Ettore Rocca, Kierkegaard e il tragico PDF

Title Ettore Rocca, Kierkegaard e il tragico
Author Chiara Vianelli
Course Filosofia
Institution Liceo (Italia)
Pages 3
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Summary

Riassunto del saggio di Ettore Rocca "Kierkegaard e il tragico"...


Description

KIERKEGAARD E IL TRAGICO Saggio a cura di Ettore Rocca! La riflessione di Kierkegaard sulla figura di Antigone è racchiusa in un testo intitolato “Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno”, contenuto nella parte prima del volume Aut-Aut, riscoperto in un antico scrittoio dal compilatore ed editore fittizio dei testi Victor Eremita (uno degli pseudonimi di Kierkegaard), che attribuisce la prima parte al lavoro di un estetologo (A) e la seconda a quello di un magistrato, Wilhelm (B).! Il testo, di circa 30 pagine, nasce come conferenza letta davanti a symparanekròmenoi (=coloro che sono morenti insieme a me), e si può suddividere in tre parti:! 1) introduce il concetto di tragico e dice come esso opera nella tragedia antica e in quella moderna ! 2) si rivolge agli altri membri della società (symparanekròmenoi) e chiarisce la natura della società ! 3) applica i principi enunciati nella prima parte! Prende un esempio eminente di tragedia antica, l’ Antigone, e la racconta; narra quale dovrebbe essere la storia di Antigone in base ai principi di una possibile tragedia moderna nella quale ci siano i riflessi dell’antica.! Il punto di partenza della riflessione di Kierkegaard sul tragico è la differenza che Hegel distingue nelle sue Lezioni di estetica fra dramma antico e dramma moderno: nella tragedia antica il principio dell’azione è “sostanziale” (es. stato, patria, famiglia), sovraindividuale; mentre nella tragedia moderna il principio dell’azione è la soggettività, l’interiorità.! a. Secondo l’estetologo (Kierkegaard), pur essendoci una differenza tra tragedia antica e moderna, il “tragico stesso” permane e costituisce l’elemento unificatore tra le due! b. dunque, piuttosto che ricercare le differenze, è necessario scoprire ciò che è proprio del tragico, così che il tragico stesso possa venire alla luce nel tragico moderno! c. Nonostante ciò non ci dà una riposta alla domanda se il nostro tempo richieda il tragico! d. Il tragico è un Mellemting, una collisione, una cosa a mezzo tra due estremi, una contraddizione; così come lo è anche l’interesse estetico del tragico. Il tragico crolla che uno dei due membri della collisione prevale, distruggendo l’altro ! A analizza poi il concetto di colpa nella tragedia antica, l’amartìa, l’errore, che contiene una autocontraddizione: è insieme colpa e innocenza, è il frammezzo tra colpa soggettiva e colpa ereditaria, è quindi colpa e non-colpa (esempio trilogia tragica di Sofocle: Edipo a Colono- Edipo Re- Antigone). In epoca moderna invece impera la riflessione e l’individuo diventa responsabile delle proprie azioni, scompare l’aspetto ereditario della colpa —> il conflitto del tragico viene a cadere: l’individuo moderno vuole essere creatore di se stesso e per questo non è tragico ma disperato! “MA per originale che sia, ogni individuo è pur figlio di Dio, del suo tempo, del suo popolo, della sua famiglia, dei suoi amici, e qui soltanto ha la verità, e se in tutta questa sua relatività vuol essere assoluto, diventa ridicolo!”! L’individuo tragico soffre, patisce! L’estetologo distingue tra due tipi di Liden (dolore, sofferenza):! • Sorg= pena, affanno —> sofferenza legata al sostanziale, non ne si conosce l’origine! • Smerte= dolore —> nasce dalla riflessione e dalla presa di coscienza sulla sofferenza, è legata alla soggettività ! Kierkegaard fa un esempio: un bambino che vede un vecchio soffrire prova pena, perché non ha riflessione per provare dolore, per trovarne la causa; mentre un anziano che vede un giovane soffrire è capace di trovare ragione e dunque prova dolore.! Quindi la pena è legata all’oscurità, mentre il dolore alla trasparenza ! Nella tragedia antica la pena è più profonda, minore il dolore; nella tragedia moderna il dolore è più grande, minore la pena.! Il conflitto è tra pena e dolore —> si genera il conflitto tragico, che si ripete nell’animo dello spettatore che così com-patisce!

Nella modernità invece con la riflessione sulla pena si passa al dolore trasparente! Dalla pena derivata dalla colpa si passa al dolore per il peccato —> questo dolore è pentimento! Il pentimento è personale e soggettivo, ha una sacralità che oscura l’estetico, non vuol essere visto, soprattutto dallo spettatore; esige un travaglio personale ! Il conflitto tragico non esiste più, lo spettatore perde la sua funzione di com-partecipante! Allo spettatore non resta che gridare “Aiutati che Dio t’aiuta!”! Lo spettatore ha perso la compassione, che è la vera e propria espressione del tragico! Il risultato è che il tragico nel mondo moderno è morto, e quindi l’estetico nel nostro mondo è morto! Al conflitto tragico ed estetico del mondo antico si sostituisce la contraddizione assoluta di Cristo: essere uomo singolo e insieme Dio, nonostante la vita di Cristo risulti superiore a ciò che si lascia esaurire in determinazioni estetiche, poiché l’estetico giace nella relatività, mentre l’identità di un assoluto agire e di un assoluto patire (propria di Cristo) appartiene al metafisico, è al di sopra delle forze dell’estetico! Slittamento dalla pena al dolore, dalla melanconia alla disperazione, dalla colpa al peccato, dalla pena per la colpa al pentimento del peccato, dal tragico al religioso, dalla compassione estetica del pubblico alla compassione cristiana di Cristo, dalla consolazione estetica del tragico alla grazia, la salvezza religiosa, dall’estetica alla psicologia, dalla tristezza del tragico, che è la compresenza di gioia e dolore, alla scissione nei due momenti di pena del peccato e gioia della salvezza.! Nell’Estetica Hegel sostiene che il dramma sia l’arte nel suo tentativo più alto e perfetto di espressione —> se la tragedia non è più possibile, allora è l’arte stessa ad essere morta! Interiorizzando il conflitto tragico l’artista non è più capace di uscire da se stesso e di comunicare, la poesia è “l’infinito risuonare in se stesso dell’urlo (di dolore)”! Nel passaggio dal mondo greco al mondo cristiano, nel momento in cui tutte le determinazione greche si tramutano in Cristo, non c’è più spazio per il tragico.! In realtà il tragico non può dirsi morto, perché resuscita nell’estetizzazione del religioso: il nostro mondo estetizza le determinazioni religiose, fa di Cristo qualcosa di tragico.! L’estetizzazione può avvenire in due modi:! 1) facendo confusione tra categorie greche e cristiane —> ne risulta un tragico comico! 2) riconoscendo, come fa l’estetologo, la trasformazione del paradigma del mondo cristiano, sapendo che nel mondo moderno il tragico come tale non può esistere; e tuttavia prova a raccontare una tragedia moderna, un’Antigone moderna, con le determinazioni del mondo cristiano, il proprio conflitto tragico e il proprio valore estetico! Quindi sarà necessario inserire un momento di innocenza nel dolore tragico, un momento di oscurità nel dolore trasparente, per resuscitare l’opposizione tragica della vecchia tragedia, nonostante sia rimodernata.! • Nella nuova tragedia Antigone sa della colpa di Edipo, e la sua nuova determinazione è l’angoscia: l’angoscia è differente dalla pena perché è riflessione —> è riflessione perché ha un oggetto per cui angosciarsi.! L’angoscia è una determinazione tragica perché è ambigua: ama e teme il proprio oggetto, è continua e allo stesso tempo istantanea.! La pena appartiene al presente, mentre nell’angoscia è contenuta una riflessione sul tempo, passato o futuro.! • In lei c’è una colpa tragica: infatti nonostante l’epoca sia quella della riflessione, la colpa del padre la tormenta; se così non fosse non ci sarebbe tragico.! • Il conflitto tragico è anche nel suo sapere: nella nuova tragedia Edipo è morto, e Antigone non sa e non potrà mai sapere se il padre fosse consapevole della propria colpa.! Quindi Antigone ha un segreto, di cui è l’unica a conoscenza in tutto il mondo! “Seppure viva, in un altro senso è morta” —> il suo segreto infatti è accessibile solo a dei morti: può comunicare solo con Edipo, con un morto, con il ricordo di un morto.! L’amore per suo padre la porta, sola, all’interno della sua stessa colpa.!

Uscendo dai conflitti del suo animo egli immagina Antigone “mortalmente innamorata"! Il conflitto è quello tra amore di apertura (amare è aprirsi, svelarsi all’altro) e amore di chiusura nella fedeltà del padre! Si reca dunque alla sua tomba dove respira l’aria della morte; qui la trova suo marito —> MA è già sposa del proprio segreto, non può tradirlo! Per questo l’amore è una condanna a morte, o del proprio segreto, o dell’amore stesso! Se anche decidesse di amare l’altro e di rivelare il segreto, nell’istante in cui lo fa si riunisce al segreto, alla morte! Deve morire, perché la morte stessa a cui ha deciso di restare fedele, lo ha deciso! Antigone muore per mano di un morto, per mano del ricordo di un morto —> Antigone, anche se viva, è già morta, e nella morte trova pace, al prezzo di appartenere eternamente alla morte e mai poter morire alla morte! Il saggio su Antigone è letto davanti a una società di cui il conferenziere stesso è membro, la società dei symparanekròmenoi (=coloro che sono morenti insieme a me), definiti nel testo dei “sepolti”! Ma li chiama anche πεισιθάνατοι (coloro che si persuadono a morire) Lo scritto Silhouettes è ancora più esplicito: la conferenza è tenuta al solstizio d’estete, giorno della nascita di san Giovanni, in Danimarca festeggiato come il giorno della luce! MA l’estetologo intona un inno alla notte! I symparanekròmenoi sono i figli della “silenziosa notte”; il silenzio è contrassegno della notte come di Antigone! Sono morti e figli della morte; la morte è loro speranza e conforto.! Anche Antigone è morta e figlia di un morto (Edipo), morta e figlia di penna di un morto (è opera dell’estetologo, a cui ha confidato il suo segreto)! Entrambi (Antigone e estetologo) sono figli del silenzio ma comunicano all’interno del regno della morte! —> La morte è dunque il luogo da cui è stato scritto questo testo! Per chi scrive dal regno dei morti è impossibile scrivere un lavoro perfettamente compiuto, deve essere un frammento, interrotto come un messaggio intermittente dall’oltretomba ! Per noi vivi queste carte sono carte postume, perché scritte dalla morte!

• Questa struttura di reperto-segreto-scritto postumo è ripetuta a livello dell’intera struttura di



Aut-Aut: lo scrittoio, che custodisce il segreto, è oggetto della cura di Victor Eremita; come l’innamorato di Antigone Victor non riesce a carpire il segreto dello scrittoio (le carte sono contenute in uno sportello segreto). Nel momento in cui Victor sta per distruggerlo con un’accetta per recuperare dei soldi incastrati il sécretaire rivela il segreto —> il silenzio si rivela involontariamente; allo stesso modo Antigone rivela il suo segreto nel momento del trapasso, della morte, come Epaminonda che, ferito nella battaglia di Mantinea, lasciò che il dardo restasse nella ferita finché non avesse udito che la battaglia era vinta, sapendo che sarebbe morto se fosse stato estratto.! Questa struttura si ripete anche a livello autobiografico, Kierkegaard traspone nella sua Antigone moderna la propria storia: Antigone è Kierkegaard, l’innamorato è Regine Olsen, il segreto è la colpa segreta del padre.!

Duque, nonostante il tragico sia morto, il mondo moderno si comporta come se il religioso fosse tragico, estetizzando il cristianesimo. ! Il tentativo dell’estetologo di raccontare un tragico moderno ci narra di un’Antigone che è una morta che cammina, una storia scritta dal regno dei morti —> un tragico che è a servizio della morte! Il tragico, l’estetico, l’arte è il demoniaco, il peccato, è l’anticristo.! O il tragico diventa comico, o è prodotto dal regno della morte e del peccato.! Tuttavia si può trovare un’altra estetica in Kierkegaard nel Concetto d’angoscia, un’estetica seconda, non per la morte, ma per la vita.!...


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