Mediaevo Italiano - riassunto libro morcellini PDF

Title Mediaevo Italiano - riassunto libro morcellini
Course Industria culturale e media studies
Institution Sapienza - Università di Roma
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riassunto libro morcellini...


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CAPITOLO 1: IL MEDIAEVO ITALIANO-PROPOSTE DI ANALISI PER L'INDUSTRIA CULTURALE 1.1 Che la storia incominci: premessa e linee interpretative Occorre chiamare in causa un elemento di precarietà e debolezza della letteratura scientifica sui mezzi di comunicazione, infatti non è raro riscontrare negli studi un carattere di incompiutezza dell'analisi, dovuto probabilmente all'assenza sostanziale di un approccio storiografico e a una scarsa consapevolezza della natura sistemica della comunicazione. Bisogna prendere atto che una parte rilevante delle debolezze e delle insufficienze dei modelli interpretativi e delle teorie dei media, così come una parte delle divisioni fra scuole e paradigmi, è strettamente riconducibile ad una teoria autoreferenziale della comunicazione: troppo spesso essa è disancorata da una convincente storia dell'industria culturale e dal riconoscimento del ruolo delle tecnologie, che finisce per apparire concettualmente infondato e senza senso. 1.2 La metamorfosi: l'impatto della comunicazione nel caso italiano Da qualunque angolo di osservazione, che sia storicamente o sociologicamente fondato, i media si presentano come un fattore strategico di induzione dei processi di modernizzazione, intesa come l'insieme dei processi economici, sociali e culturali che hanno trasformato le società europee ed occidentali negli ultimi 3 secoli, tanto da poter parlare di una dicotomia società tradizionale/società moderna. È ormai largamente acquisito che ogni tipo di aggregato sociale, insieme con i suoi fattori e le sue componenti, è soggetto nel tempo a modificazioni e trasformazioni da uno stato ad uno successivo; secondo la sintesi di Gallino per mutamento sociale si intende qualsiasi variazione, differenza o alterazione che si produce nella struttura e nel modo di funzionamento di una società, osservabile in un certo momento rispetto ad uno anteriore. Dal momento che molti mutamenti sociali sono connessi a cambiamenti dei sistemi culturali, nelle scienze sociali contemporanee si è soliti parlare di mutamento socioculturale. Man mano che ci si avvicina alla modernità, si intende provvisoriamente con tale termine la fase di più decisa industrializzazione dei mezzi e di generalizzazione dei fenomeni comunicativi, facendosi più evidente la consapevolezza che i mass media si sono posti progressivamente come fondamentali strumenti di socializzazione, soprattutto per la decadenza della funzione educativa della scuola e della famiglia. 1.3 La spirale della comunicazione: mutamento → mass media → nuova socializzazione L'analisi di mezzo secolo di sviluppo dei mass media fa emergere vividamente la centralità del consumo culturale come dimensione che caratterizza la modernità dei comportamenti: tutto ciò avviene nel contesto di una progressiva affermazione e legittimazione di un'ideologia e di una pratica del tempo libero, del consumo e della comunicazione presso settori sempre più vasti della popolazione. Un ruolo decisivo è svolto dai mezzi di comunicazione, che caratterizzano le socie3tà moderne in termini di incidenza sulla struttura materiale ed economica, sugli standard culturali e sulle personalità individuali agendo quasi da “sistema nervoso centrale” in cui si riconfigurano le dimensioni costitutive della modernità.

Le caratteristiche essenziali delle società moderne possono essere identificate con: a) CAMBIAMENTO, inteso non come trauma, ma come metamorfosi progressiva e accelerata b) SECOLARIZZAZIONE, come processo di desacralizzazione del potere e delle istituzioni sociali c) COMPLESSITÀ SOCIALE, intesa come crescente complicazione e differenziazione dei ruoli e delle funzioni sociali a causa della “perdita del centro” e dell'evanescenza dei punti di riferimento normativi E se l'Italia è così profondamente cambiata, è pertinente l'assunto che la comunicazione sia stata la grande rete di modernizzazione, anche a fronte di obiettivi, ritardi e incertezze di altre direttrici di sviluppo: l'ammodernamento delle infrastrutture e dei servizi, l'adozione di una mentalità di programmazione, la debole progettualità delle classi dirigenti e delle politiche di governo nel porsi consapevolmente alla guida dei processi di innovazione dell'economia e della società. I ritratti dei diversi comparti dello spettacolo e della comunicazione consentono anche di delineare l'investimento in termini di tempo e risorse sul consumo culturale da parte dei pubblici: la ristrutturazione della spesa per lo spettacolo, per il loisir e per i beni di cittadinanza culturale è infatti in grado di illuminare molti aspetti della transizione che ha interessato la società italiana, soprattutto in termini di analisi del ruolo decisivo che i media hanno assunto nel passaggio da una società agricola a una società industriale, e poi postindustriale. Il pubblico è ovviamente presente nella struttura del prodotto culturale, sul quale proietta sempre più prepotentemente il proprio simulacro: è il caso ad esempio della programmazione televisiva pubblica e privata, a proposito della quale occorre pienamente valorizzare l'analisi degli ascolti, spaziando dalle tradizionali metodologie di rilevazione fino alla customer satisfaction. In questo contesto è la TV che, grazie ai suoi aspetti di libertà d'uso, basso costo e molteplicità di funzioni e generi offerti, intercetta in Italia più che altrove il mutato atteggiamento verso il consumo culturale e l'investimento in termini di budget time: essa sembra davvero “l'oggetto più democratico delle società democratiche”. 1.4 Industria culturale italiana: principali dimensioni interpretative Sia che si intenda alludere agli apparati e alle “istituzioni” di produzione della comunicazione o che si prediliga la comunicazione come offerta, sia che si alluda alla comunicazione come corpus di modelli comportamento, è evidente che la comunicazione è strutturalmente legata al mutamento, e al tempo stesso risulta inafferrabile fuori da un'ottica interdisciplinare, e in questa affinità della comunicazione con il cambiamento si può scorgere una radice della sua straordinaria fortuna nell'epoca moderna. È complesso spiegare le ragioni per cui nel nostro Paese non si siano adeguatamente affermati una tradizione storiografica e uno stile scientifico e cognitivo saldamente interdisciplinari: occorre ricordare un'interpretazione che enfatizza la dimensione istituzionale, imputando una precisa responsabilità al ritardo dei un curriculum universitario di Scienze della Comunicazione. Un percorso di studi che ha come profilo distintivo la formazione di operatori, ma anche di esperti e studiosi di comunicazione, costituisce un'occasione per rinnovare

profondamente gli schemi cognitivi dei media studies e in particolare l'approccio italiano: i corsi di Scienze della Comunicazione stanno contribuendo ad invertire il trend, essi infatti esigono naturalmente nuove professionalità docenti e un mix disciplinare più aperto e ricco di quelli precedenti, creando pertanto le condizioni potenziali per una nuova comunità scientifica. Proprio la complessità dell'oggetto-comunicazione e la stessa novità istituzionale rappresentata dal curriculum inducono a ricordare un elenco minimo di saperi multidisciplinari che oggi dovrebbero essere messi in gioco per costituire un campo culturale degli studi di Scienze della Comunicazione, ambientandoli correttamente nel contesto dei processi di mutamento della società italiana. 1.5 Una lettura sistematica per l'età della convergenza La prima dimensione che occorre chiamare in causa per la sua estrema novità è quella dell'analisi geografica della comunicazione: le trasformazioni dei confini nazionali, l'urbanizzazione che fino agli anni '80 ha caratterizzato le società italiane con il suo impasto di migrazioni interne, fino ai nuovi fenomeni dell'immigrazione e del multiculturalismo in molte aree del paese, sono realtà da considerare attentamente per una valorizzazione più attenta dei mezzi di comunicazione e della loro portata sociale. Inoltre bisogna fare una considerazione sull'impatto dei mutamenti demografici: si pensi all'incidenza attribuibile al declino delle nascite del secondo e del terzo figlio a partire dal secondo dopoguerra, al nuovo protagonismo della donna, alle nuove polarizzazioni nei rapporti di potere fra i sessi. Si rifletta anche sulla definitiva affermazione dell'infanzia e della gioventù come figure storico-sociali relativamente nuove, sulla riduzione del numero dei componenti della famiglia e sul nuovo status dei single: tutti fenomeni che demarcano comportamenti mediali specifici e innovativi. Inoltre bisogna sottolineare la natura economica del sistema dei media, che deve certamente coinvolgere analisi aziendale e controllo dell'agire imprenditoriale, efficacia dell'organizzazione del lavoro e verifiche della competitività del prodotto. Ma un modello interpretativo economico è decisivo anche per gli studi sulla sfera pubblica nel settore della comunicazione (interventi finanziari, tassazione/detassazione, sostegni indiretti in beni e servizi ecc.), così come per una verifica degli investimenti delle famiglie e dei singoli utenti, sotto forma di abbonamenti, biglietti ecc. È decisivo poi chiamare in causa l'analisi delle tecnologie della comunicazione: sotto la spinta dei modelli e dei mercati sopranazionali si è determinata negli ultimi anni una moltiplicazione degli strumenti disponibili per l'invio e la ricezione dei messaggi; se fino agli anni '70 gli strumenti utilizzabili erano la posta, il telegrafo, il telex e la radio, nel giro di pochi anni si sono diffusi il telefax, il modem, il videotext (in Italia televideo) che porta messaggi scritti nelle case sulle onde della televisione via etere. Contemporaneamente lo sviluppo dell'informatica e il ricorso a forme di trasmissione a “banda larga” (capaci cioè di concentrare in un unico vettore, come i cavi telefonici in fibra ottica, un volume di informazioni assai superiore a quello trasmissibile attraverso i vettori tradizionali) hanno consentito di integrare fra loro forme di comunicazione che in precedenza richiedevano canali differenziati.

1.6 I peccati originali dell'industrializzazione culturale L'industria culturale costituisce un modello di sviluppo sui generis e rappresenta un caso9 emblematico della diversità italiana: un esempio tipico delle differenze fondamentali con gli standard di altri paesi è dato dalla disparità di ritmo e di rilevanza rispetto ad altri settori dello sviluppo industriale come quello automobilistico, degli elettrodomestici ecc. Nella vicenda delle modificazioni strutturali e profonde dell'Italia uscita dal secondo dopoguerra, non si può certo dire che gli apparati di produzione culturale (cinema, radio, editoria, spettacolo) abbiano giocato un ruolo strategico o comunque decisivo: la vocazione industriale dei centri di produzione comunicativa è stata lungamente esitante e scarsamente consapevole del possibile ruolo economico, o almeno di guida dello sviluppo, che potenzialmente si presentava in un paese in profondo cambiamento. La prima rilevazione è che i diversi comparti dell'attività culturale non sono descrivibili come un sistema e neppure come un contesto di possibili relazioni e sinergie: così, quelle che altrove si pongono da subito come industrie culturali, da noi appaiono come singoli apparati di produzione (cinema, radio, editoria, spettacolo), per di più costituiti spesso da un pulviscolo di piccole imprese (protoindustria culturale). Le relazioni “binarie” tra gli apparati e la politica, l'economia e la società appaiono diverse in ragione del punto di osservazione che si sceglie: la radio è più legata al sistema politico, mentre il cinema italiano gioca negli anni della Grande Commedia una straordinaria partita alla ricerca di una profonda sintonia con la società e con la crescente modernizzazione del costume e degli stili di vita; l'editoria si orienta da un lato alla politica e da un lato a rotocalchi popolari più attenti alla readership e al mercato dei lettori. Quel che appare evidente è la scelta di non intensificare le relazioni con gli altri soggetti economici dello sviluppo industriale: gli apparati dell'industria culturale sembrano ignorare “idealisticamente” qualunque interazione sistematica con altre imprese o gruppi industriali, così come le grandi famiglie e i protagonisti dell'attività economica sottovalutano seccamente il settore della cultura come un campo significativo dell'attività economica e del profitto. Una tale orgogliosa rivendicazione della separatezza non ha certo rappresentato l'affermazione dell'autonomia, anzi, si è determinato in questo contesto un carattere di fragilità e precarietà strutturale degli apparati produttivi di cultura: tutto ciò alimenta le precondizioni per una dipendenza ancora più stringente con il sistema politico. L'ulteriore elemento di debolezza dei fragili apparati culturali italiani è consistito essenzialmente nella riluttanza a riconoscere la società come punto di riferimento delle strategie comunicative e momento di verifica delle proprie scelte. Nasce e si afferma così un rudimentale sistema il cui centro gerarchico e gravitazionale è costituito dalla politica, laddove la programmazione dello sviluppo e l'assunzione delle decisioni strategiche avvengono per conseguenza senza alcuna autonomia delle logiche della mass culture e dei media.

1.7 Media e modernizzazione in Italia: distorsioni e “convergenze parallele” Abbiamo già osservato come il caso italiano appaia atipico rispetto ad altri processi di modernizzazione e altri contesti, presentando ritardi, sfasature ma anche singolari accelerazioni in alcuni segmenti. In Italia è stata straordinariamente rapido il passaggio da un mercato culturale ristretto a un mercato culturale di massa, così come è stato atipico il percorso delle diverse istituzioni della socializzazione: infatti il percorso classico prevede prima un aumento della scolarizzazione e poi la diffusione di massa della stampa periodica e quotidiana, della radio e del cinema e infine della televisione; in Italia invece tutti questi processi precedono l'aumento della scolarizzazione. Ampliando la gamma delle relazioni reciproche che normalmente si stabiliscono fra apparati culturali e trasformazioni sociali, occorre segnalare alcune distorsioni e “cadute” nel percorso di modernizzazione, registrabili nella prima fase di affermazione dell'industria culturale, infatti la storia della funzione sociale dei media fa emergere lunghi momenti in cui essi costituiscono la frontiera più acuta della modernizzazione, e fasi in cui invece prevale la funzione di freno e di stemperamento della spinta innovatrice: in questo secondo caso i media sono scavalcati dalle spinte collettive al cambiamento, rintracciabili nello “spirito del tempo”, fatte proprie da particolari soggetti sociali (giovani, studenti, donne, lavoratori subordinati, tecnici ecc.), dunque in questi casi i mezzi sembrano letteralmente finire alla retrovia delle trasformazioni. Questa contestualizzazione deve fare i conti con ciò che avveniva intanto nella società italiana: all'inizio degli anni '50 c'è un'offerta culturale nuova fondata sull'azione e sul carisma dei mezzi di comunicazione, in cui i media finiscono per interpretare la spinta alla modernizzazione e si determina uno scenario sociale caratterizzato da valori, stili di vita e aspirazioni condivisi a livello di massa (es. miti dello sviluppo, del benessere e del progresso); i media diventano i più importanti diffusori e ripetitori delle mete socioculturali collettivamente condivise. Ben diversa invece appare la situazione alla fine del “primo tempo” dell'industria culturale, in cui si attenua lo status di arretratezza socioeconomica e la stessa ventata di novità riferibile ai media, soprattutto alla TV, comincia a eclissarsi. È plausibile l'ipotesi che la centralità del sistema politico in Italia sia stata al tempo stesso causa e conseguenza di una sostanziale gracilità strutturale dell'industria culturale; si imbocca la strada di un cauto dosaggio del potere di modernizzazione dei mezzi di comunicazione di massa che tende a frenare l'innovazione tecnologica e di prodotto. A questo si aggiunge che il sistema dei media di quegli anni subisce una distorsione legata ad una gestione politica moderata di buona parte dei mezzi e degli apparati, che spinge a una tipica torsione propagandistica e allontana nel tempo una visione più autonoma e specifica dei media, che dunque sono visti più come instrumentum regni da parte della classe politica e non come colonna sonora del cambiamento e della modernizzazione. 1.8 Tesi per una ri-lettura dell'industria culturale Occorre tener conto di una serie di elementi interagenti e di contesto che hanno

frenato e modificato lo sviluppo coerente e tempestivo dell'industria culturale e che sembrano traducibili in termino di specifiche ipotesi. 1) Lo sviluppo dell'industria culturale italiana è stato negativamente condizionato innanzitutto dalla scarsa capacità propulsiva interna agli apparati, e dunque dai limiti culturali, aziendali e industriali dei decision makers e dall'eccessiva frammentazione degli apparati produttivi. Soprattutto in Italia tutti i processi di recessione hanno sempre indotto a “tagliare” nel campo della cultura, e la ciclicità di tali crisi a livello finanziario e di investimenti ha continuamente alimentato una sostanziale sfiducia nella remuneratività delle imprese culturali. A questo si somma il ritardo con cui le imprese industriali hanno guardato al settore della cultura come a un campo normale e legittimo di raccolta dei profitti; nonostante alcune rilevanti eccezioni individuali e di “grandi famiglie”, l'investimento di capitali sugli apparati culturali è sempre stato raro e discontinuo 2) Anche il percorso di modernizzazione, di rinnovamento tecnologico e di crescita risulta cauto e frastagliato, e la lentezza del processo di ammodernamento trova una plausibile spiegazione nella concezione miope e preoccupata del processo di sviluppo: si pensi al ritardo con cui la TV a colori arriva in Italia, o alla ritrosia nei confronti dell'innovazione grafica e del ricorso al colore nella stampa quotidiana; a questo si somma una totale sordità nei confronti di ciò che avveniva negli altri paesi. 3) L'intervento ridondante della politica sulla comunicazione deve essere interpretato come la causa diretta di non poche contraddizioni nello sviluppo e nella caratterizzazione genetica del ruolo dei media. L'interventismo del sistema politico non si è posto come corretto ed equilibrato sviluppo del sistema industriale della cultura, e a partire dagli anni '80 il sistema politico ha sostituito all'interventismo petulante un impasto tutto italiano di irresponsabile omissione di interventi strategici di “regolazione del sistema”. A parziale attenuazione di questa lettura occorre dire che l'invasione politica di molti apparati culturali non è spiegabile senza richiamare in causa un tessuto di industrie culturali evidentemente inconsistente in termini di autonomia, di management e di peso imprenditoriale, e dunque proiettato più alla ricerca di alleanze che all'orgogliosa difesa dell'autonomia della cultura o dell'impresa. 4) L'eccesso di politica che ha caratterizzato e “frenato” l'industria culturale italiana non è spiegabile se non chiamando in causa anche un clima ideologico e d'opinione che ha profondamente segnato le scelte strategiche per un paio di decenni e che attribuiva ai mezzi di comunicazione una funzione essenzialmente pedagogica e di promozione sociale. 5) Occorre ricordare i limiti socioculturali di un paese che usciva sconfitto dalla Seconda guerra mondiale, come la precarietà dei processi di scolarizzazione. Nel caso italiano la spiegazione più radicale della lentezza dell'insediamento dell'industria culturale è la debolezza e la limitatezza del ciclo della domanda e l'assenza di un mercato di massa. La combinazione dell'iniziativa modernizzatrice delle culture politiche italiane (quella cattolica e quella socialista) con l'azione della scolarizzazione, e della mobilità geografica

(emigrazione, servizio militare, viaggi) comincia tuttavia, anche se lentamente, a dare i suoi effetti. È soprattutto la ventata unificatrice dei mezzi di comunicazione audiovisivi, che si affermano anche grazie alla loro capacità di superamento della fatica di leggere...


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