Italiano colloquiale/Italiano popolare. A proposito di un libro recente PDF

Title Italiano colloquiale/Italiano popolare. A proposito di un libro recente
Author Giuliana Fiorentino
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Giuliana Fiorentino (Università Roma Tre) Recensione del volume: Alfonzetti, G. La relativa non-standard. Italiano popolare o italiano parlato? Paler- mo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 2002. Pag. 179. [Atlante linguistico sici- liano, 12]. Il bel volume di Giovanna Alfonzetti s...


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Giuliana Fiorentino (Università Roma Tre)

Recensione del volume: Alfonzetti, G. La relativa non-standard. Italiano popolare o italiano parlato? Palermo, Centro di studi filologici e linguistici siciliani, 2002. Pag. 179. [Atlante linguistico siciliano, 12].

Il bel volume di Giovanna Alfonzetti sulla relativa non standard intende affrontare in particolar modo la questione della distribuzione sociolinguistica di questo costrutto. L’obiettivo principale, riassunto nella domanda del sottotitolo (Italiano popolare o italiano parlato?), è chiarire se la relativa non standard costituisce un tratto caratteristico dell’italiano popolare o si può considerare un tratto ‘universale’ del parlato italiano. La risposta ad un quesito di tale portata viene ricercata mediante un’analisi attenta e minuziosa di due corpora di dati. Il primo è una raccolta di 40 ore di parlato spontaneo articolato, in base al profilo socioculturale dei parlanti, in ‘parlato colto’ e ‘parlato popolare’. Il secondo è rappresentato da 175 interviste realizzate durante la somministrazione del questionario variazionale dell’Atlante linguistico della Sicilia. La parte utilizzata riguarda la traduzione dal dialetto all’italiano di tre frasi relative non standard. Mentre nel primo capitolo viene presentato l’ambito di problemi a cui la studiosa fa riferimento ed entro cui colloca la sua analisi (ri-standardizzazione in italiano, definizione delle varietà del repertorio e dei tratti linguistici caratterizzanti di ciascuna varietà, mancanza di indagini empiriche adeguate e aggiornate sulla situazione sociolinguistica italiana), i capitoli centrali sono dedicati all’analisi dei corpus, ed infine il capitolo quarto contiene le conclusio-

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ni. Prima di entrare nel merito del contenuto del libro, va detto che sotto l’etichetta ‘relativa non standard’ Alfonzetti raccoglie vari tipi di costrutti, perlopiù riguardanti la relativizzazione di complementi preposizionali (cioè non soggetto e non oggetto). Il costrutto più frequente è la relativa introdotta da che (invece che da preposizione + cui o il quale), c’è poi la relativa introdotta da che seguito da un elemento di ripresa (invece che da preposizione + cui o il quale o dal solo pronome relativo soggetto o oggetto), inoltre costrutti introdotti da dove in sostituzione di un altro relativo non locativo, oppure introdotti da dove seguito da un avverbio locativo di ripresa. Benché, come osserva l'autrice, i tipi con ripresa e senza ripresa corrispondano ad esigenze strutturali diverse (in particolare il tipo senza ripresa costituisce una strategia di relativizzazione che non codifica il caso [-caso], mentre quello con ripresa ad una strategia [+caso]) essi possono essere trattati unitariamente come relative non standard in quanto allo stesso modo sanzionate e estromesse dalla relativizzazione standard dell'italiano. Non convince invece, a mio parere, l’inserimento dei costrutti ‘pleonastici’ tra i costrutti standard (pag. 156). Si tratta di casi come Tuo cugino che/al quale gli avevo fatto due favori (pag. 135) in cui il relativo il quale / cui è seguito da un elemento di ripresa. L’esclusione dei costrutti pleonastici dal gruppo delle relative standard oltre che su basi strutturali e normative va fatta anche tenendo conto del fatto che questi costrutti, peraltro piuttosto rari, sono coerenti con una più generale tendenza del parlato e del parlato diastraticamente marcato come basso all’inserimento pleonastico di pronomi. Pertanto essi vanno più coerentemente inseriti tra le relative non standard. Ovviamente per descrivere le frasi relative non standard l’autrice prende in considerazione tutte le frasi relative prodotte dai parlanti. Esse vengono indagate e classificate ed in particolare se ne studia la distribuzione a partire dalla funzione sintattica che l'elemento rela-

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tivizzato svolge nella frase relativa (dal soggetto, all'oggetto diretto, a tutti i complementi preposizionali). Molto interessante ad esempio la trattazione dei relativi con valore temporale (Poi ci fu un momento che lui ebbe a dividere quest'appartamento, pag. 75). La studiosa osserva infatti come alcune delle condizioni che più spesso vengono invocate come condizioni che potrebbero favorire la realizzazione di una relativa non standard (fattori come la semantica della testa nominale o la condizione della testa equivalente, che è un fattore sintattico) siano spesso insufficienti a predire la realizzazione della relativa non standard o a spiegare la preferenza all’interno delle relative non standard per un tipo (senza ripresa) rispetto all’altro (con ripresa). La discussione si avvale dunque anche di un nuovo criterio, suggerito da uno studio recente di Cristofaro/Giacalone Ramat (2002), le quali indicano l’esistenza di una correlazione tra grado di referenzialità / genericità della testa e tipo di relativa: la relativa non standard si realizzerebbe in concomitanza con una testa nominale non referenziale (non identificabile) e generica, mentre la relativa standard corrisponderebbe alla relativizzazione di una testa referenzialmente identificabile.1 Tralasciando la presentazione dei dati via via presentati nei capitoli centrali del volume, alla cui lettura si rimanda, conviene soffermarsi sui risultati. Un primo dato significativo è il fatto che le relative non standard sono più frequenti nel parlato non colto, ma, dato ancora più interessante, che esse non mancano mai neppure nel

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Il criterio di Cristofaro/Giacalone Ramat riguarda secondo le autrici solo i relativi temporali. Se però si considera che la referenzialità della testa è un criterio chiamato in causa anche per distinguere tra relative appositive e restrittive, e che è stata osservata una correlazione tra relative non standard e modificazione di tipo restrittivo, si potrebbe suggerire di valutare l’estensione della condizione della referenzialità della testa anche ad altri complementi preposizionali. D’altro canto di fronte al fatto che le condizioni che favoriscono una relativa non standard non sono sufficienti a spiegare tutti i casi registrati e considerato che spesso l’interpretazione di una relativa non standard si chiarisce tenendo conto del contesto di enunciazione, bisognerebbe forse spingersi oltre e accettare l’idea che la pragmatica sia molto più importante nel decidere la possibilità di realizzare una relativa non standard. Questo comporterebbe non tanto l’abbandono dell’analisi sintattica e semantica delle condizioni che favoriscono la relativa non standard (piuttosto frustrante a dire il vero) quanto la riduzione del peso che ad esso va attribuito. Infine suggerirei che la valutazione dell’alternanza tra il quale e cui, che sembra irriducibile ai criteri sintattici considerati dalla studiosa (pag. 152 e 156), si aggiunga l’ipotesi che l'uso di il quale possa correlarsi ad una testa dotata del tratto [+umano] o [+ animato], mentre cui relativizzerebbe una testa non animata.

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parlato colto. Questo dato è l’argomento più solido a favore di un’interpretazione della relativa non standard come tratto del parlato italiano tout court e non quindi come tratto caratterizzante dell’italiano popolare. Inoltre dalla ricca discussione delle condizioni sintattiche e semantiche che sembrerebbero favorire la realizzazione di una relativa non standard emerge che spesso esse sono insufficienti a spiegare la presenza di una relativa non standard. In molti casi infatti l’interpretazione di una relativa non standard dipende semplicemente dallo stretto legame col contesto situazionale, ed è quindi assicurata pragmaticamente. La relativa non standard dunque si configura come un costrutto diffuso nel parlato in quanto varietà che più frequentemente ricorre a strutture dipendenti dal contesto di enunciazione. In questo senso la marca di relativizzazione che, diventando un elemento che indica puramente un legame tra due parti di enunciazione (pag. 118) senza alcuna funzione sintattica specifica, appartiene a quei fenomeni attribuibili alla scarsa pianificazione. Ecco perché la relativa non standard più che correlarsi alla variabilità diastratica e diafasica si correla, secondo Alfonzetti, a quella diamesica. Alla luce di questa conclusione, e anche tenuto conto della distribuzione delle relative con e senza ripresa (pag. 162 e sgg.), diversa da quanto previsto da Berruto (1987), Alfonzetti mette in discussione il continuum di distribuzione delle relative tra le varietà dell’italiano proposto da Berruto (1987). Infine i dati di Alfonzetti consentono di rafforzare anche delle intuizioni avanzate già altrove in letteratura (D’Achille 1990, Fiorentino 1999) secondo cui la sopravvivenza della relativa standard nell’italiano e in particolare nel parlato è garantita e assicurata dalla norma scolastica, infatti è fortemente legata al livello di istruzione dei parlanti (pag. 152-154). Ciò si osserva anche nella distribuzione delle tre forme il quale, cui e che che nel parlato più sorvegliato quale quello del secondo corpus è fortemente sensibile al tratto istruzione: la frequenza

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di il quale e cui diminuisce progressivamente a vantaggio di che via via che si scende nella scala del grado di istruzione dei parlanti. Un altro aspetto sociolinguisticamente interessante rilevato dall’autrice è il fatto che nelle produzioni sorvegliate (secondo corpus) dei parlanti con istruzione media è molto più frequente il fenomeno di autocorrezione di relative non standard (il che rispecchia una maggiore sensibilità normativa e l'emergere di un conflitto tra più competenze). In breve il volume di Alfonzetti oltre ad arrivare a conclusioni interessanti che arricchiscono le nostre conoscenze sul tema specifico delle relative non standard risulta ricco di implicazioni teoriche sulla sociolinguistica delle varietà in italiano e, offrendo un'ampia base di dati disponibile anche per altre riflessioni, mostra la necessità di analoghi studi anche per altri settori della morfosintassi dell’italiano parlato.

Bibliografia Berruto. G. 1987. Sociolinguistica dell'italiano contemporaneo. Firenze, La Nuova Italia Scientifica. Cristofaro, S. / Giacalone Ramat, A. 2002. "Relativization patterns in Mediterranean languages, with particular reference to the relativization of time circumstantials". In: Ramat, P. / T. Stolz (eds.). Mediterranean Languages. Papers fron the MEDTYP workshop. Bochum: 99-112. D’Achille, P. 1990. Sintassi del parlato e tradizione scritta della lingua italiana. Analisi di testi dalle origini al secolo XVIII. Roma, Bonacci. Fiorentino, G. 1999. Relativa debole. Sintassi, uso, storia in italiano. Milano, Angeli.

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