FDS Hegel - riassunto PDF

Title FDS Hegel - riassunto
Author Chiara Gianfelici
Course Comunicazione Pubblica e D'impresa
Institution Sapienza - Università di Roma
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riassunto...


Description

La Fenomenologia dello Spirito ( Rivelazione dello Spirito a se stesso attraverso l’uomo)

Coscienza Nella prima delle sue tappe, la coscienza umana giunge gradualmente a comprendere che la verità dell’oggetto non sta nell’oggetto stesso ma dentro la coscienza. Questo significa che l’oggetto della conoscenza non ha un’essenza propria ed indipendente dal soggetto conoscente ( quello che Kant chiamerebbe il ‘noumeno’, la x sconosciuta ed inaccessibile al soggetto), ma che tutto si risolve nella coscienza, ossia “tutto è spirito”, sebbene stiamo parlando di uno Spirito finito: l’uomo. Esiste dunque un’unica realtà, quella spirituale, in cui si risolve l’intera realtà materiale. In questa tappa la coscienza attraverso l’oggetto ritorna in sé, diviene coscienza non più dell’oggetto ma di se stessa, ovvero Autocoscienza.

Autocoscienza a) Lotta fra signore-servo (cfr. Abbagnano) Nella seconda tappa l’attenzione si sposta sul soggetto (uomo), sul modo attraverso il quale il soggetto elabora la presa di coscienza della propria essenza spirituale nel rapporto con gli altri. In altri termini, l’uomo, secondo Hegel, è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da un’altra autocoscienza. Tale riconoscimento passa attraverso un momento di lotta e di sfida, ossia attraverso il conflitto tra le autocoscienze. Le coscienze, fronteggiandosi, si definiscono scambievolmente l’una come coscienza servile l’altra come coscienza signorile. C’è duplicazione poiché nessuna delle due coscienze realizza compiutamente l’in sé dell’Autocoscienza, ossia l’indipendenza dalla cosalità ( cioè dalla fisicità). Inizialmente l’indipendenza spirituale sembra realizzata dal signore poiché egli non ha paura della morte, non ha paura della perdita del proprio esserci naturale in quanto non identifica se stesso con tale naturalità. A morire sarà solo un corpo e non la propria essenza spirituale. Il servo invece ha paura della morte, poiché si identifica con la cosalità, e preferisce servire e perdere la propria libertà. Il signore (riconosciuto dal servo) lascia al servo il rapporto laborioso con la cosalità e, astraendo da tale rapporto, egli godrà l’oggetto senza lavorarlo. La spiritualità del signore è allora dipendente dal lavoro del servo. Da qui l’inversione dei ruoli per cui il servo diviene la vera coscienza indipendente, a sua insaputa, però. Il servo lavorando, formando le cose, finisce col domare e dominare quella naturalità con cui si identificava, acquistando una reale indipendenza da essa. Imprimendo alle cose una forma, darà vita ad un’ opera che permane e che sarà il riflesso della raggiunta autonomia del servo. Tuttavia, non avvenendo il riconoscimento reciproco il servo non si riconoscerà come Autocoscienza, raggiungendo allora un’indipendenza inconsapevole, e attribuirà tale essenza al signore; il signore a sua volta non riconoscerà il servo come Autocoscienza, raggiungendo un’indipendenza astratta, e attribuirà tale essenza solo a se stesso.

b) Stoicismo e scetticismo L’indipendenza del lavoratore è, dunque, ancora implicita e confusa, non è esplicitamente pensata e consapevole. A tal fine si richiede il passaggio attraverso ulteriori tappe. Nello stoicismo la coscienza (l’uomo) raggiunge l’autosufficienza e la libertà nei confronti di ciò che lo circonda. Questa libertà interiore, però, è solo astratta in quanto la realtà esterna non è affatto negata. Ne è una prova il fatto che lo stoicismo giustifica la scelta del suicidio. Quando il saggio stoico non riesce a vivere secondo ragione, quando vi sono condizioni che sono contrarie a tale adempimento, il sapiente ha il dovere di abbandonare la vita anche se è al colmo della felicità.

Chi pretende di mettere completamente tra parentesi quel mondo esterno da cui lo stoico si sente indipendente, ma che lascia invece sussistere, è lo scetticismo, ossia un tipo di visione del mondo che sospende l’assenso su tutto ciò che è. La libertà nei confronti di ciò che è esterno è, in questo caso, concreta, poiché il mondo esterno alla coscienza è totalmente negato. Lo scettico afferma la propria spiritualità, ma si rende conto di essere un spirito finito. Diviene allora infelice.

c) La coscienza infelice (cfr. Abbagnano) La cosalità non va negata, ma affermata e riconosciuta come parte dello Spirito. Questo riconoscimento avviene con la coscienza infelice, la quale si rende conto, però, di essere uno spirito finito. La scissione, presente nello scetticismo, fra uno Spirito Infinito ed uno Spirito Finito diviene esplicita nella figura ( o tappa) della coscienza infelice ed assume la forma della separazione radicale fra l’uomo e Dio. Dio è avvertito dapprima come trascendente e separato dall’uomo (ebraismo), poi come un Dio incarnato: Cristo. Pur considerando Cristo come una figura unica e vissuta in uno specifico momento storico, la coscienza umana comprende di essere lei stessa Dio, di partecipare e risolversi nell’Assoluto, sempre. Ragione L’Autocoscienza (l’uomo) è giunta a riconoscersi come Soggetto Assoluto, come Ragione, ed ha assunto in sé ogni realtà. Sa che non c’è nulla fuori di sé poiché “tutto è spirito”, poiché “ciò che è reale è razionale”. L’unità di Io e mondo, però, non è qualcosa di dato ma qualcosa che deve esser realizzato. Tale realizzazione si attua attraverso la storia dei popoli, attraverso la storia degli Stati, in quanto l’individuo è tale solo all’interno di uno Stato e in funzione di esso. Infatti, se ci si pone dal punto di vista dell’individuo si è inevitabilmente condannati a non raggiungere mai l’universalità....


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