G giordano la perizia psichiatrica PDF

Title G giordano la perizia psichiatrica
Course Scienze e tecniche psicologiche
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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La perizia psichiatrica di Gianni Giordano

Prefazione Se osservassimo con metodo storico comparativo il diritto oggettivo, inteso come "ordinamento giuridico, e pertanto, un insieme di norme (di condotta e di struttura, generali e individuali) che, nel rispetto e per la realizzazione di fondamentali valori, organizza un corpo sociale", (1) ci accorgeremmo che e il diritto sostanziale e quello processuale da sempre hanno avuto una considerazione "particolare" dei malati di mente, del loro stato di ridotta o assente responsabilità, con tutto ciò che ne deriva sul piano dei diritti loro riconosciuti e talora negati. Basterebbe citare solo alcuni esempi per suffragare tale affermazione: agli albori della storia di Roma i "fatui" e i "furiosi" se avessero commesso un reato non venivano puniti; nella legislazione giustinianea, erano causa di esclusione della pena la "dementia", la "insania", la "fatuitas", "la mania"; la Constitutio criminalis carolinae del 1532, le codificazioni del 1700, quelle illuministe, il code Napoleon, i codici pre-unitari, parlavano di "furiosi", di "alienati", di "dementia", di "pazzia" e il Codex juris canonici di Benedetto XV distingue la mentis exturbatio dalla mentis debilitas; in poche parole molti termini per indicare una sola condizione, la follia. I termini usati dal legislatore non sono casuali e riflettono le conoscenze e il sapere di un'epoca e quindi anche il sapere psichiatrico. Scorrendo il nostro codice penale del 1930 e civile del 1942, vi troviamo cristallizzato il sapere della psichiatria italiana dell'epoca. In quei codici vi è la visione positivista e organicista della malattia mentale propria della psichiatria italiana contemporanea alla redazione dei due testi normativi. Per anni è accaduto che diritto e scienza psichiatrica procedessero di pari passo; un connubio armonico che con il tempo è venuto meno. Da un lato, infatti, la legge, i codici, sono rimasti gli stessi, dall'altro, la concezione della malattia mentale è mutata come lo sono le strategie terapeutiche. Pensiamo al fatto che i manicomi sono stati chiusi, è nata la neurofarmacologia, è cambiato il volto della follia, i malati oggi sono "diversi" ma i codici sono gli stessi. Da anni la psichiatria italiana denuncia la discrasia tra legge e scienza psichiatrica, ma nulla è stato fatto al di là della presentazione di disegni di legge puntualmente naufragati. Queste pagine vogliono evidenziare il rapporto tra psichiatria e diritto in un ambito ben delineato: il diritto ed il processo penale. Sappiamo che anche il codice ed il rito civile, ai fini dell'interdizione e dell'inabilitazione, riconoscono l'importanza della sanità mentale, ma non sarà tema di queste pagine. Del diritto e del processo penale, saranno analizzati i concetti di imputabilità e di pericolosità sociale ( 2) e sarà descritto il mezzo attraverso il quale la psichiatria entra nel processo penale: la perizia psichiatrica. Di questa saranno evidenziati e i momenti processuali in cui s'inserisce, e il concreto svolgimento della stessa. Infine attraverso l'indagine sul campo (colloqui con psichiatri) si tratterà di cogliere lo stato d'animo con

cui i professionisti vivono quotidianamente il connubio non idilliaco tra diritto e psichiatria. Note alla prefazione

(1) La definizione di diritto oggettivo è di L.L. Vallauri ed è tratta da: Corso di filosofia del diritto. CEDAM. (2) La presente relazione tratterà il tema dell'imputabilità e della perizia. Per la parte relativa alla pericolosità sociale rinvio alla relazione di A. Marconi con cui ho collaborato nello studio della perizia psichiatrica.

L'imputabilità 1. Responsabilità penale ed imputabilità: rapporti e differenze concettuali Elemento comune ai sistemi penali europei e non solo, è il concetto di responsabilità penale. Secondo tale concetto, che attiene la capacità di discernimento e di libera autodeterminazione, l'autore di un reato non può essere punito se incapace di "rispondere" dei suoi atti. In genere opera nei sistemi penali europei anche un meccanismo (diffuso nel diritto anche per altri istituti) di presunzione di responsabilità a partire da un'età limite. La legge penale individua poi i casi in cui la responsabilità è esclusa o per circostanze attinenti all'autore del reato (la sua persona ed in particolare le sue condizioni psichiche), ovvero a circostanze concernenti l'azione. Se, per esempio, guardiamo alla legge penale svizzera, la responsabilità è definita come la duplice capacità, al momento del fatto, di valutarne il carattere illecito e d'autodeterminarsi in conseguenza di quella valutazione. Un caso particolare è invece quello del Belgio e della Svezia due paesi nei quali il problema della responsabilità penale (dell'imputabilità) non si pone. In questi paesi, infatti, non rileva stabilire se il delinquente sia normale o meno, responsabile o irresponsabile, poiché i loro ordinamenti penali non forniscono definizioni di normalità, d'imputabilità e di responsabilità. Il solo problema che si pone è quale sia la sanzione più adeguata al caso concreto; è sufficiente che in ragione delle esigenze del diritto penale siano fissate le sanzioni, le pene, le misure di trattamento o di sicurezza adeguate alle diverse categorie di delinquenti. Oltreoceano, in talune legislazioni statunitensi, non è presente il concetto di responsabilità come lo conosciamo noi, ma lo stato psichico del soggetto può rilevare come circostanza attenuante particolare. (1) Per quanto attiene la nostra realtà normativa, il legislatore ha voluto distinguere responsabilità e imputabilità. Partiamo da un dato normativo, l'art. 42 c.p., il quale dice: "Nessuno può essere punito per un'azione preveduta dalla legge come reato se non l'ha commesso con coscienza e con volontà ... ". Secondo questa norma, la responsabilità penale dell'autore di un reato, s'identifica con il possesso della generica capacità di coscienza e volontà. La responsabilità penale è l'obbligo di sottoporsi alle pene stabilite dal codice in rapporto al compimento di un reato. La responsabilità penale presuppone l'aderenza del fatto concreto a quello tipico e può essere esclusa quando un soggetto, perfettamente "normale" dal punto di vista psichico, abbia commesso un illecito penale in condizioni di legittima difesa (art. 52 c.p.), ovvero in stato di necessità (art. 54 c.p.). Per quanto attiene all'imputabilità, questa è disciplinata dal nostro ordinamento in modo chiaro; occorre precisare che anche se l'imputabilità è indagata nel corso del processo penale, essa va sempre riferita al momento in cui fu commesso il fatto di reato per il quale si procede. L'imputabilità è definita come la capacità di intendere e di volere al momento del fatto (art. 85 c.p.). Ma cosa s'intende per capacità di intendere e di volere? La capacità di intendere è l'attitudine del soggetto a conoscere la realtà esterna, ciò che si svolge intorno a lui e di cogliere il valore sociale positivo o negativo dei suoi atti; essa presuppone l'idoneità psichica di comprendere o discernere le proprie azioni od omissioni (art. 40 c.p.) ed i motivi della propria condotta. La capacità di intendere il valore prescinde dal sentire, dal

condividere, dal vivere il valore normativo del fatto e che è cosa diversa dal non intendere un fatto negativo, illecito. La capacità di volere è l'attitudine del soggetto a determinarsi in modo autonomo, a scegliere tra i motivi coscienti in vista di uno scopo, di "volere" ciò che l'intelletto ha reputato doversi fare, di comportarsi coerentemente con tale scelta, di optare per la condotta che pare più ragionevole e resistere agli stimoli d'avvenimenti esterni. Appare chiaro quindi che il principio, il paradigma su cui si regge tutta la nostra impalcatura culturale, giuridica e morale, è il principio di responsabilità che ha come premessa la libertà dell'autore del fatto delittuoso. Se non ci fosse tale libertà non avrebbero senso la sanzione, la riprovazione sociale, l'idea di colpa, il concetto di devianza, quello di giustizia e di diritto. Corollario di tale principio, è quello reciproco per cui, può essere chiamato a rispondere di un fatto solo colui per il quale esista solidarietà con i propri atti. Il fulcro del nostro contratto sociale è quello secondo cui l'individuo è libero, quindi è responsabile e deve rispondere dei propri atti; se si presume esistente, nell'uomo, il libero arbitrio, ne deve conseguire la responsabilità morale del reo e ovviamente quella giuridica. È chiaro che l'elaborazione del concetto di responsabilità penale attiene le scienze umane ed in particolare è costruita sulle concezioni fondamentali della filosofia, della teoretica e della morale. Il concetto di responsabilità penale è oggi oggetto di revisione ma non si può pensare a rinunciarvi. Tuttavia occorre distinguere la responsabilità penale, che è concetto giuridico è alla cui definizione contribuiscono il diritto, la filosofia e la morale, dalla responsabilizzazione come esigenza primaria per la formazione e la socializzazione dell'uomo, come principio pulsore di ogni azione finalizzata alla sua realizzazione in ogni campo. 2. Imputabilità: meccanismi presuntivi Il nostro legislatore, a fronte dell'impossibilità di accertare in positivo la capacità individuale di agire altrimenti nel caso concreto e della difficoltà empirica di verificare il peso dei fattori antagonistici nel processo di motivazione, presume, nel genere umano, la libertà d'autodeterminazione del soggetto agente in assenza di cause che valgono ad escluderla, ovvero, ragionando in negativo, la libertà sussiste se non ci sono cause che la escludono. L'art. 85 c.p. ci dice che esiste un certo numero di soggetti che può tenere comportamenti alternativi e che quindi possono essere ritenuti responsabili dei loro atti. Tra gli estremi ideologici dati, da un lato da coloro che ritengono sempre responsabili i delinquenti e dall'altro coloro che ritengono gli stessi sempre irresponsabili, vi è la realtà dei molti responsabili e dei pochi irresponsabili. L'art. 85 c.p. individua il presupposto della responsabilità nell'imputabilità. Questa non è, riduttivamente, la capacità alla pena, ma la capacità alla colpevolezza e in subordine alla pena come conseguenza della colpevolezza. Senza imputabilità non vi è colpevolezza, senza colpevolezza non vi può essere pena (nulla pena sine culpa). Quindi l'imputabilità è l'attribuibilità di un fatto ad un soggetto ed è condizione, se ricorrono le altre previste dalla legge, per l'irrogazione di una pena propriamente detta; è d'obbligo tale precisazione perché al non imputabile non si applica la pena ma può applicarsi una misura di sicurezza se ne ricorrono i presupposti. La legge operando secondo un meccanismo presuntivo riconosce il soggetto maggiorenne, che ha compiuto i 18 anni, imputabile ovvero capace di intendere e di volere. L'uomo normalmente, secondo l'id quod plerunque accidit, è capace di libere scelte e perciò imputabile. Si ritiene che a quest'età l'uomo raggiunge un'adeguata

maturità psichica e per adeguata s'intende un livello di capacità di intendere e di volere che risulta sufficiente a rettamente recepire il comando ingiuntivo o interdittivo della norma penale e a conformarvi l'azione. Pertanto, deve darsi per scontato che i precetti penali siano concepiti avendo come destinatari tali soggetti, in poche parole, devono essere tarati sulle capacità psichiche di soggetti che abbiano superato i 18 anni. Accanto a questa presunzione, positiva e relativa, opera un'altra presunzione, negativa ed assoluta, quella relativa al minore d'anni 14. L'art. 97 c.p. afferma che " non è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i 14 anni." Questo si spiega perché la capacità di intendere e di volere è la risultante dello sviluppo psicofisico del soggetto, alla nascita il patrimonio psichico è nullo e con il tempo si sviluppa fino a raggiungere (se la raggiunge) la maturità psichica. Quando la maturità è raggiunta, non è un dato certo ed inequivocabilmente affermabile con riferimento a tutti gli individui. Il legislatore per esigenze di certezza, semplicità, celerità ed anche d'uguaglianza (se pur uguaglianza formale), ha presupposto che tale maturità è conseguita con la maggiore età. Pertanto il maggiorenne è imputabile mentre il minore d'anni 14 non è imputabile. Non vi è nel nostro ordinamento un meccanismo d'accertamento in concreto ed individuale svincolato da presunzioni, ma un criterio cronologico che sulla base delle risultanze dell'esperienza e delle scienze, opera la duplice presunzione descritta. Vi sono poi i soggetti infradiciottenni che hanno compiuto i 14 anni; per questi soggetti, vige un meccanismo d'accertamento caso per caso, in concreto, dell'imputabilità. L'art. 98 c.p., infatti, dice che "È imputabile chi, nel momento i cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i 14 anni, ma non ancora i 18 anni, se aveva la capacità di intendere e di volere; ma la pena è diminuita". Sebbene manchi un'esplicita presunzione circa la presenza o il difetto d'imputabilità, si deve ritenere che al fondo sussista un presunzione implicita (relativa) di difetto d'imputabilità nel soggetto che ha compiuto i 14 anni ma non i 18 anni. Ciò comporta che una sentenza di condanna nei confronti di un tale imputato, non preceduta dall'accertamento della capacità di intendere e di volere al momento del fatto per cui si procede, sarebbe carente in quanto a motivazione. Con gli infradiciottenni, lo scibile dei soggetti che possono venir a contatto con la giustizia penale è completo. Si tratta di valutare ora quali cause, quali fattori, possono incidere sulla valutazione dell'imputabilità nel senso di escluderla o attenuarla. 3. Le cause d'esclusione e di attenuazione dell'imputabilità Ho evidenziato i meccanismi presuntivi che operano nel codice penale, si tratta di evidenziare le condizioni per le quali queste vengono meno. Per il minore d'anni 14, la presunzione è assoluta e pertanto non esiste possibilità (per definizione) di prova contraria. L'infraquattordicenne è sempre non imputabile. La presunzione che opera rispetto al soggetto maggiorenne, è relativa il che vuol dire che è ammessa la prova contraria. Si presume che il soggetto maggiorenne sia imputabile ma esistono fattori che possono escludere o attenuare l'imputabilità. Tali cause, di cui (secondo il meccanismo negativo descritto) il giudice deve accertare l'assenza perché il soggetto sia imputabile sono: 1. i casi d'intossicazione acuta da alcol o da stupefacenti dovuti a caso fortuito o forza maggiore artt. 91 e 93 c.p.;

2. i casi in cui l'autore è stato reso da altri incapace di intendere o di volere; 3. i casi in cui il soggetto presentava al momento del commesso delitto, un quadro d'infermità tale da escludere, art. 88 c.p. o da scemare grandemente art. 89 c.p. la sua capacità di intendere o di volere; 4. il caso del minorenne che ha compiuto i 14 anni ma non ancora i 18, che per immaturità non aveva al momento del fatto, la capacità di intendere o di volere art. 98 c.p.

Se si esclude quest'ultimo caso, per il quale si tratta di verificare lo sviluppo psico-sociale, in tutte le ipotesi citate, si tratta di casi d'incapacità di intendere o volere riconducibili ad un'infermità mentale a sua volta produttiva di vizio totale o parziale. È ovvio che il giudice il quale nutra dubbi sulla sanità mentale del soggetto, indagato o imputato, si avvarrà del perito o di un collegio di periti perché sia svolta perizia e sulla base del parere peritale possa decidere formulando un giudizio. In merito alle cause d'esclusione dell'imputabilità devo dire che, in alcuni autori, suscita più di un dubbio il fatto che superato lo scoglio dell'età vi sia ancora spazio per la non imputabilità per vizio di mente. Per taluni questo vuol dire dare al giudice e al perito il potere di espropriare il soggetto della qualità di persona anagraficamente adulta, ripristinando l'equazione amens-infans ricorrente nella trattatistica. La pronuncia di difetto d'imputabilità non solo deresponsabilizza ma ha anche un effetto deleterio in termini terapeutici in quanto accresce il distacco dalla realtà, il senso d'onnipotenza, spinge in senso opposto all'integrazione intrapsichica, approfondisce il disturbo di partenza. Il proscioglimento per vizio di mente, per Manacorda, renderebbe ancor più disturbata una persona. Da qui la proposta di abolire la nozione di imputabilità, almeno con riguardo a coloro che hanno superarto l'età limite dei 14 anni. Sopra i 14 anni sarebbero tutti imputabili e il problema della malattia psichica rileverebbe ai fini dell'esclusione del dolo o della colpa e ciò nei casi di reale incapacità di intendere e di volere. Nelle ipotesi di deliranti di gelosia o persecuzione, per esempio, poiché queste non escludono la capacità d'intendere e di volere, si tratterà di tenerne conto nell'irrogazione della pena. Manacorda suggeriva anche di prevedere un meccanismo per il quale, nei casi di minorata contrattualità sociale accertata rigorosamente, sia disposta una riduzione di pena, purché non si tratti di un meccanismo che operi in modo indiscriminato per i portatori di disturbi psichici ma aperto alla considerazione degli altri fattori, sociali, economici, culturali, fisici e personali, che incido sulla contrattualità sociale diminuendola. Ho indicato le cause che valgono ad escludere o attenuare la capacità di intendere o di volere per il nostro codice, ma non vuol dire che al di là di queste la capacità giuridica coincida con quella naturale e la normativa di cui all'art. 92 c.p. sull'ubriachezza ne è testimonianza. Nel caso di incapacità procurata al fine di commettere un reato, non solo non si fa questione di imputabilità esclusa o ridotta, ma la pena è aumentata. Per pure ragioni di completezza cito anche l'art. 96 c.p. relativo al sordomutismo: il sordomuto se a causa della sua infermità non era, al momento del fatto, capace di intendere o volere, non è imputabile, e se tale capacità era gravemente scemata, la pena è diminuita. L'udito ed il linguaggio sono importanti per lo sviluppo psichico e pertanto se il sordomutismo è causa di incapacità il soggetto non è imputabile (ciò non toglie che se pericoloso si applichi la misura dell'O.P.G.), se capace è un soggetto come gli altri e quindi

imputabile, se scemata la pena è ridotta. (2) Appare delinearsi quindi lo spazio in cui si inserisce la psichiatria forense; nel quadro delle presunzioni legali, vi è lo spazio per le eccezioni al principio generale della sussistenza della capacità di intendere e volere, e sul ricorrere o meno di questa, è chiamato a pronunciare il suo parere il perito. L'eccezione è rappresentata dall'individuo, indagato o imputato, malato di mente, o meglio, da colui che a ragione di infermità ha visto abolita o grandemente scemata la capacità di diritto penale. 4. La nozione di infermità: staticità giuridica di un termine scientificamente superato Si è molto discusso, specie da parte degli psichiatri forensi, sulla normativa italiana che prevede il riconoscimento di un'infermità che escluda o limiti grandemente la capacità di intendere o di volere al momento del reato. Il concetto di infermità, oggi che ha perduto il legame che aveva in passato con il termine follia, è divenuto vago e indeterminato ed ha perduto per la psichiatria ogni valore da quando si è scoperto, si è preso coscienza, che il disturbo mentale non è solo malattia, ma è un'entità complessa, non definibile, in ordine alla quale vi sono poche certezze circa l'eziologia e che in definitiva è la risultante di una condizione sistemica nella quale concorrono il patrimonio genico, la costituzione, le vicende di vita, gli stress, il tipo d'ambiente, l'individuale plasticità dell'encefalo, i meccanismi psicodinamici, la peculiare modalità di reagire, di opporsi, di difendersi. Oggi non esiste più la malattia mentale nel senso antico del termine e nessuno psichiatra potrebbe onestamente darne una definizione; oggi esiste una visione plurifattoriale integrata della malattia mentale. Per quanto attiene alla nozione di infermità, questa è oggi intesa o in senso ampio, che permetta di includere ogni tipo di disturbo che incide sullo stato di mente, o in senso restrittivo e tale da comprendere solo i casi di vera e propria psicosi o condizion...


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