Sociolinguistica dell\'Italia contemporanea - Mari D\'Agostino PDF

Title Sociolinguistica dell\'Italia contemporanea - Mari D\'Agostino
Author Giulia G.
Course Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo
Institution Università degli Studi di Palermo
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Summary

Riassunto del libro diviso per capitoli....


Description

Linguistica Italiana La sociolinguistica studia i rapporti tra lingua e società, nello specifico studia la varietà degli usi linguistici attraverso lo spazio, il tempo, i gruppi sociali e le situazioni sociali. Essa studia le lingue e le organizzazioni sociali nelle quali vivono le persone. Cap 2: Immagini di un recente passato Autobiografia linguistica: È la descrizione della propria vita mettendo al centro il rapporto con le lingue. Viene usato dai linguisti per riflettere su alcuni aspetti della vicenda collettiva di una comunità attraverso un punto di osservazione personale. Nascita dello Stato Italiano: Il 18 febbraio 1861 si riunì a Torino il primo parlamento italiano e nacque il Regno d’Italia. Le condizioni civili, economiche e politiche dell’Italia, rispetto alle altre nazioni, erano arretrate e vi erano grandi fratture tra le regioni e le classi sociali (la situazione linguistica era la più chiara espressione di questa condizione). La maggior parte della popolazione italiana conosceva solo il dialetto locale e l’italiano era usato solo dai ceti sociali più colti. Dal punto di vista dell’istruzione il quadro era triste perché ¾ della popolazione sopra i 5 anni non sapeva leggere né scrivere e su 22 milioni di abitanti 14 milioni erano analfabeti. Lenta diffusione dell’italiano: Nel 1868 Manzoni consegnò al ministro Badoglio una relazione riguardante l’unità della lingua e i mezzi per diffonderla. Si voleva diffondere il fiorentino aldilà della Toscana attraverso il vocabolario e la grammatica e tramite la scuola, utilizzando nelle scuole insegnanti toscani o educati in Toscana. Ma secondo Ascoli l’unificazione linguistica non poteva avvenire solo utilizzando il modello toscano bensì attraverso la circolazione del sapere, modernizzando le istituzioni culturali, le scuole e le università, e col progredire della scienza e della tecnica. Vi è differenza tra essere italiano (nazionalità) ed essere italianofono (capacità di usare una lingua), italianofono era colui che aveva ricevuto un’istruzione scolastica prolungata. L’80% della popolazione era analfabeta e due realtà linguistiche si differenziavano dal resto d’Italia ossia Firenze (la vicinanza tra italiano e fiorentino consentiva ai toscani di comprendere l’italiano) e Roma (la popolazione romana era composta per il 75-80% da immigrati di cui una parte erano toscani, i romani si avvicinavano all’italiano per immersione). Col passare del tempo cresce il numero degli italianofoni e scende il tasso di analfabetismo, questo cambiamento si deve anche ad agenti di diffusione esterni all’istruzione come fenomeni economici e sociali tra cui le migrazioni, l’urbanesimo, l’industrializzazione, la nascita di mezzi di informazione.. Le migrazioni: Fra gli anni 1840-1890 un grande flusso di gente si spostò dall’Europa verso l’America, italiani compresi. Nacque un processo di italianizzazione. Chi partiva era analfabeta e gli immigrati agivano su chi rimaneva con rimesse di denaro (per l’educazione scolastica della famiglia) e introducendo elementi di progresso culturale. La migrazione fu un grande fattore di trasformazione degli individui, del loro modo di pensare e delle loro aspirazioni, e rappresentava un’innovazione dal punto di vista economico e culturale. Nei primi del 900 vi fu il grande decollo industriale, soprattutto in Piemonte, Liguria e Lombardia. L’incremento della popolazione urbana fu progressivo, le grandi città fungevano da fattore di italianizzazione grazie alla presenza di uffici pubblici che diffondevano la lingua nazionale. Si viene a creare un apparato burocratico unitario e l’esercito si compone da persone provenienti da tutte le regioni italiane dove però l’italiano era usato raramente.

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Stampa periodica: In questo periodo si assiste all’avviamento di strutture industriali moderne, a minori restrizioni alla libertà di stampa e alla libera circolazione di idee. Aumentano le testate e la stampa contribuì alla creazione di una prosa extraletteraria svincolata dal peso della tradizione colta. Il 24 maggio 1915 l’Italia entrò in guerra, questa situazione obbligò uomini provenienti da diverse parti d’Italia a vivere per mesi gli uni accanto agli altri, lontani da casa, facendo nascere nuove necessità comunicative. La guerra obbligò uomini provenienti da aree, idiomi e culture diverse a comunicare tra loro e a mantenere i rapporti coi familiari. Le trincee fungevano da luogo di apprendimento dalle tecniche di lettura e scrittura alla pratica comunicativa. Nasce così l’italiano popolare. Fascismo e seconda guerra mondiale: I nemici venivano individuati a causa dei dialetti, dall’uso di parole straniere e nelle minoranze linguistiche presenti nel territorio nazionale. Nel 1923 nacque la riforma della scuola grazie a Giovanni Gentile ove i programmi scolastici erano fatti ad hoc per superare la dialettofobia. Giuseppe Lombardo Radice si impegnò in un programma di lotta all’analfabetismo che aveva come base il metodo dal dialetto alla lingua, ovvero partire dal retroterra linguistico dell’alunno e apprendere l’italiano tramite la traduzione di testi letterari. Successivamente il dialetto venne preso in considerazione solo come fonte di errori e venne sanzionato. La politica linguistica fascista tentava di affermare la lingua nazionale contro i nemici sul piano interno (dialetti e lingue di minoranza) e sul piano esterno (lingue straniere). Venne introdotto il divieto ai forestierismi, sanzionati anche con la detenzione. Nel frattempo l’accademia d’Italia enunciò elenchi di barbarismi da bandire e i relativi sostituti. Negli anni 20 il fascismo attuò un programma di italianizzazione linguistica che prevedeva decreti, divieti e multe per eliminare l’uso del tedesco. Con l’introduzione dell’italiano nel 1923, tutte le scritte pubbliche e i manifesti dovevano essere scritti in italiano. Strumenti di comunicazione di massa: Nel 1930 nascono la radio e il cinema mentre nel 1960 nasce la televisione. La radio rurale permetteva l’ascolto della radio al di fuori degli ambienti urbani. Nacque un palinsesto nazionale che comprendeva programmi giornalistici e trasmissioni leggere. Grazie alla radio la lingua nazionale si espanse oltre i confini delle classi sociali e il cinema diventò un mezzo di diffusione della lingua nazionale. Successivamente i film italiani e i film stranieri doppiati diffusero un “italiano medio”, cioè non caratterizzato né geograficamente né socialmente. Guerra totale: Nel 1945, i soldati che facevano ritorno in patria avevano appreso, stando sui campi di battaglia, lingue straniere e frammenti di lingua anglo-americana. Italia del secondo dopoguerra fino al 1970: L’Italia aveva bisogno di costruire nuovi punti di riferimento linguistici, culturali e civili, e ciò avvenne con la Costituzione. Nasce l’idea di uguaglianza linguistica, l’obbligo scolastico (gratuito per otto anni) e la tutela delle minoranze linguistiche, inoltre si riorganizzano i partiti e i sindacati di massa. La vita politica determinò un processo di acculturazione per persone che fino a quel momento avevano vissuto in mondi chiusi. Si ebbero grandi trasformazioni demografiche ed economiche, l’Italia non era più un paese essenzialmente agricolo infatti pian piano i lavoratori delle industrie e dei servizi aumentarono, ciò comportò la migrazione dalle campagne e dalle montagne verso le grandi città, e la migrazione dal sud verso nord. Inizia così l’urbanizzazione, gli italiani lasciavano i centri medi e piccoli per le grandi città (meridionalizzazione del nord) ma il livello di istruzione degli italiani continuava ad essere distante da quello delle altre nazioni europee. Successivamente nacquero i movimenti studenteschi che davano voce al disagio della prima generazione frutto della scuola di massa. Si iniziava a pensare che il principio di uguaglianza della Costituzione, per potersi realizzare, aveva bisogno di un’educazione linguistica democratica. L’ascolto della televisione si diffuse in tutte le classi sociali diventando un mezzo di unificazione linguistica. 2

Cap 3: L’Italia contemporanea Per avere un quadro chiaro della realtà linguistica dell’Italia contemporanea si sono svolte ricerche riguardo la competenza linguistica delle persone attraverso un’osservazione sistematica e attraverso indagini auto valutative (svolte dall’Istat e dal Doxa), ma ciò non è un’osservazione diretta del comportamento linguistico. Il soggetto intervistato usa un dato codice in una particolare situazione linguistica e ha un dato livello di conoscenza di uno o più idiomi. I comportamenti linguistici sono legati alle rappresentazioni, alle aspettative, alle idee e alle speranze dell’uomo. Il dominio è un insieme di situazioni che hanno alcune caratteristiche in comune (es. dominio familiare, extrafamiliare, scuola..). L’Istat distingue l’ambito fuori dalla famiglia in “con amici” e “con estranei”, mentre la Doxa distingue famiglia e fuori casa. Come parlano gli italiani: Dal 1970 si sono svolte indagini per capire come si sono distribuiti gli usi linguistici, è risultato che si hanno: • Dialettofoni monolingui: persone che parlano solo dialetto (competenza dell’italiano insufficiente o nulla) • Italofoni monolingui: persone che parlano l’italiano con tutti e ovunque Oggi l’uso esclusivo dell’italiano riguarda la maggioranza della popolazione italiana. C’è chi parla italiano e dialetto a seconda dell’interlocutore. I monolingui alloglotti sono coloro che parlano solo un’altra lingua. La maggior parte degli italiani ha una competenza attiva dell’italiano mentre i dialetti si parlano all’interno della famiglia e delle relazioni amicali. Chi parla solo il dialetto è solitamente privo di titoli di studio ma gli italofoni non appartengono a nessuna classe socioculturale. Variabili come l’età determinano una frattura generazionale, ovvero un divario tra il comportamento delle classi più giovani e il comportamento delle classi più vecchie. L’Italia delle regioni: I comportamenti linguistici degli italiani si differenziano per l’età, il luogo in cui si vive e il livello di istruzione. Il dialetto è meno diffuso nell’Italia del nord ovest ed è molto diffuso nell’Italia del nord est e nell’Italia meridionale. L’uso dell’italiano è prevalente in Piemonte, Liguria, Lombardia, Toscana e Lazio. Italia delle città: Un elemento che caratterizza la realtà sociolinguistica dell’Italia è il divario tra i grandi centri e le realtà con un basso numero di abitanti, abbiamo quindi aree di grande urbanizzazione (la maggior parte delle persone usa l’italiano in tutte le relazioni comunicative) e piccoli centri (l’uso del dialetto, da solo o alternato con l’italiano, è il codice più usato). Le aree di grande urbanizzazione sono caratterizzate da una forte presenza di servizi, e la quantità e la qualità di questi servizi determina la quantità e la qualità delle relazioni pubbliche a cui ogni persona ha accesso. Italia delle altre lingue: Quando parliamo di parlare un’altra lingua ci si riferisce alle minoranze linguistiche che sono differenti da regione a regione. Accanto ad esse vi sono gli idiomi parlati dagli stranieri residenti in Italia (es. albanesi, marocchini, rumeni..). Quale italiano?: La diseguaglianza oggettiva è la possibilità di trovare differenze tra persone che parlano lo stesso idioma relativamente alle abilità di scrittura e lettura, alla ricchezza del vocabolario.. Una ricerca ha stabilito che il 38% degli italiani ha difficoltà nella decodifica di testi scritti elementari.

Cap 4: Come funzionano e come si apprendono le lingue 3

L’Italia è una nazione plurilingue con un ampio numero di dialetti accanto alla lingua nazionale. Oggi molti italiani conoscono più di un idioma. Per capire come funzionano le lingue nella vita delle persone bisogna prendere in considerazione l’uso della lingua, il suo prestigio, le circostanze dell’apprendimento, la competenza delle lingue e l’identità che le lingue comportano. Lingua vs dialetto: Tutte le lingue sono storico-naturali (es. lingua artificiale = codice Morse). Tra la lingua e il dialetto non vi è nessuna differenza relativa alla loro struttura, ma si distinguono in base a criteri di tipo sociale. Con la codifica e la standardizzazione il dialetto acquisisce lo statuto di lingua e in una gamma di varietà differenti viene selezionata la lingua standard. Il dialetto ha avuto origine in Grecia (ce n’erano 5). Successivamente la lingua diventò norma superiore e il dialetto venne considerato come inferiore, questa relazione di subordinazione fu creata dagli studiosi della questione della lingua per creare una dicotomia sociolinguistica a Firenze, dove la norma fiorentina era superiore a quella parlata. Tra lingua e dialetto esiste un rapporto gerarchico. Nel 500 il volgare fiorentino venne riconosciuto come lingua italiana e col tempo ha subito un processo di standardizzazione. Attraverso una serie di grammatiche e vocabolari è stata stabilita la norma linguistica e il corretto parlato. • Standardizzazione: Selezione di una varietà per sviluppare una lingua standard • Codificazione: Grammatiche e vocabolari scritti per fissare la varietà • Elaborazione della funzione: La varietà deve poter essere usata in tutte le funzioni collegate con la scrittura • Accettazione: La varietà deve essere accettata dalla popolazione come unica varietà (lingua nazionale che fungerà come forza unificatrice) Configurazioni del repertorio linguistico degli italiani: Il repertorio è l’insieme delle lingue (varietà) e delle loro norme d’uso di una comunità. Questa nozione può riferirsi anche al singolo individuo (repertorio linguistico del parlante). Col tempo i rapporti tra lingua e dialetto sono cambiati, questa mutazione è chiamata dilalia (nozione introdotta da Berruto). Quando a due sistemi linguistici (lingua e dialetto) viene riconosciuta pari dignità culturale, sociale e politica si parla di bilinguismo imperfetto e ciò richiama il concetto di diglossia in cui però due sistemi linguistici non hanno la stessa valenza culturale, sociale e politica, ma vengono usati a seconda del contesto. La dilalia è una condizione estrema di diglossia e si ha quando la lingua sostituisce il dialetto anche nei contesti informali. In un repertorio dilalico entrambe le varietà possono essere usate nel parlato quotidiano. L’italiano è prescritto dalle norme sociolinguistiche della comunità in una grande gamma di situazioni mentre il dialetto no, in alcuni casi però il dialetto può essere più funzionale (es. se viene usato al mercato per non essere imbrogliati dal negoziante, cioè riconoscersi come membri della stessa comunità). Lingua prima, seconda e straniera: I dialetti sono stati la lingua materna della maggior parte delle persone (poiché si parlava all’interno della propria famiglia) mentre l’italiano veniva appreso sui banchi di scuola. Nel primo caso si parla di un processo naturale che avviene fin dalle prime fasi dell’esistenza, ma non è così per l’apprendimento dell’italiano a scuola o nei casi di emigrazione, in entrambi i casi parliamo di fenomeni che riguardano persone che hanno già acquisito una lingua (L1) e che tramite modalità diverse (spontanee o guidate) acquisiscono una seconda lingua (L2) al di fuori dell’ambito familiare. Le diverse modalità di apprendimento hanno ripercussioni sulla competenza acquisita, nel primo caso sarà identica o simile a quella dei genitori e della comunità linguistica in cui si vive, mentre nel caso in cui si impara una seconda lingua il risultato del processo di apprendimento potrà essere differente dalla lingua che si vuole imparare. Per quanto riguarda la seconda lingua (L2) essa si apprende dopo che si è stabilizzata la prima lingua (L1), un esempio di seconda lingua è la lingua italiana appresa dagli immigrati o l’italiano appreso a scuola da un bambino proveniente da una famiglia dialettofona. I criteri che differenziano la prima lingua dalla seconda lingua sono la 4

cronologia (prima si apprende la L1 e poi la L2), la competenza e l’uso (la L1 si parla più della L2). Bisogna distinguere tra seconda lingua e lingua straniera, poiché la seconda lingua consiste in una lingua appresa in modo naturale (senza un insegnamento esplicito) mentre le lingue straniere sono idiomi appresi in contesti scolastici attraverso un percorso di studi guidato. L’apprendimento della lingua materna segue un percorso regolare, ogni bambino comincia a poco a poco a parlare, il bambino ha una dotazione di partenza ovvero strutture che interagiscono con l’esperienza, e le esperienze linguistiche sono indispensabili. Ogni bambino attraversa diverse fasi come la lallazione (sequenze di vocali e consonanti), l’uso di singole parole e la combinazione di parole. Gli errori dei bambini sono il risultato del tentativo di costruire le regole del funzionamento della lingua. Il linguaggio umano è un intreccio tra innato e acquisito. Interlingua: Le produzioni di una persona che sta apprendendo una lingua non sono un’accozzaglia di frasi piene di errori, bensì sono un sistema composto da regole precise che in parte corrispondono a quelle della lingua di arrivo. È un sistema dinamico che si sviluppa in vari stadi man mano che l’apprendimento avanza. Si parla di fossilizzazione quando una persona non progredisce più nella conoscenza di una lingua, si avrà quindi un’interlingua fossilizzata quando uno stadio di apprendimento diventa definitivo. Competenza: Dobbiamo parlare dei livelli di competenza, ovvero di come e in quali contesti sappiamo usare un certo idioma. Capire e farsi capire sono due fattori fondamentali della competenza linguistica, altri quattro fattori importanti sono parlare e ascoltare, scrivere e leggere. Essi si distinguono tra loro per la natura del canale uditivo o visivo attraverso cui viene comunicato il messaggio, due abilità sono orali (parlare e ascoltare) e due abilità sono scritte (scrivere e leggere), inoltre la ricezione (ascoltare e leggere) si oppone alla produzione (parlare e scrivere). I semi speakers sono quei parlanti che non riescono a gestire la varietà nativa dei loro genitori e possiedono una competenza limitata, ciò accade quando si ha la perdita sociale di una lingua. Variazione, variabile e variante: Le persone si scambiano segni linguistici che si caratterizzano per un gran numero di oscillazioni (variazioni) per ciò che attiene al versante fonico e per ciò che attiene al mondo dei significati. Uno degli strumenti usati per analizzare queste forme di diversità è la variabile, ossia un insieme di modi alternativi di dire la stessa cosa, essa ricorre a tutti i livelli dell’analisi che può essere lessicale, sintattica, fonologica e morfologica. Le differenti realizzazioni di una variabile, da parte di uno o più individui, sono chiamate varianti. Questi modi diversi di dire la stessa cosa hanno anche un significato sociale perché il loro uso può collegarsi a caratteristiche stesse del parlante, per questo motivo si parla di variabile sociolinguistica che assume valori diversi a seconda dei fattori extralinguistici. L’individuazione di queste variabili costituisce il punto di partenza e quello di arrivo dell’indagine. Osservando il parlato di una persona si può ipotizzare le variabili sociolinguisticamente significative nella sua comunità e questo approccio viene chiamato sociolinguistica correlativa. Cap 5: Comunità plurilingui L’italiano si inserisce in aree sociali alle quali per secoli era stato del tutto estraneo, ma rimangono diversità negli usi e negli atteggiamenti linguistici dei parlanti. Vi è la presenza di più idiomi, l’italiano, il dialetto, vecchie lingue e nuove minoranze.

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Situazione in Italia: • Valle d’Aosta: Qui vi è la presenza dell’italiano e del francese (varietà alte) e di dialetti locali (varietà basse) di matrice latina appartenenti alla famiglia delle parlate francoprovenzali. Ogni documento deve essere scritto sia in italiano che in francese. • Venezia: Qui vi è più di un idioma in cui il veneziano rappresenta la lingua di prestigio parlata dalle classi più alte. Nel 1600 era presente una diglossia perfetta (per il parlato si usava il dialetto e per lo scritto il toscano). • Torino: Qui una bassa percentuale di giovani ha una competenza attiva del dialetto e ciò dipende dai genitori (parlano l’italiano) e dai nonni (parlano il dialetto). I nonni sono importanti nella diffusione del dialett...


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