Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Carocci, Roma, 2012 PDF

Title Gaetano Berruto, Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo, Carocci, Roma, 2012
Author Giuliana Perna
Course Linguistica dell'italiano
Institution Università degli Studi di Torino
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Sociolinguistica dell’italiano contemporaneoCap. 1 - L’italiano come gamma di varietà Le varietà dell’italiano Diafasia: contesto situazionale. Diatopia: collocazione geografica. Diastratia: classe sociale. Diamesia: strumento di comunicazione.Il primo tentativo di modellizzazione della varietà dell...


Description

Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo Cap. 1 - L’italiano come gamma di varietà 1.1. Le varietà dell’italiano Diafasia: contesto situazionale. Diatopia: collocazione geografica. Diastratia: classe sociale. Diamesia: strumento di comunicazione.

Il primo tentativo di modellizzazione della varietà dell'italiano contemporaneo  dovuto a Pellegrini (1960), che riconosce nel repertorio verbale dell'italiano medio 4 registri “espressivi” fondamentali: dialetto, koin dialettale, italiano regionale e italiano standard (1975). Con “italiano regionale” s'intende l'ampia gamma di fenomeni compresa fra l'italiano della tradizione letteraria e il dialetto; in Italia la prima fonte di diversificazione degli usi linguistici  quella legata alla distribuzione geografica, lungo l’asse diatopico. Lo schema di Pellegrini si pone esplicitamente nella dimensione diafasica, relativa a diverse varietà di lingua a disposizione dello stesso parlante, che le utilizza a seconda delle circostanze situazionali. Sempre sull’asse dei registri presenti in diafasia, per Mioni (1975) lo schema  tripartito e si divide in: italiano aulico, italiano parlato formale e italiano colloquiale-informale. Questi 3 registri vengono da lui messi in relazione con la stratificazione sociale dei parlanti: Mioni assume che un borghese padroneggia tutte e 3 le varietà, un piccolo borghese padroneggia solo la seconda e la terza mentre un contadino padroneggia solo la terza. Nel 1979 Mioni introduce la dimensione geografica e quella sociale, riconoscendo: it. comune, it. comune regionale, it. regionale e it. regionale popolare. Questa denominazione delle varietà si concilia male con la loro compresenza nel repertorio di un singolo parlante: it. comune regionale o it. regionale popolare sono infatti varietà di riferimento alla comunità di cui un parlante  membro, e non riferite agli usi dell’utente. L’aumento del numero di varietà comincia a dare un’idea degli ‘strati’ esistenti fra lingua letteraria nazionale e dialetto. Migliore la terminologia utilizzata nel 1983 da Mioni: standard formale, standard colloquialeinformale, it. regionale e it. popolare regionale (insieme di dimensioni diatopiche, distratiche, diafasiche). Un altro modello  quello di De Mauro (1980), che sintetizza le precedenti formulazioni in: it. scientifico, it. standard, it. popolare unitario, it. regionale colloquiale. Il regionale sembra confinato troppo in basso nella gerarchia, dato che le prime tre varietà sono unitarie, panitaliane. Questo tipo di schema  ottimo per valorizzare il lessico, ma non la pronuncia, la cui considerazione deve promuovere più in alto, in una gerarchia di differenziazione, la dimensione geografica. Uno dei modelli più importanti  quello di Sanga (1981), il quale enumera 8 varietà fondamentali: it. anglicizzato, it. letterario (standard), it. regionale, it. colloquiale, it. burocratico, it. popolare (unitario), it. dialettale e l’italiano-dialetto. Le varietà sono ordinate da un massimo di unità ad un massimo di diversità. L'italiano anglicizzato, sia orale che scritto,  caratterizzato dalla presenza di anglicismi ed  utilizzato dall’alta borghesia con contatti internazionali. L' italiano colloquiale  la realizzazione orale corrente e informale dell'italiano regionale, usato da fasce che vanno dall'alta borghesia ai ceti medi. L' italiano burocratico si basa su un ideale scritto artificioso ed  usato dei ceti medi del terziario; avrebbe anche la funzione di modello per l’insegnamento a scuola. L'italiano dialettale, principalmente orale,  la realizzazione dell’italiano popolare da parte di soggetti fortemente dialettofoni ed  un linguaggio usato prevalentemente dal ceto popolare. L'italiano-dialetto  caratterizzato dal continuo passaggio dall’italiano al dialetto, producendo enunciati misti, usato nelle classi popolari. Il modello di Sanga  interessante ma pone numerosi problemi: la dimensione diatopica, diastratica e diafasica sono mescolati inestricabilmente con caratteri interni all’aspetto linguistico; cercare di definire la relazione tra la varietà e a classe sociale di riferimento, si risolve nello schematismo.

Una novità nella tipologia dei repertori  introdotta da Trumper e Maddalon (1982), i quali operano la distinzione fra uso orale e uso scritto, proponendo due sottorepertori diversi per l’uno e per l’altro: per l’uso scritto, it. standard, it. sub- standard e it. interferito sub-standard; per l’uso orale, it. regionale formale, it. regionale informale e it. regionale trascurato fortemente interferito. Spicca l’assenza dell’italiano standard dal repertorio orale, che tiene conto del fatto che  un’eccezione il trovare parlanti (anche molto colti) la cui pronuncia sia del tutto priva di coloriture regionali. Le varietà sono designate in termini di caratteristiche linguistiche in base alla quantità di elementi sub-standard contenuti e alla maggiore o minore interferenza col dialetto. Definire le varietà dell’uso scritto sulla base della standardità crea problemi di comparabilità con il repertorio orale; inoltre, sembra riduttivo escludere dallo scritto la regionalità. La proposta più recente  quella di Sabatini (1985), il quale divide: it. standard, it. dell'uso medio, it. regionale delle classi istruite, it. regionale delle classi popolari (it. popolare). Le prime due varietà, pur essendo entrambe nazionali, si distinguono poiché la prima  tipica dell'uso formale e la seconda  tipica dell'uso mediamente formale e informale. Il modello  interessante ma presenta due problemi: il primo  costituito dalla separazione fra it. regionale e it. dell'uso medio (per quest’ultimo, non si possono evitare tratti di pronuncia regionale); il secondo  dato dalla natura stessa dell’italiano dell'uso medio, che sembra coprire un raggio eccessivamente ampio di variazione diafasica. Un’altra suddivisione  quella di Sobrero e Romanello (1981) che, come nel modello di Pellegrini, distinguono due sole entità: l’italiano comune e l’italiano regionale, ripartendo perA ciascuna in due fasce ulteriori, “bassa” e “alta” it. comune alto= it. standard; it. comune basso= diasistema dell’it. regionale (Rosiello); it. regionale alto= coiné regionale e interregionale non connotata come dialettale; it. regionale basso= fortemente connotato come dialettale. I modelli di repertorio finora elencati valgano a livello nazionale, ma non si discostato nell’essenziale dalle classificazioni dei singoli repertori locali. Secondo Berruto, in base ai caratteri della situazione italiana, la differenziazione diatopica deve essere tenuta in conto per prima, come più basilare; e quindi, in ogni schema riconosciamo la presenza non solo dell'italiano regionale, ma anche degli italiani regionali standard (che costituiscono la norma sociale in ogni regione). In secondo luogo, deve essere considerato la differenziazione sociale, distinguendo tra un italiano regionale colto e un regionale popolare. Inoltre, la differenziazione diafasica deve essere tenuta separata da quella socio-geografica, in quanto concerne il singolo individuo parlante e taglia le dimensioni geografica e sociale. Questo dimostra che  assolutamente impossibile creare uno schema esaustivo delle varietà dell'italiano, che tenga conto assieme di tutte le dimensioni pertinenti e che dovrebbero esser organizzati schemi parziali per le singole classi di varietà. 1.2. L'architettura dell'italiano contemporaneo Architettura dell’italiano → sintesi del tipo e della collocazione reciproca delle varietà la cui somma costituisce la lingua contemporanea. Il modello dell'architettura dell'italiano si basa su: 1) le dimensioni di variazione non si devono mescolare ma allo stesso tempo si intersecano. 2) nell’uso orale la differenziazione geografica svolge un ruolo importante. 3) oltre alle dimensioni diatopica, diafasica e diastratica, c’ anche quella diamesica. Nel modello poi si distingue fra un “centro”, dove sono raccolti fatti tendenzialmente unitari, standardizzati, normativi e normalizzanti dell'italiano, e una “periferia” che raccoglie i fatti tendenzialmente non unitari o devianti dalla norma accettata (la sezione non standard e sub standard delle varietà dell'italiano). I tre assi di variazione vanno rispettivamente: - diamesia → dal polo “scritto scritto” al polo “parlato parlato” (da sinistra a destra); - diastratia → dal polo “alto” al polo “basso” (dall’alto verso il basso); - diafasia → dal polo “formale-formalizzato” al polo “informale” (in alto a sinistra - in basso a destra).

Il quadrante in alto a sinistra contiene le varietà verso l'estremo scritto e/o socialmente alto; il quadrante in basso a destra le varietà verso l’estremo parlato e/o socialmente basso. Scendendo dalla metà dello schema verso il basso aumenta il grado di “sub-standardità” delle varietà. L'asse diafasico  connesso con la stratificazione sociale dei parlanti, nel senso che le varietà che stanno verso l'estremo alto sono più ristrette a gruppi determinati di utenti verso l'alto della scala sociale, mentre le varietà che stanno all'estremo basso non sono ristrette a gruppi particolari; per esempio, l’italiano tecnico-scientifico  a disposizione di cerchie ben definite di utenti, mentre l'italiano informale trascurato  un registro a disposizione, in linea di principio, di tutti gli italofoni.

Con la variazione diamesica s'intende cogliere gli aspetti di differenziazione che dipendono dalla natura segnica stessa dell'uso scritto e parlato, opposizione che taglia trasversalmente la diafasia e le altre dimensioni, e non  riconducibile soltanto alla minore o maggiore formalità del registro. Quindi un registro molto formale coincide con le caratteristiche tipiche dello scritto mentre registro molto informale con le caratteristiche tipiche del parlato. Anche per cogliere tali differenziazioni si distingue spesso fra uso orale e grafico o codice parlato e scritto. Il centro sociolinguistico dell'architettura non coincide con il suo centro geometrico ma  spostato verso quadrante scritto, data la peculiare storia della lingua italiana, il cui standard si  tradizionalmente modellato sull’uso scritto letterario e aulicizzante. Ogni direzione al di fuori del centro situa una varietà tendenzialmente centrifuga; dal centro verso il basso aumenta il carattere sub standard, mentre dal centro verso l'alto aumenta il carattere non standard (ma non sub-standard). Le varietà fondamentali, tra le nove indicate nello schema, sono le n. 1-5 e 7° riducendo all’osso 1-4. Il centro  costituito dalla porzione standard dell'italiano, diviso in due varietà, in base alla rinormativizzazione e ristandardizzazione:  Al centro del centro sta l’italiano standard letterario, ovvero la lingua descritta e regolata dai manuali di grammatica, non marcata né diatopicamente né socialmente, ma in realtà manifesta un lieve grado di marcatezza diastratica (gruppi professionali specifici, come gli speaker), e diatopica, data la sua base fiorentineggiante.  italiano neo-standard, considerabile come conglobato con lo standard da un lato, ma dall'altro sensibile a differenziazione diatopica e riscontrabile nei concreti usi dei parlanti di un italiano regionale colto medio. Le due etichette sono quasi intercambiabili: con italiano neo standard mettiamo in evidenza gli aspetti unitari, specie morfosintattici, che costituiscono la base comune di impiego dell'italiano da parte di parlanti colti; con italiano regionale medio colto mettiamo l’accento

sull’emergere della differenziazione geografica che sarà percepibile nella gran maggioranza degli utenti (anche un parlante colto rivela, pur non avendo un accento regionale molto spiccato, la propria origine); ci sono italiani regionali standard che costituiscono lo standard di ogni singola area. Se accettiamo che nella ristandardizzazione che sta avvenendo siano assorbiti dallo standard i tratti che abbiamo riunito come neo-standard,  indubbio che la base sociale dello standard si stia allargando, con un abbassamento della nuova norma. L’italiano neo-standard, scritto e parlato,  da ritenersi equivalente all’italiano dell'uso medio di Sabatini, con la differenza che in questo schema esso accoglie una marcatezza diatopica, invadendo in parte l’italiano regionale di Sabatini. Due varietà importanti nella dinamica sociolinguistica attuale sono quello dell'italiano parlato colloquiale e dell'italiano popolare regionale, molto vicine al centro: alcuni tratti precedentemente marcati per colloquialità hanno perso o stanno perdendo marcatezza. L'italiano parlato colloquiale  marcato in diamesia e diafasia, in quanto tipica degli usi della metà non formale della scala della formalità; anche in diatopia, in quanto parlato. È l’italiano della conversazione ordinaria, del normale parlare quotidiano, degli usi comunicativi ricorrenti (non va confuso con i registri informali più bassi). L’italiano regionale popolare (o italiano popolare regionale)  tanto più popolare (vale a dire marcato in diastratia) quanto più  caratterizzato da peculiarità locali e interferenza del dialetto (vale a dire marcato in diatopia). Questa varietà tende alla periferia per marcatezza diastratica, come varietà dei parlanti poco colti. All’estremo inferiore destro troviamo: l’italiano informale trascurato (lato registri), la varietà più bassa in diafasia, in cui agiscono i fattori derivanti dall'improvvisazione, dalla mancanza di attenzione e di controllo delle locuzioni, dipendendo dalla situazione; l'italiano gergale (lato sottocodici) racchiude le varietà colloquiali-espressive, proprie di categorie o gruppi di utenti, che ai tratti dell'informale trascurato aggiungono un lessico proprio per rafforzare il senso di appartenenza al gruppo o per impedire la partecipazione alla comunità ad estranei (come il linguaggio giovanile o i gerghi della vita studentesca o militare). Emerge man mano il ‘modo pragmatico’, affidandosi alla semantica piuttosto che alla sintassi o alla grammatica. Nel quadrante inferiore destro, lungo la metà dell’asse diafasico, si trova l' italiano familiare, cio una varietà linguistica che si forma presso gruppi di amici o nuclei di persone che vivono vicine, con tratti peculiari del gruppo ma privi di quella voluta cripticità delle varietà gergali. Nel quadrante superiore sinistro, sull’asse diafasico, ci sono le varietà caratterizzate dalla massima elaborazione morfosintattica, semantico-lessicale e testuale, come l'italiano formale aulico (impiegato in situazioni solenni e pubbliche), l'italiano tecnico-scientifico (impiegato per temi specialistici). Accanto a questi due andrebbero poste le lingue speciali, fortemente caratterizzate da un lessico proprio. Un po' più verso il centro si trova l'italiano burocratico. Queste sono varietà che trovano realizzazione nello scritto, e sono riconducibili grosso modo all’it. anglicizzato e it. burocratico di Sanga. 1.3. Natura del continuum Per continuum si intende un insieme di varietà tale che vi siano due varietà estreme facilmente identificabili, tra cui esista tutta la gamma di varietà intermedie, che sfumano lentamente dall'una all'altra. L’uso della nozione di continuum in sociolinguistica si rifà alla concezione tradizionale del “continuum dialettale”, riferito alla variazione geografica, tale che dialetti adiacenti siano tra loro reciprocamente comprensibili, mentre non lo siano più i dialetti all’estremità della serie. Con il termine di continuum, in sociolinguistica, si mette in rilievo da una parte l’inadeguatezza della nozione strutturalista classica di “sistema” e dall’altra parte il fatto che fra le diverse varietà eventualmente identificabili non esistono confini netti, ma un'area di sovrapposizione tra le varietà e uno sfumare dell'una nell'altra, con un passaggio graduale che rende minima la differenza tra le varietà contigue, che aumenta procedendo verso gli estremi opposti del continuum. Nel suo senso iniziale, il termine continuum sembra semplicemente implicare l’assenza di confini categorici fra i fenomeni considerati, che si dispongono in un insieme non discreto, continuo, mentre non sembra

necessaria la presenza di due varietà di confine. Tuttavia, la sociolinguistica ne presuppone un concetto più ricco: si dà per scontato che le due varietà agli estremi siano rispettivamente la varietà “alta” e la varietà “bassa” di una situazione di diglossia, e che quindi il continuum sia orientato da una varietà di prestigio o standard (al polo superiore) ad una sub- standard non di prestigio (al polo inferiore). Gli studi di creolistica hanno poi definito una versione molto più forte del concetto di continuum (es. DeCamp sul post-creolo della Giamaica). Bickerton, studiando il creolo della Guyana, ha postulato un continuum che va dal basiletto (varietà bassa) all’acroletto (varietà alta), attraverso una successione di mesoletti, attraverso cui si puA migliorare la propria lingua. Il continuum creolo ha un’unica catena di varietà che collega il basiletto all’acroletto,  un’unica dimensione linguistica lineare. Il tratto fondamentale di questo continuum creolo sta nel fatto che i mesoletti coprono la stragrande maggioranza degli usi linguistici, mentre il basiletto  quasi scomparso e l’acroletto  poco attestato. Questo crea un’apparente somiglianza con l’italiano, dove l’italiano standard (~acroletto)  poco rappresentato, e il dialetto locale puro (~basiletto) sta scomparendo. Il continuum creolo non puA perA essere applicato alla situazione italiana perché il continuum delle varietà italiane non  lineare, ma  multidimensionale. Ci sono perA aspetti interessanti nella nozione di continuum applicabili con profitto alla situazione italiana. All’interno dei fenomeni che spesso si designano come continua sociolinguistici, possiamo distinguere 4 spettri di varietà: 1) continuum generico, costituito da un insieme di varietà non discrete non orientato; 2) continuum con polarizzazioni, costituito da un insieme di varietà non discrete orientato, che va cio da un polo alto a un polo basso con estremi ben definiti e isolabili; 3) continuum con addensamenti, costituito da un insieme di varietà non discrete, orientato ma non polarizzato, in cui le diverse varietà coincidono con addensamenti dei fasci di tratti lungo il continuum, in maniera che gli addensamenti principali possono trovarsi anche agli estremi; 4) gradatum, costituito da varietà almeno in parte discretizzabili. Il continuum con addensamenti  quello corrispondente alla lingua italiana, infatti le diverse varietà coincidono con addensamenti dei fasci di tratti lungo il continuum in maniera che gli addensamenti principali possono trovarsi anche non agli estremi del continuum; le varietà appaiono abbastanza ben riconoscibili e in parte delimitabili, anche se conservano un'area di sovrapposizione. Per quanto riguarda la multidimensionalità, si potrebbe duplicare la tipologia schizzata, prevedendo che i continuum possano riferirsi a repertori lineari o meno, o si potrebbero descrivere i continua multidimensionali come continua di continua. La situazione dell’italiano si puA definire come un continuum non lineare ad addensamenti o come un continuum almeno tridimensionale di continua. La co-occorrenza delle varianti esiste solo tendenzialmente, la maggioranza delle varianti puA co-occorrere con più di un valore delle altre variabili; inoltre non possono essere escluse altre co-occorrenze da quelle che consideriamo normali, anche se certe combinazioni di varianti sono evidentemente impossibili. Le relazioni di co-occorrenza sono probabilistiche: le varianti di livello alto e quelle di livello basso non co-occorrono, mentre nei livelli intermedi c’ un'ampia area di possibile co-occorrenza. È possibile trattare il frammento di continuum in termini di scale di implicazione. Le scale di implicazione sono matrici a doppia entrata che rappresentano dati in maniera tale che tra loro esista un rapporto di implicazione, cio queste scale sono ordinate in base ad una disposizione in cui né nelle linee orizzontali né in quelle verticali c’ discontinuità nei valori dei tratti; esse permettono di prevedere i rapporti di cooccorrenza tra le variabili. Sembra che nel continuum dell'italiano non esistano “isoletti”, cio grammatiche di una varietà ben determinata formate da un insieme di regole compatibili l'una con l'altra, ma che escludono ogni alt...


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