Riassunto libro sociolinguistica dell italiano contemporaneo PDF

Title Riassunto libro sociolinguistica dell italiano contemporaneo
Author Erika Caruana
Course Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo
Institution Università degli Studi di Palermo
Pages 32
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Summary

Sociolinguistica contemporaneo Gaetano Berruto Cap. 1 come gamma di 1. Le Il primo tentativo di modellizzazione della dovuto a Pellegrini (1960). riconosce nel repertorio verbale medio 4 registri fondamentali: dialetto, dialettale, italiano regionale e italiano standard. Con gamma di fenomeni compre...


Description

Sociolinguistica dell’italiano contemporaneo Gaetano Berruto

Cap. 1 - L’italiano come gamma di varietà 1. Le varietà dell’italiano Il primo tentativo di modellizzazione della varietà dell'italiano è dovuto a Pellegrini (1960). L'autore riconosce nel repertorio verbale dell'italiano medio 4 registri “espressivi” fondamentali: dialetto, koinè dialettale, italiano regionale e italiano standard. Con “italiano regionale” s'intende l'ampia gamma di fenomeni compresa fra l'italiano della tradizione letteraria e il dialetto; in Italia la prima fonte di diversificazione degli usi linguistici è quella legata alla distribuzione geografica, lungo l’asse diatopico1. Lo schema di Pellegrini si pone esplicitamente nella dimensione diafasica, relativa a diverse varietà di lingua a disposizione dello stesso parlante, che le utilizza a seconda delle circostanze situazionali. Sempre sull’asse dei registri presenti in diafasia, per Mioni (1975) lo schema è tripartito e si divide in: italiano aulico, italiano parlato formale e italiano colloquiale-informale. Questi 3 registri vengono da lui messi in relazione con la stratificazione sociale dei parlanti: Mioni assume che un borghese padroneggia tutte e 3 le varietà, un piccolo borghese padroneggia solo la seconda e la terza mentre un contadino padroneggia solo la terza. Nel 1979 Mioni introduce la dimensione geografica e quella sociale e abbiamo la seguente divisione: it. comune, it. comune regionale, it. regionale e it. regionale popolare. Questa denominazione delle varietà si concilia male con la loro compresenza nel repertorio di un singolo parlante: it. comune regionale o it. regionale popolare sono infatti varietà di riferimento alla comunità di cui un parlante è membro, e non varietà riferite agli usi dell’utente. Migliore appare la terminologia utilizzata nel 1983 (sempre da Mioni), dove le quattro varietà sono: standard formale, standard colloquiale-informale, it. regionale e it. popolare regionale. Un altro modello è quello di De Mauro (1980), che sintetizza le precedenti formulazioni in una quadripartizione che vede una gerarchia formata da: italiano scientifico, italiano standard, italiano popolare unitario, italiano regionale colloquiale. Questo tipo di schema è ottimo per valorizzare il lessico ma non per l'importanza della pronuncia, la cui considerazione deve promuovere più in alto, in una gerarchia di differenziazione, la dimensione geografica. Uno dei modelli più importanti è quello di Sanga (1981), il quale enumera 8 varietà fondamentali per la sezione italiana di un repertorio della sociolinguistica odierna: italiano anglicizzato, italiano letterario, italiano regionale, italiano colloquiale, italiano burocratico, italiano popolare, Italiano dialettale e l’italiano-dialetto. Le varietà sono ordinate da un massimo ad un minimo di diversità ogni varietà. L'italiano anglicizzato, sia orale che scritto, è caratterizzato dalla presenza di anglicismi ed è utilizzato dall’alta borghesia con contatti internazionali. L'italiano colloquiale è la realizzazione informale dell'italiano regionale, usato sia dall'alta borghesia che dai ceti medi. L'italiano burocratico si basa su un ideale scritto artificioso ed è usato dei ceti medi del terziario; avrebbe anche la funzione di modello per l'insegnante nella scuola. L'italiano dialettale, principalmente orale, è la realizzazione dell’italiano popolare da parte di soggetti fortemente dialettofoni ed è un linguaggio usato prevalentemente dal ceto popolare. L'italiano-dialetto è caratterizzato dal passaggio di espressioni italiane ad espressioni dialettali. Il modello di Sanga è molto interessante ma pone numerosi problemi. Una novità nella tipologia dei repertori proposta per le varietà dell'italiano è introdotta da Trumper e Maddalon (1982), i quali operano la distinzione fra uso orale e uso scritto. Trumper propone due sotto repertori diversi per l’uno e per l’altro: per l’uso scritto, it. standard, it. substandard e it. interferito sub-standard; per l’uso orale, it. regionale formale, it. regionale informale e it. regionale trascurato fortemente interferito. Spicca l’assenza dell’italiano standard dal repertorio orale, che tiene conto del fatto che è un’eccezione il trovare parlanti (anche molto colti) la cui pronuncia sia del tutto priva di coloriture regionali più o meno sensibili. Le varietà sono designate 1 Varietà diatopiche → varietà geografiche Varietà diastratiche → varietà sociali (relative agli strati sociali) Varietà diafasiche → varietà situazionali (relative alla funzione svolta nel contesto)

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in termini di caratteristiche linguistiche in base alla quantità di elementi sub-standard contenuti alla maggiore o minore interferenza col dialetto, e quindi in maniera tendenzialmente omogenea. La proposta più recente in merito alla classificazione delle varietà dell’italiano contemporaneo è quella di Sabatini (1985). il quale introduce la categoria “italiano dell'uso medio”: italiano standard, italiano dell'uso medio, italiano regionale delle classi istruite, italiano regionale delle classi popolari. Le prime due varietà, pur essendo entrambe nazionali, si distinguono poiché la prima è tipica dell'uso formale e la seconda è tipica dell'uso mediamente formale e informale. Il modello è molto interessante ma presenta due problemi: il primo è costituito dalla separazione fra italiano regionale e italiano dell'uso medio; il secondo è dato dalla natura stessa dell’italiano dell'uso medio, che sembra coprire un raggio eccessivamente ampio di variazione diafasica. Una suddivisione del continuum obbediente a criteri diversi rispetto a quelle finora proposte è quella di Sobrero e Romanello (1981) che, come nel modello iniziale di Pellegrini, distinguono due sole entità: l’italiano comune e l’italiano regionale, ripartendo però ciascuna in due fasce ulteriori, “bassa” e “alta”. Secondo Berruto, in base ai caratteri della situazione italiana, la differenziazione diatopica deve essere tenuta in conto per prima, come più basilare; in ogni schema riconosciamo la presenza non solo dell'italiano regionale, ma anche l'italiano regionale standard, anzi degli italiani regionali standard (dato che c’è in effetti una serie di standard regionali che costituiscono la norma sociale in ogni regione). Un altro aspetto che deve essere considerato è quello della differenziazione sociale, distinguendo tra un italiano regionale colto e un regionale popolare. Inoltre la differenziazione diafasica deve essere tenuta separata da quella socio-geografica, in quanto concerne il singolo individuo parlante e taglia le dimensioni geografica e sociale. Questo dimostra 1) che è assolutamente impossibile creare uno schema esaustivo delle varietà dell'italiano, che tenga conto assieme di tutte le dimensioni pertinenti e 2) che dovrebbero esser organizzati schemi parziali per le singole classi di varietà.

2. L'architettura dell'italiano contemporaneo Architettura dell’italiano → sintesi del tipo e della collocazione reciproca delle varietà la cui somma costituisce la lingua contemporanea. Il modello dell'architettura dell'italiano si basa su tre premesse. 1) le dimensioni di variazione non si devono mescolare ma allo stesso tempo si intersecano. 2) nell’uso orale la differenziazione geografica svolge un ruolo importante. 3) oltre alle dimensioni diatopica, diafasica e diastratica, c’è anche quella diamesica. Nel modello poi si distingue fra un “centro”, dove sono raccolti fatti tendenzialmente unitari, standardizzati, normativi e normalizzanti dell'italiano, e una “periferia” che raccoglie i fatti tendenzialmente non unitari o devianti dalla norma accettata (la sezione non standard e sub standard delle varietà dell'italiano). I tre assi di variazione vanno rispettivamente: - diamesia → dal polo “scritto scritto” al polo “parlato parlato” (da sinistra a destra); - diastratia → dal polo “alto” al polo “basso” (dall’alto verso il basso); - diafasia → dal polo “formale-formalizzato” al polo “informale” (in alto a sinistra - in basso a destra). Il quadrante in alto a sinistra contiene le varietà verso l'estremo scritto e/o socialmente alto; il quadrante in basso a destra le varietà verso l’estremo parlato e/o socialmente basso. Scendendo dalla metà dello schema verso il basso aumenta il grado di “sub-standardità” delle varietà. L'asse diafasico è connesso con la stratificazione sociale dei parlanti, nel senso che le varietà che stanno verso l'estremo alto sono più ristrette a gruppi determinati di utenti verso l'alto della scala sociale, mentre le varietà che stanno all'estremo basso non sono ristrette a gruppi particolari; per esempio, l’italiano tecnico-scientifico è a disposizione di cerchie ben definite di utenti, mentre l'italiano informale trascurato è un registro a disposizione, in linea di principio, di tutti gli italofoni.

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Con la variazione diamesica s'intende cogliere gli aspetti di differenziazione che dipendono dalla natura segnica stessa dell'uso scritto e parlato e non soltanto dalla minore o maggiore formalità del registro. Quindi un registro molto formale coincide con le caratteristiche tipiche dello scritto mentre registro molto informale con le caratteristiche tipiche del parlato. Anche per cogliere tali differenziazioni si distingue spesso fra uso orale e grafico o codice parlato e scritto. Il centro sociolinguistico dell'architettura non coincide con il suo centro geometrico ma è spostato verso quadrante scritto, data la peculiare storia della lingua italiana, il cui standard si è tradizionalmente modellato sull’uso scritto, letterario, aulicizzante. Ogni direzione al di fuori del centro situa una varietà tendenzialmente centrifuga; dal centro verso il basso aumenta il carattere sub standard, mentre dal centro verso l'alto aumenta il carattere non standard (ma non substandard). Il centro è costituito dalla porzione standard dell'italiano, diviso in due varietà: 1) l'italiano standard letterario, ovvero la lingua descritta e regolata dai manuali di grammatica. In linea di principio, è non marcata né diatopicamente né socialmente, ma in realtà manifesta un lieve grado di marcatezza diastratica ed è riscontrabile solo in gruppi professionali specifici (come gli speaker). 2) l’italiano neo standard, che possiamo considerare in effetti come conglobato con lo standard da un lato, ma dall'altro sensibile a differenziazione diatopica; è riscontrabile nei concreti usi dei parlanti di un italiano regionale colto medio. Le due etichette sono quasi sinonimiche intercambiabili: con italiano neo standard mettiamo in evidenza gli aspetti morfosintattici, che costituiscono la base comune di impiego dell'italiano da parte di parlanti colti; con italiano regionale medio colto mettiamo l’accento sull’emergere della differenziazione geografica che sarà percepibile nella gran maggioranza degli utenti (anche un parlante colto rivela, pur non avendo un accento regionale molto spiccato, la propria origine), Se accettiamo che nella ristandardizzazione che sta avvenendo siano assorbiti dallo standard i tratti che abbiamo riunito come neo standard, è indubbio che la base sociale dello standard si stia allargando. L’italiano neo standard, che si manifesta sia nello scritto che nel parlato, può essere ritenuto equivalente all’“italiano dell'uso medio” di Sabatini. Due varietà molto importanti nella dinamica sociolinguistica attuale sono quello dell'italiano parlato colloquiale e dell'italiano popolare regionale. Esse sono molto vicine al centro: alcuni tratti precedentemente marcati per colloquialità hanno perso o stanno perdendo marcatezza. L'italiano parlato colloquiale è l’italiano della conversazione ordinaria, del normale parlare quotidiano, degli usi comunicativi ricorrenti (non va confuso con i registri informali più bassi). È marcato in primo 4

luogo in diatopia, in quanto è tipicamente parlato, e in secondo luogo in diafasia. L’italiano regionale popolare (o italiano popolare regionale) è tanto più popolare (vale a dire marcato in diastratia) quanto più è caratterizzato da peculiarità locali e interferenza del dialetto (vale a dire marcato in diatopia). Questa varietà tende alla periferia per marcatezza diastratica, come varietà dei parlanti poco colti. All’estremo inferiore destro troviamo l’italiano informale trascurato e l’italiano gergale. L’italiano informale trascurato è la varietà più bassa in diafasia, in cui agiscono i fattori derivanti dall'improvvisazione, dalla mancanza di attenzione e di controllo delle locuzioni. L'italiano gergale racchiude le varietà colloquiali-espressive, proprie di categorie o gruppi di utenti, che ai tratti dell'informale trascurato aggiungono un lessico proprio per rafforzare il senso di appartenenza al gruppo (come il linguaggio giovanile o i gerghi della vita studentesca o militare). Nel quadrante inferiore destro, lungo la metà dell’asse diafasico, si trova l'italiano familiare, cioè una varietà linguistica che si forma presso gruppi di amici o nuclei di persone che vivono vicine o sono in confidenza. Nel quadrante superiore sinistro, sull’asse diafasico, ci sono le varietà caratterizzate dalla massima elaborazione morfosintattica, semantico-lessicale e testuale, come l'italiano formale aulico (impiegato in situazioni solenni e pubbliche), l'italiano tecnico-scientifico (impiegato per temi specialistici). Accanto a questi due andrebbero poste le lingue speciali, fortemente caratterizzate da un lessico proprio. Un po' più verso il centro si trova l' italiano burocratico (usato nell'amministrazione). Queste sono varietà che trovano realizzazione nello scritto. Nel complesso abbiamo 9 varietà, ma le varietà veramente imprescindibili si possono ridurre a quattro o cinque.

3. Natura del continuum Per continuum si intende un insieme di varietà tale che vi siano due varietà estreme facilmente identificabili. tra cui esista tutta la gamma di varietà intermedie, che sfumano lentamente dall'una all'altra. L’uso della nozione di continuum in sociolinguistica si rifà alla concezione tradizionale del “continuum dialettale”, riferito alla variazione geografica, con cui si intende una serie di dialetti, di solito geneticamente imparentati, tale che dialetti adiacenti siano tra loro reciprocamente comprensibili, mentre non lo siano più i dialetti all’estremità della serie: in altri termini, i parlanti di un dialetto A comprenderebbero bene il dialetto vicino B (e viceversa), i parlanti di B comprenderebbero il dialetto C (e viceversa), ma i parlanti di A non comprenderebbero più il dialetto M, e viceversa. Con il termine di continuum si intende, in sociolinguistica, mettere in rilievo da una parte l’inadeguatezza della nozione strutturalista classica di “sistema” e dall’altra parte il fatto che fra le diverse varietà eventualmente identificabili non esistono confini netti che separino rigorosamente una varietà da quelle vicine; bensì c’è un'area di sovrapposizione tra le varietà e uno sfumare dell'una nell'altra, con un passaggio graduale che fa sì che la differenza sia minima tra le varietà contigue e aumenti proporzionalmente procedendo verso gli estremi opposti del continuum. Parliamo della nozione di continuum. Nel suo senso iniziale, il termine sembra semplicemente implicare l’assenza di confini categorici fra i fenomeni considerati, che si dispongono in un insieme non discreto, continuo. Il requisito della presenza di due varietà ben definite e isolabili agli estremi non sembra essere necessario ad una prima considerazione del continuum. Tuttavia le applicazioni che sono state fatte del concetto in sociolinguistica ne presuppongono un concetto più ricco. Anzitutto, si dà per scontato che le due varietà agli estremi siano rispettivamente la varietà “alta” e la varietà “bassa” di una situazione di diglossia, o comunque simile alla diglossia; e che quindi il continuum sia orientato da una varietà di prestigio o standard (al polo superiore) ad una varietà substandard non di prestigio (al polo inferiore). Gli studi di creolistica hanno poi definito una versione molto più forte del concetto di continuum. Bickerton, studiando il creolo della Guyana, ha postulato un continuum che va dal basiletto (varietà bassa) all’acroletto (varietà alta), passando attraverso una successione di mesoletti. Il continuum creolo ha un’unica catena di varietà che collega il basiletto all’acroletto, è un’unica dimensione linguistica lineare. Il tratto fondamentale di questo continuum creolo sta nel fatto che i mesoletti 5

coprono la stragrande maggioranza degli usi linguistici, mentre il basoletto è quasi scomparso e l’acroletto è poco attestato. Questo crea un’apparente somiglianza con l’italiano, dove la varietà corrispondente all’acroletto (l’italiano standard) è poco rappresentata, e a sua volta la varietà corrispondente al basiletto (il dialetto locale puro) è in via di scomparsa. Il continuum creolo non può però essere applicato alla situazione italiana perché il continuum delle varietà italiane non è lineare, ma è multidimensionale. Ci sono però aspetti interessanti nella nozione di continuum applicabili con profitto alla situazione italiana. All’interno dei fenomeni che spesso si designano come continua sociolinguistici, possiamo distinguere 4 spettri di varietà: 1) continuum generico, costituito da un insieme di varietà non discrete non orientato; 2) continuum con polarizzazioni, costituito da un insieme di varietà non discrete orientato, che va cioè da un polo alto a un polo basso con estremi ben definiti e isolabili; 3) continuum con addensamenti, costituito da un insieme di varietà non discrete, orientato ma non polarizzato, in cui le diverse varietà coincidono con addensamenti dei fasci di tratti lungo il continuum, in maniera che gli addensamenti principali possono trovarsi anche agli estremi del continuum; 4) gradatum, costituito da varietà almeno in parte discretizzabili. Il continuum con addensamenti è quello corrispondente alla lingua italiana, infatti le diverse varietà coincidono con addensamenti dei fasci di tratti lungo il continuum in maniera che gli addensamenti principali possono trovarsi anche non agli estremi del continuum; le varietà appaiono abbastanza ben riconoscibili e in parte delimitabili, anche se conservano un'area di sovrapposizione. La cooccorrenza delle varianti esiste solo tendenzialmente, la maggioranza delle varianti può cooccorrere con più di un valore delle altre variabili; inoltre non possono essere escluse altre cooccorrenze da quelle che consideriamo normali, anche se certe combinazioni di varianti sono evidentemente impossibili. Le relazioni di co-occorrenza sono probabilistiche: le varianti di livello alto e quelle di livello basso non co-occorrono, mentre nei livelli intermedi c’è un'ampia area di possibile co-occorrenza. È possibile trattare il frammento di continuum in termini di scale di implicazione. Le scale di implicazione sono matrici a doppia entrata che rappresentano dati in maniera tale che tra loro esista un rapporto di implicazione, cioè queste scale sono ordinate in base ad una disposizione in cui né nelle linee orizzontali né in quelle verticali c’è discontinuità nei valori dei tratti; esse permettono di prevedere i rapporti di co-occorrenza tra le variabili. Sembra che nel continuum dell'italiano non esistano “isoletti”, cioè grammatiche di una varietà ben determinata formate da un insieme di regole compatibili l'una con l'altra, ma che escludono ogni alternativa. Uno stesso tratto può essere implicato in più di una variazione di dimensione, e isolarlo su una singola dimensione rischia di far torto allo status di quel tratto. Per terminare il discorso sulla natura del continuum delle varietà dell’italiano, bisogna fare un cenno sui rapporti tra le varietà e i parlanti. I parlanti di una comunità linguistica hanno accesso e possiedono in maniera ben differenziata la gamma di varietà. Queste sono influenzate dalla stratificazione sociale, dal grado d'istruzione, dal tipo di occupazione e in parte dal reddito. I parlanti colti della media e alta borghesia padroneggiano una fetta del continuum più alta che non i parlanti poco istruiti e/o di bassa estrazione sociale; e già dubbio se esistano davvero parlanti che padroneggiano attivamente tutta la gamma dei registri, inoltre la collocazione dei registri può variare da parlante a parlante: quello che per un parla...


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