoltatore. Molti si generavano comunque in una lettura silenziosa poiché era una lettura interiore.

Le innovazioni si possono dividere in tre grandi categorie: a. Innovazioni involontarie e inconsapevoli: veri e propri errori che il copista ha commesso – fraintendimento del testo, sostituzione di una forma sbagliata con quella esatta, omissione, ripetizione, trasposizione. Le cause sono diverse, la principale è la distrazione del copista. Rientrano in questa categoria l’ errore polare , il salto da pari a pari o omeoteleuto (confusione tra parole che terminano nello stesso modo), omoearco (confusione tra parole che iniziano nello stesso modo). L’errore tipico della ripetizione è la dittografia (scrivere due volte di seguito la stessa sillaba/parola/frase). Questi errori sono facili da individuare se producono un testo insostenibile; al contrario spesso sono impossibili da individuare e quindi da emendare, come l’errore polare.

b. Innovazioni volontarie (o interpolazioni): sono le più difficili da individuare. Sono innovazioni prodotte consapevolmente dai copisti – riduzione (eliminazione di parti del testo considerate meno importanti), amplificazione (aggiunta di materiale: glosse, commenti, citazioni, esempi); rielaborazione stilistica , ipercorrettivismo, sostituzione di contenuto. Sono spesso difficili da individuare perché producono di solito un testo accettabile. Sono più facili da individuare per copie medioevali di autori classici, poiché quest’ultimi osservavano con rigore determinati canoni stilistici e formali, che gli autori del Medioevo non erano in grado di condurre. Più difficile è quando le innovazioni di sono prodotte nella tarda antichità o in età umanistica.

c. Innovazioni forzose: innovazioni che il copista non ha potuto evitare, a causa di guasti materiali dell’antigrafo. Possono essere anche molto estese. Sono in genere riconoscibile e quindi di grande aiuto nella costruzione dello stemma codicum.

I copisti che facevano una copiatura più pura e semplice, rispettando il più possibile l’antigrafo, producevano innovazioni per lo più involontarie e inconsapevoli. I copisti che invece portavano avanti una copiatura critica e intelligente tendevano ad intervenire sul testo: gli errori saranno per lo più volontari e più difficili da individuare.

Utilizzo dello stemma: eliminatio codicum descriptorium e eliminatio lectionum singolarium Alcuni testimoni possono risultare inutili per la ricostruzione dell’originale, in quanto derivano da altri testimoni ancora esistenti. Il testimone che deriva direttamente da un altro testimone ancora conservato viene detto descriptus. Quando riconosciuti, vengono eliminati con un’operazione detta eliminatio codicum descpriptorum. Il problema è determinare i criteri in base ai quali un descriptus può essere riconosciuto. Se esaminando un testimone troviamo delle lezioni spiegabili solo partendo da un altro testimone conservato, allora possiamo dire che il primo è un descripstus del secondo. Lo stemma codicum permette inoltre di eliminare le lectio singularis. Questa operazione viene chiamata eliminatio lectionum singolarium: in una tradizione molto ricca e pluriarticolata, la lezione portata da un singolo testimone, non avallata da altri testimoni, e dunque indiziata di essere prodotto dell’errore del singolo copista, può essere eliminata .

L’archetipo e i sub archetipi: Al vertice di uno stemma codicum possiamo avere due cose diverse: si può partire direttamente dall’originale, oppure da un testimone che è stato copiato direttamente dall’originale, da cui sono state tratte tutte le copie successive. Questo testimone viene chiamato archetipo. I primi discendenti dell’archetipo sono chiamati subarchetipi. In generale, si usa parlare di subarchetipi per indicare tutti i capostipiti dei vari rami dello stemma, anche quando l’esistenza dell’archetipo non è dimostrata. L’esistenza di un archetipo può essere dimostrata grazie alla presenza di un’innovazione comune condivisa da tutti i testimoni dell’opera.

La constitutio textus: La ricostruzione testuale è un processo meccanico. Le lezioni che restano dopo l’eliminazione sono quelle attestate nel punto più alto dello stemma. Quando la lezione dei subarchetipi è concorde, coincide allora con quella dell’archetipo o dell’originale. Se la lezione è discorde, occorre procedere alla scelta fra le lezioni ( selectio). Bisogna individuare anche se la lezione dell’archetipo sia quella originali; se non lo è bisogna passare alla correzione congetturale del testo ( emendatio).

La selectio: tradizioni bipartite e tradizioni multi partite: La selezione avviene in modo automatico se le lezioni sono tre o più di tre ( tradizione multipartita); se invece le lezioni sono due è compito dell’editore...


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