Etologia 50-100 PDF

Title Etologia 50-100
Author Federica Betuzzi
Course Etologia
Institution Università degli Studi di Genova
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Summary

Risposte alle domande d'esame. ...


Description

50. Predazione. I predatori sfruttano tutte le loro capacità per rendere più probabile la scoperta di sostanze commestibili e aumentare la probabilità che questa scoperta si possa trasformare in un vero e proprio pasto. Un meccanismo particolare per intensificare la percezione visiva delle prede è la formazione di una searching image, una rappresentazione mentale delle prede di cui si è alla ricerca. Le immagini di ricerca sono praticamente quelle forme e colori che stimolano immediatamente l’attività predatoria: solo i soggetti che rientrano in questo filtro mentale destano l’attenzione del cacciatore, mentre tutto il resto non suscita interesse e viene per così dire rimosso. Dopo l’individuazione della preda segue la sua cattura e in questo processo molte specie hanno evoluto vari stratagemmi. Ad esempio gli onicofori (artropodi primitivi) hanno un rene dotato di una ghiandola che produce una sostanza appiccicosa che emette attraverso due arti modificati vicino alla bocca, e può essere “spruzzata” anche a distanza. In questo modo invischia la preda prima di iniettargli la saliva letale. Esistono poi diverse strategie di caccia: •Imboscata, comune negli invertebrati, tra i vertebrati è usata dalle pantere che si appostano sugli alberi. •Avvicinamento, l’opposto dell’imboscata, si basa sulla capacità di aggirare le prede, di sfruttare i ripari, di interpretare i movimenti della vittima. Il leone si muove solo quando la preda è tranquilla, i lupi sanno riconoscere lo stato di stanchezza dell’alce. •Inseguimento, comporta l’intercettazione che consiste nel bloccare la preda in corsa tagliandole la strada.

51. Mimetismo e predazione. Il mimetismo non serve solo a proteggere una preda da un potenziale predatore, ma viene sfruttato anche dai predatori per nascondersi e avvicinarsi alle prede più facilmente. Infatti predazione e antipredazione sono due facce della stessa medaglia. A questo riguardo alcuni ricercatori parlano di un vero e proprio mimetismo aggressivo, intendendo per l'appunto con questo termine il fenomeno per cui un predatore si "maschera" opportunamente, simulando un altro animale o il substrato, allo scopo di non allarmare prima dell'attacco la sua preda. •La maggior parte delle mantidi adotta una colorazione mimetica: sono verdi quelle che vivono tra le foglie verdi, a macchie (grigio-marrone) quelle che stanno sulle cortecce. In questo modo mosche ed altri piccoli insetti non riescono a distinguere la mantide dal substrato, si avvicinano ad essa e vengono quindi immediatamente catturate e divorate.

52. Predazione nella rana pescatrice. Gli Antennaridi (tropicali) per la predazione si basano su due principali caratteristiche: il mimetismo e l'inganno. Infatti si mimetizzano perfettamente sul fondale, confondendosi con alghe, attinie e spugne, ed il primo raggio osseo della pinna dorsale non è legato al resto della pinna ma è libero, mobile e lungo. Questa estroflessione si chiama illicio e presenta all’estremità un brandello di pelle che imita un crostaceo isopode, che attira delle potenziali prede, speranzose in qualche succulento boccone. Quando una preda incuriosita dai movimenti dell’illicio si avvicina per ingoiare la finta esca, la rana pescatrice porta prima l’appendice un po’ all’indietro, poi ingoia l’animale che si è avvicinato.

53. Uso di trappole. Il formicaleone scava una buca conica nella sabbia e si apposta lasciando uscire dalla buca solo la testa e le mascelle, attendendo con pazienza. Quando una formica o altro insetto cade nella buca, non riesce a uscirne a causa dell'instabilità delle pareti e attira l'attenzione della larva facendo crollare verso il fondo numerosi granelli di sabbia. Lo stesso formicaleone lancia della sabbia alla sua preda, rendendo ancora più instabile la sua posizione nell'imbuto e facilitando la caduta verso la bocca. Una volta chiuse le mandibole sulla preda, la trascina sotto la sabbia, dove le inietta del liquido paralizzante digestivo che renderà liquido l'interno della preda, cosicché il formicaleone possa cibarsene semplicemente succhiandola.

54. Uso di utensili. Un individuo che usa utensili riesce ad ottenere cibo che è inaccessibile ai conspecifici che non usano attrezzi. Ad esempio l’avvoltoio africano rompe le uova di struzzo con delle pietre, il fringuello-picchio pesca con una spina gli insetti xilofagi, lo scimpanzé pesca termiti con una sonda-stelo d’erba.

55. Predazione e socialità. Gli animali che cacciano in gruppo riescono a combinare le loro forze per raggiungere il peso necessario ad abbattere la preda, la quale altrimenti potrebbe venire soggiogata solo da un individuo molto più grande di ciascun componente del branco. La caccia di tipo cooperativo attuata dai carnivori terrestri si è evoluta indipendentemente in 3 famiglie: quella dei gatti (Felidi), quella dei cani (Canidi) e quella delle iene (Ienidi). La funzione preminente del foraggiamento di gruppo di questi animali, non imparentati tra loro, è la cattura di massicci e pericolosi erbivori. •Quando le leonesse cacciano prede facili le attaccano singolarmente, mentre per prede difficili viene usato un attacco cooperativo.

56. Vantaggi e svantaggi delle strategie sociali nella caccia. Una volta catturata la preda, se più individui sono presenti intorno a essa, è più facile difenderla da altri animali, come iene e avvoltoi, che volessero approfittare di una fonte di cibo già pronta per essere consumata. Vivere in gruppo è una soluzione molto efficiente per difendersi dai predatori, o per difendere la fonte di cibo da altre specie che ne vorrebbero approfittare, ma sembra imporre limiti alla quantità di cibo disponibile per ognuno dei membri del gruppo: se più individui sfruttano la stessa fonte di cibo, c’è meno cibo per il singolo. La vita di gruppo può quindi sia aiutare l’animale in quelle attività che svolte in solitudine sono più costose, sia mettere i conspecifici in condizione di competere l’uno con l’altro. Le leonesse che tollerano la presenza delle proprie figlie e di altre femmine parenti possono convertire la perdita in un guadagno, in quanto gli individui che sfruttano i benefici della sua caccia condividono con essa dei geni.

57. Predazione nei ragni. Tutti i ragni sono predatori e si nutrono prevalentemente di inset, che catturano intrappolandoli in una rete di seta. Le tele dei ragni possono essere di diversi tipi a seconda delle strategie di cattura: quelle verticali pescano le prede al volo, in quelle orizzontali l’insetto cade dopo aver urtato i fili verticali. In alcuni ragni sociali esiste una forma di cooperazione nella cattura delle prede perché, grazie alle enormi ragnatele che riescono a costruire insieme, riescono a catturare prede molto più grandi. Alcuni ragni emettono un odore identico al feromone sessuale di farfalle notturne con cui impregnano una pallottola di seta, appesa a un filo di seta. Essi la fanno oscillare cercando di colpire e appiccicare la farfalla ingannata. Un altro ragno tesse ragnatele color giallo dorato perché le api tropicali ne sono attratte, in quanto quel colore indica la presenza di polline. Questi sono due casi in cui i ragni sono segnalatori illegitmi. Il ragno tesse un filo che tende come ponte da un oggetto a un altro. Per far questo protende in aria l’estremità posteriore del corpo da cui emette un lungo filo che viene trasportato dal vento. Compie diversi tentativi finchè il filo non incontra un oggetto. Una volta che è rimasto attaccato ad esempio ad un ramo, il ragno lo assicura anche al punto in cui si trova. Poi cammina lungo il filo e lo rompe trattenendo i due capi con le zampe e secerne posteriormente una sostanza filamentosa con cui incolla le due estremità e si lascia cadere fino al suolo appeso ad un nuovo filo che assicura a terra. Il ragno tesse ora l’intelaiatura primaria, formando una rete a raggiera, in cui esso costruisce la spirale ausiliaria. Questa è ben distanziata e riempie a grandi intervalli lo spazio tra i raggi e servirà al ragno come sostegno per tessere dall’esterno verso l’interno la spirale più stretta munita di goccioline appiccicose che servirà per la cattura della preda.

58. Agricoltura e allevamento nelle formiche. L’agricoltura è definita come la scienza e l’arte di produrre il proprio cibo e alcuni insetti (formiche, termiti e coleotteri) sembrano essere stati i primi ad inventare questa pratica. Molte specie di formiche sono obbligatoriamente dipendenti dalla coltivazione di un particolare fungo per nutrirsi. Li coltivano in camere sotterranee, concimando il giardino con detrito vegetale morto oppure, nel caso delle formiche tagliatrici di foglie, con frammenti di foglie tagliati da piante vive. Le formiche potano le ife evitando la formazione di strutture riproduttive e stimolando la crescita di punte rigonfie, che esse possono digerire abbastanza facilmente. Gli adulti riproduttivi portano il proprio fungo quando vanno a fondare una nuova colonia. Le formiche sono in grado di coltivare i funghi in monocolture axeniche (singola specie), nonostante la continua esposizione a microrganismi avvantaggiati. Questi funghi “estranei” possono avere un impatto drammatico sulla salute e sulla sopravvivenza degli orti delle formiche, in assenza delle quali sono in grado di prendere il sopravvento. Ma per favorire la sopravvivenza delle proprie colture, le formiche hanno un’associazione mutualistica con batteri filamentosi, i quali producono antibiotici con una potente attività antagonista e inibitoria contro il fungo estraneo. Le formiche hanno sviluppato particolari strutture corporee per ospitare e allevare questi batteri. •Le formiche si nutrono della melata prodotta dagli afidi. In cambio questi sono protetti dai loro nemici naturali, dai fattori abiotici, il fouling sulle foglie viene ridotto (la melata accumulata sulle foglie può essere attaccata da funghi che possono sterminare gli afidi), vengono trasportati in aree con alimenti di alta qualità. Per le formiche la melata è un’importante fonte di carboidrati ma possono anche cibarsi direttamente degli afidi, fonte di proteine.

strategie antipredatorie.

59. Diverse Le strategie

antipredatorie si rifanno essenzialmente a due modelli principali, molto spesso coesistenti e coordinati fra loro: uno fisiologico-etologico e uno genetico. Entrambi possono manifestarsi a diversi livelli di sviluppo, potendo coinvolgere sia gli stadi larvali che quelli adulti. I meccanismi che i diversi phyla animale attuano per evitare di essere mangiati sono: → Proteggersi grazie a strutture corporee quali esoscheletri, gusci, conchiglie, spine, aculei, pelle cheratinizzata e più in generale armamenti in grado di rendere l’animale più resistente o scarsamente appetibile. I nudibranchi sono gli unici molluschi senza conchiglia ma in compenso producono sostanze tossiche. →Atteggiarsi in maniera aggressiva e minacciosa. →Camuffarsi assumendo colorazioni e morfologie che simulano perfettamente il substrato o che ingannano il predatore. → Fuggire o nascondersi: allontanarsi dal pericolo, trovare un riparo o coprirsi con materiale adatto. Molti invertebrati ad esempio si infossano nella sabbia o nel fango.

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Organismi che utilizzano corpi estranei. Difendersi dai predatori tramite il rivestimento con corpi estranei è una tecnica super primordiale, perché esistono molte specie di amebe che sono definite tecate in quanto si costruiscono dei “vestitini” a partire da materiali di varia origine (ad esempio posizionano le spicole di spugna aghiformi rivolte tutte all’esterno, cosi sono protette come da un guscio di castagna). I tricotteri, che allo stadio larvale vivono nei laghi di montagna, se rimangono nei loro foderi (astucci composti da foglie secche, detrito, ramoscelli,…) non vengono mangiati dai tritoni. La cimice assassina africana riveste il proprio corpo con sabbia e polvere e accumula sul proprio dorso un carico di resti, specialmente i corpi rinsecchiti dei piccoli insetti che la cimice ha ucciso, e questo mascheramento funziona, perché le formiche guerriere ignorano le cimici che non sono state private della loro schermatura. I paguri senza una conchiglia andrebbero incontro a morte certa, ma questa non deve essere né troppo grande, perché sarebbe troppo pesante da trasportare, né troppo piccola,

perché non riuscirebbe ad entrarvici (fattore limitante).

61. Mimetismo. Il mimetismo è una forma di difesa adottata dalle prede per proteggersi dagli attacchi dei predatori. È un adattamento che provoca generalmente un dispendio energetico nel predatore per individuare la preda. Il mimetismo si può dividere in due categorie: •criptico o camuffamento. È il fenomeno per cui le prede assumono forme e colorazioni tali al substrato per sfuggire alla vista di potenziali predatori. Il criptismo però, per essere efficace, deve essere associato ad un particolare comportamento: l’animale deve rimanere immobile o muoversi molto lentamente, deve scegliere un substrato di colore opportuno in modo che sia il più simile possibile alla propria livrea e assumere una posizione il più adeguata possibile allo scopo. Molti insetti che sono mimetici sulle piante devono mettersi in una posizione ben precisa per passare inosservati. Il criptismo può essere di omocromia o di omomorfia. •aposematico. La tossicità di un organismo viene segnalata con colorazioni molto vistose. Queste specie sono organismi inappetibili o disgustosi al predatore.

62. Omocromia. La mimesi consiste nel presentare colorazioni uguali a quelle del substrato o nel minimizzare l’effetto delle ombre. •Farfalle ad attività notturna che stazionano durante il giorno su tronchi di albero dove risultano scarsamente visibili grazie alla colorazione delle loro ali e alla loro immobilità, mantenuta anche in caso di stimolazioni estreme. •Un tipo di ragno-granchio si presenta giallo o bianco a seconda dei fiori sui quali sosta, emettendo o riassorbendo una particolare secrezione giallastra. •Un crostaceo può cambiare il proprio colore a seconda delle alghe su cui si muove. •Bruchi di alcune farfalle sono in grado di imitare perfettamente il colore degli escrementi degli uccelli, il cui colore non suscita alcun interesse ai predatori.

63. Omomorfia. L’effetto di mimesi si ha per assunzione di forme simili al substrato. Maestri di camuffamento sono scorpion fish (velenosi, dotati di spine o aculei sulla pinna dorsale) e frog fish che riescono a confondersi perfettamente con rocce, coralli, spugne. Alcuni, se visti lateralmente, possono assomigliare ad un’alga. L’imitazione di foglie o fiori o spine è prerogativa quasi esclusiva degli insetti, in particolare dei lepidotteri. Molto caratteristici sono i cosiddetti inset stecco appartenenti all’ordine dei Fasmidi, che possiedono una forma e una colorazione sorprendentemente simili a quella di un ramoscello e possono presentare variazioni cromatiche a seconda della pianta nella quale vivono. In genere questi insetti stecco sono molto poco mobili, rimangono appoggiati o appesi alla pianta con le sole zampe posteriori, tenendo l’addome inclinato rispetto al fusto e lasciandosi dondolare dal vento. La somiglianza con foglie però si riscontra anche in molti anfibi. •Alcuni pesci sembrano foglie comuni nei mangrovieti, anche il loro movimento è simile a quello delle foglie in mare mosse dalla risacca. •Alcuni cavallucci marini e gasteropodi hanno delle protuberanze, dette caruncole epiteliali, che ricordano i polipi delle gorgonie.

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Cambiamenti di colore e cromatofori. Un particolare tipo di omocromia è quella dinamica, caratteristica di cefalopodi e sogliole, i quali possono cambiare colorazione in base al substrato grazie alla variazione di pigmenti contenuti in apposite cellule ramificate, chiamate cromatofori. Questo cambiamento è regolato dagli occhi e da un complesso sistema di coordinazione nervosa che fa sì che i pigmenti vengano concentrati o distribuiti all’interno del cromatoforo.

65. Contrombreggiatura (omocromia). Esiste un mimetismo criptico che si basa sulla contrombreggiatura, per la quale la parte dell’animale che è esposta alla luce è più scura per compensare l’ombreggiatura ed evitare di essere predati. Questo tipo di mimetismo lo ritroviamo ad esempio nei pesci che vivono in mare aperto, i quali sono caratterizzati da un colore azzurro intenso sul dorso, perché è simile al colore del fondo, e da un azzurro chiaro/bianco sul ventre, una colorazione chiara come la superficie del mare.

66. Colorazioni disruptive e somatolisi. Hanno lo scopo di scomporre la sagoma dell’animale grazie a macchie o righe , in modo da non far capire dove siano la testa e la coda. Sono presenti in molti cuccioli di mammiferi, in particolare tra gli ungulati. Ad esempio i caprioli hanno un mantello cosparso di macchie biancastre mentre i piccoli di cinghiale si presentano striati. La colorazione chiara e scura alternata imita il gioco di luci ed ombre che si osserva tra l’erba alta e nel sottobosco e fa sì che il corpo dell’animale risulti un tutt’uno con l’ambiente circostante (somatolisi). Un altro esempio di somatolisi nei mammiferi è rappresentato da zebre, tigri e leopardi. Possono servire anche per tendere agguati, ad esempio la vipera del Gabon è caratterizzata da macchie nere, brune e grigie che la fanno assomigliare ad un mucchio di foglie morte. In particolare poi delle macchie nere triangolari distolgono l’attenzione dall’esatta individuazione degli occhi.

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Colorazioni aposematiche. Sono colorazioni di avvertimento, gli animali invece di nascondersi si rendono molto visibili perché sono tossici, inappetibili. Il segnale visivo diventa fondamentale in quanto un predatore che abbia fatto una serie di esperienze negative “assaggiando” una preda disgustosa e vistosamente appariscente, sarà in grado di associare al messaggio visivo aposematico la sensazione di disgusto ed eviterà di predare nuovamente individui che presentano quelle specifiche caratteristiche cromatiche. A differenza di quelle criptiche che fanno di tutto per nascondersi, le specie aposemantiche hanno abitudini diurne ed ostentano in modo deciso la loro presenza. I colori maggiormente diffusi e usati come segnale di avvertimento sono giallo, nero, rosso, arancione, azzurro e tut i colori accesi, che accostati tra loro creano un pattern molto vistoso e facile da ricordare. •Lepidotteri ed imenotteri hanno colorazioni aposematiche associate alla loro capacità di secernere, tramite punture, sostanze chimiche più o meno tossiche. Molte farfalle ad esempio sono capaci di secernere acido cianidrico, istamina, acetilcolina o alcaloidi. •Esempi: farfalla zigena, polpo anelli blu, spugne colorate (ma nelle spugne c’è anche criptismo! O bucano la roccia, i clionidi, o si nascondono sotto di essa).

batesiano.

68. Mimetismo

Si tratta dell’imitazione di una specie aposematica (modello) inappetibile, da parte di una o più specie non protette (mimi) che invece sono appetibili, allo scopo di ingannare un predatore comune. Però le specie tossiche devono essere più numerose di quelle innocue. Se i mimi cominciano ad essere più numerosi dei modelli il bluff diventa inefficace perché i predatori inizieranno nuovamente a cacciare quella specie finchè non cattureranno nuovamente un soggetto velenoso. La maggior parte dei platelminti, organismi innocui, mostrano colorazioni molto vicine a quelle dei nudibranchi, che sono tossici. Un oloturia tropicale in fase giovanile imita forma e colore di un nudibranco ma, nel momento in cui la taglia del mimo supera quella del modello e la ''maschera'' non è più credibile, l’oloturia cambia livrea assumendo colorazioni criptiche. Un altro esempio è costituito da un’anguilla tropicale che presenta una livrea a strisce bianche e nere identica a quella del velenosissimo serpente Laticauda colubrina.

69. Mimetismo mulleriano. Il mimetismo mulleriano consiste in una particolare relazione che si stabilisce tra due o più specie tossiche che adottano una colorazione aposematica molto simile. Se in uno stesso ambiente ci sono più specie inappetibili diverse tra loro ed un comune predatore, quest’ultimo deve imparare a riconoscerle assag...


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