Fascismo - Riassunto riguardo il periodo fascista PDF

Title Fascismo - Riassunto riguardo il periodo fascista
Author ELISA BRAVETTI
Course Storia
Institution Liceo (Italia)
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Riassunto riguardo il periodo fascista...


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LE ORIGINI DEL FASCISMO 1919 – 1926 Dopoguerra italiano Anche l’Italia, come gli altri paesi usciti dal conflitto mondiale, dovette fare i conti con problemi che gravavano notevolmente sull’economia quali il debito pubblico, l’inflazione con il conseguente aumento dei prezzi, la conversione dell’industria bellica, che ora doveva essere ridimensionata ed adeguata alle necessità del Paese, e il rinserimento nel mondo del lavoro dei reduci di guerra. Il carovita causò un’ondata di sommosse e scioperi soprattutto nell’Italia centro-settentrionale. Il governo di Vittorio Emanuele Orlando cadde a causa delle difficoltà riscontrare nel far valere le proprie rivendicazioni territoriali alla conferenza di pace di Parigi; in quest’occasione infatti l’Italia, oltre ai territori promessi nel trattato di Londra (Trentino, Alto Adige, Venezia Giulia, Istria, Dalmazia, Valona e Dodecaneso), chiedeva anche l’annessione della città di Fiume, abitata in prevalenza da italiani. Tuttavia questa richiesta venne respinta dalle nazioni vincitrici e in Italia iniziò a diffondersi il malcontento per una “vittoria mutilata”. A tal proposito il 12 settembre 1919, 2000 legionari guidat da D’Annunzio occuparono la città, attuando di fatto una rivoluzione che ci si aspettava potesse venire da sinistra (socialisti+comunisiti) e non da destra. L’occupazione durò 15 mesi e causò la caduta del governo, al quale succedette Francesco Saverio Nit. Con il trattato di Rapallo del 1920 si sarebbe dovuta concludere l’occupazione presso Fiume, dichiarata città libera e non appartenente né all’Italia né alla Iugoslavia. D’Annunzio però si arrese solo in seguito al bombardamento che l’esercito attuò presso la città. Durante il suo governo Nitti approvò la legge del sistema proporzionale, il quale, invece di privilegiare il singolo candidato, assegnava i seggi ai partiti che promuovevano un certo numero di liste, e indisse nuove elezioni. I liberali persero e al governo si susseguirono Nitti, Giolitti, Bonomi e Facta fino al 1922, tutti caratterizzati da una fragilità di fondo. Il biennio rosso 1919 – 1920 In seguito al mancato mantenimento delle promesse riguardo le terre che sarebbero dovute spettare ai contadini reduci di guerra, ci fu un notevole incremento delle partecipazioni alle organizzazioni sindacali come la Federterra (CGDL) e la Confederazione italiana dei lavoratori (sindacato cattolico) e agli scioperi, che si tradussero in occupazioni illegali di terre che venivano espropriate dai proprietari. Nel mondo dell’industria nacquero i consigli di fabbrica, di orientamento comunista, sostenuti da Antonio Gramsci, i quali volevano rappresentare tutti gli operai della fabbrica, anche quelli non iscritti al sindacato, e controllare gli indirizzi produtvi e l’organizzazione del lavoro (soviet). Gli operai iniziarono ad adottare l’ostruzionismo, ovvero il rallentamento della produzione, e i padroni risposero con le serrate, ovvero la chiusura degli stabilimenti e i licenziamenti. Lo scontro decisivo ci fu nel 1920 quando la FIOM (sindacato degli operai metallurgici) chiese il rinnovo del contratto, che non venne concesso; quindi gli operai occuparono le fabbriche, gestendo loro stessi la produzione ed impedendo l’entrata dei proprietari. Tuttavia alla fine questa sfida al padronato si rivelò una sconfitta. Gli industriali reagirono con la creazione di una nuova organizzazione, volta a fronteggiare le rivolte operaie, la Confindustria. Questa era un’altra delle conseguenze dello Stato liberale, in cui tutti contro tutti iniziarono ad organizzarsi autonomamente, abbandonando lo Stato come sede di mediazione politica. I partiti del dopoguerra Il Partto SOCIALISTA, nonostante avesse ottenuto la maggioranza alle elezioni del 1919, risultava molto fragile a causa della lotta interna tra massimalist, guidati da Serrat, che mirava alla creazione di una repubblica socialista su modello bolscevico, e riformist, guidati da Turat, che mirava a continuare il programma riformista di Giolitti, al fine del dialogo con la classe dirigente liberale. Al congresso del ’19 prevalse Serrati e venne approvata l’adesione alla Terza Internazionale. Di fatto l’estremismo massimalista fu soltanto verbale, poiché non venne presa nessuna iniziativa legislativa significativa. All’interno del Partito socialista vi era anche una corrente più estremista, ostile sia ai massimalisti che ai riformisti: i comunist. Il loro pensiero si diffuse principalmente a Torino con il gruppo “L’Ordine Nuovo” cui aderirono Gramsci, Tasca, Togliatti e Terracini e a Napoli, dove l’esponente Bordiga venne definito astensionista per il suo rifiuto verso le elezioni, ritenute un inutile rito della democrazia borghese. Nel 1921, in occasione del congresso di Livorno, venne fondato il Partto COMUNISTA d’Italia (PCDI). A questo si unì nel 1919 anche il nuovo Partto POPOLARE italiano (PPI), di matrice cattolica, guidato da don Luigi Sturzo. Il partito ebbe l’appoggio esplicito di papa Benedetto XV e delle classi più umili meridionali. Alle elezioni del 1919 socialisti e popolari avrebbero avuto la maggioranza in parlamento se si fossero alleati, ma questo non poteva accadere a causa degli ideali troppo divergenti; d’altra parte nessuno dei due intendeva allearsi con la minoranza liberale, perciò non si formò nessun governo stabile. Nitti cadde nel giugno 1920.

IL FASCISMO 1910Nacque il Partito Nazionalista di Giolitti 1919 Nacque il movimento rivoluzionario dei Fasci italiani di combattimento, fondato da Benito Mussolini, al quale aderirono ex soldat ed ex socialist, che si definivano antiborghesi, antisocialisti, anticlericali e antimonarchici. Il movimento ricevette l’appoggio intellettuale dei futurist e la forza armata degli “ardit”, ex militari operanti nelle aree più rischiose. Mussolini, precedentemente direttore del quotidiano socialista “Avanti!”, venne espulso dal partito nel ’14 quando assunse posizioni massimaliste e diventò direttore del giornale nazionalista “Il Popolo d’Italia”. Dato che le elezioni politiche del ’19 erano state deludenti per il movimento, Mussolini decise, a partire dal ’20, di cambiare il suo programma politico, scegliendo la violenza come principale arma. L’offensiva delle squadre d’azione fasciste si identificò nel fascismo agrario, ovvero nell’alleanza di Mussolini con i grandi proprietari terrieri in funzione antisindacale e antisommossa: vennero organizzate spedizioni punitve (manganello, olio di ricino) improvvisate da capi politico-militari (ras), che avevano lo scopo di “convertire” al fascismo tutti gli oppositori politici: socialisti, cattolici, operai e contadini con intenti rivoluzionari. A causa del timore che le squadre fasciste incutevano per la loro violenza, il movimento dei Fasci ottenne l’appoggio e i consensi dei borghesi, degli agrari e degli industriali, ma anche dei funzionari dello Stato, della magistratura e della polizia, che non intervenne mai per difendere la legalità. La democrazia ormai era stata abbondonata come ideale politico ed aveva lasciato il posto a quella che si sarebbe potuta tradurre, di lì a poco, in una guerra civile. Mussolini aveva presentato il fascismo contemporaneamente come forza d’ordine, restauratrice dello Stato liberale, e forza rivoluzionaria, disposta a sovvertirlo: in questo modo riuscì a sconfiggere i “rossi” con la violenza e a mostrarsi come un valido punto di riferimento per i moderati. Giolit, capo del governo nel ’21, pensò di poter sfruttare la violenza del fascismo per porre fine alle rivoluzioni socialiste, con l’obiettivo in seguito di indurre il movimento ad abbandonare metodi violenti ed illegali, includendolo in uno schieramento liberale. A tal fine inserì i candidati fascisti nelle liste liberali dei Blocchi nazionali, che vinsero le elezioni del 15 maggio 1921. Ovviamente le aspettative giolittiane vennero ben presto disattese e Mussolini concesse solo il Patto di pacificazione tra socialist e fascist, in cui si impegnava a porre fine alle reciproche violenze; di fatto il patto, che suscitò ribellioni nel fascismo agrario, venne cancellato dopo pochi mesi. 19217 novembre: fondazione Partto NAZIONALE FASCISTA (PNS), il cui programma era inizialmente incentrato su una politca estera nettamente anttedesca, su un’economia liberista e su solide alleanze parlamentari, in modo da stringere rapporti con i nazionalisti e i popolari. Mussolini attenuò il suo anticlericalismo, riuscendo così ad ottenere anche il sostegno del Vatcano, oltre a quello del re Vittorio Emanuele III. 192226 ottobre: MARCIA SU ROMA organizzata da Mussolini e guidata dal suo quadrumvirato (Balbo, De Vecchi, De Bono, Bianchi), il quale mobilitò le squadre fasciste che mossero da Napoli verso Roma occupando prefetture, stazioni e posti di blocco. Il 27 ottobre Luigi Facta, capo del governo, si dimise. Il 28 ottobre 25000 uomini si accamparono intorno a Roma e il re si rifiutò di proclamare lo stato d’assedio, che avrebbe consentito di impiegare l’esercito contro gli squadristi e, al contrario, il 29 ottobre invitò Mussolini a Roma per affidargli la guida del governo. Il 30 ottobre il nuovo governo di collaborazione parlamentare era già varato e Mussolini fu nominato anche Ministro degli Interni e degli Esteri. DOPPIO BINARIOSalito al governo, Mussolini da una parte continuò il dialogo con le forze politiche di centro e di destra (capitalismo+chiesa) e si unì con nazionalisti e popolari, causando le dimissioni di Sturzo; dall’altra continuò a servirsi della violenza per affermare il suo potere (a dicembre del ’22 infatti i squadristi uccisero una 20ina di sindacalisti e operai a Torino). Decise di integrare le squadre di camicia nera nello Stato, affiancandole all’esercito nazionale nella Milizia volontaria per la sicurezza nazionale (MVSN) in modo da avere un esercito personale in caso di conflitto con il re. Infine creò il Gran consiglio del fascismo, costituito da tutti i membri del Partito e tutti i ministri fascisti, con il compito di indirizzare l’azione del governo. Il governo Mussolini si basava su una politca economica liberista, a favore degli imprenditori e dei capitalisti che lo avevano sostenuto, e corporatva, al fine di eliminare libertà sindacali e controllare rivolte operaie. Misure adottate da Mussolini per favorire i settori di coloro che avevano favorito la sua ascesa e per eliminare i vincoli imposti al mercato e alle imprese dall’economia di guerra:  Abolizione della legge sulla nominatività dei titoli azionari, i quali, privi di nome, non erano più riconducibili ai possessori, sgravati così dalle tasse;  blocco dell’inchiesta sui profitti di guerra, la quale mirava a tassare maggiormente coloro che avevano tratto profitti dal conflitto;  abolizione monopolio statale delle assicurazioni

Crebbe il PIL e aumentò il profitto dei privat (conseguenza anche della riduzione dei salari nel settore sindacale), mentre vennero abolite tutte le conquiste ottenute da contadini e operai nel biennio rosso. Il 21 dicembre venne varato il Patto di palazzo Vidoni, in cui si stabilì lo stretto rapporto tra il sindacato unico fascista e la Confindustria, riuniti nella Confederazione delle corporazioni, al fine di affossare l’autonomia sindacale. 1924elezioni basate su una nuova legge elettorale, che prevedeva un premio di maggioranza, il quale penalizzava le minoranze, poiché assegnava 2/3 (66% di premio) dei seggi parlamentari in più a chi avesse ottenuto il 25% dei voti. Mussolini presentò alle elezioni il listone, una lista unitaria che raggruppava tutte le forze che appoggiavano il governo (fascisti+liberali) che vinse, anche se per poco, sugli schieramenti politi opposti. DELITTO MATTEOTTIIl 30 maggio il deputato socialista Giacomo Matteot denunciò in Parlamento le irregolarità e le violenze che avevano segnato la campagna elettorale (Mussolini aveva cercato l’appoggio anche degli avversari politici socialisti, in modo da ottener sostegno da tutti gli schieramenti al fine di un governo solido e stabile) e il 10 giugno fu rapito e assassinato da una squadra fascista. L’evento indignò l’opinione pubblica e segnò l’inizio di una grave crisi per il partito fascista: all’interno del movimento ci fu una scissione tra chi era pro e chi era contro il delitto; le opposizioni non parteciparono ai lavori del nuovo governo e si ritrarono in un metaforico “Aventno”, rivolgendo un appello al re affinché ripristinasse la legalità. Tuttavia le opposizioni indugiarono troppo poiché non riuscivano a trovare ideali concordi (avrebbero dovuto trovare un candidato comune per far deporre Mussolini, ma non ci riescono) e per paura dello scoppio della guerra civile non presero iniziativa, dando modo a Mussolini di prendere tempo e di riaprire le Camere il 3 gennaio 1925: in quest’occasione Mussolini ammise la propria responsabilità del delitto Matteotti. A novembre venne varata la legge sulle associazioni segrete, che obbligava quest’ultime a dare conto alle autorità di sicurezza dei propri soci e delle proprie iniziative: in questo modo venivano minacciate tutte le organizzazioni, che non avevano più libertà di associazione. Era l’inizio del REGIME DITTATORIALE. STATO TOTALITARIOquello di Mussolini è un fascismo totalitario “imperfetto” poiché deve dare conto ad altre 2 forti istituzioni, re e Papa; tuttavia riesce ad edificare un potere personale e a cancellare le libertà politiche, sindacali, di stampa e di insegnamento. Mussolini attua un accentramento totalitario del potere esecutvo e legislatvo, eliminando i consigli comunali e i sindaci elettivi e nominando personalmente i podestà, che dovevano rispondere solo a lui. 1926Consiglio dei ministri, dopo aver soppresso ogni tipo di libertà ed associazione, istituì il confino di polizia (obbligo di residenza sotto rigida sorveglianza poliziesca). Il regime diventò a partito unico. LEGGI FASCISTISSIMEIl 25 novembre vennero indette sotto il nome di “provvediment per la difesa dello Stato”. Esse stabilivano le fondamenta dello Stato totalitario: vietavano la ricostituzione dei partiti disciolti, stabilivano la confisca dei beni e la revoca della cittadinanza per gli emigrati all’estero che propagandavano contro il fascismo e ripristinavano il Tribunale speciale per la difesa dello Stato e la pena di morte, attraverso i quali venivano perseguitati gli oppositori politici. 1928venne costituzionalizzato il Gran consiglio del fascismo, il quale doveva avanzare proposte di legge. Nello stesso anno venne stabilito che la Camera dei deputati non doveva più essere democraticamente eletta, ma nominata con elezioni plebiscitarie, in cui si poteva solo accettare o respingere una lista unica di deputati. POLITICA ECONOMICA FASCISTA Nel 1925 Mussolini accantonò la politca liberista per seguirne una protezionistca: egli lanciò la “battaglia del grano” prendendo una serie di provvedimenti a favore dell’agricoltura, con il fine di aumentare la produzione nazionale del grano, scoraggiandone l’importazione dall’estero. Questa scelta era basata anche su motivazioni ideologiche, dal momento che il contadino veniva identificato con l’italiano ariano nella cultura nazista che di qui a poco Mussolini sposerà. Nel 1926 egli decise di rivalutare la lira a “quota 90”, fissando il cambio di 90 lire per 1 sterlina, rispetto alle circa 150 lire cui era arrivato negli anni precedenti. L’ANTIFASCISMO Ciò che determinò la definitiva sconfitta dei partiti antifascisti fu la loro incapacità di coalizione e la loro tendenza a frammentarsi a causa di discordie di pensiero: il partito socialista non solo presentava tre fazioni scisse al suo interno (massimalisti, riformisti e comunisti) ma si era ulteriormente diviso anche dalla rappresentanza sindacale, la CGDL, che si era proclamata indipendente da qualsiasi partito. Anche il partito popolare fu investito da importanti scissioni e di queste debolezze approfittò Mussolini, quando nel 1922 venne eletto Papa Pio XI: egli favorì l’emergere di una fazione clerico-fascista e Mussolini, per ingraziarsi definitivamente il Clero, decise di ricollocare il crocefisso in scuole

ed ospedali, stabilì l’obbligo dell’insegnamento di religione nelle scuole elementari, salvò dal fallimento banche cattoliche e introdusse l’esame di Stato, favorendo le scuole private. Il nuovo antifascismo giovanile era costituito invece da intellettuali che aderirono all’Unione nazionale delle forze liberali” di Giovanni Amendola; altri si coalizzarono nel giornale clandestino “Non mollare”, fondato da Carlo e Nello Rosselli ed Ernesto Rossi, sotto la guida di Salvemini; anche coloro che facevano parte del PCDI, con a capo Gramsci, cercarono di creare un’organizzazione clandestina per fronteggiare la dittatura di Mussolini. Nel 1925 fu chiusa la rivista “La Rivoluzione liberale” di Piero Gobbet, il quale aveva teorizzato al suo interno la sua idea riguardo il fascismo: “gli italiani erano privi di determinazione e coraggio nel prendere una posizione ed inoltre avevano il fascismo nel DNA: risultava più semplice obbedire in massa ad un unico dittatore piuttosto che ribellarsi e ribaltare il sistema”.

Focus sul fascismo Ad un dittatore come Mussolini non bastava la sola forza, gli serviva soprattutto il consenso, ottenuto attraverso la propaganda. Questa fu possibile grazie alla diffusione di mezzi di comunicazione di massa come la stampa. Un altro elemento fondamentale per l’affermazione del regime fu la convinzione: nel 1921 la Russia di Lenin subì delle morti di massa a causa di una grave carestia che causò la fame; a tal proposito si diffuse la leggenda dell’antropofagia riguardo alcuni ipotetici eventi di cannibalismo e da qui il detto “i comunisti mangiano i bambini”. Questo fatto segnò la fine del mito comunista anche in Italia. La convinzione caratterizzò anche movimenti artistici e culturali come quello dei Futurist (Marinetti), che sostennero con vigore il regime credendo nel fascismo e nella guerra. La vera forza del fascismo tuttavia risiedeva nel non avere una vera e propria ideologia: il fattore unificante era il mussolinismo, il culto di Mussolini. L’eliminazione delle differenze politiche attraverso mosse strategiche come l’istituzione della tessera per il pane, ha permesso a Mussolini di costringere implicitamente tutto il popolo italiano ad aderire al regime e a dichiararsi perciò fascista. In questo modo però venivano eliminati fascismo e antifascismo intesi come opposizioni di partito implicate in un dibattito, ormai inesistente (antiparlamentarismo). Il regime si avvalse perciò di un consenso passivo. L’ideologia esaltata dal duce era quella dell’afascismo (né fascismo né antifascismo), una via di mezzo che di fatto non dava alcuna sicurezza agli italiani e permetteva a Mussolini di spadroneggiare senza dar conto delle sue decisioni e azioni (un afascista non si aspettava dal regime ciò che esso non poteva dare, a differenza di un fascista). È anche grazie alle sue origini proletarie (il padre era un fabbro) che Mussolini pose al centro della sua ideologia l’idolatria per l’uomo di condizioni umili, in particolare il contadino, considerato l’ariano per eccellenza. In un discorso tenuto a Littoria (Latina) nel 1934 Mussolini disse “è l’aratro che traccia il solco profondo ma è la spada che lo difende”.

IL REGIME FASCISTA 1926 – 1939 1926Stato Totalitario: la società civile è controllata dallo Stato attraverso la propaganda e la riforma della scuola. Mussolini ripristinò il rapporto privilegiato tra governo e re, annullando il Parlamento, che diventa solo il luogo dei ‘nominati’ dal governo, non più dal popolo. 1929Il fascismo raggiunse due importanti obiettivi politici: 1) PATTI LATERANENSI: trattato tra Santa Sede e il governo, firmato l’11 febbraio, che sanciva il consenso alla piena sovranità del papa sulla Città del Vaticano e nominava la religione cattolica come religione di Stato; inoltre veniva concessa alla Chiesa piena libertà di culto, il matrimonio assunse carattere civile, venne introdotta religione come materia scolastica e furono garantite sopravvivenza e autonomia all’Azione cattolica. In cambio la Chiesa riconosceva il Regno d’Italia con Roma capitale. 2) ELEZIONI 24 MARZO: il regime fascista chiamò alle urne gli italiani per eleggere, tramite un plebiscito nazionale, la nuova Camera fascista: di fatto si trattava di esprimere solo un “sì” o un “no” su una lista di 400 candidati già presta...


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